Questa settimana, Paura & Delirio prende armi e bagagli e parte per quella terra meravigliosa che è l’Australia, per parlare di Rogue (2007), opera seconda di Greg McLean, regista amatissimo da queste parti, capace di passare con disinvoltura dall’orrore assoluto di Wolf Creek a questo giocattolone con coccodrillo sovradimensionato (ma pur sempre plausibile) che è quasi un film per tutta la famiglia. O almeno, questa è la conclusione cui siamo giunti Davide e io nel corso della nostra chiacchierata. Abbiamo parlato delle differenze tra l’horror australiano e quello americano dei primi anni del XXI secolo, delle formazioni rocciose nei territori del Nord dell’Australia, di come si scrivono ottimi personaggi di contorno, di Radha Mitchell e di quanto è bravo John Jarrat.
Al solito, in apertura, la Posta del Cuore.
Mandateci domande, fateci sapere che siete vivi!
Buon ascolto e buon divertimento.
Grazie per aver risposto alla mia domanda, mi metto in cerca dei libri consigliati!
Grazie come sempre a Lucia e Davide. Non conosco questo film e scrivo questo messaggio prima dell’ascolto perché mi è venuta in mente una domanda:
Dato che sia Davide che Lucia sono anche autori di diverse opere di narrativa, vorrei sapere quale considerate la migliore della Vostra bibliografia.
Grazie in anticipo. Mi metto subito ad ascoltare il podcast!
L’horror australiano è davvero affascinante, sia a livello metafisico che a livello più prosaicamente fisico e concreto, in cui McLean ha dimostrato di sapersi destreggiare egregiamente (vedi appunto Wolf Creek e Rogue)… ottima chiacchierata, come da prassi ormai! 😉
E il problema è che l’horror australiano (come quello canadese, che è molto diverso per stile, ma ha una storia produttiva simile) lo conoscono in pochi, spesso quei pochi neanche sanno che si tratta di film australiani e non statunitensi.
Verissimo. E il discorso riguarda anche i prodotti televisivi come, ad esempio, The Evil Touch (da noi “Il Tocco del diavolo”), serie di un’unica stagione con Anthony Quayle chiamato a introdurre e chiudere ciascuno dei ventisei episodi… in questo caso potevano forse trarre in inganno (a occhi poco attenti, a dire il vero) le star statunitensi ingaggiate per garantire maggiore spendibilità a livello internazionale.
Alla fine ce n’erano di cose da dire sui collegi… 🙂
Sempre bello e interessante!