Dovevo ancora compiere 30 anni quando Iron Man è uscito al cinema; se non posso, a ragion veduta, dire di far parte della generazione cresciuta con il MCU, di sicuro ci sono invecchiata. Ed è così che mi sento ora: vecchia e un po’ acciaccata. Dopotutto, tra entusiasmo (il primo Avengers), incazzature (Civil War), film che rappresentano l’antitesi di tutto ciò che io ho sempre considerato cinema (Thor: Ragnarok, Doctor Strange, Black Panther), ci sono sempre stata, nel bene e nel male. Ed eccomi qui, in lacrime, ma riconciliata finalmente con questa lunga storia. Se già Infinity War aveva messo di fronte agli eroi, invincibili e sempre col sorriso sulle labbra, del MCU prima lo spettro e poi l’evidenza del fallimento, Endgame li rende ancora più umani di quanto non fossero già dopo lo schiocco di dita di Thanos alla fine del film precedente: uno sparuto gruppo di sopravvissuti in preda allo stress post traumatico, sconfitti, che si leccano le ferite e non sanno da che parte ricominciare.
Un ottimo inizio per un film di supereroi.
Uno dei difetti principali dei film appartenenti al MCU era l’assenza di anima; Endgame è, al contrario, un film tutto anima, più anima che coerenza, a voler essere onesti, ma non sto qui a fare le pulci alla trama, perché non è un lavoro che mi interessa e perché la cosa fondamentale, arrivati alla fine di un viaggio così lungo, è domandarsi se l’investimento emotivo è stato adeguatamente ripagato.
Lasciamo stare, per una volta tanto, il moloch Disney, Kevin Feige, la vendita di cappellini, pupazzi e magliette; lasciamo stare l’allontanamento di registi bravi, sostituiti da mestieranti il cui pregio principale era il saper servire alla causa senza alzare troppo la cresta; lasciamo perdere tutte queste cose e concentriamoci su un dato di fatto che difficilmente si può contraddire: questi film, questi personaggi, queste storie, anzi, quest’unica storia spalmata in 22 film, hanno scatenato la fantasia e l’emozione di milioni di persone. Non ottieni un effetto di tale portata, credo senza precedenti, se non c’è della sincerità dietro l’operazione commerciale, se non è possibile scorgere un nucleo di vera passione, di vera dedizione. E questo nucleo si trova di certo nei singoli registi che si sono avvicendati, più in alcuni, meno in altri, ovvio; soprattutto, si trova in un cast che è ormai arrivato a indossare i personaggi della Marvel come una seconda pelle.
Io sono convinta che il segreto principale della riuscita di Endgame stia in loro: nei personaggi e negli attori che hanno prestato volti e corpi agli eroi per 11 anni. Non posso immaginare, infatti, nessuno a interpretare Tony Stark se non Robert Downey Jr., nessun Capitan America che non sia Chris Evans, nessuna Vedova Nera al posto di Scarlett Johansonn e via così, senza per forza fare l’elenco delle decine di attori coinvolti in quello che è forse il più gigantesco esperimento narrativo della storia del cinema. Anzi, come ho già detto tante volte, il MCU non è cinema, è un’altra cosa. Non è neanche tv su grande schermo, perché sarebbe riduttivo: è una forma nuova di intrattenimento su scala gargantuesca, qualcosa di mai tentato prima e che, dopo Endgame, prenderà altre strade, si diramerà attraverso nuovi film e serie tv, metterà in scena altri personaggi, ma non sarà più lo stesso. Non per me, almeno e, leggendo in giro articoli come questo, anche per parecchi miei coetanei che, insieme a me, con il MCU non ci sono cresciuti, ci sono invecchiati.
Ma, a parte queste considerazioni di carattere personale su come si vive la fine di un qualcosa, va dato atto alla Marvel e sì, persino ai fratelli Russo, di aver messo insieme un mastodonte di tre ore dal carattere universale: non ha importanza quanti anni tu abbia, quale sia il tuo Avenger preferito, da che parte tu ti sia schierato da Civil War in poi, Endgame ti spezzerà il cuore, a una sola condizione, tuttavia, che tu abbia fatto parte di questo mondo sin dall’inizio. Il miracolo del MCU non sta tanto nell’aver filmato l’infilmabile (il progresso dei vfx ci ha messo del suo) o nell’aver portato finalmente sullo schermo i fumetti nel “modo giusto” (non c’è un modo giusto per farlo), quanto nell’aver fidelizzato il pubblico a partire da un personaggio che, se non leggevi i fumetti, era a stento riconoscibile, e con attore ultra quarantenne dato da tutti per spacciato. Pensate un istante a dove eravate nel 2008 e poi rivedetevi in sala nel 2019 davanti a Endgame. Lo avevate previsto? Se qualcuno vi avesse detto, all’epoca, che da lì sarebbe sorto un universo, ci avreste creduto?
Io no, sinceramente. Ma sono contenta, sempre considerando tutti i difetti e le cadute di stile, di essere stata testimone diretta di tutto questo.
Che poi forse mi sbagliavo, forse era tutto studiato e preparato con cura, forse l’assenza di conflitto, di dramma, di qualunque tipo di minaccia seria nei film precedenti, tutte quelle situazioni in cui gli eroi scivolavano freschi come rose senza perdere neanche un istante la loro incrollabile fiducia, erano solo esche per farci arrivare impreparati al finale di Infinity War e poi a questo, al vedere dopo tanto tempo delle persone dotate di poteri immensi come solo persone, appunto, fragili, difettose, in preda alla disperazione e, proprio per questo, in grado di essere veramente eroi. È bello che ognuno di loro reagisca a suo modo, spesso in maniera del tutto imprevedibile, è bello che nessuno si riprenda del tutto dalla botta ricevuta e che affronti la nuova battaglia con questo peso sulle spalle; funzionano persino, anche se non sempre e non tutti, gli alleggerimenti comici, perché a volte è proprio così che affrontiamo i momenti più bui della nostra vita, ridendo.
Ed è bello, soprattutto, che l’eroismo assuma il volto di un gruppo di reduci ammaccati, come dice il mio amico Alessandro nel suo articolo.
Per tutte queste ragioni, non ha poi molta importanza se la trama, in sé, suscita più di qualche perplessità, se qualche lungaggine nella prima parte del film poteva essere evitata, se forse qualche personaggio ha subito un trattamento che ai fan non piacerà; non ha importanza perché eravamo tutti lì, uniti, col fiato sospeso e il groppo in gola a seguire la conclusione di una storia che è diventata la nostra, lì con i nostri amici, i nostri figli e nipoti. L’ultimo atto di un colosso che ha messo insieme generazioni diverse, persone diverse, lettori di fumetti e non, un fenomeno che, pur essendo di massa, ha via via escluso lo spettatore occasionale, perché se ti perdi un tassello del mosaico, diventa davvero difficile capire quello che sta accadendo sullo schermo.
La più grande setta della storia dell’umanità.
È questo il miracolo degli Avengers e io sono obbligata, per una volta, a mettere da parte ogni perplessità e ogni tentazione di essere puntigliosa e attaccarmi alle minuzie. Non è il momento e non è il luogo, questo. Ora c’è soltanto questa quarantenne un po’ ammaccata, che da piccola leggeva i “giornalini” e li ha visti animarsi su uno schermo, ha visto i propri eroi vivere e morire e, nonostante tutto, è felice e non vede l’ora che suo nipote sia abbastanza grande per cominciare il viaggio da capo insieme a lui, per poi dirgli che lo amo 3000.
Il film emotivamente mi ha coinvolto a tratti, ho trovato orrende le parentesi comiche e sacrificati alcuni supereroi, però il finale della tua recensione mi ha dato i brividi…
Io ho qualche perplessità su Hulk, mentre mi è piaciuto molto Thor e sono contenta dell’arco narrativo del suo personaggio.
Il nipotino mi ha rammollita 😀
Scherzo. Grazie.
Ci sta, seppur fan di horror siamo pur sempre umani 😀
Se ti ha rammollita come gli sceneggiatori hanno rammollito Thor, praticamente trasformato in un nerd piagnone che si scopre pure fanboy di Cap, però inizio a preoccuparmi 3000…
ma io sono un fangirl di Cap da quando avevo 6 anni 😀
Già, chi l’avrebbe detto in quel 2008 fino a dove saremmo arrivati: d’accordo, la Sony già aveva dato prova di cosa fosse possibile fare con i supereroi al cinema (Spidey e X-Men) e pure la Warner Bros ci si era messa con gli alti e i bassi del suo Batman ma, francamente, non era poi così facile pensare al primo Iron Man come a un semplice tassello iniziale di un successivo mosaico/universo di queste proporzioni (d’accordo, compresi pure i super-cinepanettoni tipo Thor: Ragnarok)… ed eccoci tutti qui, con gli Avengers ad averci accompagnato a questa mastodontica fine del gioco! Chissà quale destino riserverà adesso la Marvel a noi fan vecchiacc… ehm, ormai maturi, volevo dire (più che Thor, comincio a sentirmi addosso l’età di Odino) 😉
P.S. Se il nipotino ascolterà i consigli di Zia Lucia, crescerà sapendone di cinema. Qui lo dico e qui lo confermo 🙂
visto ieri, nella pace del pomeriggio, in una multisala quasi deserta (tranne 5/6 bambinetti molestissimi )…che dire, inaspettato per la scansione dei tempi, per la gestione dei personaggi e pertanto…coinvolgente. Emozionante. Zero noia zero per tutte le 3 e passa ore, compresa la battaglia finale e il sottofinale strappacuore.
abbiamo applaudito…in 12, forse 14 , ma tutti, compresi gli under 10 a totale digiuno di mitologie antecedenti ( e che infatti ipotizzavano parentele inverosimili, ma fantastiche, tra i vari personaggi….)
Un finale che riscatta tutti i momenti bassi, e definisce l’MCU con un grosso punto e capo. Bellissimo.
Infatti ha una gestione del ritmo stranissima per un film di supereroi. Da qualche parte ho letto che tutta la prima ora del film potrebbe essere un film di Linklater, addirittura, con dei personaggi strambi che gestiscono, ognuno a suo modo, la propria sindrome da stress post traumatico. Secondo me è un’interpretazione molto interessante del film.