Regia – Sean Byrne (2009)
Tecnicamente, l’esordio di Byrne è datato 2009, ma quando si tratta di compleanni sui su Ilgiornodeglizombi siamo personcine molto concrete e non ci basiamo sull’anno di produzione, bensì su quello di distribuzione: The Loved Ones arriva, in edizione limitata, per la prima volta nei cinema australiani il 4 novembre del 2010, ovvero dieci anni esatti da oggi, per poi diffondersi con il passaparola in ogni parte del mondo, ovviamente all’interno della variegata fauna di appassionati di horror, perché non stiamo di certo parlando di un blockbuster, ma di un piccolo film indie che tuttavia ha avuto il merito di scuotere un ambiente letargico.
Ora mettete su la musica di SuperQuark mentre io vi faccio una brevissima lezioncina di storia del cinema dell’orrore all’inizio del XXI secolo.
Torture porn. In realtà basterebbero queste due parole per definire la seconda metà degli anni zero in ambito horror. Sì, certo, c’erano i remake che ancora imperversavano, ma se ci fate caso, i vari rifacimenti delle opere più eversive degli anni ’70, quelle di Hooper e Craven, per chiarire, erano tutti declinati in torture porn. È vero che The Descent ha salvato la vita al genere quando è uscito 15 anni fa, ma se vogliamo essere oggettivi ed equilibrati, lo ha fatto da un punto di vista artistico; da un punto di vista commerciale, ci hanno pensato Saw e Hostel.
Fine della lezioncina. Ora si passa al film.
The Loved Ones potrebbe, sulla carta, passare per un torture porn: il nostro protagonista Brent (Xavier Samuel) viene rapito e torturato la sera del ballo scolastico dalla ragazza che ha garbatamente rifiutato, Lola (Robin McLeavy), e dal padre di lei. Quindi la trama, o lo scheletro di essa, avrebbe tutte le caratteristiche adatte per appartenere a quel filone. Eppure non è così: The Loved Ones è un film ruvido, incasinato, fuori di testa, in altre parole fucked up in ogni modo possibile, ma non è un torture porn.
Non lo è da un punto di vista meramente formale, in quanto non è l’atto efferato in quanto tale il fulcro del discorso di Byrne, e neanche il dettaglio pornografico di ferite e altri traumi fisici, su cui di solito al contrario è incentrato il torture porn; The Loved Ones è un film violento ed esplicito, dove accadono cose orrende, e con uno dei villain più riusciti della storia del cinema recente (roba che Jigsaw, di fronte a Lola, si metterebbe a piangere invocando la mamma), ma è prima di tutto una storia di traumi emotivi costruita con intelligenza, un mosaico di personaggi dove ogni tassello occupa un posto preordinato e ha un peso specifico, dove l’attenzione è sulle dinamiche sentimentali di quel momento della vita umana tante volte raccontato dal cinema, ma di rado con questa crudezza. E sì, parliamo dell’adolescenza.
È un periodo di cui il cinema horror americano, diciamo dalla metà degli anni ’90 in poi, ha dato un ritratto estremamente patinato: non è possibile identificarsi nei ricchi e viziati rampolli che popolano gli slasher dell’era post Scream. Sembra che la vita non li abbia mai toccati davvero, sembra che non conoscano il dolore. È un effetto ricercato perché meno ti rispecchi in un gruppo di generici quasi ventenni, più sei disposto ad archiviare con una risata e una scrollata di spalle le loro morti per mano dell’assassino di turno. Non devono somigliare a dei ragazzi veri, altrimenti il gioco di prestigio non riesce. Il meccanismo è il medesimo, anche se non coinvolge soltanto una fascia d’età, per il torture porn. E anzi, è forse ancora più insidioso, perché non ci si limita a far apparire un coltello dal buio e a dare in pasto al pubblico una sequenza di morte in comoda confezione PG13. No, col torture porn, se non mostri almeno un tendine tagliato non sei nessuno, e quindi i personaggi spesso non si limitano a essere generici e sacrificabili. Sono direttamente insopportabili, come per esempio in Hostel.
Intanto, in Canada e Australia (per non menzionare parte dell’Europa nel discorso, che diventerebbe troppo lungo e complesso) si andava in un’altra direzione.
Per quanto diversi, e separati anche da una decina d’anni, due film come Ginger Snaps e The Loved Ones hanno parecchie cose in comune. In entrambi non c’è alcuna poesia legata all’adolescenza, che è una faccenda miserabile, puzzolente, squallida e dolorosa, e in entrambi si assiste a un ribaltamento impressionante dei cliché del teen horror classico. Ma mi spingerei fino al teen movie di qualunque tipo, forma o maniera.
A guardarlo con attenzione, The Loved Ones è una deformazione grottesca di Pretty in Pink, e il personaggio di Lola è una perversione della tipica protagonista del cinema teen anni ’80-’90, con tutta quell’insopportabile retorica del ballo di fine anno come rito di passaggio, quasi che un evento che sembra studiato apposta per far sentire chi è già solo e inadeguato ancora più inadeguato e solo, fosse davvero da considerarsi una tappa importante nella vita di un individuo.
Lola è non soltanto sola e inadeguata: il suo vivere ancorata a dei modelli superati, o che i suoi coetanei non riconoscono come tali, l’ha portata a essere una disadattata con problemi di sociopatia. In questo è sorretta e incoraggiata da un padre ai limiti estremi dell’incesto, che ne asseconda ogni capriccio e anzi, si intuisce le abbia insegnato lui stesso a comportarsi così. Eppure, oltre a odiare profondamente Lola, non possiamo che avere anche pietà di lei, per il dolore che la attanaglia e che nessuno le ha mai insegnato a gestire.
Un disagio, un rapporto infelice con loro stessi e con i propri corpi, che a ben vedere riguarda ogni singolo personaggio del film, dal protagonista Brent, divorato dal senso di colpa per la morte del padre, da lui causata (e che lo lega indissolubilmente a Lola, anche se lui non lo sa), al suo amico Jamie, alla ragazza con cui va al Ballo, Mia.
Tutti sono in qualche modo sbagliati, fuori posto, scomodi nella loro stessa pelle.
Gli adulti, anche quelli, non se la passano poi troppo bene, e se il padre di Lola è ovviamente un’esasperazione del genitore amorevole (fin troppo), le altre figure brillano per assenza, incomprensione, indifferenza. O perché chiuse nel proprio dolore, come la madre di Brent, o perché incapaci di comunicare, come i genitori di Mia.
In questa atmosfera di dettagliatissimo sfacelo, non stupisce affatto che nessuno si sia accorto in tempo dello stato mentale di Lola. Non esistono qui i consulenti psicologici che tanti ragazzi salvano nei film statunitensi: nell’universo cinematografico di Byrne si è completamente soli, e se hai un qualche trauma o lutto da elaborare, sono fatti tuoi che il resto del mondo non ha tempo da perdere.
La crudeltà di The Loved Ones è tipica del cinema australiano, anche se si tratta di un film claustrofobico, uno dei rari casi in cui quel paesaggio ancora non del tutto addomesticato dall’uomo si vede poco, ma quel tanto che basta a conferire all’ambientazione un ulteriore carico di isolamento. Per il resto, siamo nello scantinato di casa di Lola per quasi tutta la breve durata del film, un luogo di puro orrore che non si dimentica facilmente. Si tratta quindi di un film più claustrofobico della media dei suoi connazionali, ma l’Australia si sente nell’aggressività della regia di Byrne, per cui ogni sequenza sembra voler uscire dallo schermo per saltarti addosso e prenderti a cazzotti. C’è uno straordinario uso della colonna sonora, tra canzoni di repertorio e uno score originale che è composto nella sua interezza da distorsioni e suoni stridenti.
Insomma, tutto concorre, in The Loved Ones, a farvi sentire a disagio, come se la vostra poltrona stesse diventando ogni minuto più calda, fino a quando non inizia a bruciarvi la pelle. Non è un’esperienza piacevole, ma almeno una volta nella vita va fatta.
Terra meravigliosa, l’Australia.
Bellissima recensione! Ho scoperto questa perla del cinema dopo che ho visto The Devil’s Candy. Sono rimasto impressionato dal regista e dono andato a cercarmi altri film che aveva fatto. Ho trovato The Loved Ones e me ne sono innamorato.
L’unico aspetto negativo è che Byrne fa un film ogni sei anni 😦
Purtroppo 😦
Recensione impeccabile! Davvero, fra i principali pregi di The Loved Ones c’è senz’altro quello di NON mentire sull’adolescenza: di conseguenza, si finisce per soffrire molto di più nel vederlo rispetto a quanto potrebbe succedere con uno stereotipato teen horror USA…
perché l’adolescenza è un inferno, e per tutta la poesia che ci si può fare sopra, è più un momento di orrori che di gioie.
Verissimo (e incontestabile)…