Regia – Ralph S. Singleton (1990)
Capiterà spesso, nel corso dell’estate, di accorpare le due rubriche, dato che abbiamo appena cominciato a trattare i film tratti dalle opere di King uscite nel corso degli anni ’90: salvo rare e lodevoli eccezioni, si tratta quasi sempre di B movie dal valore opinabile, materiale perfetto per la vostra Zia Tibia, a cui sappiamo tutti che piace andare a rimestare nel torbido. Eppure, nonostante io non abbia mai brillato per il buon gusto, ho i miei limiti, e devo confessare che Graveyard Shift non l’avevo mai visto, anche se passava spessissimo in tv su Notte Horror, e questo perché ho sempre avuto seri problemi con i film in cui si ammazzano gli animali, persino quando si tratta di bestiole schifate da tutti, come i ratti. Ma ora che mi sobbarcata l’onere di guardare ogni singolo adattamento di King, non posso permettermi di essere troppo schizzinosa.
Certo, non mi ero persa niente.
Graveyard Shift è uno di quei film che contribuiscono maggiormente alla leggenda urbana secondo la quale tutte le trasposizioni di King vanno dal mediocre al pessimo, una leggenda che qui abbiamo avuto modo di sfatare in diverse occasioni: data la mole di film col nome dello scrittore in locandina, è logico che ogni tanto si vada a calpestare qualche escremento ancora fumante, e ciò accade con più frequenza quando si tratta di adattamenti di racconti brevi. Il caso di Graveyard Shift è, in tal senso, esemplare: il racconto da cui il film prende una vaghissima ispirazione, consta di poche paginette scarne. Esce per la prima volta sulla rivista Cavalier nel 1970 e poi viene pubblicata nell’antologia A Volte Ritornano (Night Shift) del 1978. Il titolo in italiano del racconto è Secondo Turno di Notte, ed è una storia crudelissima e fulminea, che deve la sua efficacia proprio a queste due caratteristiche, entrambe dimenticate nella trasposizione.
Alla regia troviamo il produttore di Pet Sematary; non so come gli sia venuto in mente di mettersi dietro la macchina da presa, dato che poi non ci è più tornato. Forse gli erano avanzati dei soldi dal film di Mary Lambert, forse ha pensato di poter sbancare di nuovo al botteghino. E tuttavia, è cascato malissimo: oltre ai problemi propri del film, che sono innumerevoli, Graveyard Shift ha avuto anche la sfortuna di uscire lo stesso anno di due grossi successi con cui condivide parecchi elementi, ovvero Tremors e Aracnofobia. È unitile dire che il confronto è impietoso e Graveyard Shift ne esce sminuzzato.
A suo favore devo però dire due cose: se lo avessi visto a 12 anni, probabilmente lo avrei adorato, chiudendo gli occhi quando uno dei poveri ratti fa una brutta fine; la presenza di Brad Douriff, che ha giusto il tempo a fare il derattizzatore matto e con sindrome da stress post-traumatico per un paio di scene, prima di morire malissimo troppo presto, vale quasi la pena che si prova a sottoporsi a questi atroci 90 minuti, anche se non si hanno più 12 anni.
No, ho mentito, c’è anche un’altra cosa: la creatura, che rende la vita impossibile agli operai di una filanda impegnati in un lavoro straordinario di pulizie in cantina, è molto ben realizzata e disgustosa il giusto, ma appare troppo poco e mai nella sua interezza. Bestiaccia immonda, ribattezzata dalla vostra affezionatissima col nome di rattistrello, non si avvicina neanche alle orride mutazioni messe su carta da King, eppure fa la sua figura, soprattutto quando sgranocchia l’insopportabile proprietario della fabbrica, e alla fine ti fa persino tenerezza quando muore, perché è più carismatica del protagonista, e di tutti gli altri personaggi, già che ci siamo. Dovevano morire tutti, come nel racconto, e lasciare colleghi e cittadina di bifolchi in balia dell’esercito di topi e mostri vari. Allora sì che ci sarebbe stato da divertirsi.
E qui arriviamo al motivo principale per cui Graveyard Shift non funziona se si sono superati i fatidici 12 anni: per dilatare il racconto onde raggiungere l’ora e mezza, il materiale di partenza viene stiracchiato e allungato all’inverosimile, senza neanche la decenza di non prendersi sul serio, perché magari, se si fosse deciso di tenersi su un tono comico-grottesco, la cosa avrebbe anche funzionato. L’unico a capirlo è proprio Douriff, che va sopra le righe dal primo fotogramma in cui è in campo e prosegue addirittura in crescendo. Ma tutti gli altri attori non hanno né la capacità né la voglia di tirare la carretta come fa lui, e il risultato è così piatto che si fa fatica a ricordare una faccia.
Se, ad affiancare Douriff, ci fosse stata una bella parata di caratteristi capaci di duettare con lui, forse oggi parleremmo di un piccolo cult; purtroppo non è andata così e La Creatura del Cimitero è soltanto un horror di serie B che si solleva dalla propria mediocrità in due o tre occasioni, e per il resto annega in una palude di indolenza. In pratica, un film che non ha davvero voglia di fare un cazzo e neanche è così brutto e spudorato da strappare un paio di risate. Persino l’ammontare di gore è basso per un prodotto dell’inizio degli anni ’90 con queste caratteristiche. Per dire, provoca molto più disgusto Aracnofobia, ed è un film per ragazzi!
Non è una questione di soldi: lo so da me che il budget di Aracnofobia, e persino quello di Tremors fanno impallidire i due spicci investiti in Graveyard Shift; è una questione di idee, di trovate visive e narrative, di ritmo interno al film, persino di coerenza. Credo che, insieme a I Sonnambuli e a Il Tagliaerbe, questo sia uno dei casi più biechi di sfruttamento meramente commerciale di un nome importante, senza neppure sforzarsi di costruirci un film intorno.
Che poi la Paramount ha avuto ragione: Graveyard Shift è andato piuttosto bene al botteghino, recuperando gli esigui costi e facendo guadagnare alla produzione qualcosina: erano gli anni ’90 ed era sufficiente scrivere Stephen King in locandina a caratteri cubitali per trascinare qualche gonzo in sala.
Abbiamo tante volte detto che la storia degli adattamenti di King è la storia della progressiva soggezione nei confronti dello scrittore da parte del cinema. Ma, a partire proprio dalla fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, è anche la storia poco edificante di chi ha cercato di arraffare il possibile, dando al pubblico quasi niente in cambio. Da qui in poi, e almeno per una quindicina d’anni, questa seconda categoria di trasposizioni invaderà sale e videoteche. E a noi toccherà soffrire. Per fortuna che, ogni tanto, spuntava un diamante in mezzo alla merda.
prima di iniziare a leggere la tua (sempre stupenda) recensione, ho pensato: “toh, questo mi manca! una di queste sere lo recupero!”. finita la lettura, il mio pensiero è statp: “forse mi conviene dedicare 90 minuti della mia vita a recuperare qualcosa di più meritevole” XD i film sono tanti e il tempo è poco, bisogna fare scelte difficili XD
Purtroppo, quando ci si prende l’impegno di coprire un’intera filmografia molto altalenante, toccano anche queste schifezze 😀
Forse, se l’avessi visto da piccola, oggi sarei più tenera, causa filtro nostalgia, ma visto per la prima volta da adulta, è proprio solo spazzatura.
Ho letto il racconto proprio ieri, raccapricciante che più non si può e rapidissimo nella sua cattiveria (un po’ come La nonna. Ah, quando arriverai a Mercy, povera te). Questo però potrei anche cercare di vederlo, prima o poi, nonostante la spazzatura XD
La raccolta è stata letteralmente saccheggiata dal cinema, con risultati quasi sempre mediocri.
Mi aspettano davvero cose egregie, in futuro. E tu considera che il prossimo adattamento è l’IT televisivo. Muoro!
Quando hanno fatto sparire di scena Dourif (e in quella maniera così idiota) mi era venuta voglia di uscire dalla sala
Tu lo hai visto addirittura in sala? Martire!
Ventenne single e sfigato… Mi ficcavo dentro i cinema qualunque titolo ci fosse (a parte i cinepanettoni, quelli proprio non ce la facevo)
significa che hai visto tanta roba bellissima. e ogni tanto qualche porcheria tipo questa 😀
Sì, lo posso dire. Tra il 1982 e il 2002 andavo al cinema di media tre volte alla settimana. Tutto il meglio di cui a volte discutiamo me lo sono visto sul grande schermo!
Che poi proprio in questo periodo sto leggendo A volte ritornano, la prima raccolta fatta da King, e ho letto il racconto in questione (Secondo turno di notte mi pare) e mi era pure piaciuto. Non era chissà che, ma era riuscito a intrattenermi e a divertirmi. Peccato che abbiano sbagliato così tanto in questo film.
No, ma il racconto è un gioiellino infernale, con tutto quel bestiario allucinante. Qui c’è solo il rattistrello e si vede pure poco 😀
Con tutte quelle creature infatti poteva diventare un film veramente divertente. Chissà se a qualcuno verrà in mente di rifare un altro film su quel racconto.
“In pratica, un film che non ha davvero voglia di fare un cazzo e neanche è così brutto e spudorato da strappare un paio di risate.” (Ti cito, perché io stesso non avrei potuto dirlo meglio)
Ovviamente la distanza fra questo e Tremors e Aracnofobia è siderale, oltre a fare una pessima figura anche rispetto alla fonte letteraria. E il fatto di averlo visto troppo tempo dopo aver compiuto 12 anni non mi ha aiutato di certo… ecco, se solo la creatura si fosse vista di frequente e meglio, forse lo sfacelo generale mi sarebbe risultato un po’ più sopportabile.
Io credo che una storia come Secondo turno di notte sarebbe perfetta da adattare per un film a episodi. 15 minuti sono tutto ciò che serve.
Sì, se mai pensassero a un remake questa sarebbe la formula ideale.
Questo film in particolare non ricordo di averlo visto, ma non nascondo che i film spazzatura “tratti” dalle storie di King, esercitino un discreto fascino su di me.
Se ho alternative non li cerco, ma se mi capitano a tiro, beh allora è difficile non li veda.
Tra i filmacci tratti da King c’è tanto, tanto di meglio. Guarda, persino Brivido, almeno è cafone come poche cose al mondo, e risente dell’abuso di droghe da parte di King 😂
Ma sicuramente c’è di meglio ma ora non vedo l’ora di inciampare su questa porcheria! 😀