The Witches

Regia – Robert Zemeckis (2020)

Vi diranno che il vecchio adattamento di Nicolas Roeg faceva più paura, ed è vero: ha terrorizzato una generazione con il trucco di Anjelica Huston e delle altre streghe; vi diranno che Zemeckis ha diretto un film per ragazzi in tutto e per tutto, e anche questo è vero; vi diranno che, dove Roeg, per motivi strettamente tecnici, aveva utilizzato soltanto effetti pratici, qui ogni cosa è realizzata in CGI, e pure qui, avranno ragione: siamo nel 2020, è normale che per animare dei topolini parlanti non si usino più gli animatroni. Quello che forse, tuttavia, non vi diranno di questa nuova trasposizione della storia di Dahl, ha mantenuto uno dei dettagli più importanti dell’opera originale, cosa che il pur ottimo film di Roeg non aveva avuto il coraggio di fare.
The Witches è un film pensato per un pubblico molto giovane, ma non appiccica alla vicenda un lieto fine posticcio che non aveva senso neppure nel 1990. Ora sta a voi scegliere, se farvi condizionare dal pregiudizio che, da sempre, circonda operazioni di questo tipo, o spendere una discreta cifra in noleggio su Prime e fidarvi di Zemeckis e di del Toro alla sceneggiatura.

C’è da dire che, un film così, visto tra le quattro mura casalinghe qualcosina la perde. Era destinato a sbancare i botteghini per Halloween 2020, e invece tutti sappiamo com’è andata. Quando, un paio di settimane fa, è stato annunciato dalla distribuzione che The Witches non sarebbe arrivato nei cinema, ma sarebbe uscito dritto in streaming, un po’ me la sono presa. Ma, col senno di poi, e con le sempre più minacciose nubi all’orizzonte, devo ammettere che è stata una scelta giusta. Questo non toglie nulla, tuttavia, alla profonda tristezza e anche alla rabbia che si prova nel vedere le sale nuovamente chiuse.
Ma chiudiamo anche la parentesi e passiamo al film. La trama di The Witches la dovreste conoscere più o meno tutti: nonna e nipote si ritrovano in un albergo dove è in corso una riunione di streghe, capitanate dalla Strega Suprema, che ha come obiettivo la trasformazione di tutti i bambini del mondo in topi.
La nonna è Octavia Spencer, la Strega Suprema è Anne Hathaway nell’interpretazione più camp di tutta la sua carriera.

Rispetto al romanzo cambia l’ambientazione, non più l’Inghilterra, ma gli Stati Uniti, l’Alabama per la precisione. La nonna è una guaritrice, forse (sospetta il nipotino) una sacerdotessa voodoo, che non è malata di polmonite, ma comincia a tossire quando una strega è nelle vicinanze. A parte questo, si tratta di un adattamento molto fedele, anche più fedele di quello di Roeg, che a Dahl non piacque per niente. Anzi, fece di tutto perché il suo nome venisse eliminato dai titoli di coda.
Ora, io su The Witches ci ho scritto un articolo la bellezza di quattro anni fa, dove mi chiedevo se sarebbe mai stato possibile, nella Hollywood contemporanea, vedere una versione aderente al testo e meno edulcorata. Mi rispondevo di no, perché ero giovane e stupida, ma anche perché, dal 2016 a oggi, sono cambiate tante cose, il mondo è un posto molto diverso, molto più oscuro, e anche il cinema per ragazzi ha, da qualche tempo, ripreso a fare i conti con l’ineluttabile.

Perché è di ineluttabile che si parla, quando si parla del finale di The Witches: una volta presa la pozione che ti tramuta in topo, il processo è irreversibile e topo rimarrai per tutta la tua brevissima vita. In altre parole, puoi sconfiggere il male rappresentato dalle streghe, ma l’incontro con esso ti lascia comunque delle cicatrici, è impossibile non uscirne in qualche modo cambiati.
Quello che i bambini trasformati in topi apprendono, dopo la battaglia con le streghe, è il concetto della loro stessa mortalità, che il loro tempo su questa terra ha un limite, ma ciò non deve impedire ai nostri piccoli protagonisti di provare lo stesso a essere felici.
Era il tassello mancante nel pur magnifico film di Roeg, era il limite verso il quale, trent’anni fa, non ci si era voluti spingere.
Certo, se ne erano infranti altri, e lo abbiamo detto all’inizio che The Witches 1990 fa più canonicamente paura di The Witches 2020.

Il trucco di Hathaway, per esempio, impallidisce di fronte a quello di Huston, anche con tutta l’applicazione in post della CGI più all’avanguardia, anche con quella bocca che si spalanca a dismisura mostrando file di denti aguzzi, non c’è proprio il paragone con la maschera in lattice sfoggiata dalla Strega Suprema nel 1990. Non so se la ragione dietro a questo alleggerimento dell’aspetto mostruoso della strega sia dovuto a una scelta artistica o semplicemente allo star power di Hathaway, che ha impedito di sfigurare in maniera eccessiva l’attrice. Sta di fatto che la famosa sequenza in cui le donne si tolgono guanti, scarpe e parrucche, nel film di Roeg era pensata per far morire di paura il giovane pubblico, qui è pensata per avere un effetto comico, seppure appena inquietante.
Ma non è solo il trucco: è proprio il tono a essere cambiato. Roeg non era un narratore per ragazzi, e si vede. Al contrario, Zemeckis lo è, mentre del Toro qualcosina a proposito del rapporto tra macabro e fiabesco la conosce, e anche lui ha in carriera parecchie cose da produttore rivolte a spettatori giovani e giovanissimi.

Si potrebbe dire che Zemeckis e del Toro hanno fatto uscire l’orrore dalla porta per farlo rientrare dalla finestra. Solo che si tratta di orrore esistenziale, e magari un bimbo non lo comprende all’istante (forse non ci arrivano neanche i suoi genitori), ma lo percepisce a un livello irrazionale. Se The Witches non è traumatico come il suo predecessore, è di certo tragico nelle sue implicazioni.
Poi sì, ci sono cose molto simili, come la recitazione sopra le righe di Hathaway e questa grottesca aderenza, da parte del gruppo di streghe, a un modello di iper-femminilità standardizzato che è riscontrabile in entrambi i film. Qui il personaggio della nonna è più approfondito e Octavia Spencer le infonde uno splendido tocco di calore umano, che nel delirio colorato ed eccessivo messo in scena da Zemeckis rischia di andare smarrito.
Ecco, alla fine c’è, in The Witches 2020 una vena di follia che potrebbero apprezzare più gli adulti dei bambini. È un film per famiglie, nel senso più classico del termine, di quelli che però i genitori non devono limitarsi a subire sbuffando, ma si possono divertire molto a guardare.
Io almeno mi sono divertita, e spero di riuscire a farlo vedere la prossima settimana a mio nipote.
Sempre che non ci chiudano tutti in casa.

8 commenti

  1. Blissard · ·

    Eh eh eh, lo avevi preannunciato che ad Halloween le streghe sarebbero venute a farti visita 😀
    Ti devo confessare che mi è piaciuto ma con qualche riserva. In varie scene Zemeckis si limita a ricalcare il film di Roeg (la “conferenza” delle streghe, la cena finale) in maniera un po’ troppo pedissequa, col risultato di perdere nettamente il confronto con le scene originali; d’altro canto la sceneggiatura approfondisce molto di più il personaggio della nonna, dà una lieve connotazione politica alla vicenda (“Vedi, piccolo, al Grand Orleans Imperial Island Hotel ci sono solo bianchi ricchi. E le streghe se la prendono solo con i poveri, i dimenticati, i bambini che nessuno cercherà,
    se spariscono”) ed è più fedele – come hai giustamente scritto anche tu – allo spirito di Dahl nel finale.

    1. Sì, anche io ho le tue stesse riserve: è come se avessero caricato a pallettoni alcune sequenze proprio perché non potevano spingere sullo spavento come aveva fatto Roeg. Poi leggevo stamattina una cosa che non sapevo: il look delle streghe nel film di Roeg è considerato anti-semita, quindi forse è stato anche per questo che hanno adottato un aspetto più “addolcito” delle perfide megere.
      Ora mi tocca The Craft – Legacy, ma non so quando ne parlerò da queste parti.

      1. Blissard · ·

        Mi sa nelle pillole 😀
        Questa cosa del look delle streghe nel film di Roeg mi lascia un po’ basito…

        1. E, continuando a indagare sulla cosa, ho scoperto che anche il romanzo ha avuto pesanti accuse di antisemitismo, insieme a Dahl stesso, cose di cui non avevo assolutamente idea!

          1. Blissard · ·

            La simbologia relativa alle streghe (il capo carismatico e dittatoriale, lo sterminio, i topi) è palesemente nazista, mi lascia perplessa l’accusa di antisemitismo per il romanzo di Dahl. Poi oh, io sono strano, se c’è qualcuno che si riconosce nella descrizione delle streghe che fa Dahl penso che il problema ce l’abbia quel qualcuno, non Dahl, ma vabbè…

          2. Luca Bardovagni · ·

            Mah , che strano le accuse di antisemitismo…mi sembra come accusare Maus di Spiegeman, eh..
            (me lo ricordo bene il flm di Roeg).
            Comunque, direi bene:Zemeckis fa lo Zemeckis e per quanto il suo stile non sia “my cup of tea”, meglio così. Mettere tra le righe in un film per ragazzi l’idea della propria mortalità non è cosa frequente. Così a naso mi viene in mente “Stand by me” e poco altro.
            Halloween tira fuori molto cinema DIVERTENTE (per i nostri gusti depravati) . Grazie delle segnalazioni, ne ho un po’ di bisogno (per quel che riguarda l’orrore reale sono di nuovo al lavoro in casa di riposo…grazie al piffero : assumono TUTTI…). L’ INTRATTENIMENTO (intelligente) mi giova… (infatti ‘sti giorni sto…”consumando” i files di Deathgasm e Turbo Kid).

          3. E l’orrore reale sta prendendo il sopravvento, quindi non abbiamo altra scelta che rifugiarci nell’orrore che piace a noi.
            Ti faccio un grosso in bocca al lupo, per quel che vale e ti sono moralmente molto vicina.

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