
Regia – Carter Smith (2008)
Il Day 11 prescrive la visione di un film “Underrated”. Fino a ora è stata la categoria che più mi ha messa in difficoltà, e non perché non ci siano film che considero sottovalutati, ma perché ce ne sono troppi e non sapevo quale scegliere. Poi ho pensato che, se dovessi associare l’aggettivo sottovalutato a un solo horror, costretta con le spalle al muro e un fucile puntato, quello sarebbe Rovine. Sempre Rovine. Difficilmente il termine calza in maniera così perfetta come nel caso dell’esordio in un lungometraggio di Carter Smith. Pure a guardare alla carriera successiva del regista, viene da domandarsi perché abbia lavorato così poco e in modo così sporadico.
Rovine non ha recuperato il suo budget di partenza, la considerevole cifra di 25 milioni di dollari; ai tempi è stato scorticato vivo dalla critica e, come accade a molti horror usciti in quel periodo un po’ complicato tra il 2002 e il 2009, soltanto adesso sta cominciando a essere considerato per ciò che è: un perfetto esempio di film dell’orrore di inizio secolo, crudele, spietato e cupo. Ma con qualcosa in più rispetto a un Hostel o a un Turistas qualunque.
Eppure, nel 2008, un’operazione alla The Ruins sembrava destinata al successo: abbiamo già parlato spesso di quanto gli anni ’00 fossero un momento d’oro per il cinema dell’orrore ad alto budget prodotto da grossi studios, spesso con diramazioni dedicate al cinema di genere (la Fox Atomic, chiusa dopo Jennifer’s Body, per esempio). In questo caso, abbiamo la società di Ben Stiller che acquista i diritti del romanzo di Scott Smith ancora prima che lo scrittore lo porti a termine, abbiamo la Dreamworks che distribuisce il film nelle sale, abbiamo un’ambientazione e una vicenda che, in quegli anni, andavano a toccare delle (xeno) fobie molto radicate negli Stati Uniti, un complesso di accerchiamento secondo cui, non appena un americano metteva piede fuori dal suolo patrio, c’erano dei selvaggi pronti a farlo a brandelli.
Rovine, apparentemente, racconta questo: quattro ventenni in vacanza in Messico, che ficcano il naso dove non devono (dirottati da un tedesco, con la complicità di un greco, quindi tutti un po’ esotici e non proprio civilizzati) e fanno una fine orribile, atroce e dolorosissima.
Solo che Rovine non è un torture porn e non è nemmeno una vicenda a base di losche organizzazioni atte a smerciare organi o a torturare innocenti americani in villeggiatura; Rovine è un horror sovrannaturale dalla cattiveria spropositata: non ci sono selvaggi pronti a minacciare il “nostro stile di vita”, c’è al contrario una minaccia molto specifica, molto circoscritta, e gli abitanti del luogo sono lì con lo scopo di proteggere il mondo. In altre parole, non sono loro, i cattivi, sono i buoni, sono i guardiani del tempio ove si annida il terribile rampicante. Il resto è solo sfortuna, unita a una forma mentis che porta i protagonisti a illudersi di essere intoccabili in quanto bianchi e occidentali, li culla nella convinzione di poter andare dove vogliono, fare ciò che vogliono protetti dal loro innato privilegio. Solo che no. E quindi moriranno male, divorati da quello che è, a tutti gli effetti, un mostro dotato di intelligenza e malignità.
Il problema di Rovine, credo, è che lo hanno spacciato per il solito torture porn ammazza turisti, quando è un monster movie allucinato e privo del minimo barlume di speranza.
Ha un cast eccellente, Rovine: Jonathan Tucker, Shawn Ashmore, Jena Malone e, soprattutto, Laura Ramsey, che ha condiviso la sorte professionale del suo regista: non ha mai davvero sfondato, a dimostrazione del fatto che Hollywood è un postaccio laido e infame. A lei tocca il ruolo più complesso e intenso dei quattro principali e su di lei poggia il carico emotivo e viscerale del film.
Smith dirige molto bene i suoi attori, mentre l’altro Smith, lo scrittore del romanzo e autore della sceneggiatura, costruisce quattro personaggi realistici, quindi non per forza simpatici e non per forza insopportabili. Non si tifa per il rampicante, in Rovine, perché i ragazzi, con tutti i loro difetti, le loro idiosincrasie e fragilità, con tutta la loro evidente impreparazione a un’esperienza simile, non sono mai posticci. So che su di Amy (Jena Malone) si dicono peste e corna, ma io credo che sia un’ostilità mal riposta: io non mi comporterei in maniera molto dissimile da lei, se mi trovassi in quelle circostanze. Ecco, è la coerenza nei comportamenti a conquistarmi ogni volta che rivedo il film, e il coraggio di non volersi accattivare in maniera paracula la simpatia del pubblico.
Aggiungiamo anche che Smith gira come un forsennato, sia al buio che sotto la luce di un sole mai così feroce e privo di pietà. Le sequenze da voltastomaco (e ce ne sono almeno due che mi fanno sempre accartocciare sul divano) avvengono tutte in pieno giorno, mentre il buio è dedicato alla tensione, alla disperazione, alla paura di morire e all’incredulità di essere soli, abbandonati, lontani da casa.
“Four Americans on a vacation don’t just disappear!”, dice il povero Jeff, convinto ancora che qualcuno li troverà e li toglierà dal guaio gigantesco in cui si sono cacciati.
Il senso ultimo di The Ruins è tutto in quella battuta, nell’ottusità stolida della speranza contro un destino segnato nel momento in cui i nostri hanno messo piede nelle rovine infestate, che è poi ciò che rende il film un horror puro e privo di qualsivoglia contaminazione. Non fate l’errore di sottovalutarlo anche voi.
Ultima postilla: leggete il romanzo, che è stato tradotto in italiano, anche se avete già visto il film. Avrete delle sorprese.
Concordo con te. Lo trovo molto sottovalutato e, seppur con i suoi difetti, è stato un horror molto interessante. Penso che in quel periodo preciso non si comprendessero bene certe opere, almeno a livello di critica.
concordo, romanzo bellissimo e disturbante più del film
Sottovalutato è un aggettivo che si presta a molte interpretazioni. Spesso sento dire di quell’artista, di quel film che è sottovalutato e poi… e poi mi accorgo di amarlo anch’io e così mi chiedo? Ma davvero è sottovalutato o forse, appena appena, non così incensato per noi suoi amanti che vorremmo quel film, quel brano di diritto nel Voyager Golden Record? Se il tempo (galantuomo) è un parametro per la sottovalutazione allora Scott Pilgrim vs the Wolrd (2010) entrerebbe di diritto in questa teca (forse di Wright solo Ultima notte a Soho gli tiene testa…); e che dire di Echi mortali? Il tempo ci ha fatto capire che di quel 1999 il vero gioiello era il film di Koepp e non quello di Night Shyamalan. Il problema, per contro, è che “sottovalutato” diventerebbe anche Donnie Darko (ancora la bellissima Jena). Potremo scomodare gli incassi: The Velvet Underground & Nico è stato uno degli album più misconosciuti della storia della musica però come disse Eno: “Sono convinto che ciascuno di quei 30.000 che l’hanno comprato ha fondato una band.” Ci entrerebbe di diritto in una classifica sonora. I quasi 25 mln di incassi per il notevole Rovine non sono poi pochi; perché allora che dire di Red White & Blue (2010)? Probabilmente ha raccattato in giro per il mondo quanto Mbappé prende in meno di una settimana.
p.s. E se Laura Ramsey, come Mira Sorvino, abbia avuto le palle di rifiutare un invito a cena di quel senza palle di Weinstein? Forse si spiegherebbe anche il suo oblio. Spesso è il coraggio il vero underrated.
Il romanzo ancora mi manca, ma di certo il film non l’ho mai sottovalutato (e come avrei mai potuto, con quel rampicante così -mi piace ripeterlo ogni volta che si parla di The Ruins- lovecraftiano)😉
Certo che se non fosse uscito in piena ondata torture porn, con il conseguente tentativo di spacciarlo come tale per l’assai probabile timore di una mancata risposta da parte del pubblico, avrebbe potuto andare incontro a un destino più favorevole…
Rovine me lo ricordo molto bello e tremendo. Anche per le cose che scrivi tu, mi sembra un secolo fa…
Con le spalle al muro e con un fucile puntato ho pensato “My soul to take”.
Poi, senza pensarci troppo, direi anche The Faculty, Cry Wolf, Blob (il fluido che uccide), Jennifer’s body…
Besos.
Il film, stranamente, non l’ho mai visto. Per cui ho innanzitutto seguito il tuo consiglio e ho recuperato e letto il romanzo di Smith, che si è rivelato in diversi passaggi uno dei libri più indigesti ma anche intensi della mia vita di lettore. Quindi grazie mille per la dritta, che oltretutto ha coinciso con il raggiungimento del traguardo della mia self-challenge di lettura (30° libro letto quest’anno sui 30 ipotizzati).
Ora avanti con il film!