
Regia – Sam Raimi (1987)
Dopo un giugno interamente dedicato agli slasher, passeremo il resto dell’estate in compagnia degli horror soprannaturali, cominciando con uno dei migliori sequel mai realizzati a memoria d’uomo, prodotto dal nostro De Laurentiis su indicazione nientemeno che di Stephen King, e messo in piedi abbastanza in fretta per cercare di rivitalizzare qualche carriera traballante.
Quelle dei fratelli Raimi, di Rob Tapert e di Bruce Campbell si trovavano infatti sull’orlo del baratro, nonostante i sorprendenti risultati ottenuti da Evil Dead, che tuttavia risaliva a sei anni prima. Nel frattempo, il giovane regista e i suoi produttori potevano già vantare un flop considerevole, un vero e proprio bagno di sangue, come si dice in gergo: la commedia nera, scritta in collaborazione con i fratelli Coen, Crimewave.
Insomma, la situazione era tale da doversi inventare al più presto un nuovo successo, altrimenti si rischiava di tornarsene tutti a girare cortometraggi tra amici.
In realtà, l’idea di un seguito di Evil Dead era nella testa di Raimi già durante le riprese del primo film: Ash doveva finire nel medioevo dopo essere stato risucchiato da un portale. Scommetto che vi ricorda qualcosa.
L’allegra combriccola di Evil Dead comincia a proporre questo soggetto a parecchie produzioni, ma nessuna pare intenzionata a cacciare i soldi. Per vie traverse, il nostro King apprende delle difficoltà di Raimi e telefona subito al suo produttore, Dino De Laurentiis, con il quale ai tempi stava finendo la lavorazione di Maximum Overdrive. De Laurentiis, dapprima riluttante, accetta di incontrarsi con Raimi, ma non ci pensa proprio a finanziare una costosissima vicenda in costume di viaggi nel tempo. Propone a Raimi un budget di tre milioni e mezzo di dollari per, sostanzialmente, rifare Evil Dead, e il regista, con le spalle al muro, accetta.
C’è un’annosa discussione su cosa sia, esattamente, Evil Dead II: il film si apre con un riassunto delle puntate precedenti che tuttavia non torna del tutto; mancano dei personaggi, ci sono soltanto Ash e Linda, alcuni passaggi narrativi presenti nel primo film vengono palesemente ignorati e altri ne vengono aggiunti.
Il seguito vero e proprio comincia quando Ash finisce con la faccia dentro a una pozzanghera, più o meno. O meglio, da montatrice, è lì che farei la giunta tra The Evil Dead ed Evil Dead II.
Tutta la parte precedente è una rievocazione in forma ridotta del primo film, il cui materiale non poteva essere utilizzato per motivi legali, e quindi andava rigirato.
Né sequel diretto né remake, Evil Dead II è un bizzarro ibrido tra i due, che dà a Raimi la possibilità di sbizzarrirsi tra stop motion e pupazzoni di gomma in un modo impensabile ai tempi del suo esordio. È vero che lui e Tapert avrebbero voluto 4 milioni, ma anche con 3,5 siamo di fronte a una cifra enorme, se paragonata ai 300.000 spesi nel 1981.
Più soldi, più inventiva, più soluzioni visive, più sangue, più violenza, più movimenti di macchina: Evil Dead II è un film all’insegna dell’eccesso e della follia in ogni singolo reparto. Se il primo film era un horror puro con qualche elemento slapstick, qui Raimi, grazie soprattutto al lavoro di Scott Spiegel in sede di sceneggiatura, prende la strada della commedia sguaiata e anarchica, una specie di Hellzapoppin’ splatter in cui non ha neanche più importanza che la storia abbia un filo logico: è una sequenza ininterrotta di gag irresistibili, create dalla chimica perfetta tra regia e attore protagonista, e tra l’identità assoluta tra quest’ultimo e il personaggio da lui interpretato: Evil Dead II è il film che canonizza Ash così come noi lo conosciamo. Considerando che Bruce Campbell si trova da solo in scena per una cospicua porzione del minutaggio, gran parte della riuscita del film è affidata alla sua fisicità e alla sua faccia da cartone animato.
E quindi, ecco Ash che combatte contro la sua mano posseduta, Ash che ride in faccia ai demoni, Ash che si fa innestare la motosega al posto della già menzionata mano, Ash che spara col fucile a canne mozze in bocca a Henrietta, Ash che diventa una riserva inesauribile di citazioni, Ash impaurito ma sempre strafottente.
Evil Dead II costruisce un mito cinematografico, il raro caso di un’icona horror non incarnata da un villain, ma da un eroe, non tradizionale, ma pur sempre eroe.
Credo che Evil Dead II sia una celebrazione di tutto ciò che siamo abituati a definire come “horror soprannaturale anni ’80”, un cinema che riesce a essere allo stesso tempo sperimentale e commerciale, votato all’intrattenimento e disimpegnato, ma eversivo per la sua natura intrinsecamente anarchica e sregolata. A differenza del contemporaneo e sul viale del tramonto slasher, l’horror inaugurato da Evil Dead nel 1981 (ma ancora prima, da Phantasm nel ’79), e portato alla sua massima forza espressiva nel 1987, non ha connotazioni reazionarie, non ha una struttura fissa, non è costruito a formula: è malleabile, imprevedibile e in moto perpetuo e perpetuo mutamento. Non si cura di possedere una forma narrativa classica, perché risponde soltanto alle esigenze di un’immaginazione scatenata, perché reagisce alla censura borghese rivendicando la X e facendosi beffe dei normali meccanismi di distribuzione.
Quella operata da Raimi, sin da quando agganciava la macchina da presa a una tavola e poi si metteva a correre per i boschi per girare le soggettive dei demoni, è una profonda rivoluzione nel linguaggio del cinema dell’orrore, che non sarebbe più stato lo stesso. Esiste un prima di Evil Dead e un dopo Evil Dead. Il secondo capitolo della trilogia mostra cosa è davvero in grado di fare questo ragazzino un po’ matto se gli viene data la possibilità di lavorare con un budget. Non altissimo: basta un budget.
L’intero cinema do Raimi, passato e futuro, è racchiuso in questi 84 minuti che scorrono via senza un istante di respiro, all’insegna di una trovata dietro l’altra, lasciando lo spettatore stordito. Anche quando il regista si inserirà in un contesto più normalizzante, quello del blockbuster hollywoodiano, e arriverà a dirigere Spiderman, quell’effetto stordimento resterà una costante. Ma qui non è addomesticato, qui non c’è nessuno che gli metta un freno, e allora il nostro sguardo e il nostro cervello finiscono nel frullatore.
Invidio profondamente, con tutta me stessa, chi questo film è andato a vederlo al cinema, perché deve essere stata un’esperienza di quelle che non si dimenticano. Io, al massimo, posso ricordarmi i manifesti in giro per Roma (La Casa 2) e la paura che mi mettevano. Ma se c’è tra i lettori qualche fortunato presente in sala nel settembre del 1987 e ci vuole raccontare com’è stato, si faccia avanti.
Groovy.
Sì, posso dirlo : io c’ero! Lo attendevo con ansia e, pensa, nel cinema di provincia vicino alla stazione di Asti dice lo proiettavano, l’unica sala era seni deserta. Condizione ideale. Ed è stato davvero come salire su un ottovolante, incollato alla poltrona, occhi fissi sullo schermo, sorriso stampato sul volto, risate di raccapriccio, risate sincere (klaatoo verata qualcosa?)
È la prova provata che andavo un genere ora più che mai. Sono stati anni bellissimi e odiosi gli ’80’s con l’edonismo che ancora galoppa a ma i cinema straripavano di film nuovi, pazzi e geniali. Forse oggi il nostro genere preferito è cresciuto, è più adulto ma, complice il mio occhio di ragazzino, l’adolescenza la sento lì, tra Raimii e Honertottter
Che fortuna averlo visto in sala, Fratellone. Io credo che negli odiosi anni ’80, questo horror anarchico fosse l’unico vero antidoto all’edonismo e al trionfo del peggior capitalismo.
Assolutamente si. E non penso che sia casuale che negli stessi anni, Raimi, in splendido rapporto artistico, collaborasse con i Coen, vedi Arizona Junior…
Mamma mia, anch’io mi ricordo il manifesto sotto i portici di Castelfranco Veneto. Poi del film mi parlò una persona più grande, io ero troppo piccolo per andare a vederlo. Con quel racconto nacque per me il mito de “La casa”.
Con l’armata delle tenebre ci sarà poi una deflagrazione atomica nel mio gruppo di amici.
OT, ma ho un suggerimento screamqueeralloweenoso cattivissimo e gnocco: Fear Street 1:1994.
Sarà una estate slasha e torrida…
Grande secondo capitolo che, ai tempi, non riuscii a vedere in sala… ad ogni modo, Evil Dead II è una delle migliori prove di come gli edonisti -e capitalisti- anni ’80 riuscissero (involontariamente?) allo stesso tempo a produrre gli anticorpi necessari per difendersi da quello stesso edonismo che sostenevano a ogni piè sospinto 😉
P.S. Ricordo di aver letto in giro che nemmeno Bruce Campbell aveva poi un’alta opinione di Crimewave (non lo rivedo da una vita, ma a me non era dispiaciuto)…
Non era dispiaciuto anche a me. Fu un flop inenarrabile, la critica ci si accanì contro e, per poco, non pose fine alla carriera di Raimi ancora prima di cominciare. Ma non era così brutto come molti dicono.
Poi, dovrei rivederlo.
Ho avuto la doppia fortuna di vederlo in anteprima al Mystfest di Cattolica, proiezione di mezzanotte. In sala era presente anche Sam Raimi e ricordo che ebbi l’ardire di chiedergli l’autografo. In Italia a quell’epoca non lo conosceva quasi nessuno e lui, quasi commosso, non solo mi firmò la copia del programma del festival (era l’unico materiale cartaceo che avessi sottomano), ma mi fece persino un disegnino con il Libro dei Morti e il titolo italiano del film (lui scrisse in stampatello: LA CASA!, con tanto di punto esclamativo. Che tempi…
Io lo vidi in sala… in un pomeriggio di agosto dell’88, vale e a dire quindi una delle ultimissime visioni, in un cinema di Vasto dove ero in vacanza. Avevo 15 anni e ci andai con mio fratello (di 12 anni) e due amici, fratello e sorella, più o meno della nostra età… cosa che ha dell’incredibile, ma a quanto pare se ne sbattevano dei divieti. In sala eravamo solo noi quattro ed un signore che, per quanto ne posso sapere, poteva anche essere il gestore. Comunque sia, l’emozione era tanta così come l’aspettativa di qualcosa di sconvolgente dato che il primo capitolo era una visione frequente su cassetta. Il bellissimo prologo era davvero spettacolare su grande schermo mentre fu sorprendente e piacevolissima la svolta umoristica che aveva preso la storia. Il finale poi ci spiazzò letteralmente. Sono sempre stato orgoglioso di averlo visto al cinema, ma altrettanto incazzato con me stesso per non aver ripetuto l’esperienza col terzo capitolo.
Grazie per il commento e per l’aneddoto. Tu pensa che io neanche sono riuscita a vedere Army of Darkness in sala, con tutto che forse, a 14 anni, sarei anche riuscita a entrare 😦