Regia – Tim Burton (1999)
Ho riflettuto a lungo prima di scegliere il film di Halloween di quest’anno. Pensate che ero persino indecisa se continuare con i fantasmi o parlare di qualcosa di più classicamente legato alla festività, come Season of the Witch, il bistrattato capitolo spurio della saga di Michael Myers senza però Michael Myers. Poi, girovagando su Netflix nel corso di un fine settimana reso meno piacevole del solito da una bella congiuntivite, mi sono accorta che avevano in catalogo l’ultimo grande film di Tim Burton, che guarda caso è una storia gotica, con streghe, zucche e un fantasma. Non solo mi è venuta voglia di rivederlo all’istante, ma ho anche pensato che sarebbe stato perfetto per celebrare Halloween.
Chiunque ami il cinema della Hammer, i Poe-film di Corman e, soprattutto, il gotico italiano non può fare a meno di amare anche Sleepy Hollow, che di quei tre filoni fondamentali per la storia del nostro genere preferito, è un’affettuosa rievocazione nello stile e nei temi, ma aggiornati e rielaborati dalla sensibilità di un autore che, fino alla fine degli anni ’90, è stata una delle voci più personali e innovative del cinema fantastico mondiale.
The Legend of Sleepy Hollow è tra i testi fondatori del gotico americano, ed è stata adattata parecchie volte per il cinema e per la televisione, ma versione che ne ha dato Burton è molto originale, nonché estremamente libera rispetto al racconto di Irving. Le fonti cui Burton attinge non sono letterarie, ma cinematografiche e le modifiche strutturali apportate alla trama e ai personaggi infondono a una vicenda ormai parte integrante del folclore statunitense degli elementi così tipicamente europei da risultare irriconoscibili e quasi alieni al pubblico americano. Si tratta di un’opera grondate amore e dedizione nei confronti dei film gotici anni ’60 e, se l’americanissimo Corman figura tra gli spunti con un film in particolare, Il Pozzo e il Pendolo, è soprattutto a Mario Bava e a Terence Fisher che Burton guarda con affetto.
Questo, vale la pena sottolinearlo, non significa che Sleepy Hollow sia un’operazione nostalgia, men che meno che si tratti di una copia. Neppure si può parlare di recupero filologico, se non in alcune caratteristiche ben precise che in seguito andremo a elencare, perché il metodo scelto da Burton è ancora più sofisticato e intellettualmente stimolante: Sleepy Hollow è cinema gotico e, allo stesso tempo, cinema contemporaneo, che si pone problemi contemporanei e affronta questioni contemporanee, usando la lente deformante del fantastico e la finzione dichiarata, anzi esibita, come dei giochi di prestigio, dei trucchi ottici, delle illusioni.
Qualche dato di natura tecnica ci viene in aiuto per comprendere appieno un film che a molti è parso un mero esercizio di stile. Dando per scontato che gli esercizi di stile di rado esistono sul serio e che, come sempre, la forma è sostanza, due sono le cose che saltano subito agli occhi vedendo Sleepy Hollow: la sua fotografia monocromatica e gli ambienti evidentemente ricostruiti in studio.
Se si escludono il rosso del sangue e l’arancione dei capelli di un paio di personaggi e delle zucche, Sleepy Hollow potrebbe benissimo essere girato in bianco e nero. In origine, l’idea di Burton era questa e poi, grazie anche all’apporto di Emmanuel Lubezki (prima e ultima collaborazione tra lui e Burton), si è optato per quell’aspetto grigio e perennemente nebbioso che è un tratto distintivo del film. E, quando il sangue impiastriccia vestiti e volto di Ichabod Crane (nonché nelle sequenze oniriche, direttamente ispirate a Il Pozzo e il Pendolo), risalta in maniera esasperata, rimandando proprio ai colori accesi tipici della Hammer e dei film di Corman basati sui racconti di Poe. Invece il grigio e l’illuminazione leggera e smorta servono a restituire l’atmosfera sinistra e sospesa del capolavoro di Mario Bava, La Maschera del Demonio.
Girare tutto in teatro, esterni come interni, oltre a rimarcare l’appartenenza di Sleepy Hollow a un filone dell’horror ben preciso, tiene lontano il film da ogni tentazione realista o naturalista. Il mondo in cui Sleepy Hollow si svolge non è, non è mai stato e mai sarà il nostro, è un mondo fantastico e costruito apposta per ospitare un racconto. Al di fuori del racconto, senza racconto, non esiste.
È per questo che Sleepy Hollow ha un’estetica così peculiare: riesce a essere allo stesso tempo assolutamente inedita (una cosa mai vista prima) e completamente derivativa. Che, a scanso di equivoci, non è affatto una brutta parola.
Ma è nelle scelte narrative, ancora più che in quelle estetiche, che si riconosce il gran lavoro di aggiornamento compiuto da Burton, perché sono scelte capaci di tradire sia la fonte letteraria primaria sia quelle cinematografiche di cui abbiamo appena finito di parlare, tramite una serie di spostamenti quasi impercettibili dei ruoli dei vari personaggi e dei loro comportamenti.
Prendiamo il protagonista, Ichabod Crane, che nel racconto è un maestro di scuola con una sincera fede nel soprannaturale. Burton mantiene alcuni aspetti del personaggio, come la sua goffaggine o la sua pedanteria, ma lo trasforma in un ufficiale di polizia di New York inviato dal giudice (Christopher Lee, ci manchi) a indagare su una serie di omicidi nella comunità rurale di Sleepy Hollow. Crane, nel film, è un razionalista dedito al metodo scientifico che, pur dovendosi piegare più volte di fronte all’esistenza oggettiva della magia e dei fantasmi, non abbandona mai il suo approccio di indagine. È dichiaratamente ateo, al contrario di tanti suoi omologhi cinematografici (uno a caso, il Van Helsing di Peter Cushing), e non è un uomo d’azione.
Più che una lotta serrata tra il bene e il male, tra il demonio e Dio, tra una sessualità deviata e morbosa e la sua normalizzazione (e punizione) a opera di uomini pii, qui lo scontro è da un lato tra razionalità e irrazionalità e, dall’altro tra paganesimo e fanatismo cristiano.
I flashback dell’infanzia di Crane, con la madre strega che finisce nella Vergine di Norimberga a opera del padre, rimandano alle torture di cui il cinema Hammer, quello di Corman e il gotico italiano erano pieni. Ma Crane definisce sua madre “a child of nature” e dichiara di aver perso la fede dopo la morte della donna. C’è quindi una presa di posizione netta nei confronti sia della magia che della religione, più pertinente a un certo folk horror che al gotico in quanto tale, resa evidente più che mai dal fatto che Crane non viene salvato dalla classica Bibbia (rifiutata e chiusa con sdegno in una delle prime scene del film), ma da un libro di incantesimi donatogli da Katrina (Christina Ricci, una delle attrici con il volto più gotico in assoluto).
Il ruolo di Katrina, una delle tante streghe che popolano il film, è del resto completamente diverso da quello della fanciulla in pericolo del cinema degli anni ’60, come del resto anche la strega malvagia Lady Van Tessel è vista da una prospettiva inedita, quasi compassionevole, fermo restando il suo ruolo negativo.
C’è tutta l’ingenuità tipica del cinema di Tim Burton quando ancora era sincera e non era diventata di maniera, quell’atteggiamento stralunato ed etereo che si riflette nella recitazione, quella sensazione di trovarsi, mentre si guarda il film, all’interno del sogno di un bambino.
Ricordiamo che Sleepy Hollow era in cantiere da quasi otto anni prima che il progetto vedesse la luce e che Burton ci si è ritrovato dentro quasi per caso. Il fatto che la Paramount abbia stanziato quasi cento milioni di dollari negli anni ’90 per un film gotico può apparire paradossale, ma in realtà era perfettamente giustificato dall’onda lunga del Dracula di Coppola, seguito a ruota da tutta una serie di schifezze più o meno inenarrabili come il Frankenstein di Kenneth Branagh e (Dio, perdonami) The Haunting di Jan de Bont. Le star facevano quasi a gara per apparire in questi carrozzoni in costume e alla Paramount devono aver pensato che dovevano avere il loro carrozzone personale. Peccato non avessero fatto i conti con l’identità d’autore di Tim Burton, che firma un film quasi incomprensibile ai più, pieno di sottigliezze, rimandi e citazioni invisibili quando ancora citarsi addosso non era di moda.
Passare la notte di Halloween vedendo (o rivedendo) Sleepy Hollow farà di voi delle persone migliori, è una certezza. Buona notte delle streghe a tutti voi e che sia piena zeppa di meraviglioso cinema dell’orrore.
EDIT: Alla fine, del terzo capitolo di Halloween, quello spurio, quello che non piace a nessuno, ne ha parlato Alessandro Girola e io lo ringrazio.
Buona vigilia di Ognissanti anche a te – e agli altri tuoi lettori! 😉
Un ripasso di Sleepy Hollow non mi farebbe male, già 🙂
In effetti mi piacerebbe davvero rivederlo, perché per me è un capolavoro, soprattutto per la presenza di Christina, un’attrice, una donna, che ancora adesso non posso non adorare 😉
Questo è uno dei migliori film di Burton ed è un film che continuo a riguardarmi con molto piacere di tanto in tanto. E’ perfetto per Halloween!
Malgrado il pezzo sia al solito molto bello, quel che mi hai spinto a rivedere è il terzo Halloween, che ho amato molto ma non ricordo più perchè: è la serata giusta per riesumarlo.
Io l’ho rivisto ieri sera e merita tutto l’amore del mondo.
Anch’io l’ho rivisto PRIMA di Sleepy Hollow 😉 (l’ultimo, vero grande Tim Burton prima dell’inizio del declino post-2001, se si escludono le animazioni “pure” come La sposa cadavere e Frankenweenie)…
P.S. Non sembrano essere niente male quegli spaghetti alla Michael Myers 😉
Aspetta, Il cinema di Tim Burton io l’adoro, dato che ci sono praticamente cresciuta, ma, ho adorato anche il Frankenstein di Kenneth Branagh. Non è certamente quello di James Whale che ho visto pure e che ho adorato allo stesso modo. Resta pur sempre un film che rispetta il romanzo originale di Mary Shelley, forse per questo un regista come Kenneth Branagh che praticamente fa cinema di tutt’altro genere – si pensi alle opere di shakespeare e al bellissimo film l’altro delitto, che se non l’hai visto ti consiglio di vedere se ami il giallo ovviamente – e si è trovato a dirigere quando nei primi anni novanta, andava di moda la rilettura dei classici horror, di cui i miei preferiti restano il Dracula del geniale Coppola e Mary Reilly di Stephen Frears con una grandissima Julia Roberts, nella sua migliore interpretazione. Ma questo è ovviamente un mio parere ^_^
Anche a me il Frankenstein di Branagh non dispiacque affatto. Col tempo ho ridimensionato il mio giudizio, è troppo sensazionalistico, ma la trovo ancora oggi una buona riduzione.
Alla fine il consiglio l’ho seguito, passato Halloween con Sleepy Hollow. Dopo tanti anni ho potuto riapprezzarlo per le sue innumerevoli qualità. Mi ha fatto venire una nostalgia folle per quegli anni in cui il futuro del duo Depp-Burton sembrava suonare come campane a festa…