Raw

 Regia – Julia Ducournau (2016)

Le campagne pubblicitarie completamente sballate giocano pessimi scherzi: Raw, opera prima della regista francese Julia Ducournau, non è affatto un film da svenimento in sala, non è un film splatter, non è un film poi così violento o dalle scene poi così traumatizzanti. Forse sì, chi non ha mai visto un horror in tutta la sua vita, potrebbe impressionarsi. Ma il problema principale è che Raw, spacciato come un film dell’orrore, non è neanche un film dell’orrore in senso stretto. Ciò non toglie che si tratti di un’opera magnifica, ma se cercate un cannibal movie tradizionale, non rivolgetevi a Raw; andate dalle parti di Eli Roth.
Raw è, prima di tutto, cinema d’autore con ambizioni artistiche e, in secondo luogo, romanzo di formazione dove la presa di coscienza di sé e l’ingresso nell’età adulta avvengono tramite il cannibalismo. La giovane protagonista Justine (Garance Mariller), vegetariana, di buona famiglia e matricola alla scuola veterinaria, scopre di non essere poi così vegetariana come pensava e tutto grazie a un rito di iniziazione per i nuovi arrivati, organizzato dagli studenti più grandi, che implica essere sommersi da secchiate di sangue e mangiare carne cruda.

A questa scoperta non segue il crescendo di truculenze a cui tutti quelli che hanno sentito parlare del film prima di vederlo pensavano di assistere, ma un percorso personale, sofferto e molto intenso di Justine verso un nuovo modo di vivere, di sentire, di rapportarsi al mondo che la circonda.
Ovvio che ci sia una piccola percentuale di violenza, ma è davvero il minimo sindacale e la cosa peggiore che vi toccherà vedere sarà un dito sgranocchiato con tanta voluttà e tanto senso di colpa. In compenso, quanto a malessere e disagio stiamo messi piuttosto bene, perché la metamorfosi di Justine è dolorosa e, in alcuni aspetti, addirittura ripugnante; mi verrebbe da dire come tutti i processi di crescita e trasformazione della nostra vita, ma non ho voglia di filosofeggiare, perché Raw filosofeggia poco e il suo obiettivo principale è quello di raccontare una (bella) storia.

Ecco, sottolineerei soprattutto questo nel mio tentativo di imbastire un discorso coerente su un film così particolare: Julia Ducournau, sia in veste di regista che di sceneggiatrice, dimostra una maturità invidiabile perché elimina istintivamente il superfluo, non andando a incespicare nelle trappole in cui cadono molti esordienti, di solito legate al desiderio anche legittimo di volersi esibire e di voler dire troppe cose nello spazio limitato di un solo lungometraggio. Raw è infatti un film semplice e lineare, dove l’ambizione artistica cui accennavamo prima si esprime attraverso uno studio geometrico della messa in scena e una pulizia formale che richiama, ancora una volta, l’idea di semplicità. Un film essenziale, dove il racconto la fa da padrone e si assiste addirittura a sprazzi di grande cinema, come nel pre-finale, accompagnato da questa canzone, che è uno dei commenti musicali più spiazzanti e intelligenti io abbia ascoltato in un film recente. E ci ricorda anche che Raw è una co-produzione italiana.

Prima che qualcuno decida di vedere Raw con tutta la famiglia, lo avviso: si tratta comunque di un film a suo modo estremo e che richiede una certa preparazione prima di addentrarvisi. Lo so che state tutti aspettando che, da qualche parte in Francia, arrivi il nuovo Martyrs, ma quella stagione è conclusa e anche il cinema di genere francese, come quello indipendente americano, si sta assestando su dinamiche meno viscerali e più cerebrali. Il nuovo Martyrs non arriverà e forse è un bene.
Raw, dal canto suo, brilla per essere originale, per non essere paragonabile quasi a niente, per spiccare in mezzo ad altre pellicole come se fosse privo di antenati. Forse perché questi ultimi andrebbero ricercati non nel cinema di genere e non nella non più tanto recente ondata splatter francese, ma in altri ambiti, tipo quello della commedia adolescenziale. A parte, e non del tutto, il solito Carrie che però viene chiamato in causa ogni volta che una giovane donna viene pucciata nel sangue, soprattutto se ciò accade in ambiente scolastico o universitario, e che magari ne avrebbe le palle piene di essere scomodato anche a sproposito.

Alla fine, Raw è un raffinato gioco intellettuale, consapevole di se stesso, ironico e distaccato, che parla di cannibalismo come in altri film si parla della scoperta della sessualità: una cosa che può essere imbarazzante, ma è anche perfettamente naturale. Se si toglie l’elemento horror dettato dal fatto che Justine sviluppa un insano appetito per la carne umana, è la storia di una ragazza parecchio sveglia, magari un po’ timida e taciturna, che deve integrarsi in un ambiente nuovo e, nel farlo, diventa una donna attraverso tutta una serie di esperienze traumatiche, ma in cui non è affatto impossibile identificarsi. Si tratta di un film sorprendentemente divertente, che in alcuni momenti fa addirittura ridere.

Ora la scelta sta a voi: se vederlo aspettandovi di vomitare e restare delusi o cercare di avvicinarvi a Raw privi di aspettative da “horror più malato del mio condominio”, il più possibile ignari della trama e dei suoi sviluppi e godervelo così com’è, ovvero una scheggia impazzita nel cinema di genere, un teen-drama algido e autoriale, con occasionali esplosioni di gore e che trova cittadinanza su questo blog perché sfugge orgogliosamente a ogni etichetta e si candida con scioltezza a essere il non-horror più chiacchierato dell’anno. E credo dobbiate abituarvi a trovare con difficoltà crescente film con una collocazione precisa.

Raw è l’ennesima dimostrazione di come il nostro genere preferito (chiamarlo cinema dell’orrore sta diventando riduttivo) sia in continua evoluzione, un camaleonte che va infilarsi dappertutto e si rende quasi irriconoscibile. Almeno fino a quando non tira fuori le zanne e ti dà una zampata che ti stacca la testa, che è un po’ ciò che accade negli ultimi quindici minuti di questo film. La regista manda al diavolo tutta la freddezza che aveva caratterizzato Raw fino a quel momento e tira fuori una sequenza che ti travolge emotivamente. Forse la colpa è mia, perché i film che centrano così alla perfezione il rapporto tra due sorelle hanno una presa su di me che va oltre il giudizio critico oggettivo, ma il coinvolgimento è stato quasi straziante.
Raw è fatto così: è molti film in uno, molte atmosfere, molti registri. E il vero miracolo è il modo in cui la Ducournau riesce a tenere tutte queste cose insieme, la leggerezza con cui lo fa, la naturalezza con cui si piega al racconto, come se nella vita non avesse fatto mai altro, quasi fosse un’autrice consumata che fa cinema da trent’anni. E invece è del 1983 e, si spera, ci regalerà un sacco di soddisfazioni. Complimenti, davvero. Tra lei e le varie Kent, Janiak, Amirpour, Kusama, tra un po’ forse non avremo neanche più bisogno del Women in Horror Month.

9 commenti

  1. Avevo sentito parlare delle aspettative ””deluse”” da uno dei tizi dei 400 calci, ma lui ne aveva parlato con tono molto meno entusiasta.
    Io continuo a non vedere l’ora di vederlo, qualunque sia il taglio che gli è stato dato, tu non hai fatto che dare conferma. Un altro Martyrs non so se l’avrei retto!
    (#leaveCarriealone)

    1. #leaveCarriealone è l’hashtag del secolo. Andrebbe usato ogni volta che qualcuno cita quel film a sproposito 😀
      Per il resto, tu vedilo il film, senza esagerate aspettative splatterose e allora non ti deluderà per niente!

  2. L’ho visto proprio ieri sera. Impressionante, sì, ma per il modo in cui parla senza mezzi termini di cambiamenti fisici e mentali attraverso i quali siamo passati tutti, cambiamenti “schifosi”, incomprensibili, eppure naturali. Film bellissimo, e sì che quando ho visto Francia e Belgio nei titoli mi sono sentita male, ché io e l’horror franco-belga non andiamo per nulla d’accordo. Fortunatamente QUELLA stagione è finita, come hai detto.

    Poi invece, se vogliamo parlare di horror tout court, allora vince il dito, per il quale personalmente ho ancora lo stomaco rivoltato: nemmeno Eli Roth era riuscito a fare tanto.

    1. Io più per la scena dei capelli. Quella mi ha messo a dura prova. Mi stavo davvero sentendo male.
      😀

  3. The Butcher · ·

    Quante volte la pubblicità ha portato persone in sala aspettandosi un certo film e invece ne hanno trovato un altro completamente diverso. Anch’io, vedendo la pubblicità fatta a Raw, inizialmente pensavo a qualcosa di molto più cruento e violento e invece non è così. Una specie di film sulla crescita e l’entrata all’età adulta… con elementi di cannibalismo. Mi piace.

  4. Ho tentato di guardarlo con calma e attenzione ma è stata la delusione personale di inizio estate, e ci avevo riposto tante speranze, invece ho faticato davvero a trovarci qualcosa di ingegnoso e fatto bene, sia nella parte tecnica che nello svolgimento della trama.
    Lei una delle protagonjste più flaccide viste ultimamente, la sorella un personaggio a metà quasi inconpiuto, e il compagno di stanza sembra una pedina spostata di scena in scena senza niente di interessante tranne la fisicità.
    Mi sono quasi imbarazzato per i tagli improvvisi di scena fatti col macete e le riprese scolastiche, le tanto decantate scene “crude” le ho trovate pretestuose e davvero inutili nel plot, insomma deludente e sufficiente.
    Vado a rivedere ben altri film horror francesi va

  5. Bello!
    Finalmente si esce dai binari della prevedibilità della trama, dalla progressione degli avvenimenti, per un horror che si merita quell’etichetta senza dover per forza seguirne dei presupposti stilemi.
    La protagonista mi è piaciuta molto, convincente quasi sempre, e il finale mi ha lasciato un po’ brividolento, bene.
    Belli anche i rapporti, tra lei e sorella e tra lei e coinquilino.
    Maaaa….davvero le università francesi di veterinaria son così?!!? Ho sbagliato facoltà mi sa… 🙂

  6. Davvero una recensione azzeccata secondo me!! L’unica cosa è che spero si sbagli su Martyrs… Io sto ancora aspettando un film così immenso

    1. Grazie. Guarda, Martyrs credo sia il mio film preferito, per questo credo che sia assolutamente irripetibile.

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