Zia Tibia Guarda i Sequel: Venerdì 13 – Capitolo Finale

Regia – Joseph Zito (1984)

Arriva giugno e, con esso Zia Tibia, che esce dalla cripta, si stiracchia le ossa anchilosate e vi dà il benvenuto augurandovi un’estate piena di filmacci. Quest’anno, il mio alter ego non-morto vi condurrà nel magico mondo della serialità. Parleremo quindi di numeri II, ma anche III, IV, V e, perché no, X (sapete qui dove sto andando a parare), ci confronteremo con le saghe più famose di sempre, ma anche con seguiti meno blasonati per irriducibili completisti della serie B; procederemo inoltre senza alcun criterio, passando da un decennio all’altro, a seconda dell’umore del momento di Zia Tibia, che lo sapete, è volubile e imprevedibile.
Cominciamo di venerdì, e anche se non è un venerdì 13, ogni scusa è buona per dedicare un post al “capitolo finale” (tutti ridono) delle gesta di Jason, altrimenti noto come l’idea platonica dello slasher.

Nelle intenzioni, la saga di Venerdì 13 doveva concludersi qui, perché Fred Mancuso Jr. si era stufato di Jason e degli allegri campeggiatori morti e voleva chiudere la faccenda con stile. Alla Paramount erano d’accordo, e infatti il film viene annunciato come il capitolo finale, l’ultimo atto, la morte definitiva di Jason. Sappiamo tutti come sono andate le cose: il film ha incassato tantissimo, troppo perché non si decidesse di continuare a spremere il marchio fino all’ultimo centesimo, e così, ridendo e scherzando, la saga è diventata uno slasher soprannaturale, con Jason che è, a tutti gli effetti, uno zombie nerboruto, resuscitato da Tommy Jarvis intorno al 1986, ed è arrivata al 2009 tra alterne fortune. L’unico motivo per cui, dopo il remake, ultima apparizione cinematografica del bamboccione con la maschera da hockey, non ci sono stati altri film, è una lunga controversia legale sui diritti del personaggio ancora in corso.
Eppure, Friday the 13th: The Final Chapter è, in un certo senso, l’ultimo della sua specie: è l’ultimo film interessante della saga almeno fino all’avvento del nuovo secolo, ed è l’ultimo slasher tradizionale prima che arrivi Wes Craven a far saltare il banco e a cambiare per sempre il volto del genere nel novembre del 1984. Segna il culmine e l’inizio della fine del primo ciclo produttivo dello slasher e rappresenta, per chi ama questo tipo di film, la canonizzazione definitiva della formula. In altre parole, Venerdì 13 – Capitolo Finale è lo slasher perfetto.

Per questo, nonostante sul set si sia comportato da perfetto stronzo per sei settimane, facendosi odiare da tutto il cast e rischiando anche di mandare un’attrice al creatore, dobbiamo ringraziare Joseph Zito. Mancuso Jr. lo assume dopo aver visto il suo The Prowler e fa la scelta giusta, se non umanamente, professionalmente parlando. Il secondo Venerdì XIII continua a essere il mio preferito, ed è una cosa che non negherò mai fino al giorno della mia morte, ma la ruvida energia del quarto, unita alla sua attitudine da grande inquisitore (su cui torneremo) lo rendono un vero e proprio manuale dello slasher anni ’80, il momento in cui tutte le caratteristiche di cui abbiamo parlato qui centinaia di volte si raccolgono e si comprimono nello spazio di 90 minuti per dare allo spettatore la possibilità di guardare non uno slasher, ma Lo Slasher per antonomasia.

Capitolo Finale è un film reazionario, puritano, sessuofobo e punitivo ai massimi livelli: non c’è comportamento sessualmente disinibito che non costi una morte atroce; persino guardare dei vecchi filmati erotici risalenti ai tempi del muto è ragion sufficiente per finire sbudellati. Zito, che scrive, ma non firma (problemi con la Writers Guild) anche la sceneggiatura, ci presenta il gruppo di ragazzotti più fissati col sesso dell’intera saga; non parlano d’altro, non pensano ad altro, sembrano non esistere per niente altro. È voluto dalla prima all’ultima riga di dialogo ed è estremizzato per due motivi: mostrare quanta più pelle scoperta fosse consentita ai tempi dalla censura, e dare l’occasione a Jason di scatenarsi come mai prima d’ora.
Ma Zito è abbastanza intelligente da fornire a questo mucchio di giovani americani in perenne botta ormonale, un contraltare perfetto, ovvero la final girl Trish e suo fratello Tommy (Corey Feldman), che se ne stanno lì a rappresentare tutta l’innocenza e la purezza del mondo. Trish non si mischia con i suoi nuovi vicini di casa, non si presenta neppure al party a cui viene invitata. Preferisce stare a leggere in casa con la mamma e prendersi cura del fratellino. Dal canto suo, Tommy spierà pure dalla finestra una ragazza che si sta spogliando, ma la colpa è della madre, che se ne accorge e, invece di rimproverarlo o metterlo in punizione, o anche solo protestare con i vicini per la loro discutibile morale, si fa una risata e lascia correre. E infatti crepa una manciata di minuti dopo.

È tutto preordinato e prevedibile, ma non è mai noioso, neppure a 37 anni di distanza e dopo un ventennio di film che la formula ce l’hanno vivisezionata, spiegata, stravolta, rovesciata, perché Venerdì 13 – Capitolo Finale sa cosa vuole ottenere e, senza girarci intorno un solo istante, punta lì con tutte le sue forze e le sue capacità.
Certo, è anche un film che, rispetto ai capitoli precedenti, e a quelli successivi, costa quel tanto in più da permettersi di girare la sequenza d’apertura, addirittura con il lusso di riprese aeree, macchine della polizia, ambulanze e comparse. Può anche contare su interpretazioni da parte di attori competenti: a parte Feldman, a una delle sue prime apparizioni su grande schermo, ma già un veterano della tv ad appena 12 anni, possiamo ammirare un giovane Crispin Glover che qui si esibisce in una delle scene più famose della storia dello slasher, ovvero il balletto imbarazzante e, allo stesso tempo, adorabile, nel tentativo di conquistare una delle due gemelle incontrate al lago; Kimberly Back non sarà Amy Steel (nessuna sarà mai Amy), ma la sua Trish arriva subito dietro Ginny, in una ipotetica classifica delle final girl della saga. Anche il variopinto cast di ragazzi presi a caso funziona più del solito: sono affiatati, ci credi che sono amici, alla fine ti dispiace pure per un paio di loro quando Jason li accoppa senza troppe cerimonie.

Capitolo Finale è anche il film in cui Tom Savini torna a curare gli effetti speciali dopo aver lavorato al capostipite e poi essersi occupato d’altro, tra cui proprio The Prowler di Zito.
Stiamo parlando di slasher, e sarebbe davvero disonesto non ammettere di aver pagato il biglietto (o, in questo caso, il noleggio su Prime) per gli omicidi; la presenza di Savini è, da questo punto di vista, fondamentale: oltre ad aver ispirato il personaggio di Tommy e la sua passione per la creazione di maschere mostruose e trucchi vari, Savini deve essersi divertito un mondo per la verità e la quantità di morti ammazzati con grande gusto creativo presenti nel film. Oltre alla defenestrazione più bella dell’intera serie (e a Jason piace un sacco defenestrare), possiamo ammirare la mannaia in faccia a Glover, lo schiacciamento della faccia del povero Doug sotto la doccia, la disgustosa fine dell’autostoppista e, soprattutto, la morte di Jason, con il machete che gli scivola lentamente nell’occhio mentre si muove ancora, una scena da cui esco sempre ammirata e anche un po’ estasiata.

Ci sono slasher migliori di questo, anche all’interno della stessa saga; potrei farvi un elenco di slasher migliori senza neppure mettermi a scartabellare su IMDb, ma nessuno ha la purezza adamantina di The Final Chapter, nessuno è stato più in grado di portare la formula a tali livelli di essenzialità. C’è anche da aggiungere che il film non si limita a fissare lo schema dello slasher poco prima che il genere esali i suoi ultimi respiri così come era stato concepito sul finire degli anni ’70; The Final Chapter canonizza il personaggio di Jason, che è vero, trova la maschera in Part III, ma qui raggiunge l’incarnazione che poi sarebbe rimasta nell’immaginario collettivo: sarà infatti assente nel quinto film, e nel sesto risorgerà dalla tomba per non essere mai più lo stesso.
Se davvero la saga si fosse conclusa qui, lo avrebbe fatto col botto e coi fuochi d’artificio. Purtroppo è andata avanti a oltranza e, anche se ci saranno dei momenti piacevoli, un Venerdì 13 così non lo avrebbero più fatto. Ma mi spingo oltre: uno slasher così non lo avremmo mai più visto.

6 commenti

  1. Ottima recensione di uno dei capitoli più riusciti della saga. Non sapevo dei retroscena su Zito e dei suoi comportamenti. In ogni caso sono felice di sapere che c’è qualcun altro che apprezza come me il secondo capitolo. E adoro perfino il costume indossato da Jason.

    1. Il sacco in testa di Jason nel secondo capitolo è bellissimo!

  2. Blissard · ·

    Neanche io sapevo del comportamento disdicevole di Zito, dove attingi queste gustose chicche?
    Sarò sincero: il quarto episodio di V13 mi sta simpatico ma lo trovo di una stupidità esibita eccessiva.
    Se vuoi, scrissi di questo e degli altri episodi qui:https://rateyourmusic.com/list/Blissard/friday_the_13th___saga/
    Una saga cui sono affezionato ma che mai per un secondo ho trovato artisticamente rilevante.
    Carina l’idea del ciclo sequel, Lucia

    1. Seguo moltissimi podcast dedicati all’horror. L’anno scorso ho ascoltato una serie dedicata interamente a Venerdì XIII con un episodio di podcast di oltre due ore per ogni film della saga e ho attinto tantissime gustose informazioni da lì!
      Venerdì XIII è una saga culturalmente rilevante. Artisticamente molto meno, sono d’accordo con te. Ma la stupidità è intrinseca al filone: noi siamo figli di Scream, cerchiamo l’intelligenza autoreferenziale in uno slasher. Negli anni ’80 non era così.

  3. Giuseppe · ·

    Sì, questo sarebbe stato un ottimo capitolo finale, anche se poi ci saremmo persi la deriva soprannaturale (con i suoi buoni momenti, è vero), oltre a quella divertente variazione sul tema che è Jason X 😉
    Certo che la stronzaggine di Zito qui ha davvero raggiunto livelli epici, in particolare ripensando proprio alla scena di Samantha sulla zattera in quel gelido lago…

    1. Ma infatti poi Zito non è che abbia lavorato tantissimo: ha fatto dei filmacci d’azione quando avrebbe potuto avere una carriera molto più interessante. Il problema è il carattere: nel suo caso era un carattere di merda!

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