Z Nation – Quarta Stagione

Pensavate me ne fossi dimenticata? O che quest’anno non ne avrei parlato perché, dopo tre stagioni, anche basta? Mai sia: io smetterò di seguire Z Nation e smetterò di parlarne solo quando i pazzi showrunner decideranno che è arrivata la fine. Cosa abbastanza distante nel tempo, dato che la quinta stagione è confermata e le riprese inizieranno nel corso dell’estate. E datemi un halleluja.
In realtà, aspettavo solo che sbarcasse su Netflix anche l’ultimo ciclo di episodi, andato in onda da settembre a dicembre dell’anno scorso; non per pigrizia, ma perché credo che sia giusto così, e non procedo oltre con questo discorso.
Se la terza stagione era un momento di passaggio (come avevamo anche detto nel post dedicato) in cui la serie cercava di esplorare dei territori nuovi, di uscire insomma dall’ambito di puro cazzeggio in cui è sempre stata erroneamente relegata, forse perché trattasi di produzione Asylum, ora possiamo dire che Z Nation è cresciuta e ha subito la trasformazione definitiva in serie drammatica. No, non spaventatevi, sempre di un prodotto a base di ritmi altissimi, continue trovate, sconfinamenti nei territori dell’assurdo si tratta. Ma ha abbracciato una dimensione più tetra, più cupa, piazzando un paio di colpi molto duri al cuore degli spettatori e assumendo dei toni quasi dolenti.

La piccola Lucy, mia adorata omonima

Dopotutto, i nostri eroi ne hanno passate tante, e un po’ di stanchezza e rassegnazione, da parte loro, sono ampiamente giustificate. Sono personaggi, anche loro, maturi e ormai consapevoli che la cura per il virus, tanto cercata nelle stagioni precedenti, non arriverà.
E infatti, gli sceneggiatori hanno cercato una nuova minaccia, con gli zombi che hanno assunto un ruolo decorativo, nel senso che fanno semplicemente parte del paesaggio, sono lì, non li si può sconfiggere o eliminare del tutto. Li si combatte per sopravvivere e si cerca di salvare quel poco che resta di un mondo andato a rotoli.
Avevamo lasciato i vari protagonisti dispersi e separati in varie parti degli Stati Uniti, dopo che Addy era riuscita a portare via Lucy e Murphy e Warren erano stati portati nella Zona.
Finalmente vediamo cos’è questa famigerata Zona, un luogo dove si vive ancora come negli anni ’50 del secolo scorso, dove l’infezione è stata debellata grazie al sangue di Murphy, non più blu e non più in grado di comunicare coi morti viventi, e dove forse si può ricominciare a costruire la società.

Ovviamente non sarà così, ovviamente dalla Zona si dovrà fuggire perché i suoi abitanti hanno progetti a dir poco nazistoidi e soltanto i nostri saranno in grado di fermarli. E così si riunisce l’intero gruppo, con un personaggio nuovo, il Sergente Lily, interpretato da Gracie Gillam. Purtroppo, c’è per tutta la stagione l’ingombrante assenza di Addy, sparita dopo i primi due episodi perché l’attrice era impegnata a girare un’altra serie. Non sappiamo che fine abbia fatto e con ogni probabilità la ritroveremo l’anno prossimo. Si spera. Altrimenti faccio causa all’Asylum.
Un’altra novità è che Warren, oltre a sfoggiare una capigliatura biondo platino, ha anche le visioni di un evento apocalittico e sembra telecomandata da qualcuno per arrivare in tempo a impedire che accada. Dopo una stagione tutto sommato stanziale, torniamo alla vecchia formula picaresca di Z Nation, quella che vede il gruppo di sopravvissuti più cazzuto sulla faccia della terra girare per un’America che ormai non è più tale per star dietro, questa volta, ai deliri di Roberta. Sarà un viaggio lungo, pieno di pericoli, anche doloroso, con perdite importanti e con un Murphy che sarà obbligato a prendere sulle spalle il ruolo, non richiesto, di padre.

Uno dei vari marchi di fabbrica di una serie come Z Nation, che rappresenta un unicum nel panorama televisivo mondiale (stateci e non rompete), è sempre stato quello di non avere mai un episodio che fosse uguale a un altro: un fuoco di fila di idee, quasi sempre riuscite, rendono Z Nation un prodotto a prova di noia. Ora, la cosa interessante di questa quarta, bellissima stagione è come sia stato possibile mantenere l’identità precisa della serie e, allo stesso tempo, dare spazio a quella nuova dimensione tragica di cui si parlava prima.
C’erano state delle avvisaglie in tal senso a partire dalla seconda stagione, con la morte di Mack, per esempio, o la triste fine di 5K, o ancora il capovolgimento di fronte durato quasi tutta la terza stagione, dove Warren ha seriamente rischiato di diventare da eroina principale di Z Nation, a villain d’eccezione. Ma l’atmosfera rimaneva quella scanzonata di un prodotto che non ha mai voluto prendersi totalmente sul serio, neanche nei suoi momenti più disperati.

E invece, al netto dell’alleggerimento comico portato da Doc e dai suoi scambi di battute con Murphy, al netto anche di alcuni episodi (uno in particolare) sbilanciati sul lato comedy, siamo di fronte a una stagione che fa tremendamente sul serio, senza tuttavia mai smarrire la caratteristica principale di Z Nation: essere vulcanica e autorinnovarsi a ogni puntata.
Abbiamo un intero episodio, il quinto, ambientato in una specie di casa delle torture, con i personaggi intrappolati in minuscole casse di legno che vengono fatti uscire solo per compiere delle missioni mortali; un altro che si svolge in una chiesa sconsacrata, alla ricerca di un’antica reliquia, in cui ci si prende il lusso di discutere di fede ed esistenza di Dio; in un altro ancora incontreremo il presidente degli Stati Uniti e vedremo cosa è stato di lui dopo l’apocalisse zombie; torneremo in luoghi dove siamo già stati nelle stagioni precedenti e, addirittura, ci ritroveremo di fronte a dei dilemmi morali di un certo peso. Passa tutto leggero, quasi noncurante, eppure risuona a un livello più profondo rispetto alle stagioni precedenti, più elevato, se mi si passa il termine parlando di Z Nation.

Ma la puntata più sorprendente della stagione, nonché forse la migliore dell’intera serie da quando è andata in onda, è la numero 9, We Interrupt this Program, dove assistiamo all’inizio della diffusione del virus dal punto di vista dei giornalisti e dei tecnici di una tv locale. Lì ci si rende conto di cosa sia diventata Z Nation nel corso degli anni, dall’essere niente di più che un rip-off  a bassissimo budget e in chiave umoristica di TWD, al surclassare il più ricco e rinomato rivale per intelligenza, bravura nel gestire un argomento stantio come gli zombie, capacità di creare un intero mondo, vivo, diversificato, pieno di spunti narrativi sempre nuovi e praticamente illimitato.
E a me sembra di essere pazza se penso che siamo ancora così pochi a seguire questo gioiello, in grado di cambiare pelle e di migliorarsi ogni anno, di prendersi dei rischi, come nella terza stagione, e di uscirne vincitore, perché i risultati straordinari raggiunti da questa quarta stagione sono la conseguenza di quanto fatto nella precedente, giudicata “debole” da più parti, ma senza la quale mai saremmo arrivati all’incarnazione più bella di Z Nation.
Davvero, a volte vorrei prendere tutti per i capelli e obbligarli a guardare questa meraviglia, mai troppo lodata, mai troppo adorata, mai troppo seguita.
Se ancora non avete preso parte alla Z Revolution, cominciate ora. Sarà un viaggio che non dimenticherete facilmente.

9 commenti

  1. Non seguo nessuna serie di zombie, data la mia nota refrattarietà al genere – ma la comunità ferma agli anni ’50 se da una parte mi ha ricordato l’eccellente e dimenticato “Fido”, dall’altra mi ha fatto ripensare a “A Boy and His Dog.”
    Sono bei ricordi.

  2. Sto guardando la stagione 1. Z nations è esattamente ciò che volevo vedere sugli Zombi.

  3. Moreno Pavanello · ·

    Devo ancora vedere la quarta serie, e già non vedevo l’ora. Dopo questa recensione ancora di più.

  4. Alberto · ·

    Eh ma nelle prime due stagioni il cazzeggio era dichiarato, mica presunto. Poi l’atmosfera si è fatta un po’ troppo plumbea per me, e ho mollato. Solo che le parole appassionate spesso mi fanno riconsiderare le cose, quindi chissà, intanto l’ho rimesso in lista (al momento però sono preoccupato per Tredici, temo la porcata in arrivo. Tu che pensi?).

    1. Non so neanche se avrò voglia di vederla, la seconda stagione di 13. Secondo me non era necessaria e credo che la serie avesse già esaurito tutto quello che aveva da dire con la prima stagione.
      Per il momento, io guardo solo The Flash e Supergirl 😀

  5. Alberto · ·

    Saggia ragazza 🙂

  6. Giuseppe · ·

    No, io non pensavo che te ne fossi dimenticata… solo, mi chiedevo se dopo il “passaggio” della terza stagione -non è stata trattata benissimo, in effetti- continuasse a piacerti e ho appena scoperto di sì, mi pare (ma potrebbe piacere un bel po’ pure a me, mi sa) 😉
    In pratica, anche la svolta della quarta stagione sta a dimostrare quanto Z Nation continui a surclassare su ogni fronte la paludata TWD, riuscendo anche a raggiungere quella dimensione tragica che Kirkman e co. si sono giocati (ammesso che l’abbiano mai davvero avuta) intere ere geologiche fa…

    1. Mi piace più adesso che prima, a dire la verità 😀
      Ora che è su Netflix, ho preferito aspettare che arrivasse la quarta stagione, piuttosto che “rubarlo”, ecco 🙂

  7. giovanni · ·

    sono come il cane di pavlov….la 4 stagione!! evviva non vedo l’ora.
    ps cittadino z spero ci sia ancora….incrocio le dita

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