Valerian e la città dei mille pianeti

 Regia – Luc Besson (2017)

Cominciamo con i difetti, che poi mi si accusa di parlare dei film di Besson con la mentalità acritica del fan, di essere accecata dal troppo amore e di parlar bene di un film solo perché sono legata al nome di un regista a detta di quelli che ne sanno “bollito”.
Quindi, i difetti, per la gioia di grandi e piccini: Valerian è un film troppo lungo, da cui potevano tranquillamente essere tagliati una trentina di minuti senza alcun rimpianto; i protagonisti soffrono di una grave mancanza di carisma, non mi è parso di registrare poi questa grande alchimia tra loro e comunque i comprimari (poi ne parleremo) se li mangiano a colazione; è un film sbilanciato tra la grandiosità epica delle scene dedicate a costruire l’ambientazione e il mondo intorno al quale ruotano le vicende dei due agenti Valerian e Laureline e una certa fiacchezza delle sequenze classicamente action; i dialoghi sono spesso risibili, però non so quanto questo sia dovuto a un adattamento pedestre e, per giudicarli con cognizione di causa, dovrei rivedere Valerian in lingua originale, cosa che ho intenzione di fare non appena sarà disponibile per il mercato casalingo.
L’ultimo problema del film, ma considerarlo un difetto non rende giustizia né a Besson né a Mézières, è che si porta dietro una pesante sensazione di “già visto”, non per demeriti suoi, ma perché l’immaginario creato dal fumetto è stato impiegato al cinema tante di quelle volte (a partire da Star Wars, passando per Il Quinto Elemento di Besson, fino ad arrivare ad Avatar) da mettere la sua prima, vera trasposizione a rischio di arrivare fuori tempo massimo.

E in effetti Valerian è un film fuori tempo massimo, dato che ha incassato una miseria, come era prevedibile, date le reazioni preventive che avevano già deciso sarebbe stato un flop. Stessa storia già accaduta con Jupiter Ascending, altro film che deve gran parte della sua estetica al fumetto francese da cui Valerian è tratto. Un tipo di fantascienza che continuate a schifare fino a quando sparirà dalla faccia della terra e voi potrete festeggiare andando a guardare il prossimo film Marvel e trovandolo bellissimo, un cazzo di capolavoro, mi raccomando.
Ma avevo promesso a me stessa che questo post sarebbe stato privo di acrimonia, e scritto solo allo scopo di convincervi a scrostare i vostri sederi impegnati nel binge watching di qualche serie tv sul divano di casa e andare al cinema. Missione persa in partenza, lo so. Il che non mi impedisce di provarci ugualmente.

La verità è che i difetti sopra elencati non significano niente e non tolgono niente alla bontà del film. Non so ammalata di capolavorite acuta e non ho bisogno, ogni volta che vado in sala, di vedere per forza il film più bello della storia del cinema o il suo contrario. Valerian non è un capolavoro e purtroppo paga dazio a qualche esigenza commerciale di troppo. Forse, se avesse avuto un tocco ancora più estremo nel suo porsi al di fuori del tempo, avrebbe potuto avvicinarsi all’idea di un capolavoro. Non lo è, non è neanche necessario che lo sia: è una grande space opera che rende giustizia a un fumetto troppo poco conosciuto nel migliore dei modi possibili, ovvero ricreando sullo schermo il mondo e le atmosfere di quel fumetto.
Quando parliamo di Valerian e Laureline, parliamo di un qualcosa che esiste dagli anni ’60, ha attraversato le epoche e ha segnato decenni di fantascienza. Parliamo quindi, di uno dei fondamentali. Roba infilmabile, fino a poco tempo fa e oggi resa possibile da una tecnologia che permette di tradurre in immagini in movimento la visione di  Mézières. Besson lo conosce bene, il fumetto, così bene che voleva trarne un film da giovanissimo, così bene che, in un certo senso, lo ha persino già fatto alla fine degli anni ’90.

Valerian prende ispirazione da due storie in particolare del fumetto: L’Empire des Mille Planètes e L’ambassadeur des ombres, rispettivamente del ’71 e del ’75. Considerando che le pubblicazioni di Valerian e Laureline sono iniziate nel 1967 e sono terminate nel 2010, Besson non ha scelto dei numeri recenti, ma è andato parecchio indietro nel tempo. Per questo considerare Valerian un film ingenuo, e criticarlo aspramente per questo, è quantomeno inappropriato: quella che chiamate ingenuità è una caratteristica voluta da Besson e anche la sceneggiatura che può apparire schematica nel mettere in scena i personaggi e i rapporti tra loro, lo è solo perché è un’altra epoca, quella cui il film guarda. C’è un rifiuto programmatico per quella che viene considerata la fantascienza “adulta” e “seria”, termini di solito utilizzati da chi la fantascienza la odia o un po’ si vergogna di non odiarla e cerca espiazione in roba come Her e Interstellar (scusate, non ce l’ho fatta a trattenermi). Valerian e Laureline sono due personaggi ingenui ed è ingenuo il mondo in cui si muovono, anche se l’ambientazione è nel XXVIII secolo. Non hanno delle personalità troppo approfondite o problematiche perché non è quello che a loro viene richiesto. Ciò su cui punta Besson è prendere lo spettatore per la collottola e trascinarlo in un contesto ottimistico, fatto di fiducia nel futuro, un mondo dove le diverse razze provenienti da diversi pianeti convivono e si scambiano le conoscenze.

L’incipit di Valerian è così bello che, davvero, sarebbe sufficiente quello per non liquidare il film con sufficienza: in un prologo privo di dialoghi, accompagnato dalle note di questa canzone, Besson ripercorre la storia dell’esplorazione spaziale a partire dagli anni ’60 e si lancia nei secoli a venire, descrivendo la nascita della Città dei Mille Pianeti che dà il titolo al film. Ecco, se questa sequenza non smuove qualcosa in voi, non avete un’anima. Il modo in cui prosegue il film può non piacervi, ed è lecito, ma la scena iniziale è pura poesia, puro racconto per immagini, senza parole e senza spiegazioni. Un momento di cinema altissimo che riesce a mostrare il meglio dell’umanità in cinque minuti scarsi.

Inutile dirvi cosa sia di meraviglioso Valerian da un punto di vista visivo: se lo stile barocco di Besson vi piace, immaginate Il Quinto Elemento sotto steroidi e avrete una vaghissima idea dell’imponenza di Valerian. Decine di ambientazioni diverse, decine di specie, anche intraviste per pochi secondi, un lavoro enorme su costumi e scenografie. La Città dei Mille Pianeti è un agglomerato di tantissime stazioni spaziali che si sono unite nel corso dei secoli, garantendo a esseri umani e alieni un’esistenza in comune, basata sul reciproco rispetto. Per questo l’ambiente è così variegato, non perché l’andamento del film sia confuso o non abbia una direzione precisa. Non deve averla, una direzione precisa, deve essere un vagare con gli occhi colmi di stupore verso un nostro possibile futuro. Valerian è un’opera ideologica che, come anche il suo antenato fumetto, usa la leggerezza per dare una speranza.
Se il film fosse andato bene, forse si sarebbe trasformato in una saga, e allora forse avremmo potuto esplorarlo tutto, quell’universo di cui qui abbiamo avuto solo un piccolo assaggio. Purtroppo non è andata così e ci dobbiamo accontentare di questi scorci di maestosità che Besson ha regalato a noi pochi fortunati in grado di apprezzarli.

Fatemi solo aggiungere un paio di considerazioni sul cast: se è vero che Cara Delavigne e Dane Dehaan sono sicuramente un grimaldello per portare in sala un pubblico giovane (non ha funzionato neanche questo) e non hanno poi queste grandi doti di attori, bisogna anche dire che i loro personaggi, appena abbozzati in questo film, erano con ogni probabilità destinati a crescere, come sono cresciuti nel corso di più di 40 anni di vita nel fumetto.
E poi sono circondati da comprimari eccellenti: Clive Owen e Ethan Hawke in testa a tutti, il secondo in ruolo su cui vorrei uno spin-off tipo domani. Ma la vera sorpresa del film è Rihanna. Avrà a disposizione meno di venti minuti, eppure illumina lo schermo ed è forse il personaggio più intenso e commovente di tutti.
E comunque, che diavolo vi criticate un film in cui fa una particina persino Herbie Hancock? È che non ne siete degni, questo è il problema.

15 commenti

  1. Ti plaudo in toto.

  2. Maxnataeleale · ·

    Boh.. Io sono entrato in sala aspettandomi una sorta di John Carter (che adoro) e invece a parte l’aspetto visivo che è grandioso ho trovato un vuoto e devo dire che mi sono annoiato un po.. Se John Carter era un sontuoso b movie questo mi è parso solo un “filmetto” esteticamente imponente

    1. Pensa che a me invece John Carter non è piaciuto più di tanto. Non il disastro che tutti dicono, ma non mi ha proprio preso. Certo, c’è tanto di peggio e, se mi capita, lo rivedo volentieri.

  3. C’è – ne abbiamo parlato in passato – una forte resistenza a quella che ho visto bollare di recente, con aperto scherno, come “fantascienza ottimistica”.
    Il pubblico rifiuta qualunque storia nella quale la scienza funzioni, la tecnologia non sia una minaccia, e nella quale la maggioranza delle persone siano persone decenti. Il che è preoccupante, se pensi che questo è ilpensiero dominante dei cittadini di una società che esiste grazie a scienza e tecnologia, persone che passano almeno venti minuti ogni ora con gli occhi allo schermo dello smartphone.
    Questo rifiuto del positivismo, della fiducia nelle capacità umane e, perché no, dell’ingenuità, al servizio della storia, ha portato a condannare preventivamente una quantità di film, negli ultimi anni, da Europa Report a Tomorrowland a Valerian.
    Loro vogliono le dittature invincibili, la tecnologia fuori controlo e le armate di zombie.
    Credo verranno accontentatri.
    (e potrei anche farci un post, uno di questi giorni)

    1. Verranno a dirti che il mondo in cui viviamo è troppo orribile per la fantascienza ottimistica.
      Che poi, io davvero, di carattere tendo al pessimismo più cupo, sarà per questo che mi piace vedere certi film.
      Non credo che le distopie, se ben fatte come Il racconto dell’ancella, non possano coesistere con un altro tipo di fantascienza più positiva. C’è spazio per tutto, ma l’odio che si riserva a progetti di questo tipo è del tutto fuori scala.

      1. Per moltila distopia non è un avvertimento dei possibili orrori che dobbiamo scongiurare, ma un alibi per l’inazione.
        Tanto non serve a nulla, tanto va tutto male.
        Per questo gli piace. Tanto.

    1. Evviva! ❤

  4. Perfettamente d’accordo nel non volere il monopolio Marvel che m’avrebbe annoiato anche un pochino, e del resto sono un amante del fumetto francese e belga… però non posso che riconoscere che qualcosa non va; il Quinto Elemento era molto superiore come film, e gli attori principali mi hanno detto poco. La Delevingne è fredda, non funziona proprio. DeHaan è anche simpatico ma debole come protagonista. C’è un bel gruppone di comprimari e non protagonisti che avrebbero potuto dare più spessore alla storia però, anche se Valerian come film dura parecchio, a loro viene concesso uno spazio piuttosto limitato (Rihanna ne è un esempio).
    Forse gli amanti del fumetto français si fanno troppo portare dalle belle immagini? Non mi pronuncio.

    Piacevole comunque da vedere, e va visto al cinema.

    1. Sì, anche secondo me i due protagonisti sono poco carismatici. È un difetto che ho evidenziato, ma non credo sia questione di farsi portare dalle belle immagini; il film ha anche un impianto concettuale e ideologico chiarissimo, perfettamente in linea col fumetto, quindi non è solo un fatto di belle immagini.
      E poi ricordiamo che nei primi numeri i due protagonisti non brillavano per spessore ed erano cazzoni e sciocchi tanto quanto i loro omologhi cinematografici.

      1. Forse quello che fa funzionare un fumetto (Valerian non lo conosco, ma comunque mi sembra di capire che è anche di un periodo un po’ lontanuccio) non è quel che fa funzionare un film. Dando per scontati gli effetti speciali di oggi con cui si può costruire lo splendido immaginario di certe strisce, su personaggi e storie forse c’è del lavoro da fare.
        Per fare un esempio estremo certe storie fantasmagoriche e lisergiche di Moebius possono aver fatto epoca e regalato un sacco di ispirazioni, ma si possono trasporre così come sono?

      2. Giuseppe · ·

        Esatto! Quindi, volendo, nemmeno lo scarso carisma della Delevingne e di DeHaan andrebbe considerato un problema (o difetto) in assoluto: il debutto dei loro Valerian e Laureline è infatti “acerbo” quanto quello delle originali controparti cartacee, che però hanno avuto una lunga vita editoriale a disposizione per maturare, come giustamente hai ricordato… una maturazione che, per via del flop, purtroppo non potrà più avvenire su grande schermo, lasciandoci sempre nel ragionevole dubbio circa la futura capacità dei due protagonisti di sapersi meglio calare nei personaggi e “crescere” con loro.
        Per il resto, condivido in pieno la scelta temporale di Besson: non a caso quelle due storie appartengono a un decennio in cui la “conquista dello spazio” sembrava ancora molto più a portata di mano di quanto non si sarebbe realisticamente rivelata poi, generando un clima ottimistico che inevitabilmente si rifletteva in buona parte della produzione fantastica dell’epoca. Fumettisticamente parlando, oltre a Valerian mi sento di citare il britannico Jeff Hawke con quella federazione galattica (e relative grottesche pastoie burocratiche alle quali, in particolare, anche Jupiter Ascending credo debba qualcosa) di multiformi razze altamente progredite occupante parte delle sue avventure… certo si potrebbero fare altri esempi di quell’immaginario “positivo” -pur se già ampiamente sfruttato- splendidamente riproposto dal nostro Luc per la gioia degli spettatori, perlomeno quelli che non considerano la fantascienza ottimistica (lo dico anch’io, sì, ma col massimo rispetto) e piacevolmente ingenua (dove ingenuo NON è sinonimo di coglione) come un attentato di lesa maestà nei confronti del genere. Peccato però ce ne siano sempre meno 😦

        1. Bravissimo, infatti non è un caso che Besson abbia scelto due volumi dei primi anni ’70 abbia preferito (per il momento) limitarsi a quell’arco temporale. Non è che sceglie così, tanto per, ci sono sempre delle motivazioni dietro a certe scelte. Peccato che non siano state capite.

  5. Estiqatsi · ·

    Dopo la tua recensione non vado al cinema a vederlo…. Ma cerco il fumetto di Mézières. Sto scoprendo il grande ‘ fumetto’ francese.

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