
Regia – Mike Flanagan (2021)
“Ho amato tantissimo Riley ed Erin!”
È il 2016 e la povera Samantha, personaggio di Hush destinato a fare una pessima fine a breve, parla così a Maddie, la protagonista, del suo romanzo: Midnight Mass.
Nel 2017, arriva su Netflix Il Gioco di Gerald. Se si presta attenzione agli oggetti presenti sulla spalliera del letto di Jessie, si può vedere, tra le altre cose, un libro, che poi verrà lanciato contro un cane randagio. Il libro è Midnigh Mass.
Flanagan non è nuovo a queste cose: lo specchio di Oculus, per esempio, è presente in tutte le sue opere (qui lo potete trovare, anche se ben nascosto, nel centro ricreativo), ma il caso di Midnight Mass è un po’ particolare: si tratta di una storia a cui lui lavora da più di dieci anni; nasce inizialmente come un romanzo, poi diventa un film, ma Flanagan si accorge presto che gli eventi narrati richiedono molto più spazio e tempo; allora comincia a delinearsi come una serie tv, e a questo punto siamo circa nel 2015. Per svilupparla, trovare i fondi e, infine, ricevere il famoso semaforo verde da Netflix (con la quale, nel frattempo, Flanagan aveva stipulato un contratto in esclusiva di 4 anni), tocca aspettare fino al 2019, quando il regista comincia a lavorare contemporaneamente a The Haunting of Bly Manor e a Midnight Mass.
Ma le cose non filano affatto lisce, anche se a quel punto Flanagan è uno che può permettersi di fare quello che vuole. Ci si mette infatti di mezzo la pandemia: il set di Midnight Mass era pronto per partire a marzo del 2020, e come tutti noi sappiamo, il mondo intero si è fermato, figuriamoci le riprese di una serie tv.
Flanagan era arrivato a pensare che si trattasse di un progetto “maledetto” e che mai si sarebbe realizzato. E invece, nell’estate del 2020, Netflix dà il benestare e il set viene riaperto, senza comparse e con tutte le misure di sicurezza possibili e immaginabili. Uno dei primi progetti importanti a ricominciare in tempi di COVID.
Proprio per questo, vengono modificati alcuni dettagli della storia, come il numero degli abitanti dell’isoletta in cui la serie è ambientata, per esempio. Ma lo scheletro della vicenda, e il suo cuore, esistono nella mente di questo genio (ormai possiamo chiamarlo così, credo) dal 2010, e ora si sono concretizzati in sette episodi disponibili su Netflix a partire dallo scorso 24 settembre.
Il capolavoro di Flanagan.
Perché vi racconto tutto questo? In parte perché, e chi mi conosce lo sa, mi rifugio spesso nel dato meramente tecnico pur di non affrontare di petto un qualcosa che mi ha sconquassata; in parte perché è importante avere le informazioni necessarie per comprendere quanto sia personale Midnight Mass per Flanagan. Se vi interessa approfondire ancora, il regista stesso ha scritto un articolo su Bloody-Disgusting che vi consiglio di leggere a prescindere: è magnifico.
Ciò premesso, e tenendolo anche bene a mente, il primo effetto che Midnight Mass ha avuto su di me è stato il disorientamento.
Abituata alle atmosfere mélo di Hill House e Bly Manor, non mi aspettavo un cambio così radicale di registro.
Almeno fino al quinto episodio, Midnight Mass è un dramma soprannaturale rigorosissimo e sobrio, così trattenuto che pure lo stile di Flanagan ha subito delle modifiche per adattarsi al racconto. Scordatevi, quindi, le evoluzioni quasi acrobatiche e i piani sequenza di Hill House, per esempio. Qui la macchina da presa è spesso fissa, i personaggi sono al centro della scena, e di conseguenza abbondano i primi piani, ma sempre un po’ spostati, sempre non del tutto centrali rispetto all’inquadratura.
Il ritmo, specie nelle prime due puntate che sono puramente introduttive, è compassato, lento, poco ammiccante al pubblico televisivo.
È un Flanagan austero, svuotato da ogni orpello estetizzante, e forse proprio per questo, finalmente maturo, splendido.
Perché, vedete, è l’argomento di Midnight Mass a richiedere questa messa in scena così scarnificata: la fede, il lutto, il senso di colpa, l’affannosa ricerca di una spiegazione alla nostra presenza sulla terra, il desiderio di una seconda occasione per una vita che si ritiene sprecata, l’ammissione dei propri errori e fallimenti, nonostante si sia cercato di fare del nostro meglio. Ma soprattutto, il nostro rapporto con la trascendenza e con la spiritualità, che Flanagan, da ex cattolico praticante, racconta tramite le vicende di una piccola parrocchia su un’isoletta sperduta: 127 anime vivono a Crockett Island, una comunità chiusa e molto unita. Due soli traghetti fanno avanti e indietro dalla terraferma e per il resto del tempo si è isolati in compagnia di queste persone che di te sanno ogni cosa, ti conoscono da sempre, sono una sorta di famiglia allargata, con tutti i pregi e i difetti del caso.
Si è rimasti in pochi, sull’isola: uno sversamento di petrolio ha causato una profonda crisi nell’economia locale; dopotutto, il Crock Pot, come lo chiamano i suoi abitanti, è un villaggio di pescatori. In molti se ne sono andati, il luogo ora è svuotato e lugubre.
Ma in due sono tornati: Erin (Kate Siegel) e Riley (Zach Gilford), entrambi con un bagaglio di esperienze complesso e doloroso, entrambi obbligati dalle circostanze a tornare nel posto da cui erano fuggiti.
C’è anche chi non torna, suscitando la preoccupazione dei più devoti: il sacerdote della parrocchia, un anziano monsignore andato in viaggio in Terra Santa, è malato; al suo posto arriva il giovane prete Paul (un gigantesco Hamish Linklater) che, dopo la comprensibile diffidenza iniziale da parte dei fedeli, comincia a essere adorato da tutti. Anche perché compie i miracoli. O almeno così pare, o forse non sono proprio miracoli.
Non ho alcuna voglia di rovinarvi la visione della serie, che è meglio guardare sapendone il meno possibile, quindi cercherò di evitare qualunque riferimento alla trama a parte questi brevi cenni, e mi concentrerò su altri aspetti.
Di primo acchito, Midnight mass compie un’operazione simile a quella di Saint Maud, ovvero sottolinea l’ambiguità del miracoloso o del soprannaturale, che può essere interpretato, a seconda del nostro punto di vista, della nostra fede o mancanza di essa, della nostra ideologia, come un segno inconfutabile della presenza del divino, come il suo esatto opposto, o ancora può essere negato dalla nostra mente logica e liquidato come un’allucinazione collettiva.
Un evento che sfugge alla nostra immediata comprensione non è né buono né cattivo, è solo diverso, è altro da noi. La sua natura morale dipende dall’uso che ne facciamo e dall’interpretazione che ne diamo.
Per quanto la nostra fede possa essere sincera e le nostre intenzioni buone, l’errore è sempre dietro l’angolo. In fin dei conti, possiamo dire che Midnight Mass racconta di un grossolano equivoco, scaturito dal desiderio, umano e comprensibile, di assistere non solo a un miracolo, ma alla conferma che il nostro Dio si è rivolto proprio verso di noi, ha benedetto proprio noi, ha scelto proprio noi. Vogliamo essere speciali, vogliamo essere salvati perché pensiamo, in qualche modo, di meritarcelo, perché siamo convinti che la nostra esperienza particolare, singola, abbia un tale carattere di eccezionalità da meritare che lo sguardo divino ci si posi addosso.
Questo è il fondamentale errore di padre Paul nel suo approccio al miracoloso: pensa si tratti di un evento a suo uso e consumo.
Ma l’horror ci ha insegnato un bel po’ di volte che il sovrannaturale ha sempre un prezzo da pagare e che tende anche a essere piuttosto indifferente nei confronti del nostro io individuale.
Ci tenevo particolarmente a uscire oggi con questo post per due ragioni: oggi inizia la spooky season e non c’è niente di meglio che inaugurarla con Mike Flanagan; oggi è anche il mio compleanno, perché io sono nata il primo giorno del mese di Halloween e questo fatto mi ha sempre riempita di stupido orgoglio.
Non so se è perché invecchiando penso sempre più spesso a certi argomenti poco piacevoli (ma è una bugia, io sono ossessionata dalla morte e guardo horror a ripetizione perché mi aiutano a capirla e a gestirla), ma sono stata travolta dal modo in cui Midnight Mass, da un certo punto in poi, smette di essere questa gelida e severissima riflessione sul ruolo della fede nelle nostre vite e si trasforma in un’esperienza diversa, che gira sempre intorno ai concetti di fede, spiritualità, permanenza del sé anche dopo la morte o suo immediato annientamento, ma riesce a conciliare l’approccio filosofico e distaccato della prima parte con la tipica humanitas cui Flanagan ci ha abituati dai tempi di Absentia.
Ci sono delle avvisaglie, come un confronto durissimo tra due personaggi nel terzo episodio, o ben tre monologhi di fila nel quarto che scavano così a fondo da lasciarti svuotato. Ma il vero cambio di registro avviene in un istante, tra l’altro, in una scena girata al secondo giorno di riprese, e avviene con una violenza e una furia che pare quasi un’aggressione di Flanagan nei nostri confronti.
Da lì in poi verrebbe quasi da dire che si torna nei ranghi del “solito” Flanagan, ma non è così, non del tutto, almeno, perché permane lo stesso quella severità (perdonatemi il termine) ascetica anche nel mettere in scena momenti dal forte impatto emotivo, quelli in cui bellezza e dolcezza si mischiano al dolore e a una catarsi psicologica che, in molte occasioni, mi ha fatto guardare dentro me stessa e trovarci cose che non pensavo abitassero dalle mie parti.
O forse sono solo io che con la fede e la spiritualità in generale ho un rapporto molto poco pacificato, di conflitto quasi armato, di rifiuto totale che nasconde tuttavia un desiderio disperato di credere. Lo capisco Riley, è il personaggio che capisco meglio tra tutti gli abitanti dell’isola: a volte, quello scatto che ti porta alla fede è semplicemente impossibile, ma vivere con serenità la sua assenza è un’impossibilità altrettanto grave. Si rimane bloccati, in attesa di qualcosa. Ci si limita a esistere, e a fare del nostro meglio, pur sapendo che una soluzione non la si troverà mai.
Flanagan è sempre stato un grande direttore di attori e un eccellente dialoghista. I suoi personaggi parlano, discutono, litigano, si spiegano e si interrogano. È uno dei motivi per cui mi piacerebbe vederlo alle prese con la narrativa, ma non divaghiamo che stiamo già andando lunghissimi.
Midnight Mass è una serie che si compone soprattutto di dialoghi e monologhi, è verbosa, quasi teatrale in alcuni momenti, e ci vuole un coraggio di un certo livello per strutturare in questo modo sette episodi nel 2021, quando il linguaggio televisivo (ma anche cinematografico) va in una direzione opposta. Ci vuole coraggio a mettersi a nudo come ha fatto Flanagan attraverso i suoi protagonisti, tutti così indifesi e balbettanti nei confronti dell’immensità che è piombata loro addosso, ci vuole coraggio a non procedere con il freno a mano tirato per quanto riguarda la pesantezza di certi argomenti, ci vuole coraggio a rallentare, a prendersi tempo e spazio per dare a tutti il giusto respiro.
Anche le due serie precedenti di Flanagan avevano una natura corale; ma Midnight Mass è davvero un coro tragico che commenta lo smarrimento dell’uomo di fronte all’universo. Ci sono personaggi che vengono fuori di più, che hanno più battute, più inquadrature, ma ciò che alla fine rimane di queste sette ore e passa isolati su Crockett Island è l’impressione di aver ascoltato un lungo canto, a volte dissonante, a volte armonico, comunque di un’intensità e di una potenza che fanno male al cuore.
Non credo esista un altro autore, nel cinema e nella televisione statunitensi contemporanei, con la sensibilità di Flanagan. Perché poi, alla fine, tutto si riduce a questo, alla sensibilità: non è più nemmeno una questione di tecnica, di movimenti di macchina, di estetica delle inquadrature, di fotografia e montaggio o persino di sceneggiatura. Quelle sono tutte cose che oramai, dopo che i lettori di questo blog si sono visti frantumare le palle dalla sottoscritta con Flanagan per circa un decennio (la mia recensione di Absentia risale al 2012) dovremmo dare per scontate: è un regista con una conoscenza pressoché assoluta dei mezzi a disposizione, che sa ogni volta utilizzare la forma adatta per esprimere concetti complessi e raccontare storie universali.
Eppure ciò che più mi colpisce, sempre, in tutte le sue opere, è la sua sensibilità, la sua umanità così profonda, la sua compassione, la sua cognizione dell’angoscia esistenziale che spesso ci coglie alla sprovvista e ci taglia le gambe, la sua capacità di parlarti come se si trovasse nella tua stessa stanza e sapesse esattamente come ti senti, sapesse anche cosa dirti per farti stare un po’ meglio.
Perché certo, è ovvio che guardando Midnight Mass ho sofferto, ma più di tutto mi sono sentita meno sola e meno perduta, e il dolore che sono riuscita a estrarre è stato come un veleno che mi paralizzava e ora non è più in circolo. Come capita ogni volta con Flanagan, mi sono sentita parte di qualcosa più grande e più importante di me. E mi sono anche un po’ perdonata.
Dedicato al mio papà.
Buon compleanno Lucia!
Grazie!
Ciao Lucia,ti faccio gli auguri di buon compleanno! Parlando invece del tuo post,getto la maschera e devo confessarti che tendo ad essere piuttosto refrattario alle serie tv,spesso le trovo eccessivamente allungate,troppe sottotrame e troppi personaggi secondari che spesso distraggono dalla trama principale! Ma leggendo il tuo post noto un grande entusiasmo e trasporto da parte tua,inoltre anche io amo Flanagan,se ne vale davvero la pena,allora mi fiondo a visionarlo! Di nuovo auguroni di compleanno,ciao!😺
Flanagan non fa serie tv, fa film molto lunghi divisi in episodi 😀
Grazie per gli auguri!
Ma di chè….figurati,io invece gli anni li compirò tra poco il 9 ottobre,nel mio caso festeggio lo stesso giorno di Guillermo DelToro,non ha caso anche io come lui sono un appassionato di insetti!
Ho letto che è una serie in cui si sente in modo molto forte anche una certa influenza Kinghiana, tipo cose preziose. Vero?
Flanagan, si sa, è un kinghiano di ferro. I primi due o tre episodi, soprattutto, hanno un’atmosfera molto kinghiana. Più Salem’s Lot che Cose preziose, comunque.
Mike Flanagan ormai e’ una droga per me, grazie a Lucia ho scoperto questo genio della settima arte.
Ancora non ho visto questa serie (il tempo e’ tiranno) ma sono sicurissimo che sara’ bellissima, come tutte le sue opere.
Buon compleanno Lucia
Sì, ormai Flanagan è il nume tutelare di questo blog e dei suo più affezionati lettori.
Grazie ❤
Auguri Lucia! L’articolo lo leggo quando finisco la serie 🙂
Grazie! Poi fammi sapere, ma se non ti piace vacci piano perché soffro! 😀 😀
Ho visto 3 puntate e mi sono piaciute, e già si subodora che zio Randall Flanag vuole colpire basso, cosa che peraltro ha fatto con efficacia sia in Hill House che in Bly Manor. Sono propenso a concordare con il tuo entusiasmo sulla fiducia.
😉
Auguri Lucia e grazie per questo post, che aspettavo tantissimo.
Inutile dirti che condivido ogni singola parola, Midnight Mass mi ha davvero scosso e parlato, come se davvero parlasse solo a me. ❤
Flanagan è così: sembra sempre che ti parli direttamente. Io non so come fa.
Grazie a te per gli auguri!
Buon compleanno!
Vedrò questa serie il prima possibile, mi incuriosisce parecchio
Approfitto che si parli di serie per chiederti una piccola curiosità, segui ancora “American horror Story”?
Grazie per gli auguri!
Sì, di AHS ho visto tutte le stagioni. L’ultima, Double Feature, ancora devo cominciare a guardarla, però!
L’ho amato alla follia fino alla penultima puntata, poi si è sciolto in un clima da sinistra soap opera che mi ha in parte svegliato dall’abbagliante incubo che l’aveva preceduto. Comunque 6/7 di capolavoro. E tanto, tanto buon compleanno.
Guarda, per me il finale, con quel monologo, è la cosa più bella della serie. La quinta puntata ti spezza, ma il finale ti rende la vita un po’ più sopportabile.
Grazie per gli auguri!
Buon compleanno. Mi ha fatto molto male, mi a smosso molto sono in un momento difficile e ha toccato corde che non credevo possibili. In un paio di momenti mi ha proprio colpito duro (Joe è stato uno) . Grazie della bella recensione.
Grazie. Guarda, ha fatto la stessa identica cosa con me. Flanagan è così. Ti prende sempre dove sei più debole.
Auguri. Sei una meraviglia, sappilo.
Come descrivi le atmosfere di Haunting? Melò. Mannaggia ce l’avevo sulla punta della lingua.
Come becchi specchi di Oculus e libri? Ah, non lo so.
Era ispirato , il babbo, circa nove mesi prima di oggi qualche anno fa.
P.s.- Mikey. per quanto sia stupido e infantile fare le classifiche del BEST OF IN ATIVITA’ ,probabilmente lo è.
Io sono stupido e infantile.
Salute ad entrambi!
Grazie per gli auguri e per la “meraviglia”.
Allora, gli specchi di Oculus sono in ogni film di Flanagan. Da quando l’ho scoperto, ci sono stata attenta.
I libri non sono merito mio: ascolto un podcast dove lui in persona va spessissimo ospite, il Kingcast, e in una delle puntate ha raccontato della sua ossessione per Midnight Mass e ha aggiunto che era un libro che si poteva trovare in altri suoi lavori. Da lì, è stato facilissimo ricostruire!
Grazie Lucia…e Auguri…ci accingiamo a guardarla e se le premesse della tua bellissima, commovente recensione sono paragonabili all’emozione provata quando vedemmo Blu Manor..mi preparo psicologicamente a sedimentaria per giorni nella mia mente 😍👍😊
Sembra una serie davvero splendida, Midnight Mass… del resto, come ben si sa, Flanagan è di fatto pseudonimo di “splendido” e molto altro da anni e anni 😉
E auguroni di buon compleanno (bellissima dedica: con tuo papà ci siamo scambiati solo quel commento, sì, ma il ricordo mi accompagna sempre) ❤
Auguri in ritardo!
Serie supergnocca. Tocca tantissime corde per me importanti (ateismo, religione, comunità, morte, scuola pubblica, inclusione, amore, scienza e fede, famiglia…). Sono ateo (ex cattolico praticante, come Flanagan) ma sono anche una persona innamorata della vita, che ha visto andarsene persone e relazioni, che coltiva la speranza, che ha voglia di innamorarsi, che vede nell’umanità l’orizzonte di senso più suo… tutta roba che Midnight Mass in qualche modo tocca.
Della morte avevo già accennato su “Kate”: è un tema che sto affrontando apertamente negli ultimi mesi e devo dire che parlarne fa bene, immaginarselo (anche in modo fantasioso, narrativo) fa bene, vedere come viene trattato qui anche (con forza, ma anche poesia e delicatezza: il doppio monologo di Erin mi ha fatto esplodere gli occhi). Ci sarebbero altre 10.000 cose da dire e approfondire (grande Flanagan!), ma per ora mi tengo a freno.
Ho una domanda per voi (SPOLEROSITA’ ALERT!): in Midnight Mass c’è una “creatura fantastica”
che viene vissuta dalla religione in un certo modo, dalla scienza in un altro. A me il demone-vampiro è sembrato sì una presenza sì “fantastica” ma anche una specie di… animale sconosciuto (puoi ferirlo, ucciderlo…) ma NON una presenza trascendente divina o diabolica. Voi che impressione avete avuto? Si può lo stesso definire “l’angelo” come un elemento soprannaturale?
Infine, questa è una cosa molto mia che mi veniva in mente mentre guardavo Midnight Mass: un piccolo film musicale “per ragazzi/e” dal titolo “Emo the musical”. Non è un horror ma anche qui troverete una storia d’amore che ricorda (in piccolo) quella di Midnight Mass, senza il drammosità e con uno slancio umano e inclusivo incredibile (ve l’ho detto che coltivo la speranza). I protagonisti potrebbero essere Riley ed Erin se la loro adolescenza (e il mondo in generale) fosse stata meno una merda. Besos!
SPOILER ALERT!
La cosa che mi sorprende è che il demone vampiro, indipendentemente dalla sua vera natura di animale o che altro, si comporta come un diavolaccio della tradizione, e uno dei punti deboli della storia è che nessuno dei super credenti personaggi ci pensa!
Anche a livello fisico Flanagan ha scelto di renderlo più diabolico, più “angelo caduto”, che bestiale, praticamente uscito da un’illustrazione di Satana di Gustave Doré.
Si tratta di una creatura che offre l’eterna giovinezza, la rinascita di una città, in cambio della dannazione (o di una trasformazione che comunque implica il desiderio di sangue umano, anche vedendola da un lato laico mi pare abbastanza malvagia) e mi pare strano che il prete, nemmeno alla fine, interpreti la situazione in questo senso.
Io penso che nell’economia del racconto la creatura rappresenta la tentazione ma non per forza è “diabolica”, potrebbe benissimo essere una creatura dalla biologia aliena, che agisce semplicemente spinta dalla voglia di sfamarsi e riprodursi.
SPOILER!
Ma secondo me non è affatto uno dei punti deboli: è voluto, è fatto così apposta perché parla di ciò in cui siamo disposti a credere pur di sentirci speciali e salvati da un potere superiore.
Però sì, la possibilità che sia soltanto una bestia che vuole nutrirsi c’è, e la spiegazione che ne dà la dottoressa è convincente.
Anche se…
La vita eterna e l’eterna giovinezza sono concetti un po’ difficili da spiegare da un punto di vista razionale, quindi io propendo per le origini soprannaturali della creatura.
Si, sono d’accordo con te, diciamo che io mi aspettavo una fine in cui il prete riconoscesse questo aspetto più esplicitamente, invece non succede; è una scelta, in effetti, ma forse manca una piccola catarsi finale in questo senso.
Ma io non ci ho preso, proprio per niente, nelle mie previsioni del finale, in cui mi immaginavo che qualcuno si sarebbe fatto tentare esplicitamente, un po’ alla The VVitch, ed è anche bello che Flanagan mi abbia stupito 😀
Grandi risposte! A me aveva colpito la scena in cui la “creatura” che “mangia” non si fa distogliere nemmeno se le spari (o se le sfasci le ali), mentre il fuoco invece la ferisce (il diavolo ferito dal fuoco?) e mi aveva fatto propendere per qualcosa di nuovo e diverso, unico ma (forse) “spiegabile”. Sì, è raffigurata come un diavolo, ma questa cosa ai miei occhi ne ha “ridimensionato” la “diabolicità” portandola sul piano di una forza pericolosa ma non soprannaturale, al pari di come la credenza (ma non l’umanità che ci sta dietro/sotto) possa derivare da cose non necessariamente “divine”. Il monologo 2 di Erin, dove elabora la morte in modo nuovo/diverso ha fatto il resto (su di me, eh!). Mi sembra molto figo che quest’opera riesca a trasmettere così tanto con una storia diretta, comprensibile e al tempo stesso anche a lasciarsi interpretare con sfumature diverse. Wow!
Un capolavoro. Non pensavo di ritrovarmi sconvolta , turbata, in senso buono dal finale esattamente come dal finale di haunting of hill house. Che dire Flanagan si conferma davvero un grande regista di “film di paure”, quelle profonde ed ancestrali dell’ umanità.
Auguri Lucia , un abbraccio
Approfitto del tuo compleanno, per farti oltre agli auguri anche i miei più sinceri ringraziamenti: ti leggo da tantissimo ma commento pochissimo e credo, mea culpa (beh, qui ci sta!), di non averti mai ringraziato per la passione che riversi in questo blog, o nei fantastici podcast! La serie mi è piaciuta molto anche se credo (e qui mi perdonerai) si perda un pochino nel finale. Avrei preferito qualche minuto in più per gustarmi le reazioni degli abitanti e anche un finale più degno per la creatura. Proprio su questa mi pare manchi un po’ di lavoro… Pare quasi una bestia, cui la volontà dell’uomo dà significato alle azioni, ma è davvero così? Oppure è intelligente in senso umano? E allora perché quella fine? A parte queste piccolezze, una serie superba, dialoghi e attori bellissimi. Grazie ancora e auguri
Scusate tutti, faccio un giro di ringraziamenti per gli auguri al volo, perché non ho avuto internet a casa per tutto il fine settimana e non ho potuto rispondere a nessuno dei vostri messaggi di auguri.
Grazie di cuore a tutti ❤
Finito ieri sera. Leggo spesso ma commento poco, tuttavia sento il bisogno di farlo per questa serie. Grazie per avermi spinto a vederla!
Mi è piaciuta molto, e da persona che ha frequentato abbastanza la chiesa, è veramente un’esperienza disturbante e affascinante.
Ho amato la relazione tra Erin e Riley, il senso di apocalisse imminente che vivono tutti sull’isola fin dall’inizio (la vita di Riley distrutta da quello che ha fatto risuona nella storia del villaggio di pescatori che non ha più di chi sostentarsi a causa di un incidente petrolifero), l’umanità con cui viene tracciata la storia del prete e quella dello sceriffo.
Mi ha fatto un po’ strano l’ultimo episodio, che devo ancora elaborare meglio, non capisco se mi ha convinta appieno…
Grazie per aver commentato proprio su Midnight Mass, molto importante anche per la sottoscritta.
Il finale: so che c’è chi lo ha interpretato come una specie di ritorno in grembo al cattolicesimo dopo che per tutta la serie era stato demolito a dovere, però secondo me non c’è un ritorno alla fede, ma al senso di comunità, che è un altro tema importante messo spesso in campo da Flanagan. +
Devastante e lacerante, sono senza parole, una serie che non dimentichero’ di certo.
Mike Flanagan stavolta ha realizzato un vero capolavoro, poesia pura.
La vita, la morte, l’amore, la fede, principi universali tutti spiegati da lui.
Il tempo non esiste. La morte non esiste.La vita è un sogno.È un desiderio.
Grazie Mike di esistere.
Segnalo un cameo di Mike Flanagan nel primo episodio, Young Priest (1 episode, 2021)
da IMDB
e qui se ne parla in modo approfondito
https://screenrant.com/midnight-mass-mike-flanagan-cameo-character-priest-where/
https://static2.srcdn.com/wordpress/wp-content/uploads/2021/09/Mike-Flanagan-as-Young-Priest-with-Monsignor-Pruitt-in-Midnight-Mass.jpg?q=50&fit=crop&w=740&h=370&dpr=1.5
Condividiamo lo stesso profondo amore per Flanagan e per tutto quello che fa. Ho amato moltissimo anche Midnight Mass e mi sono stupita, ancora una volta, della capacità che Flanagan ha di coinvolgermi in maniera quasi viscerale nei suoi racconti.
A me ha colpito la vanità della creatura il voler essere riconosciuta come un miracolo. Sia da padre Paul nelle rovine dove decide di salvarlo quando lui la idolatria,sia nella chiesa dpve indossa i i paramenti sacri e mostra le ali. Vuole essere ammirata adorata e offre vita eterna. Ma tutti questi uomini di fede, cosa fanno? non accettano di morire e vogliono credere in qualcuno che gli offra una vita terrena . Mentre invece la morte laccetano quelli che erano più lontani dalla fede cristiana.