Tanti Auguri: 20 Anni di American Psycho

Regia – Mary Harron (2000)

Ammettiamolo, poteva essere un disastro. Parliamo dell’adattamento cinematografico di un libro che, molto spesso,  (non è un difetto, è una constatazione) è un elenco della spesa di atrocità, marchi e ristoranti, poteva ridursi, appunto, a una raccapricciante messa in fila di sequenze di omicidi più o meno tutte uguali, magari in un crescendo di violenza, e intervallate da un Patrick Bateman bello e tenebroso in giro per locali. Poteva andare smarrita tutta la ferocia satirica del romanzo, perché è vero che, a volte, Hollywood si limita a prendere soltanto il lato superficiale di un libro, un po’ perché comprimere centinaia di pagine in meno di due ore ha delle conseguenze, un po’ perché è il linguaggio stesso a privilegiare gli aspetti esteriori, un po’ perché a molti produttori semplicemente non interessa altro, e solo il fatto che un determinato romanzo abbia causato scandalo e proteste, e si possa definire controverso, basta per acquistarne i diritti, senza per forza capirlo davvero, il libro. Magari senza neanche averlo letto.

E poi c’era un altro problema, quello dalle eventuale ripercussioni più pesanti, il rischio di fare di Bateman un personaggio in qualche modo affascinante, cosa molto facile in un mondo che, per ragioni a me del tutto imperscrutabili, è sedotto da varie figure di serial killer. Ecco, Bateman poteva essere una star, un idolo da adorare. Ma per fortuna non è andata così, e il motivo per cui è andata diversamente risiede in due nomi: Mary Harron e Guinevere Turner.
Dovete sapere che, all’inizio, a dirigere il film era stato chiamato Cronenberg, ma poi la sua sceneggiatura non era affatto piaciuta a Ellis e non se ne era fatto più niente; i diritti per realizzare un film erano in ballo dal 1992, un anno dopo l’uscita di American Psycho nelle librerie, ma ci vollero ben otto anni per vederlo sullo schermo, e questo perché, quando a qualcuno venne l’idea di affidare la regia a Harron, e lo script a Turner, cominciarono guai e rallentamenti vari, con intromissioni eccellenti quali quelle di Leonardo DiCaprio e Oliver Stone.
Ve la faccio molto breve: il budget, da 6 milioni di dollari, passa a 40 quando entra in scena DiCaprio, sbattendo automaticamente fuori sia Harron che il protagonista designato, ovvero Christian Bale, non abbastanza famoso per un film con quei costi.

Da qui in poi, dobbiamo tutto all’ostinazione di regista, sceneggiatrice e attore, e anche alla scarsa lungimiranza con cui DiCaprio scelse il suo ruolo successivo, ovvero The Beach, se American Psycho è il piccolo film a basso budget che poi è arrivato in sala il 14 aprile del 2000, esattamente 20 anni fa.
Non dobbiamo ringraziare chissà quale particolare afflato progressista da parte della Lionsgate perché a mettere in scena uno dei personaggi più misogini della storia delle letteratura sono state due donne: la casa di produzione ha fatto di tutto, ma proprio di tutto, perché ciò non avvenisse. Dobbiamo soltanto ringraziare caso, circostanze e tanta cocciutaggine, che hanno segnato un evento irripetibile nella Hollywood di inizio millennio, e ci hanno regalato un grande film.

Non voglio battere sempre sullo stesso tasto, ma è molto importante, analizzando una storia come quella di American Psycho che si sia eliminato alla radice il pericolo “male gaze”, che a sua volta toglie di torno la problematica legata alla fascinazione che un simile personaggio può esercitare sul pubblico.
American Psycho è un romanzo che ho letto quando avevo una trentina d’anni o poco meno, se ne sta lì tra i libri fondamentali della mia vita, ma immaginare la sistematica distruzione di corpi femminili messa in atto da Bateman al cinema, mi ha sempre messa in grande difficoltà. Il trucco adottato da Harron non è tanto quello di lasciare gran parte della violenza fuori campo, violenza che, sulla carta è sempre esplicita, no. La faccenda è più sottile di così, e anche molto più raffinata. In American Psycho è Patrick l’oggetto, o meglio, è il suo corpo. È quello a essere sempre in campo, spesso nudo, ripreso con un’insistenza quasi pornografica, mentre fa i suoi esercizi la mattina, durante la sua routine di bellezza, quando fa sesso con due prostitute e quando ne rincorre una per i corridoi deserti del suo condominio armato di sega elettrica. Non sono le donne che uccide, a diventare cose. È lui una cosa.

Un guscio vuoto, e quindi un oggetto inanimato, privo di personalità, privo di desideri propri, privo di soffio vitale. Pur frequentando luoghi esclusivi ed eleganti, pur essendo molto ricco, vivendo in appartamenti di lusso, Bateman non viene mai illuminato dal glamour che richiederebbero un certo tipo di ambientazioni. La sua esistenza è squallida e monotona, trascorsa tra persone che, come lui, sono indistinguibili le une dalle altre, gente di cui si confondono i nomi, di cui è impossibile anche capire che razza di mestiere facciano, dato che, sostanzialmente, ciondolano dalla mattina alla sera senza un vero e proprio scopo.
Bateman è una persona banale, dai gusti dozzinali, in poche parole, è un coglione fatto e finito, e Harron (e con lei, l’interpretazione ottima di Bale) non perde un’occasione per sottolinearlo.

È il ritratto perfetto di un alieno che finge di essere un uomo: ogni parola che esce dalla bocca di Bateman suona falsa, goffa, ridicola. È la patetica caricatura di una persona, e il fatto che il resto del mondo intorno a lui non se ne accorga, ci dice molto sulla natura satirica del film, valido oggi come lo era 20 anni fa. Anzi, forse è ancora più attuale oggi, che pare gli anni ’80 siano diventati una specie di oasi di nostalgia e felicità, e non la fogna a cielo aperto raccontata così bene da Harron, il momento storico preciso in cui il potere è finito nelle mani dei vari Patrick Bateman sparsi sulla terra come un’infezione.
Forse, se vivesse oggi, Bateman intraprenderebbe la carriera politica.
Credo che American Psycho vada letto più come una commedia nera che come un horror vero e proprio. Ma è comunque più vicino all’horror che al thriller a base di assassini seriali, in quanto non interessato affatto a scavare nella psiche del suo protagonista, ma a mettere in scena l’orrore del vuoto esistenziale in cui a Bateman è permesso di vivere e prosperare.
Harron, il romanzo di Ellis non lo ha soltanto letto, ma lo addirittura capito, e ne ha estratto il miglior adattamento possibile, evitando le trappole disseminate in un’operazione del genere con intelligenza e classe, e passando dalla narrazione in prima persona di Ellis, all’osservazione distaccata da entomologa sulla vita di un insetto. Non a caso, ha dichiarato spesso di essersi ispirata a Mario Bava e al suo Il Rosso Segno della Follia.
Il risultato è che per Bateman neanche si può provare un minimo sindacale di pietà, ma soltanto quella repulsione che di solito riserviamo ai mostri che indossano maschere umane.

9 commenti

  1. Grandissimo film andando a memoria c’è pure William Dafoe e Chloe Sevigni, bello che quando Bateman uccide commentava un disco musicale oppure quando con i suoi colleghi confrontavano i bigliettini di presentazione.
    Per fortuna che non l’ha fatto Di Caprio l’avrebbe fatto pienop di tic, poi da The Beach che comincia avere il viso più gonfio

    1. C’è anche una giovanissima Reese Whiterspoon che interpreta la fidanzata di Bateman

  2. “Ammettiamolo, poteva essere un disastro. ” tesò cara; bale in mutande che fa flessione avrebbe reso il film da oscar anche se parlasse di cacca secca. CAPOLAVORO a prescindere!

    “In American Psycho è Patrick l’oggetto, o meglio, è il suo corpo. È quello a essere sempre in campo, spesso nudo, ripreso con un’insistenza quasi pornografica, mentre fa i suoi esercizi la mattina, durante la sua routine di bellezza, quando fa sesso con due prostitute e quando ne rincorre una per i corridoi deserti del suo condominio armato di sega elettrica. Non sono le donne che uccide, a diventare cose. È lui una cosa.” concordo, molti hanno pure definito il film come molto queer e pensato non per uomini etero ma invece per donne e gay proprio perke chi rimane sempre sexy e nudo non è mai una donna

    devo vederlo per forza!

    1. Ma in realtà il corpo di Bale non ha alcuna valenza erotica, anzi. Poi magari sono io, che sono del tutto indifferente al corpo maschile. Però, ti giuro mi rendo conto della differenza tra un corpo ripreso in maniera erotica e uno come semplice oggetto inanimato 😀

      1. sì beh, io mi sono basato sulle foto che hai scelto perke come ho già detto mi manca ancora ma la prima foto non è propriamente indifferente; è una delle classiche pose per mostrare il lato b e una delle pose plastiche più usate fin dalla antichità per mostrare il corpo 🙂

        come indifferente? 😦

      2. Giuseppe · ·

        In effetti Bale in questo modo rende alla perfezione il suo repellente personaggio omicida per quello che, alla fine, è: nient’altro un oggetto, appunto… potremmo quasi dire griffato, per via del lusso e della roba “firmata” di cui ama circondarsi, con l’unica conseguenza di sottolineare ancora di più la totale nullità umana che lui rappresenta. E quindi no, non c’è giustamente nessuna necessità di scavarne la psiche, visto che un oggetto inanimato come Patrick Bateman ne è privo.

  3. Annarita · ·

    in questo film, l’horror vacui è preso alla lettera…bateman è davvero un essere vuoto che terrorizza

  4. Grazie al cielo che, in questo caso, la presenza di Di Caprio è saltata: Bale è perfetto nel ruolo di Bateman, sono sicuro Leonardo avrebbe fatto una grande perfomance, ma ho paura non avrebbe dato quella presenza, anche fisica, che Bale ha saputo dare al personaggio

  5. Un film geniale appunto per come la Harron è riuscita a mettere in scena il personaggio di Bateman. E’ un film eccezionale e molto intelligente, soprattutto per il modo con cui hanno adattato il romanzo. Ne sono stato veramente contento.

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