Regia – Franck Khalfoun (2012)
Sì, sono giornate un po’ particolari. Salta tutto il palinsesto del blog e si va avanti a improvvisazioni estemporanee. Complici qualche casino di troppo e qualche visione davvero degna di nota.
Quando ho saputo che Aja stava scrivendo il remake di Maniac, devo ammetterlo, mi è preso un colpo. Poi è arrivata la notizia che il film lo avrebbe diretto il suo protetto Khalfoun, già dietro la macchina da presa per l’interessante P2. Il colpo si è un po’ attutito, ma restava il forte sospetto di cagatone in arrivo. Insomma, come sempre, partivo prevenuta. I primi trailer avevano riacceso la speranza, ma mai mi sarei aspettata di assistere una cosa del genere.
Sapete tutti che da queste parti l’originale è estremamente apprezzato, tanto da essere inserito nella mia galleria di piccole perle della storia del genere. Eppure, quando bisogna ammettere una cosa, non mi tiro mai indietro. Il Maniac della premiata ditta Aja – Levasseur – Khalfoun straccia il prototipo in un lampo.
Di sicuro questo è anche dovuto a un budget maggiore, ché si sa, Lusting lavorò quasi in clandestinità, rubando inquadrature dove capitava e realizzando il suo film ai limiti della sussistenza. Ma non è solo questo il motivo. Maniac versione 2012 approfondisce e porta alle estreme conseguenze quel processo di identificazione nel killer che era alla base del film del 1980. E lo fa adottando una tecnica, quella della (quasi) perenne soggettiva, che non sempre funziona e che bisogna essere davvero molto bravi, in possesso di un controllo assoluto sui mezzi a disposizione, per rendere davvero efficace.
Adesso, girare un film in soggettiva rischia di far cadere il regista nel trappolone del falso documentario: riprese traballanti, mal di mare, desiderio di spegnere tutto dopo dieci minuti, tentazione da cinema verità che dio ce ne scampi.
Khalfoun nel trappolone non ci cade neanche per sbaglio e dirige una pellicola equilibratissima, che visivamente ti cattura per il suo rigore sin dalle prime inquadrature, con quelle strade di Los Angeles viste da un’automobile in movimento che ricordano Drive, però malaticcio e un po’ deforme.
E qui va fatta una menzione per il lavoro enorme compiuto da Maxime Alexadre, il direttore della fotografia che, armato di Red Epic si sottopone a un tour de force spaventoso per realizzare al meglio il progetto di un Maniac visto dallo spettatore con gli occhi dell’assassino. Ogni istante del film ha alle spalle studio e preparazione dettagliatissimi, per colpire e da un punto di vista estetico e da un punto di vista emotivo. Nel caso di Maniac, la forma attraverso cui la vicenda viene messa in scena diventa il veicolo principale per trasmettere angoscia e disperazione: dal primo omicidio compiuto da Frankie, repentino, feroce e brutale, fino alla famosa conclusione coi manichini animati, noi siamo Frankie e sperimentiamo tutta la sua sofferenza. Perché di dolore si parla, di una vita compromessa a tal punto da potersi esprimere solo mettendo fine alle vite altrui.
Non c’è via d’uscita per Frankie, come non ce n’è per le donne che uccide. E noi precipitiamo in questo inferno, siamo inchiodati al punto di vista del serial killer, privi di difese e obbligati ad assistere a tutta quella violenza come se la stessimo infliggendo noi. Si tratta di una prospettiva spaventosa. E non perché si sviluppi una sorta di empatia, o peggio, “tifo” nei confronti del personaggio di Frankie. Al contrario, anzi, lo temiamo e ci disgusta, ma siamo talmente sprofondati in lui e nelle sue ossessioni, da sentirci partecipi di un’esistenza danneggiata a un livello irreversibile.
Maniac è un film molto forte, graficamente parlando. Non viene perso neanche un dettaglio dei vari omicidi e non potrebbe essere altrimenti, dato che per la tecnica di ripresa, siamo “noi” a compierli. Eppure non è ascrivibile in nessun modo al sottogenere del torture porn, cui lo stesso Aja ha partecipato e che forse ha addirittura inaugurato. Non c’è nessuna esaltazione, o sadico e compiaciuto indugiare sullo squartamento in senso pornografico. Manca l’indifferenza nei confronti dell’atto di violenza che porta a riversare in campo tonnellate di sangue col sorriso sulle labbra e l’occhio ammiccante. L’impressione è che il meglio del cinema francese sia sbarcato negli Stati Uniti, per raccontare una storia di desolazione e squallore urbano, che il grande talento spesso inespresso di Aja si sia unito a quello di Khalfoun, di Levasseur, di Alexandre e del bravissimo Baxter al montaggio, per realizzare un film dell’orrore nell’accezione più nobile del termine. Quello che ti mette in difficoltà, che ti lascia tramortito in un angolo a leccarti le ferite, incerto su cosa ti sia appena passato sopra a 100 all’ora.
E tutto questo non sarebbe accaduto senza un attore immenso, Elijah Wood. Mai troppo incensato e a volte addirittura sottostimato. Wood si presta a un ruolo difficile e sgradevole, per la maggior parte del tempo recita solo con la voce, dato che entra in campo raramente, ma quando lo fa riesce a modulare sul volto tutta una serie di stati d’animo contrastanti che mi hanno spezzato il cuore. Avendo quasi sempre a disposizione pochi secondi davanti a uno specchio, o un’altra superficie riflettente.
Capita anche che la scelta della narrazione in soggettiva venga messa da parte in alcune scene, per passare a un metodo più tradizionale. Forse per dare un po’ più di spazio all’attore, forse per concedere a chi guarda un attimo di tregua da un’identificazione che rischia di diventare eccessiva. Ma non c’è una giustificazione vera e propria, né tecnica, né narrativa. Semplicemente, si abbandona la soggettiva senza un motivo, si esce in maniera prepotente e un po’ pretestuosa dalla spirale tragica in cui eravamo invischiati e perdiamo aderenza col racconto, cominciando a chiederci perché il regista lo abbia fatto.
Questo, insieme a qualche difettuccio di sceneggiatura, soprattutto per quanto riguarda il passato di Frankie, forse un po’ banale, ma molto aderente al Maniac dell’80, è il neo principale di un’opera che è quasi perfetta.
Mentre ci si scandalizza per qualche simboletto religioso preso di mira dal cagatone di Rob Zombie, in giro c’è un film con il potere reale di sconvolgere lo spettatore. Mentre si crea cagnara assurda intorno al suddetto cagatone, Maniac stenta a trovare una distribuzione.
Fa riflettere. I film veramente dirompenti vengono spesso ignorati.
Ne avevo sentito parlare bene da alcune persone che stimo parecchiotto in ambito di recensioni horror,mi fa piacere la tua conferma
Perchè, si si mi ripeto ..sono vecchio e stanco e ho il dovere di ripetermi, che razza di horror sarebbe una pellicola che non disturba,spiazza,inquieta.
Messo in lista. L’originale invece ho deciso di comprarlo. Te l’ho detto spenderò una barca di soldi ma vorrei farmi la videoteca Dieci Horror Per Anno,che idea figa eh?
ps:Wood è gigantesco e bravissimo,mi è sempre piaciuto ha un viso interessante capace di recitare con poche espressioni. Un grande
ciao e ti auguro tempi più tranquilli
Infatti l’obiettivo è quello. Poi ci sono anche ottimi horror cazzeggioni. MI viene in mente, per restare in ambito rubrichetta, La notte della cometa.
Però è anche vero che grattando sotto la patina di divertimento, c’è sempre un fondo di malinconia e inquietudine.
O forse ce lo vedo io, non so.
anche io l’ho vista: due ragazze che devono sopravvivere alla fine del mondo.Una chicca quel film
Certamente si fan buon film cazzeggioni in ambito horror,ma per me il genere ha un altro obiettivo.Quello appunto di farci star male.
Comunque è la storia e la regia che fan sempre la differenza
Trovo interessante questa tecnica di ripresa, il non-comparire dell’attore protagonista, mi ricorda un altro “esperimento” (per quei tempi 1947) che si intitolava “La fuga” con la bellissima coppia Bogart-Bacall e appunto Bogart per due terzi del film non compare o compare bendato, la sua presenza è solo una voce con delle sequenze in soggettiva.
Sicuramente vedrò questo Maniac, anche perché Wood cattivo incuriosisce.
Sì, mi ricordo quel film. Di solito sono pochissimi i film girati tutti in soggettiva.
Maniac lo è quasi interamente, a parte qualche momento in cui si esce dalla prospettiva di Frankie. E fa impressione, sul serio.
Toh, non ci avrei scommesso un centesimo, lo faccio passare subito in cima alla lista delle visioni 🙂
E’ una bomba.
Davvero.
Non gli avrei dato una lira neanche io.
Questa è la seconda resione positiva che leggo da parte di persone del cui gusto mi fido e pensare che questo era un remake su cui non avrei scommesso nemmeno un centesimo. A volte sbagliarsi è piacevole.
Io ero partita con l’idea di assistere a uno scempio inguardabile, conoscendo Aja e sapendo come di solito vengono edulcorati i film del passato nelle loro versioni aggiornate.
E invece questo Maniac è semmai estremizzato rispetto al prototipo. Ancora più disturbante…
Maniacalmente parlando, Wood se l’era cavata mica male pure in Sin City 😀 Certo che raccogliere l’eredità di Spinell non era impresa per chiunque, ma a quanto pare lui c’è riuscito egregiamente (in più, adattando la già di per se disturbante tecnica in soggettiva al suo duttile talento)…come pare sia altrettanto riuscito -e non ci avrei scommesso nemmeno un euro, lo ammetto- il remake (forse possiamo persino arrivare a rimettere Aja fra i buoni, forse) 😉
Prima di rimettere Aja tra i buoni, e farsi perdonare Piranha 3d, ce ne vuole.
però dai, quasi 😀
son contento che ti sia piaciuto, certo non mi aspettavo tutte queste lodi sperticate per un film molto ben confezionato e che sceglie di non confrontarsi con l’originale ( per me intoccabile) proprio per portare a casa il risultato. E mi è garbato ed ero partito con l’idea di farlo a pezzettini piccoli piccoli….
Però, aspetta, a me pare che si confronti con l’originale. Ne riprende lo schema, cambia completamente lo stile, è vero. E secondo me è una mossa vincente.
ma quando c’è quell’inquadratura di Wood che si specchia nella carrozzeria di una macchina che rimanda al poster originale del 1980, ti rendi conto che il modello è ben presente.
L’originale è un film bellissimo, io lo adoro, e adoro anche Lusting che infatti qui figura tra i produttori.
Credo potesse essere attualizzato solo così.
A me Aja piace un sacco… De gustibus… Pero’ vi stimo anche se non lo amate 😉 besos
A me di Aja piace l’esordio, moltissimo. Anche se il finale mi è sempre sembrata una presa in giro che non sta in piedi neanche se gli metti duecento piloni a puntellarlo.
Mi piace il suo stile e credo che abbia un grande talento.
Però mi ha deluso moltissimo la sua carriera da regista negli Stati Uniti. E Piranha 3d per me è stato troppo da sopportare.
Però come produttore e sceneggiatore questa volta si è comportato egregiamente 😉
besos!
Ho fatto un paio di minirecensioni sul mio miniblog…e ne parlo sempre bene (piranha 3d l ho evitato perche’ oggettivamente e’ indifendibile) adoro p2 e le colline hanno gli occhi, mi ha incuriosito anche martyrs, che con aja c’entra solo a meta’…insomma sono spudoratamente di parte quindi non oggettivo, ma al cuor non si comanda…
Il remake di “Maniac” è effettivamente una bomba, ma da qui a definire “cagatona” il film di Rob Zombie ce ne passa…
vedi recensione: non ho più intenzione di discuterne
Visto ieri. A me non ha fatto impazzire, però ammetto che l’idea del film in soggettiva (che non è la solita telecamera traballante dei found footage, come hai detto giustamente tu, che ormai ha letteralmente scartavetrato los cojones) è originale e interessante. E Elijah è molto bravo nei panni di Frankie. Forse a non convincermi pienamente è stata la sceneggiatura, troppo sempliciotta, forse, ma non ho visto l’originale, quindi non posso dire di più. Ti seguo sempre, grandissima ♥
In realtà è vero quello che dici a proposito delle semplificazioni in sceneggiatura. A me non ha dato più di tanto fastidio, ma la caratterizzazione psicologica del killer è abbastanza sempliciotta.
Grazie! 😉
[…] Maniac versione 2012 perché magari in giro ne ha sentito parlare bene (una bellissima recensione qui) e si ritrova con gli occhi che gli sanguinano, tanto fa male. Basterebbe questo per salvarlo, sto […]