Regia – Nacho Vigalondo (2016)
Il cinema di genere è bello perché offre in continuazione nuovi punti di vista e nuovi modi per essere affrontato. Prendiamo, per esempio, il filone dei mostri giganti, da sempre vivo nel cinema orientale e tornato in auge in quello occidentale a partire da Pacific Rim e Godzilla. Anzi, sarebbe meglio dire a partire da Cloverfield, dato che è stato quel film a far rinascere l’interesse per enormi lucertoloni e affini impegnati a distruggere intere città semplicemente passeggiando. Un interesse così forte da portare alla creazione di un nuovo, ennesimo universo condiviso, di cui il recente Kong è il capostipite.
La domanda è se si può fare un film di questo tipo con solo quindici milioni di dollari. La risposta è scontata ed è affermativa, altrimenti non staremmo qui a parlare di Colossal e del suo autore Vigalondo, alla sua seconda esperienza in terra statunitense e così coraggioso e sfrontato da puntare tutto su un’idea che, in linea teorica, è a forte rischio di ridicolo. Non si tratta neanche di un’idea nuovissima, se avete qualche familiarità con Gamera. Ma è il modo in cui Vigalondo la sfrutta, ne fa una metafora delle dipendenze e delle relazioni sbagliate e la inserisce in una storia che ha repentini e continui cambi di registro, il ritmo di una commedia e l’anima nera e disperata di un dramma esistenziale, a fare di Colossal un gioiellino imprescindibile.
La protagonista di Colossal è Gloria (Anne Hathaway), una giovane donna con un serio problema di alcolismo che viene cacciata di casa dal suo fidanzato, è senza lavoro e per questo è costretta a tornare nel piccola paese in cui è nata e cresciuta prima di trasferirsi a New York. Lì incontra un suo amico d’infanzia, Oscar (Jason Sudekis), che gestisce il bar locale. I due, ovviamente, si sbronzano e la mattina dopo, Gloria si risveglia nella sua casa senza ricordare nulla, mentre arriva la notizia che un gigantesco mostro ha attaccato Seoul. Gloria non ci metterà molto a capire che il kaiju è lei e che ai suoi movimenti corrispondono quelli dell’immensa creatura.
Controllare un essere del genere ed essere ubriaca comporta tutta una serie di controindicazioni, come inciampare e cadere e fare qualche migliaio di morti. Il fatto che il mostro si manifesti solo in certi orari (la mattina alle 8) e solo quando Gloria si trova in un vecchio campetto da gioco della sua cittadina, non ne diminuisce la pericolosità, soprattutto se chi lo guida non è del tutto padrone di se stesso.
Come se non bastasse, il mostro non è solo: insieme a lui comincia ad apparire a Seoul anche un robot gigante, i cui movimenti sono guidati da Oscar, un personaggio che all’inizio appare come il classico ragazzone simpatico e generoso e che assume caratteristiche sempre più oscure e inquietanti mentre il film procede.
E potrebbe essere una descrizione che si adatta perfettamente a Colossal: sembra innocuo, ma in realtà morde. È evidente che non lo si possa definire un monster movie, perché il kaiju e il robottone a lui antagonista non hanno poi questo minutaggio tale da farne i protagonisti. Insomma, se vi aspettate una versione indie di Pacific Rim, passate oltre perché Vigalondo non è un cretino e sa di non poter puntare sui mostri con un budget di quindici milioni a fronte di una concorrenza che, con quella cifra, realizza due minuti e mezzo di pellicola.
Colossal è, prima di ogni cosa, una commedia e anche parecchio sofisticata, perché possiede tantissimi livelli e sotto-livelli e sta ai suoi potenziali spettatori coglierli o godersi semplicemente una storia di per sé interessante e originale. Vigalondo non grida la metafora in faccia al pubblico, ma la fa insinuare nel tessuto narrativo in modo molto elegante e sottile: tramite le scenografie, per esempio. Da vedere è quella del bar di cui Oscar è proprietario e dove Gloria si ritroverà a lavorare; o anche quella, appena intravista, dell’appartamento di Oscar. L’idea che viene trasmessa è quella di uno squallore tenuto sotto controllo, ma pronto a invadere ogni singolo aspetto dell’esistenza del personaggio. Se si vuole, si può sorridere dell’arredamento del bar raffazzonato, del “settore western” mai ristrutturato dove Oscar passa le nottate a bere con i suoi amici. Oppure si può andare un po’ più a fondo e lasciarci prendere dall’angoscia, dalla frustrazione, dalla rabbia che derivano da una vita che si percepisce come andata in malora senza alcuna possibilità di recupero.
La recitazione è un altro elemento trattato con sottigliezza: Anne Hathaway forse ha in mano il ruolo più interessante della sua carriera dopo quello in Rachel Sta per Sposarsi e non è proprio un caso che non siano due personaggi così distanti tra loro. Certo, in Colossal è tutto più leggero all’apparenza, ma non fatevi fregare: si tratta sempre di convivere con il senso di colpa (un tuo gesto sbagliato causa, anche se involontariamente, un gran numero di vittime) e con la dipendenza. Di solito questi non sono personaggi facili da interpretare, specialmente con la misura e la classe sfoggiate dalla Hathaway. La sua Gloria non è un’attrice che fa le faccette e i gesti esasperati di un’alcolizzata, anche perché si tratta di un particolare tipo di alcolista, quello funzionale. Gloria è simpatica, in alcuni momenti così divertente che la vorresti come amica, persino quando beve troppo. Ma si dimentica le cose, Oscar le porta un televisore e lei non riesce a ricordare di averglielo chiesto; racconta più volte gli stessi aneddoti perché non sa di averli già raccontati in precedenza; soprattutto, basta un attimo e la simpatia travolgente che la caratterizza si trasforma in una spirale distruttiva, vissuta con la superficialità che solo chi non è del tutto presente a se stesso può avere. Solo che il giorno dopo, insieme al doposbronza, arrivano rimorso e vergogna. E quei titoli sul giornale che ti dicono che sì, sei stata tu mentre cazzeggiavi con gli amici ad aver causato una strage. Io non so se è la Hathaway ad avere nelle corde tutta questa gamma di sfumature o se è stato particolarmente bravo Vigalondo a dirigerla. Di sicuro è stato molto bravo a scrivere Gloria, come la sua protagonista è stata straordinaria nell’incarnarla. Lo so che è banale, ma in questo caso è pura verità: Colossal poggia sulle spalle di Anne Hathaway e la sua interpretazione aggiunge quel qualcosa che fa fare il vero salto di qualità a film.
Sono ottimi anche i comprimari, Sudekis in testa, ma credo che sia più naturale recitare bene quando puoi beneficiare di una scrittura così potente e in questo Vigalondo è stato davvero un maestro, consegnandoci dei ritratti umani, anche quelli negativi, di rara empatia. L’evoluzione che prende Oscar, tanto per restare su Sudekis, è dolorosa per lui e per noi: è una vera e propria coltellata al cuore, perché ci siamo affezionati a lui. E tuttavia non è repentina, non sta lì perché serve al regista/sceneggiatore per stupire, è accompagnata da tutta una serie di piccoli gesti, dettagli microscopici, occhiate, battute che sembrano capitare per caso e invece rappresentano la struttura stessa del personaggio, la sua ragion d’essere.
Vigalondo, da sempre un regista attento ai particolari, fa ricorso a degli accorgimenti di regia che sono quasi subliminali, come quello di inquadrare ogni volta le bottiglie in campo come se fossero delle armi in un film d’azione. Fateci caso, prestate attenzione alle angolazioni e vi accorgerete che è così. Oppure gioca molto con la prospettiva per far apparire i Gloria e Oscar più grandi rispetto al paesaggio che li circonda.
Sì, ma che cosa ci fa un film del genere su questo blog?
C’è un mostro gigante e c’è un robottone. Credo che questo basti e avanzi per giustificarne la presenza. Anche se non sono loro il fulcro principale del film, Vigalondo non è un regista che disprezza il cinema più popolare, anzi, ne fa parte e ne va anche abbastanza fiero. Lo usa senza piegarsi alle sue regole, ma piegandolo alla sua visione, come fanno del resto i registi con una personalità più spiccata.
Solo che, a un certo punto, le varie anime di Colossal vanno conciliate in qualche modo, altrimenti potrebbe sembrare una sequenza di pezzi sparsi, di frammenti privi di coerenza. E qui il buon Nacho tira fuori un finale che riesce a mettere insieme il dramma, la commedia nera e il cinema di mostri che se le danno di santa ragione in scenari urbani in maniera del tutto armonica e spontanea. È una conclusione trionfale, proprio perché coerente e, in un certo senso, inevitabile, nonché una discreta botta emotiva.
Colossal è di sicuro un film molto particolare, come del resto tutte le opere di Vigalondo. Può essere letto in tanti modi, ma secondo me è soprattutto una riflessione sui rapporti di potere che si instaurano nelle relazioni in cui un elemento è percepito come “debole” o da aiutare e salvare, specialmente se questo elemento è una donna. Da lì a scivolare negli abusi e nella violenza ci passa davvero un soffio ed è questo il cuore nero e amaro di Colossal, il film che ha rafforzato la mia convinzione su quanto abbia rotto il cazzo il realismo e su come sia possibile dire praticamente ogni cosa usando i mostri giganti.
“Sì, ma che cosa ci fa un film del genere su questo blog?
C’è un mostro gigante e c’è un robottone.
Credo che questo basti e avanzi per giustificarne la presenza.”
Devo vederlo ❤
È un film meraviglioso!
Bellissimo, forse non il migliore di quest’anno ma di sicuro il più originale da un bel pezzo a oggi.
C’ho rivisto molto quella mazzata nello stomaco di Young Adult con Charlize Theron (ma a parti invertite :-))
Ps: restano in tema di mostei che sfasciano tutto incuranti, hai visto Shin Godzilla? Tutto giocato sull’alternanza tra funzionari giapponesi che parlano e brancolano nel buio e scene di devastazione da scioglierti gli occhi, io l’ho amato
Sì, è vero: ci ho pensato anche io a Young Adult mentre lo guardavo.
Su Shin Godzilla, non che non mi sia piaciuto, ma mi ha lasciata un po’ perplessa la realizzazione del mostro. Per il resto, l’alternanza che tu sottolinei è davvero ottima!
Questo film ha tutti i requisiti per essere uno dei migliori film di quest’anno. La storia è interessante e anche il modo in cui viene narrato.
Ammetto di non essere mai particolarmente impazzito per Vigalondo, ma questo suo Colossal mi attira in modo particolare anche -ovviamente- per la sua parte kaiju, che mi ricorda per certi versi un vecchio episodio della serie Spectreman, dove il cyborg protagonista oltre ad affrontare l’ennesimo mostro dello scimmiesco dottor Stragor doveva vedersela contemporaneamente contro il gigantesco Kuruma-Nikuras, materializzato (con le medesime fattezze del pupazzo che gli aveva regalato il padre) dai misteriosi poteri mentali di un bimbo investito da un’auto che, per questo motivo, aveva infuso nella sua creatura un profondo -e ancor più pericoloso, perché indiscriminato- sentimento di vendetta e distruzione nei confronti di ogni veicolo a quattro ruote…
Ammazza cosa hai tirato fuori! Io ero ferma a Gamera al suo amuleto 😀
Vigalondo è un piccolo genio, ma i suoi film, fino a questo momento, non sono mai stati completamente risolti. Questa volta è tutto perfetto, tutto al posto giusto!
L’idea è da standing ovation
Ti assicuro che lo è anche il film!
Segnato sorellina.. 😉
Mi è sempre piaciuto chi sfida il ridicolo mettendoci il cuore. E qui di cuore ce n’è tanto. Dramma, commedia, mostri, tutto intrecciato alla perfezione. Non so bene perchè, ma mi ha ricordato Lo chiamavano Jeeg Robot. Bellissimo pure l’epilogo, anche se la povertà di mezzi lo maciulla un po’.
Diciamo che Jeeg Robot ha la stessa “sofferenza” quando si tratta di mostrare i muscoli: si nota che il budget è quello che è ma lo si perdona.
Colossal, scegliendo comunque di girare tutte le sequenze coi mostri di notte, in parte si è salvato, però a un occhio attento che sia costato tre lire non sfugge.