The Lair

Regia – Neil Marshall (2022)

Me lo avete chiesto e l’ho visto, dopo aver letto critiche ferocissime e cariche di sardonica perfidia, quasi che si provasse un piacere sottile ad assistere all’ipotetico fallimento di Neil Marshall. Non che sia una grossa novità: è dal 2019 che il regista scozzese prende schiaffoni a destra e a manca, e anzi, ne aveva già presa una discreta dose dal 2008 al 2010. Io non ho mai dato troppo peso a certe cose, ma questa volta ero più preoccupata del solito, perché The Lair è un ritorno alle origini; di fatto è un patchwork di Dog Soldiers, The Descent e Doomsday, e se Marshall riesce a mancare un bersaglio così facile, allora le speranze che ho sempre riposto in lui possono pure andare a farsi benedire. 
La buona notizia è che Marshall, considerando i mezzi che aveva a disposizione, non ha sbagliato. Le intenzioni ci sono e, soprattutto negli ultimi venti minuti, c’è pure la ciccia. Tutto il resto, purtroppo, è abbastanza problematico, ma con delle grosse attenuanti. 

Ho cercato in giro e non ho trovato delle risposte concordanti sul budget reale a disposizione di Marshall per girare The Lair, ma deve essere stato basso, molto basso. Dopo che, con Hellboy, la sua prima incursione nel mondo dei grandi studios è stata mandata a puttane, il buon Neil ha fatto un ragionamento alla Carpenter, ovvero, deve aver pensato che tanto valeva mettersi a dirigere B movie in totale libertà creativa. Solo che il 2022 non è il 1988 e, con tutto l’amore e la buona volontà del mondo, non puoi mettere in scena sequenza d’apertura che sembra una versione Asylum di Top Gun, perché i parametri sono cambiati rispetto a quasi 40 anni fa e bisogna avere un minimo di cognizione di causa per fare un action-horror microbudget senza coprirti di ridicolo. 
The Lair è così povero che risulta quasi commovente, fa tenerezza per come si sforza di coprire le magagne col montaggio, per come cerca di simulare l’Afghanistan, dove in teoria sarebbe ambientato il film, in Bulgaria, per gli ambienti spogli, miserabili, i paesaggi il più possibile anonimi, le scenografie quasi a livello di Mario Bava che spostava le rocce di plastica sul set, ma con un’effettistica in post produzione molto, troppo scadente. 

Altro problema serio di The Lair è la recitazione. Non so cosa avesse in mente Marshall, e di certo è uno che con gli attori ci ha sempre saputo fare, quindi doveva per forza avere in mente qualcosa. Ma guardare questo gruppo di soldati che parlano con accenti estremamente improbabili, si atteggiano con espressioni caricaturali e sembrano non prendere sul serio il film a cui partecipano, fa un effetto molto straniante. E neppure sarebbe male se tutto il cast avesse recitato in questo modo. Solo che la protagonista, Charlotte Kirk, è in un altro film, serissimo. Ora, io non ho nulla contro le coppie che collaborano, altrimenti non sarei una fan di Mike Flanagan. Solo che Charlotte Kirk non è Kate Siegel. Non è neanche Milla Jovovich o Rhona Mitra, se è per questo e, oltre alla seriosità quasi shakespeariana con la quale interpreta il Tenente Sinclair (sì!), è pure truccata e pettinata come se non fosse una pilota precipitata sul suolo nemico e alle prese con delle creature mostruose che ti mangiano la faccia; no, lei è truccata e pettinata come se si trovasse a una cena elegante, e allora qualcosa non torna. 

Questi sono i difetti più evidenti e ingombranti di The Lair: recitazione, povertà, vfx che nemmeno nel più squallido dei DTV siamo più abituati a vedere. E sono anche tutte caratteristiche che, pure giustamente, fanno fuggire urlando dopo due minuti gli spettatori normali. Ma io non sono una spettatrice normale, io sono qui per vedere i mostri in azione e, quando finalmente arrivano, Marshall non delude, quando si passa dalla CGI modello Asylum agli effetti speciali dal vero, con tute di gomma, protesi, sangue finto e intestini esposti, allora si cambia musica e si ingrana la quinta e The Lair parte a tutta callara, come il B movie arrogante che è. A quel punto non è neppure così importante che gli attori siano stati diretti sotto effetto di sostante psicotrope o che Charlotte Kirk sia inadeguata al ruolo che ricopre. Marshall fa quello che ha sempre saputo fare, mischiare l’horror al cinema d’azione e spingere forte sul pedale del gore, realizzando alcune delle morti migliori che ho visto quest’anno. Certo, è sempre un po’ tutto claudicante, ci sono delle velocizzazioni che non riesco a capire esattamente quale utilità abbiano, il set della base di soldati anglo-americani reietti, sperduta nel peggior buco di culo del deserto, è poco credibile, le continue citazioni dai film precedenti del regista stridono un po’, perché rimandano a tempi migliori e hanno come unico effetto quello di farmi chiedere quando è successo che Marshall è caduto così in basso, e gli schizzi di sangue aggiunti in post sono da denuncia al tribunale dei diritti umani. Ma poi accade una specie di miracolo. 

Già che mi ci trovo, accenno un istante alla trama del film, perché mi rendo conto adesso che sono partita lancia in resta e non ne ho parlato: Il Tenente della Royal Air Force Sinclair precipita dalle parti di un bunker sovietico, scopre che lì dentro ci sono dei mostri, riesce a fuggire e viene salvata da alcuni soldati americani in pattuglia e portata alla loro base, insieme a un prigioniero afghano. Si scopre che i mostri sono il risultato di alcuni esperimenti compiuti dai sovietici durante l’invasione. Non vi dico di cosa si tratta, perché credo sia l’unica idea narrativa davvero buona di The Lair e lascio a voi il piacere della scoperta. 
Ovviamente i mostri (che sono, Dio sia lodato, stunt in tute di gomma) escono dal bunker e attaccano la base, facendo una discreta strage. I superstiti, passata la notte, decidono di andare al bunker e farlo saltare per aria. Arrivano sul posto, si calano in maniera rocambolesca sul fondo dell’installazione e lì avviene il miracolo di cui sopra. 

Sarà perché Marshall è sempre molto più a suo agio a girare in interni, possibilmente claustrofobici, sarà perché comunque, se mancano i soldi, gli esterni non sono mai facili, sarà perché, una volta nel buio, circondati dai mostri ed entrati in modalità Aliens, si parla molto meno e si spara e si crepa di più, sarà perché l’oscurità è amica dei budget ristretti, ma Neil Marshall pare ricordarsi di essere un regista di talento, l’unico erede vero di John Carpenter, e comincia a divertirsi e a fare di tutto per divertire noi. E allora, tutta la parte finale di The Lair è una corsa contro il tempo ad altissimo tasso di adrenalina, con tonnellate di violenza, esplosioni, sparatorie, mostri scatenati e feroci, così bella che quasi non conta più il budget, non hanno più alcun peso gli attori cani, persino Charlotte Kirk si spettina e tutto fila liscio come se davvero fosse il 1988. O, ancora meglio, il 2005. 
Io non so se la futura carriera di Marshall sarà tutta così, se ormai ha preso questa piega e da lì non sarà più possibile fare ritorno. Ci sono un pizzico di rammarico e di nostalgia per un regista che ha ancora tutte le potenzialità per tirare fuori dal cilindro un grande film, ma ha bisogno di un budget decente e di qualcuno che gli dica che, se proprio deve lavorare con Charlotte Kirk, deve darle dei ruoli adatti e non improvvisarla eroina d’azione. Ha bisogno di un produttore serio che torni a credere in lui, ha bisogno anche di un’idea non così derivativa, ha bisogno di tornare a giocare in serie A, insomma. 
Fino a quando ciò non accadrà (e forse non accadrà mai), prepariamoci a una sfilza di film che oscillano dall’onesta serie B all’imbarazzante serie Z, anche all’interno della stessa inquadratura. Che non ci basti è evidente, ma a volte è pure necessario accontentarsi. 

7 commenti

  1. Forse e’ davvero diventato l’unico modo possibile per Neil Marshall,di continuare a lavorare ai soggetti che piacciono prima di tutto a lui!. Temo che la sua attuale deriva professionale,sia stata forse inevitabile,un segno dei tempi che cambiano,l’horror si e’ diviso tra la blumhouse che fa un film bello e dieci bruttissimi,e la A24 che confesso di non amare particolarmente(troppo fighetti,opinione mia!),ma che hanno in comune una buona presa sul pubblico e a volte anche sulla critica. E poi ci sono fieri Tirannosauri come Neil Marshall,una specie di regista in via d’estinzione,fiero rappresentante di un approccio professionale,ma anche sporco,grezzo e cattivissimo,quella tipologia di film che non hanno piu’ nulla a che spartire con una nuova generazione di pubblico,che al massimo associano il regista britannico con “Il Trono Di Spade”,ignorando completamente tutto quello che c’e’ stato prima!. Ancor piu’ triste e il dover constatare che gia’ ai tempi del magnifico “Doomsday” il mitico Neil fu’ messo all’angolo da quelle stesse persone,in quel caso della mia generazione,che lo avevano amato sin dal suo esordio,e che nel giro di soli due film smisero di seguirlo,tra l’altro con un’inspiegabile disprezzo nei suoi confronti,insomma colpevole ai loro distorti occhi di aver voluto seguire le sue passioni invece che riproporre 200 volte “The Descent”,poi arrivo’ il maestoso “Centurion” bollato all’epoca come la risposta britannica a “Il Gladiatore”,un delirio pubblico di pura ignoranza,e nel frattempo ovviamente i finanziatori si defilarono non lasciando a Neil altro da fare se non rivolgersi al piccolo schermo,che lo inglobarono per ben 10 anni(?!),nel frattempo come ho descritto all’inizio del mio commento il pubblico era cambiato,i piu’ giovano non lo conoscevano,e quelli che lo amavano sinceramente erano rimasti in pochi. La botta finale arrivo’ con il suo divertentissimo e violentissimo “Hellboy”,che raccolse noccioline,sputi e disprezzo,quelli come me che lo hanno invece amato e acquistato l’edizione blu-ray,probabilmente sono stati piu’ rari dei vincitori del superenalotto!. Ora si,anch’io concordo che le persone attualmente non vedono l’ora di veder Neil Marshall fallire miseramente,in pratica viva la cattiveria gratuita nei suoi confronti,ovviamente il buon inglese non demorde,disposto a lavorare in contesti produttivi da serie Z,immagino pur di poter continuare a fare i suoi film e non dover piu’ essere inglobato nelle serie televisive!. Concludo dicendo,che posseggo con orgoglio tutti i suoi film,e “The Lair” sono in attesa di riceverlo dal corriere,pre-ordinato a scatola chiusa sulla fiducia,perche’ tra film piu’ riusciti ed altri di meno,non mi ha mai deluso,viva Neil Marshall,e prego anche io che possa in futuro godere della fiducia dei grossi finanziatori,come ai tempi d’oro! Perdonami Lucia per il lungo papiro egizio che ho scritto,un salutone👋😸!!.

  2. Il budget penso proprio che fosse risicatissimo. A trieste disse che aveva una sola tuta completa di alieno per fare il film, più varie “componenti” ma non complete.

    PS: sono contento che non ti sia dispiaciuto!

    1. Sì sì, il budget si vede che praticamente non ce l’aveva. Però mi sono lo stesso divertita

  3. Quindi, in soldoni, vale la pena dargli una chance al film?

  4. Sarà che ne avevo veramente sentito dire peste e corna e avevo le aspettative sotto le scarpe, ma a me ha intrattenuto, nonostante tutto. L’ho trovato ben scritto e i vari one-liner in stile “Aliens” mi hanno divertito molto. Con un budget più dignitoso e un cast più consono, le cose sarebbero state decisamente diverse. Concordo sul fatto che gli ultimi 20 minuti siano la parte migliore!

    1. Alla fine sì, il grandissimo problema del film è il cast. Poi sul budget si sorvola, eh, ma il cast è imperdonabile.

  5. Giuseppe · · Rispondi

    E infatti io mi accontento, ci mancherebbe, in attesa che pure il cinema ad alto budget ritorni finalmente a credere in lui (a dire il vero, poi, io avevo fortunatamente letto anche qualche parere positivo -o, in alternativa, incoraggiante a sufficienza- a riguardo di “The Lair”) 😉

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