Ogni volta la stessa storia: comincio a guardare la nuova stagione di Z Nation convinta che sia una serie destinata, per forza di cose, a ripetersi, a sgonfiarsi, a diventare la caricatura di se stessa o anche a rimanere senza idee. E invece, questi bastardi matricolati mi sorprendono. Sempre. Craig Engler e Karl Schaefer, che questa follia l’hanno creata e continuano a portarla avanti, suppongo, in un regime di totale libertà creativa accompagnato all’uso costante di droghe, sono due personaggi che vorrei conoscere di persona, almeno per poter stringer loro la mano e ringraziarli di esistere.
Perché se ti inventi gente come Murphy, Doc, Addy, 10k e la Warren, allora meriti solo la mia stima imperitura, anche se Z Nation dovesse davvero sgonfiarsi con la prossima serie di episodi (cominceranno a girare in primavera), anche se dovesse varcare quel confine tra la delizia e la stronzata su cui cammina dal 2014. Comunque vada, sarà un ricordo bellissimo.
E diciamo pure che ci hanno provato, quest’anno, a rovinare tutto, e ci si sono persino messi d’impegno. Eppure, nonostante tutto, non ci sono riusciti: dopo un inizio al fulmicotone con una doppia puntata flashback che non sfigurerebbe se proiettata su grande schermo, le cose si sono messe maluccio, per Z Nation, che sembrava aver iniziato a girare a vuoto, senza capire bene che direzione prendere. Il problema principale, nel caso specifico, è stato il voler dare più ampio respiro alla storia, mettendo in piedi una narrazione più articolata rispetto al solito: “andiamo dal punto A al punto B trascinandoci dietro uno scoglionatissmo Murphy, incontrando varia e bislacca umanità, sterminando morti viventi”.
Un’idea non di per sé malvagia, tutt’altro, ma che necessita di un assestamento. Si passa da una concezione di serie prevalentemente on the road, basata sul frenetico passaggio da un luogo all’altro di un’America apocalittica, a una che invece frammenta i personaggi, fino a quel momento percepiti come un unico gruppo compatto, in differenti tronconi narrativi, di cui il principale, quello dedicato a Murphy versione messia, divenuto stanziale. È un cambio di rotta abbastanza netto, e avviene anche in un lampo, con i nostri che si ritrovano separati dalla loro missione e Murphy trasformato nel villain della serie. In aggiunta, l’avversario della stagione precedente, El Scorpion, è ora un alleato di Roberta Warren e c’è un nuovo elemento nel gruppo, introdotto per ovviare alla mattanza di personaggi dell’anno scorso.
Tutto ciò accade nello spazio di una puntata sola. Roba che in altre serie prende minimo una stagione. E io apprezzo questo andare dritti al punto, senza fermarsi troppo a cazzeggiare; tuttavia, una volta messo in piedi il nuovo scenario, Z Nation si pianta lì e per parecchie puntate rimane ferma, come se non avesse un’idea precisa della direzione da prendere. Non fraintendetemi: è sempre molto divertente, piena di azione, e i personaggi sono sempre loro, mantengono le caratteristiche che ce li hanno fatti amare. Eppure qualcosa non funziona come dovrebbe, il meccanismo si inceppa, in parte e la parte centrale della stagione è debole rispetto ai botti a cui abbiamo assistito in quelle precedenti.
Poi, da quando entra in scena Lucy, la figlia di Murphy, e prende il via il rocambolesco viaggio di Addy e Doc per trovarla e recuperarla prima che suo padre e l’altro “cattivo” della stagione, The Man, possano metterci le mani sopra, ritorna la Z Nation solita e si tira tutti un gigantesco sospiro di sollievo. Perché gli autori ricominciano a tirare fuori idee assurde, eppure perfettamente coerenti con l’ambientazione e lo spirito della serie, una dietro l’altra e ogni episodio è una festa, una gioia, un inno all’anarchia narrativa pura e semplice, senza schemi, senza limiti di buongusto o correttezza. Ci si sente a casa, ci si mette comodi e ci si gode ogni trovata, chiedendosi quale sarà la prossima, cercando di anticiparla e non riuscendoci mai.
E allora si comprende anche quella parte centrale e si arriva alla conclusione che no, gli sceneggiatori non avevano parcheggiato la serie in un angolo imbambolati e incapaci di gestirne il nuovo corso, ma aveano un fine ben chiaro in mente: concentrarsi sull’evoluzione esistenziale dei singoli personaggi, dandogli, dopo tanto correre, il tempo e il modo di fermarsi a riflettere. E cambiare.
Z Nation è sempre stata una serie sul cambiamento, e lo so che a voi fa molto ridere che io stia tentando un’analisi ponderata di un prodotto Asylum, eppure, a differenza di gran parte delle narrazioni apocalittiche e post-apocalittiche, cinematografiche come televisive, che fondavano il concetto di sopravvivenza su quello di staticità o di ritorno alle condizioni precedenti l’evento determinante la fine della società, Z Nation associa l’idea di sopravvivenza con quella di evoluzione. Il mondo rappresentato in Z Nation, infatti, si modifica continuamente, nel bene e nel male. Cambiano gli zombie, in maniera sorprendente e sì, molto romeriana, e l’umanità si adegua. Anzi, l’umanità è superata e deve prendere atto del suo superamento, per dare spazio a qualcosa di nuovo.
E allora, ecco che Murphy, il messia, è un villain solo in apparenza e forse il vero villain della terza stagione è proprio la Warren, il cui unico interesse pare quello di ripristinare un stato di cose ormai perduto per sempre e, per seguire questo sogno impossibile, è disposta a tutto.
Vado troppo in profondità, dite? Cerco significati inesistenti in una serie in cui un tizio blu crea degli ibridi metà umani e metà zombie e ha una figlia, sempre blu, che con gli zombie ci parla addirittura? Oddio, forse sì, forse esagero con le interpretazioni e Z Nation è solo un’infilata di trovate più o meno geniali, più o meno demenziali, atta a intrattenere senza soffermarvisi troppo sopra.
Eppure, soprattutto in questa terza stagione, le cose non stanno proprio così. Ed è forse il motivo per cui alcuni spettatori sono rimasti delusi, perché, a loro parere, Z Nation è diventata “troppo seria”.
E comunque, di questa serietà lamentata da più parti, parliamone un secondo, perché è difficile usare il termine in questione quando Doc, strafatto e in debito d’ossigeno per aver pedalato troppo a lungo, ha le allucinazioni e vede la Delorean di Ritorno al Futuro, o quando sempre Doc si imbatte in un terzetto di pazze scatenate armate di una pistola che spara lustrini. O ancora, come definire un episodio come Election Day? In parte satira, in parte farsa, nonché una delle poche analisi davvero intelligenti della politica americana recente, resa però con una leggerezza paracula che non ha eguali da nessuna parte in televisione. Proprio da nessuna. Perché Z Nation non è una serie comica e non è una serie satirica. È una serie horror, action, anche drammatica, se vogliamo, che non è mai caduta nella tentazione di fare della retorica, così da, le rare volte in cui si prende il lusso di parlare anche di sentimenti, risultare sincera e non posticcia: quando Doc dice che 10k è come un figlio per lui, noi ci crediamo; quando Addy rischia la vita per salvare Lucy, noi continuiamo a crederci; quando non esiste più alcuna differenza tra gli ibridi di Murphy e i delinquenti assoldati dalla Warren, noi arriviamo esattamente lì dove ci aveva portato Romero trent’anni fa.
E così, dopo tanto tempo, tanti zombie, tanti film, tante disquisizioni, siamo tornati al punto di partenza: noi siamo loro, loro sono noi. Ed è il momento di andare oltre, è il momento di iniziare a mescolarci e a vedere cosa ne viene fuori. Lunga vita alla Z Revolution. Ora e sempre.
Ho letto solo le prime righe per evitare spoiler. Dico solo che almeno per le prime due stagioni che ho visto Kellita Smith si merita il “Pam Grier Award”.
Vero! Kellita è meravigliosa ed è degna erede di Pam
Sul mio blog vorrei lanciare il “Pam Grier Award” solo per assegnarlo a lei di default ogni anno 😀
Anche se facessi un sondaggio, vincerebbe comunque e sempre lei 😀
Concordo pienamente con la tua visione sull’andamento della terza stagione. Non ho subito il cambio di tono di Z Nation, ma l’ho trovata una possibile evoluzione della serie; l’ultima stagione, proprio nel finale mi ha lasciata semplicemente divertita.
Amo gli scenari apocalittici e gli zombie da sempre, suppongo come molti lettori di questo blog, da prima che diventassero una moda. Onestamente preferisco di gran lunga una lettura scanzonata e una trama dai toni esagerati ma imprevedibili e sorprendenti, piuttosto che storie stiracchiate e misurate sui mid season e su una puntata finale finalmente significativa ma utile solo a farti attendere la successiva stagione. E chiaramente sto parlando di The Walking Dead che ormai, almeno per me, si trascina come uno dei perfetti zombie che camminano sullo sfondo.
Sono perfettamente d’accordo 🙂
Se non altro, Z Nation ti offre qualche motivo di interesse in ogni episodio.
Del loro universo adoro il fatto che vi siano comunità organizzate e assurde in ogni dove con nuovi mestieri e ancora voglia di socializzare con l’aiuto di droghe ed alcol! 😉
Bella analisi!
Z Nation merita molto più pubblico di quanto ne abbia ora. Lo preferisco a serie superiori qualitativamente come… The Walking Dead.
Asylum ha fatto centro.
Ma anche la qualità, rispetto alle stagioni precedenti, è aumentata parecchio. Poi sì, il budget che ha la Asylum non ha nulla a che vedere con quello di cui può godere la AMC. Ma si stanno cominciando a trattare bene pure in Z Nation.
Ho letto solo poche parole, non vorrei scottarmi come per TWD…comunque quando a breve comincerò a vederla e poi finirla, di sicuro ripasserò 😉
Cosa molto, ma molto diversa da TWD. Diciamo che Z Nation è l’anti TWD.
Poi mi saprai dire 🙂
Continuo a trovarla un’ottima serie, sicuramente meglio dell’andamento molto logorroico che ha preso la versione televisiva di Walking Dead
Vabbè, ma non c’è neanche da fare il paragone!
A me continua a piacere molto, tranne per la strada che si è voluta intraprendere relativamente al personaggio di 10K, da sempre il mio preferito.
Infatti 20k forse è stato il personaggio più sacrificato della stagione, ma negli ultimi episodi si è ripreso anche lui.
E anche questa volta non posso fare a meno di pensarci: se solo la Asylum “cinematografica” volesse provare a bissare i livelli di quella televisiva, una volta tanto… pensa a quale zombie movie ne verrebbe fuori!
Però, in un certo senso, col doppio episodio iniziale di questa stagione di Z Nation, lo ha fatto 😉
Ecco… è la prova che se la Asylum vuole, può 😉
Di questa serie tv vidi solo la prima stagione e ne rimasi sorpreso specialmente se a produrre la serie era proprio l’Asylum. Ha qualche difetto ma in compenso riesce a intrattenere molto bene.
E ti assicuro che la seconda è anche meglio della prima.