
Regia – Don Coscarelli (1988)
Il primo Phantasm è del 1979 e, considerando che è stato realizzato nel cortile di casa, a budget quasi zero, e con un gruppo di amici, ottiene un successo di pubblico che va al di là delle più rosee previsioni. Per questo è strano che si siano attesi quasi dieci per far uscire un seguito. In realtà, Coscarelli non aveva pensato mai al suo film come al capostipite di una saga: per lui, Phantasm finiva con Mike trascinato via dal Tall Man.
Poi la carriera del regista prende una piega poco piacevole: The Beastmaster non incassa quanto la produzione avrebbe desiderato, un paio di progetti tra cui Silver Bullet, naufragano, e Coscarelli vivacchia dirigendo videoclip. A quel punto qualcuno alla Universal si accorge che tutti i grandi studios avevano il loro franchise horror tranne loro: la Fox aveva Halloween e Alien, la Paramount Venerdì XIII, la New Line, da piccolissima realtà indipendente, si era trasformata in un colosso grazie a Nightmare. Era un mercato ricchissimo e, alla fine degli anni ’80, considerato ancora in espansione. E così, viene proposto a Coscarelli di girare finalmente un seguito alle avventure di Mike, Reggie e del Tall Man, con il considerevole budget di 9 milioni di dollari. Coscarelli accetta e il film si fa. Ma c’è un prezzo da pagare.
Phantasm II è il film più costoso di tutta la quadrilogia originale, per non parlare di Ravager, che credo sia tornato ai livelli del primo in quanto a miseria. Questa volta Coscarelli ha a disposizione una vera troupe, una vera produzione e Nicotero e Kurtzman a curare gli effetti speciali.
Purtroppo, con l’intervento della Universal, a Coscarelli viene imposto di rimpiazzare Michael Baldwin con James Le Gros per il ruolo di Mike. Ci voleva almeno una faccia nota, o se non altro famigerata, e soprattutto belloccia, anche perché andava introdotta una sotto-trama sentimentale: sia mai che qualcuno potesse anche lontanamente pensare che uno dei due protagonisti o entrambi fossero in odore di omosessualità.
Phantasm II si svolge sette anni dopo gli eventi del primo capitolo, quindi rimpiazzare Mike era la scelta più ovvia. Se non altro, Coscarelli è riuscito a conservare il posto a Reggie Bannister, mentre non credo nessuno fosse così sconsiderato da non volere Angus Scrimm per la parte del Tall Man.
Dopo un prologo che utilizza spezzoni di Phantasm mischiati a del nuovo girato, saltiamo in avanti nel tempo e troviamo un Mike cresciuto e rinchiuso in un ospedale psichiatrico; per uscire, finge di essersi convinto che il Tall Man sia stato soltanto frutto della sua immaginazione e la morte del fratello un semplice incidente automobilistico. Dopo che un’esplosione stermina l’intera famiglia di Reggie, i due partono per rintracciare il Tall Man e farlo fuori una volta per tutte.
Phantasm II è un road movie, e in questo inaugura uno schema che sarà poi destinato a tornare nel resto della saga: Reggie e Mike in viaggio lungo le strade di una provincia americana mai così desolata, e il Tall Man sempre un paio di passi avanti rispetto a loro, a distruggere una piccola città dietro l’altra, lasciando solo tombe vuote e macerie.
Altro elemento che, da qui in poi, diventerà fisso sono le disavventure erotiche di Reggie, inserite qui per non far cadere alcun sospetto sul personaggio e il suo rapporto con un ragazzo molto giovane di lui e con il quale non condivide alcun vincolo di parentela.
Insomma, alle prese con una major come la Universal, Coscarelli si trova a dover girare il capitolo di Phantasm più tradizionale, nonché quello più aderente alle leggi universali del sequel: più morti, più sangue, più azione, più esplosioni, tutto più grosso e rumoroso, un Phantasm con il volume tirato su al massimo della potenza.
Perché si era alla fine degli anni ’80 e queste erano le regole cui doveva sottostare anche il successore di un’opera dall’atmosfera sognante e rarefatta come Phantasm.
Eppure, anche così “addomesticato”, Phantasm II continua a essere troppo strano per il pubblico di massa e fa incazzare i fan del capostipite, in parte per il radicale cambio nei toni e nel ritmo del racconto, in parte per l’esclusione di Baldwin dal cast.
Il film incassa appena 7 milioni, troppo pochi per diventare la nuova saga horror della Universal, ma abbastanza perché Coscarelli si riappropri completamente della sua creatura e diriga altri due seguiti, usciti per il solo mercato home video.
Detto ciò, a me Phantasm II piace da impazzire: è inferiore al film del 1979 e gli manca quella qualità onirica, dovuta all’assenza di un racconto lineare e al prevalere della logica dell’incubo su quella della realtà. Tuttavia, pur essendo più semplice e anche più chiaro nella costruzione della mitologia del Tall Man e dei suoi nani assassini, riesce a mantenere una fortissima componente weird, si prende i suoi tempi e compie le sue deviazioni dallo scheletro della trama per farci precipitare di nuovo in quei territori dall’immaginario sfrenato che sono tipici di Coscarelli. È un film che porta visibili le cicatrici dell’intromissione costante della Universal, ma sono convinta che il regista, e con lui l’intero baraccone di Phantasm, ne siano usciti con una vittoria schiacciante.
È vero che c’è più azione e spesso si sostituisce a quelle lunghe sequenze di attesa e sospensione che avevano fatto la fortuna artistica di Phantasm, ma dare la possibilità a Coscarelli di dimostrare di essere in grado di girare scene molto elaborate, come quella dell’inseguimento, non è un male; è vero che indulge nel gore, quasi assente nel primo film, ma siamo sicuri che fosse una scelta e non una necessità dettata dal budget? E inoltre il lavoro di Nicotero e Kurtzman è una meraviglia per gli occhi e per l’anima: il disastro compiuto dalle sfere sui corpi umani con cui entrano in contatto e la dissoluzione finale del Tall Man sono dei pezzi di bravura, e avendo a disposizione più soldi, non vedo perché limitarsi o essere timidi; è vero che estromettere Baldwin è stata un’ingiustizia, ma in fin dei conti La Gros è un attore migliore, anzi, è un attore e basta, cosa che Baldwin non era, e il film ci ha pure guadagnato. Per quanto io possa essere affezionata agli scalcinati seguiti DTV e al loro spirito anarchico, Phantasm II è il tassello esteticamente più valido e professionale di tutto il mosaico, e quindi arrivo persino a capire chi lo preferisce al capostipite.
Il punto è che uno come Coscarelli, per quanto ci si provi, non è mai del tutto addomesticabile, e la sua carriera sbilenca sta lì a dimostrarlo: non gli è mai mancato il talento, e anzi, è uno dei pochi visionari rimasti in circolazione, solo che non è mai stato in grado di farsi largo nel mare infestato di pescecani delle produzioni mainstream, perché la sua visione è troppo estrema per essere digerita con facilità da un pubblico non di nicchia.
L’immaginario di Phantasm è estremo, le infinite diramazioni della sua mitologia sono estreme, il patto di fiducia che lo spettatore deve stabilire con l’autore è di natura estrema in quanto richiede di abbandonare in toto la zona confortevole del realismo per addentrarsi in meandri in cui l’unica forza in grado di plasmare la materia è la sua fantasia macabra e priva di schemi.
La saga di Phantasm è a beneficio esclusivo dei fan di Phantasm, e il secondo film è un tentativo di rivolgersi a un pubblico più ampio che tuttavia è naufragato nella stessa bizzarria geniale di Coscarelli. Phantasm II non fallisce perché si allontana dallo spirito dell’originale, fallisce perché non se ne allontana abbastanza.
Da un certo punto di vista, per fortuna.
La saga di Phantasm non è mai stata destinata a venire incontro ai gusti del grande pubblico, poco avvezzo allo spirito anarchico e visionario di Coscarelli. E Don non lo puoi “normalizzare”, appunto, nemmeno se sei la Universal: anche con una caterva di dollari a disposizione, lui non ha tradito sé stesso e nemmeno noi Phan (e questo, a posteriori, credo lo abbiano ormai capito pure tutti quelli rimasti delusi dalle modifiche apportate fra il primo e il secondo capitolo) 😉
P.S. The Beastmaster non era niente male…
No, The Beastmaster è stato maltrattatissimo dalla distribuzione italiana che gli ha appioppiato un titolo osceno.
Tra l’altro, fu proprio grazie a The Beastmaster che De Laurentiis telefonò a Coscarelli per proporgli di dirigere Conan il Distruttore. Poi però non se ne fece nulla.