Regia – Tommy Lee Wallace (1990)
Ho un ricordo molto preciso, e anche molto sgradevole, di quando la miniserie tratta da IT venne trasmessa per la prima volta in tv (in prima serata) qui in Italia. La me quattordicenne, fresca della lettura del romanzo, si sottopose attonita alla visione nell’arco di due agonizzanti sere consecutive, e non riusciva a credere ai suoi occhi; la sua mente giovane e impressionabile non poteva concepire questa sciagura che si era appena abbattuta sul libro che l’aveva catapultata fuori dall’infanzia (out of the blue and into the black), la sua prima lettura da persona “adulta”.
Tra me e la miniserie di Wallace fu odio, assoluto, incondizionato e a prima vista. Non credo di aver mai provato una rabbia simile di fronte a un prodotto audiovisivo. Ho visto tanti film mediocri, brutti, pessimi, nel corso della mia esistenza, ma nulla è paragonabile a quello che ho provato di fronte a queste tre ore elefantiache: ancora non ne ero consapevole, ma stavo sperimentando il sentimento del fan tradito, che a quindici anni ci può pure stare, a 41 è ridicolo. Eppure, la repulsione istintiva è rimasta, anche se relativamente stemperata da successive visioni, in cui ho ammorbidito il giudizio, e non perché io riconosca qualche merito alla miniserie; sono soltanto cresciuta e ho capito che non esistono testi sacri, e che, qualora esistessero, non sarebbe un adattamento, per quanto sbagliato, a privare me di qualcosa. Insomma, Wallace ha fatto un lavoro passibile di fucilazione alla schiena, ma IT, il romanzo, non ne è stato intaccato, tantomeno “rovinato”, come amano dire quelli dalle infanzie gracili.
Quando ho deciso di cominciare la rassegna di tutte le trasposizioni kinghiane su grande e piccolo schermo, sapevo che mi sarebbe toccato rivedere l’IT televisivo a distanza di tre anni dall’ultima volta, e ho cercato, con tutte le mie forze, di avere un atteggiamento il più possibile magnanimo nei suoi confronti, perché a quindici anni non avevo idea di cosa fossero i limiti, spesso invalicabili, intrinseci alla tv di una trentina di anni fa. Sì, certo, c’era stata Twin Peaks prima di IT, e Wallace ha più volte detto di avere come punto di riferimento proprio la creatura di Lynch, suscitando in me un misto di tenerezza e ilarità incontrollata. Però capisco la ricerca di un modello quando non ce ne erano, quando IT era il primo della sua specie.
Oggi siamo abituati a vivere in un contesto dove è più semplice mostrare certe cose sul piccolo che sul grande schermo: se un film di categoria R rischia di uscire tagliato, con una distribuzione limitata e, di conseguenza, con incassi al di sotto delle aspettative e dei costi di produzione, con lo streaming si può fare qualunque cosa e si troverà un pubblico adatto; nel 1990 le maglie della censura e dell’autocensura erano strette, la televisione era per le famiglie e se c’era un luogo dove un romanzo violento, e sì, estremo come IT non aveva alcun diritto di cittadinanza era proprio il tubo catodico. Anche perché, una delle regole fondamentali dei palinsesti di qualche decennio fa, negli Stati Uniti, era quella di non mostrare mai bambini in serio pericolo di vita, mentre un’altra consisteva nel non poter mai far vedere qualcuno che sanguina. Ed ecco perché sono riusciti a fottere persino la scena del giuramento, tanto per fare un esempio.
Converrete con me che il progetto di adattare IT per la tv equivale a voler correre una maratona dopo essersi sparati a un piede. Non ha senso. È sbagliato in partenza. Non dovrebbe proprio accadere.
E invece è accaduto. Qualcuno alla ABC, in seguito all’enorme successo di Pet Sematary, ha pensato di portare IT sul piccolo schermo trasformandolo in un dramma soprannaturale, spogliato ed edulcorato di tutta la sua componente horror.
Anche se non è nata proprio così, la faccenda: all’inizio, IT doveva essere l’opera destinata a cambiare per sempre le regole del mezzo televisivo, non doveva durare la miseria di tre ore (i due film di Muschietti durano quasi cinque ore, se messi insieme), ma essere una miniserie da mandare in onda in quattro serate di due ore l’una; per concludere, dietro la macchina da presa doveva esserci un tizio a caso di nome George Romero.
Poi, in parte per ragioni di budget, in parte perché la pre-produzione di IT si era allungata a dismisura ed era entrata in conflitto con altri impegni lavorativi di Romero, il regista abbandonò il progetto, che nel frattempo si era ridotto alla forma da tutti conosciuta: due puntate da poco più di 90 minuti l’una. Al suo posto arriva Wallace e, con tutto il bene che gli posso volere per Halloween III, di lui si può solo dire che, quando è particolarmente in forma, sembra un lontanissimo parente di Carpenter. In questo caso specifico, ce la mette tutta a fare i salti mortali per dare un minimo di dinamismo al polpettone (che però si era riscritto da solo, quindi è in concorso di colpa), ma con tutti i pur pregevoli movimenti di macchina lungo le tubature delle fogne, perde la sua battaglia combattendo con onore.
Gli inglesi della BBC sono riusciti a terrorizzare generazioni intere attraverso l’arte della suggestione. Non a caso, le storie predilette dalla tv britannica negli anni d’oro degli sceneggiati erano le ghost story. Ma IT è tutto tranne che un romanzo che preferisce suggerire l’orrore invece di mostrarlo. IT ha di sicuro un forte afflato poetico e un cuore emotivo da non sottovalutare, ma non ha nulla che si possa definire sottile. IT ti prende a secchiate di sangue di bambini morti in faccia, procede per accumulo di situazioni sempre più disgustose, è volgare, fracassone, non ti chiede il permesso per staccarti la testa con un morso. Non è addomesticabile.
Se si fosse trattato davvero di una serie da 8 episodi da un’ora, allora forse ciò che si era perso in carico di orrore lo si poteva guadagnare puntando tutto sull’approfondimento psicologico dei personaggi, sull’importanza del rapporto tra loro come vera chiave per la sconfitta dell’entità che si ciba di Derry. Ma in tre ore, a parte fare un frettoloso elenco degli snodi narrativi principali presenti nel romanzo, cosa speravano di ottenere?
E questi sono i problemi oggettivi e strutturali della serie, in parte dovuti a problematiche di tipo produttivo (budget, sceneggiatura riscritta, regista cambiato in corsa, durata progressivamente diminuita), in parte alla natura stessa dell’adattamento e del mezzo scelto per realizzarlo. Sono cose inevitabili, legate alle contingenze particolari del momento, e in parte giustificabili.
C’è poi tutta una montagna di problemi per cui non esiste giustificazione alcuna e che fanno di IT un prodotto sciatto e senza un briciolo d’anima che ha un posto particolare nella memoria collettiva della mia generazione, solo perché ogni tot minuti arriva Tim Curry a timbrare il cartellino e a tentare di salvare la baracca da solo, riuscendoci solo in parte, perché penalizzato da battute da denuncia penale e da un trucco ridicolo.
Gli attori, prima di tutto. In parte la situazione è sotto controllo nella prima metà della serie, quella dedicata ai Perdenti da ragazzi: Seth Green ed Emily Perkins, per quanto giovanissimi, reggono abbastanza bene i rispettivi ruoli di Richie e Beverly, mentre lo sfortunatissimo Jonathan Brandis è comunque un Bill sulla soglia della decenza. Gli altri li hanno presi al reparto cuccioli del canile municipale, ma sono comunque dei bambini, e li sostiene una certa spontaneità nelle scene di gruppo; il dramma esplode nella seconda parte, e nei frammenti della prima in cui compaiono gli adulti. Lì non se ne salva nessuno, è imbarazzante, è osceno, è da cavarsi gli occhi con un cucchiaio. Ora, a parte i cani proverbiali come Richard Thomas, io non posso credere che un’attrice di solito sempre in parte e competente come Annette O’Toole presenti una Beverly adulta incarnata soltanto da faccette ai limiti del sopportabile e legnosa come una debuttante della filodrammatica di parrocchia. E la stessa cosa di può dire per il Ben di John Ritter, che non è proprio l’ultimo arrivato, buonanima anche lui.
Di solito, una recitazione così atroce è dovuta o a una pessima direzione da parte del regista oppure a dei personaggi talmente piatti e privi di spunti di interesse che da lasciare gli attori, anche quelli di solito in gamba, senza assolutamente nulla su cui lavorare.
La seconda ipotesi mi sembra più plausibile, e ci porta dritti al peccato più grave della miniserie, quello che non può essere giustificato dalle restrizioni televisive, dai ritardi nella lavorazione, dalle ingerenze del canale che finanziava il progetto: IT è scritta col culo.
Fare il bignami per bambini che non sanno leggere bene di un’opera monumentale può solo avere conseguenze nefaste: in IT mancano i personaggi, manca l’idea di Male rappresentata dall’entità cosmica che a volte prende le sembianze di un pagliaccio, manca la città di Derry con la sua indifferenza e anzi, partecipazione alle scorribande di IT, manca l’idea che i bambini massacrati siano una sorta di tributo per la prosperità vissuta dalla cittadina, e di conseguenza accettati collettivamente, manca il legame di sette amici che resiste al tempo e all’oblio, manca l’importanza della memoria.
IT, la miniserie è soltanto la storia di un gruppo di bambini che combatte contro un clown. E così può ancora reggere. Quando poi arrivano gli adulti, perde anche gli scarsi puntelli di credibilità su cui si era sostenuta fino a quel momento e deraglia nel camp spinto.
E non è colpa di Tim Curry se il suo Pennywise non è altro che un clown psicopatico: è scritto così, è frainteso sin dalle intenzioni di Wallace, che voleva dare a Curry un aspetto il più amichevole possibile.
Comprendo che, per chi lo ha visto a otto o nove anni, IT deve essere stata un’esperienza abbastanza spaventosa: l’unica categoria di persone su cui questo cumulo di spazzatura può avere un qualche effetto sono i bambini. Anche io da piccola me la facevo sotto quando Jeffrey Jones diventava un mostro alla fine di Howard e il Destino del Mondo, ma non vado a dire in giro, nel 2020, che si tratta di un bel film, perché credo sia importante, quando si cresce, mettere le cose in prospettiva e liberarsi del filtro nostalgico cui si guarda all’intrattenimento della nostra infanzia.
I nostri ricordi, per quanto piacevoli, non hanno nulla a che spartire col valore artistico dei film che guardavamo. Il giorno in cui questo concetto sarà finalmente chiaro a tutti, ci saranno meno infanzie rovinate e meno stronzate epocali ritenute intoccabili solo perché quando le guardavamo eravamo più felici.
A me la serie è piaciuta molto, te lo dice uno che ha letto il libro e visto pure i due remake.
E secondo me, la miniserie supera i due film^^
Mi pare avessi 12 anni quando lo vidi, e seppur non avessi ancora letto il romanzo,mi fece schifo uguale. Capii subito che era un prodotto scialbo e girato col culo.
Di questo ne sono sempre andato fiero 😅
It non si può portare sullo schermo c’e poco da fare.
Ma infatti la si può anche apprezzare, ‘sta miniserie del cavolo, basta essere consapevoli di cosa si sta apprezzando, ovvero uno dei punti più bassi mai raggiunti dalla tv.
E infatti il livello era quello: davvero molto basso, anche per gli standard televisivi di quegli anni. Il confronto col romanzo non poteva che essere già perso in partenza, perlomeno per chiunque gli avesse dato la precedenza rispetto alla ristrettissima e sì, proprio scritta (oltre che in gran parte recitata) col culo, trasposizione tv: alla fine, qui, l’It di Tommy Lee Wallace si riduce tristemente ad essere un semplice omonimo dell’It cartaceo di King con cui non ha (quasi) nulla da spartire… Se ad essere realizzato fosse stato il progetto originale di quattro puntate da due ore ciascuna sotto la direzione di Romero, allora avremmo assistito a qualcosa di memorabile e ci, scommetto, capace di catturare alla grande anche gli spettatori casuali (invogliandoli alla lettura del romanzo) ma, purtroppo per noi, le cose sono andate diversamente 😦
Ma forse la ABC avrebbe licenziato Romero dopo due giorni di riprese, perché non penso fosse accomodante come Wallace. Ce lo vedo poco a lavorare in tv, in quella tv, con tutto ciò che comportava.
Però sì, sarebbe stato molto migliore di quello che purtroppo abbiamo.
In un modo o nell’altro la storia un po’ l’ha fatta. Ha contribuito a sdoganare l’horror, a dare la cittadinanza, in televisione.
Con tutti i difetti del mondo, sia ben chiaro.
Sai che non ne sono convinta?
Cioè, io credo che più che IT, a sdoganare l’horror in tv siano stati Twin Peaks e X-Files, che non erano horror propriamente detti, ma avevano entrambi contenuti molto più perturbanti rispetto a questo IT televisivo.
E poi c’è stato anche Tales from the Crypt, che è dell’anno prima, ma essendo HBO forse non fa molto testo per la tv mainstream. Non saprei.
Twin Peaks ha ricreato la televisione completamente, sono d’accordo, cosí come X-Files che attinge da TP anche solo per Mulder/Cooper è stato fondamentale.
Non lo nego questo.
Ma non erano specificatamente horror, per quanto Bob e Loggia Nera alimentino tutt’ora i miei incubi, mentre It sí. Un precedente, sebbene brutto, è sempre un precedente. I produttori vedono che è stato fatto prima, le reti vedono che è stato fatto prima, il pubblico vede che è stato fatto prima… sono tutti piú tranquilli insomma.
Peccato che per infiniti motivi non è potuto essere all’altezza, ma non mi sento di togliergli l’aspetto pioneristico, sebbene non sia stato l’unico.
IT è tratto da un romanzo specificatamente horror, ma tu lo definiresti un horror?
Io l’ho rivisto un paio di giorni fa e, oltre alla bruttezza immane, mi sono resa conto che è più una commedia dai tratti vagamente macabri che un horror.
E neppure è così pioneristico come sembra, perché Shock Theater, Night Gallery, The Outer Limits (e parecchi episodi di The Twilight Zone) sono stati i veri pionieri nel campo.
Se poi ci trasferiamo in Inghilterra allora non ce n’è più per nessuno, ma è anche vero che la tv inglese è diversissima da quella americana, ma una roba come The Woman in Black, che è un per la tv, IT se lo mette in tasca e lo copre anche di ridicolo.
Quindi non sono del tutto d’accordo con i meriti che gli conferisci.
Di sicuro, e su questo hai ragione, è stato uno dei primi approcci all’horror per molti giovinastri della mia (o anche della tua, non se è la stessa 😀 ) generazione.
A spanne sono anagraficamente un po’ piú giovane di te da quello che dici.
Io non parlo di meriti specifici nell’ambito, quanto temporali: aveva l’etichetta horror e per quanto fosse maldestro e brutto era tra i primi tentativi. In questo caso a mio avviso ha fatto un pezzo di storia e, anzi, fossi un professore (ovviamente matto e crudele che Dottor Phibes spostati) lo farei vedere e studiare ai miei studenti per conoscenza generale e studio dell’evoluzione del male in televisione.
Ritornando seri: in effetti non lo riguardo da molto tempo e con gli anni i ricordi tendono a portarti a quando eri bambino e vedevi ciò che non era pensato per te, con tutte le conseguenze del caso. In parole povere può essere che stia straparlando, che se lo rivedessi ora sarei piú che d’accordo con te e non avrei iniziato proprio questo thread! 😀
Io sono del ’78, credo tu sia parecchio più giovane di questa vecchia carampana 😀
Sí sono piú giovane, ma comunque dico di avere 16 anni, quasi 17. Da molti anni oramai.
L’odio riservato a questa serie mi ha sempre causato un certo senso di disagio – come lo si può provare improvvisamente nello scoprirsi all’interno di The Wicker Man 😀
Ma d’altra parte io sono vecchio, per me l’adattamento di King in TV è Salem’s Lot di Tobe Hooper, e King non è uno dei miei dieci (o dodici, o venticinque, o cinquantadue) autori preferiti.
Condivido però il dispiacere per lo spreco di attori competenti come Ritter, la O’Toole o il povero Tim Curry.
Un’occasione perduta.
L’odio deriva dall’aver amato tanto una cosa e vederla adattata con questa sciatteria senza precedenti. Quello che mi ha sempre irritata di IT è la sua pigrizia.
Quando hai un cast con quei nomi e non sei in grado di dar loro dei personaggi da recitare come si deve, non meriti niente.
Effettivamente, io l’ho visto a 11 anni, senza avere mai letto il romanzo. E, signora mia, non ci ho dormito per notti, presa dall’idea che l'”amichevole” Curry mi venisse ad ammazzare nel letto o comparisse nella maledetta luna o dietro qualche lenzuolo.
Ma già allora avevo capito che la seconda parte, senza bambini, era imbarazzante e a tratti persino noiosa, sensazione che poi si è ingigantita dopo la lettura del romanzo e le successive visioni della serie, che all’alba dei 40 mi riesce a mettere solo tristezza.
Una sola cosa, secondo me, hanno azzeccato: la colonna sonora. Quella la trovo ancora oggi splendida, perfetta per la malinconia che It deve suscitare assieme all’orrore.
La colonna sonora in effetti non era male, ma fa un effetto allucinante ad accompagnare quelle sequenze ridicole, soprattutto il finale.
dico solo questo: non vedo l’ora di leggere la tua recensione de “l’ombra dello scorpione” XD
per il resto, concordo su tutto, specie questa frase: “i nostri ricordi, per quanto piacevoli, non hanno nulla a che spartire col valore artistico dei film che guardavamo.” valuto questa miniserie con affetto dovuto all’età in cui lo vidi la prima volta, ma riguardandolo ora sarei una bugiarda se dicessi che non ha difetti e grandi, grandissimi limiti. l’attaccamento a un film è una cosa, l’esaltazione immeritata un’altra.
Guarda, io per esempio l’attaccamento che molti hanno nei confronti di IT ce l’ho proprio con L’Ombra dello Scorpione, che non rivedo da circa 25 anni 😀
E ho il terrore di rivederla per parlarne qui, perché lo so, ci scommetto tutti i miei averi che sarà una merda senza alcuna possibilità di salvezza 😀
l’ho rivisto proprio la scorsa settimana. ti assicuro che in alcune scene mi sentivo in imbarazzo io per gli attori XD non l’ho trovato invecchiato proprio benissimo, ecco. però sono curiosa di leggere cosa ne penserai tu 😀
Pur consapevole che il film tv di Wallace non sia niente di imperdibile (se non per una questione di mero immaginario, visto che varie generzoni sono cresciute con l’incubo di Tim Curry vestito da clown) credo che comprenderei maggiormente il tuo astio se non sapessi che invece hai apprezzato il remake cinematografico, che per moltissimi versi non è altro che un fallimento di medesime proporzioni, soltanto più scintillante e professionale, soprattutto alla luce di un secondo capitolo al quale si possono applicare tante delle critiche che tu riservi al film del 1990.
Io credo che tra le due produzioni ci sia un abisso. E “non essere niente di imperdibile” non equivale a essere un cumulo di rumenta.
Non essere niente di imperdibile non descrive l’orrore di questa miniserie.
Se poi vogliamo per partito preso e perché ci sta sulle palle il film di Muschietti, allora vale tutto.
Ma se tu stessa hai detto che consideri il film di Wallace un cumulo di rumenta “per partito preso” 😀 Perchè è così impossibile che il fatto che l’hai odiato quando avevi 15 anni influenzi il giudizio che hai adesso, esattamente come l’averlo amato allora possa influenzare chi lo ama ancora oggi?
Io, pur non amando alla follia nè disprezzando particolarmente nessuno dei due film, questo abisso non lo trovo, trovo anzi difetti rapportabili che – sempre a mio parere – la maggiore nomea del cast del 2019 non fa che aggravare.
No, io ho detto che l’ho rivisto proprio perché magari mi avrebbe fatto un effetto diverso, e ho cercato di rivederlo per affrontarlo con un atteggiamento distaccato e magnanimo. La visione risale a un paio di giorni fa, è freschissima nella mia mente e il film, se così vogliamo peritarci di chiamarlo, è di un camp imbarazzante. Riesce a sbagliare tutto.
Parliamo di un prodotto fatto per uno dei principali network americani, dove il costumista non si è neanche disturbato a vestire i ragazzini in maniera estiva, dove questi continuano ad andare a scuola in piena estate, dove non si capisce quindi quando sia ambientato, dove, nella scena iniziale con Georgie, si vede la pioggia finta che cade sull’attore e tutto intorno a lui è sereno e c’è pure il sole.
Ma stiamo parlando seriamente?
Ok, non voglio fare il pignolo, ma perchè la prima scena della versione 2017? L’orribile cgi e Georgie che si dimena senza braccio? Il pressappochismo della versione di Wallace è innegabile ma, ad esempio per me, anche alquanto tenero; di tutti gli scares della versione attuale non ce n’è mezzo che mi è rimasto impresso, o che si distacchi così nettamente dalla versione del 1990 (tipo Beverly che torna nella casa d’infanzia).
Poi intendiamoci, liberissima di pensare che sia una cosa immonda e indegna di essere associata al romanzo che richiama, ma te l’ho detto, mi lascia perplesso che il tuo atteggiamento verso la nuova versione sia invece così accondiscentente.
Perché la nuova versione ha preso in pieno quello che è lo spirito del romanzo, e l’ho spiegato, credo nella maniera più chiara possibile, nei due articoli che ho dedicato ai rispettivi film.
Questo, lo ribadisco, per me: ha toccato tutti i punti giusti. Non è fedele? A me della fedeltà alla lettera al testo interessa davvero poco, e lo sai, mi conosci.
Ha qualche problema con la CGI? Sì, l’ho anche scritto, ma per me non è importante, non quanto la sciatteria immonda della miniserie.
Che poi, ho anche provato a giustificare tutto, in questo stesso post su cui stiamo commentando, ma ci sono delle cose che, sempre per me, non sono emendabili.
Soprattutto rivedendola oggi.
Il paragone con Howard e il destino del mondo non è campato in aria: da ragazzina mi piaceva, mi divertiva. Non ho mai pensato fosse una pietra miliare perché non lo si può pensare neanche a 6 anni, ma non credo lo farei mai vedere a mio nipote perché è troppo brutto per essere vero.
Stessa cosa con IT. A mio nipote farei vedere molto volentieri il film, quando sarà più grandicello.
Ora sono solo curiosa di vedere l’effetto che mi farà L’Ombra dello Scorpione di Garris.
Io neanche l’ho mai visto l’Ombra dello Scorpione 😀
Sul fatto che il nuovo film colga lo spirito del romanzo e il vecchio no avrei da ridire, ma non avrebbe senso andare al muro contro muro.
Baci
Passabile la prima parte, ma l’It cinematografico fa meno paura di Tim Curry nonostante l’effestistica digitale, ma difficilmente un film, serie e meglio del libro dove tratto perchè ognuno nella sua mente vede il suo cast e altro insomma si crea il suo film personale, bisognerebbe fare come diceva Alfred Hitchcock prendere un libro brutto è adattarlo non ci sarebbero scontenti.
L’IT cinematografico è davvero imbarazzante. Insalvabile proprio perché fatto con le possibilità di oggi e lo sdoganamento del genere. L’IT televisivo fu invece un piccolo cult, per motivi non strettamente legati all’opera in sé, ma per l’operazione con cui venne presentato sulle reti italiane. Un film lungo (in due parti) che venne trasmesso a distanza di una settimana l’una dall’altra e che, per chi non avesse letto il libro (la maggior parte degli spettatori al quale era destinato), l’effetto fu dirompente. Forse solo Twin Peaks fece altrettanto.
In ogni caso andando a ritroso, fu qualcosa di coraggioso e nuovo (sto parlando nell’ambito della televisione italiana). Qualcuno ha scritto “pioneristico” e ha di sicuro ragione. Sul fatto che non possa essere un prodotto horror, si può fare tutta la speculazione che si vuole, ma tra Twin Peaks, X-Files e It, l’horror è facile facile da individuare.
(Provate a dire “galleggiano” con una tono basso e cupo a una serata dove si sta accennando una discussione sul cinema e due su tre capiranno il riferimento. Il terzo non lo capirà perché è troppo più giovane di voi).
D’
Il film venne trasmesso il 21 e il 22 febbraio del ’93
Se non sbaglio si colloca quindi tra Twin Peaks e X-Files, giusto? Twin Peaks ricordo che in Italia è stato lanciato dal tormentone “Chi ha ucciso Laura Palmer?”. Efficacissimo ma senza dubbio più legato al genere “giallo” che non a quello horror. Poi Twin Peaks dentro aveva almeno 10 generi, però la sua riconoscibilità era sempre lagata al concetto di whodunit. Per horror sulla TV italiana prima di It bisogna andare molto indietro e forse pure troppo. CIti Tales from the Crypt, ma siamo davanti a un prodotto di nicchia rispetto a It.
Ma la tv italiana in questo senso non fa proprio testo. Era materiale da importazione. In Italia gli sceneggiati horror erano una tradizione consolidata, poi per un certo periodo, i registi di genere sono trasmigrati sulle reti (ai tempi) Fininvest, ma l’horror ad alto budget televisivo non lo abbiamo mai contemplato.
Abbiamo solo importato roba dall’estero.
Hai scritto una recensione molto intelligente 🙂 Da bambino rimasi terrorizzato solo vedendo il trailer e mi feci un’idea che non corrispondeva alla realtà. Quando da adulto mi decisi a guardare il film fu una grossa delusione, proprio del tipo “cosa? tutto qui?”. Dopo aver letto con una certa passione il romanzo mi resi ulteriormente conto di quanto la miniserie fosse riduttiva. È come avesse preso a ispirazione il romanzo per farne qualcosa di estremamente diverso. Comunque a suo modo ha fatto storia, se non altro per il fatto di essere diventando un piccolo cult, presentando contenuti che all’epoca sembravano forti per la tv. Come dici tu però è tutt’altro che intoccabile 😀
Contenuti che sembravano forti per la tv italiana, perché comunque all’estero, soprattutto in UK, i contenuti forti passavano sulla tv di stato che era la BBC.
Poi sì, da un certo punto di vista, è un adattamento storico, non lo nego, e va contestualizzato, senza alcun dubbio.
Ma nessuna contestualizzazione lo renderà mai un bel film.
Io lo trovai brutto e noioso senza possibilità di redenzione, ma ero già grande. Però avere o no letto il romanzo può fare la differenza, almeno fino a una certa età. Peraltro Tommy Lee Wallace non era neanche un incapace (vedi Halloween 3).
Sì, credo che leggere il romanzo prima di vedere la miniserie modifichi del tutto la percezione che si ha di essa. Se invece il primo impatto della nostra vita con IT è questa miniserie, allora in parte si è giustificati a non trovarla quel cumulo di merda che è.