You Might Be the Killer

 Regia – Brett Simmons (2018)

Non ci possiamo far mancare il periodico meta-slasher da queste parti. Di solito ne escono a cadenza trimestrale, perché pare sia un argomento inesauribile. Di fatto, non lo è, e credo sia stato detto tutto con The Final Girl, ma è sempre divertente, se si tratta di film con alla base quel minimo sindacale di intelligenza.
In questo caso, dietro il film ci sono due teste niente male, quella di Chuck Wendig, a cui voglio un mare di bene per il suo blog e quella di Sam Sykes. La faccenda interessante è che You Might Be the Killer nasce da uno scambio di tweet tra i due scrittori, dove Sam fingeva di trovarsi in un qualche campeggio sperduto con un killer a piede libero e Chuck cercava di dargli consigli su come salvarsi la pelle. Almeno fino a quando Chuck non ha suggerito all’amico che il killer poteva essere proprio lui.
Ora, il thread su Twitter è molto lungo, ma è uno spasso da leggere e quindi io ve lo linko con piacere. È un bel pezzo di improvvisazione e merita tutta la vostra attenzione. Ed è, in effetti, un buono spunto per una commedia slasher.

Da Twitter al grande schermo, il passo è stato abbastanza breve: Wendig e Sykes figurano come produttori ma, curiosamente, non come autori della sceneggiatura, anche se intere linee di dialogo sono state riprese pari pari dal famoso scambio di tweet. Alla regia ci hanno piazzato Simmons che non ha mai fatto cose da strapparsi i capelli, ma è comunque abbastanza esperto di horror e, a interpretare Sam e Chuck, abbiamo due facce note agli appassionati, nonché sprizzanti simpatia: Fran Kranz nel ruolo di Sam e Alyson Hannigan in quello di Chuck.
Il film comincia con il nostro Sam nascosto nel bungalow di un campeggio da dove telefona alla sua amica Chuck, commessa in un negozio di fumetti, e le dice di essere nei guai: era partito per passare l’estate nel campeggio di proprietà della sua famiglia, dove sarebbe stato impegnato a fare l’istruttore insieme ad altri 12 colleghi. Ma il fine settimana precedente l’arrivo dei bambini al campo, un assassino mascherato ha cominciato a far fuori, uno a uno, tutti gli istruttori.
Dopo una serie di domande, Chuck, grande esperta di film horror, capisce che l’assassino è proprio Sam, posseduto da una maschera malefica che lo obbliga a uccidere i suoi amici.

Così come il thread da cui ha avuto origine, You Might Be the Killer non è un film vero e proprio, quanto un divertissement per iniziati, una riflessione a voce alta sulle solite regole dello slasher e (ed è qui la cosa più significativa) sulla loro ineluttabilità.
Si è tanto parlato della rigidità dei meccanismi alla base dello slasher e si è cercato spesso di smontarli, modificarli, aggirarli o addirittura prenderli di petto e farli a pezzi. Eppure, tutti questi esperimenti hanno sempre e solo condotto alla loro riconferma, fino ad arrivare al caso estremo di The Cabin in the Woods, dove, quando le regole vengono infrante, finisce il mondo, o meglio, finisce l’horror.
Se sei il killer, dovrai morire, e a ucciderti sarà la final girl di turno e non ha importanza quanti colpi di scena, deviazioni, cambi di rotta ci saranno: ogni tua decisione ti porterà sempre lì, al confronto finale con la fanciulla pura destinata a eliminarti.

Il problema di un film come You Might Be the Killer è che non si allontana mai dal suo essere una teorizzazione consapevole e autoironica per un ristretto gruppo di persone, quelle a cui interessa assistere a un’ottantina di minuti scarsi in cui un tizio tenta di infrangere delle regole di natura cinematografica, sedimentate in anni e anni di pellicole fotocopia, mentre la sua amica gli rinfaccia e ribadisce la forza di queste regole per via telefonica. Al di là di questo, You Might Be the Killer non ha molto altro: non ci sono omicidi particolarmente creativi, il gore non abbonda di certo, se si escludono una testa spaccata in due e una gola tagliata in primo piano, non ha di certo una regia fenomenale e il fatto che sia stato girato in fretta, e senza chissà quale attenzione o cura, si nota a ogni fotogramma.
E tuttavia, quei pochi che, come me, sono sempre stati affascinati da un genere capace di restare invariato e sempre uguale a se stesso per più di quarant’anni, passando attraverso tutte le varie destrutturazioni che lo hanno colpito a partire dagli anni ’90, credo gradiranno il film al di là dei suoi meriti reali.

Il motivo è semplice: You Might Be the Killer è godibile perché lo slasher è godibile esattamente così com’è, prevedibile, ripetitivo, incapace di andare oltre i semplici e rozzi meccanismi che lo regolano; ineluttabile, in altre parole, e questo nonostante sia stato smontato, rimontato e sezionato fino a scoprirne ogni singolo ingranaggio. E infatti il segreto di un buono slasher non sta mai nella sua struttura, che mai cambia e mai deve cambiare. Sta nel modo in cui ci si appropria della struttura: non importa chi sia il killer o chi sia la final girl, importa come si arriverà al confronto tra i due e in che modo la final girl si libererà del killer che tanto, lo sappiamo, tornerà nel seguito.
Qui il meccanismo è particolarmente smaliziato, ma c’è anche della vera passione per il genere, del reale divertimento a smontare il giocattolo e a vedere come funziona. Per questo, alla fine, mi sento di consigliare il film; certo non a chiunque, come potrei fare con The Final Girls e The Cabin in the Woods: lì c’è del genio, oltre alla volontà di affrontare un discorso di portata universale; qui c’è solo il cazzeggio di due scrittori su Twitter da cui è nata una robetta simpatica, buona per chi non può fare a meno di avere la sua dose di meta slasher semestrale.

3 commenti

  1. Vabbé, ciao. Mi hai convinta ad Allyson Hannighan, la mia adorata Willow.
    Il resto lo leggerò dopo aver visto il film *__*

    1. Eh, sì, lei è favolosa, al solito. Si vede che si è divertita molto a girare il film.

  2. Mi incuriosisce tantissimo ^^
    Recupero appena possibile

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