My Little Moray Eel – 10

pappa

MOONCHILD

I fratelli perduti lo avevano chiamato dopo tanto tempo. Aveva sentito le loro voci durante una notte di caccia, mentre schiacciava sotto le sue mascelle il corpo morbido di un polpo. Era rimasto fuori dalla sua tana, i tentacoli della bestia che ancora gli si agitavano intorno alla bocca.
Li aveva raggiunti e si era unito a loro. Si erano intrecciati gli uni agli altri come i capelli di Lei quando gli nuotava accanto.
Poi avevano seguito il suono metallico dei mostri galleggianti su cui viaggiavano gli umani. Lui sapeva che erano barche. E aveva anche imparato a distinguere i rumori diversi che facevano i motori, perché alcuni gli annunciavano il Suo arrivo. Ognuno di loro emetteva dei borbottii che si propagavano nella corrente e affondavano sin dentro il suo stomaco. Due in particolare appartenevano a Lei. Sara.
Adesso, per la prima volta, non riusciva a capirla.
Voleva trasmetterle la gioia per non essere più unico e abbandonato, il trionfo per aver distrutto la barca che infastidiva i suoi fratelli, l’esaltazione per aver trovato un posto in quelle profondità così solitarie. Sapeva per che cosa era stato creato.
Ma non era gioia quella che sentiva attraverso il tocco delle Sue mani e nello scorrere del Suo sangue.
Era paura. Paura di Lui.
La vide staccarsi dal suo corpo, dargli le spalle e cominciare a procedere verso l’alto. Il Suo terrore gli arrivava a ondate, come quello che emanavano gli animali di cui si nutriva.
La seguì strisciando fuori dalla grotta. Il fondale sabbioso gli sfiorava il ventre. Teneva la testa alta, gli occhi fissi sulla Sua sagoma che si allontanava. Poteva esserle addosso in pochi secondi, ma era paralizzato dalla Sua paura. Lei non era una preda, non doveva temerlo.
Stava quasi per tornare indietro e raggomitolarsi nella tana, quando l’ombra di un’altra murena sfrecciò qualche metro sopra di Lui. Era veloce e schizzava verso la scia di bolle che lei si stava lasciando dietro.
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Sara guardò il computer che aveva al polso: 38 metri, tempo totale di immersione 25 minuti. Era rimasta alla massima profondità per un periodo molto breve. Doveva tornare indietro e risalire con calma. Le sarebbe bastata un’unica sosta per non correre alcun pericolo.
Una volta arrivata sul gommone avrebbe stabilito cosa fare e come comportarsi, ma ora era importante restare concentrata sul percorso e ricordare i punti di riferimento che aveva memorizzato all’andata. Anche se aveva fatto molte volte quella stessa immersione, in acqua era sempre molto facile smarrirsi, perdere l’orientamento, risbucare troppo distante dalla barca. La corrente giocava brutti scherzi e le nuotate in superficie con addosso l’attrezzatura non erano affatto piacevoli.
Non si perdonava il moto istintivo di panico che l’aveva fatta allontanare da Lui in quel modo. Sapeva che lo aveva sentito, e sapeva di averlo ferito, perché anche lei aveva percepito la sua delusione. Come un gatto che ti porta un uccellino morto in regalo e viene sgridato per questo. Solo che Lui non era un gatto. E il peschereccio affondato non era affatto un uccellino.
E c’erano altri problemi da considerare. I suoi fratelli, tanto per cominciare. E chi li guidava. E il ruolo di Sara in tutto questo casino.
Liberò la musica nella sua testa, per vedere se Lui era nei paraggi, se l’aveva seguita o se si era ritirato offeso nella sua tana. Sì, era vicino, ma una specie di rombo, gonfio di una ferocia che Sara non aveva mai sperimentato prima, sovrastava la sua voce, ridotta a un timido balbettio.
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Si lanciò un’occhiata alle spalle. Nel blu distinse la forma allungata e sinuosa di una murena che si scaraventava verso di lei con la bocca spalancata. Era delle stesse dimensioni di Lui, forse di poco più piccola. Il mantello giallo, uniforme, senza macchie e i denti scoperti, irregolari come una fila di chiodi piantati storti.
“Io non corro alcun pericolo”, aveva detto a Ilio poco più di mezz’ora prima. Appunto.
Non la stava attaccando. Non poteva. Gli animali acquatici non la attaccavano. Non era mai successo.
Ok, ma nel dubbio scappa.
E invece se ne stava lì imbambolata, a guardare il serpente che si faceva sempre più vicino. Scappare dove? Il gommone era ancora lontano, anche se fosse riuscita a raggiungerlo, la murena lo avrebbe affondato in un attimo. E sul gommone c’era Ilio.
Sara chiuse gli occhi e lasciò che la sfera bianca che le galleggiava sempre nel cervello sgorgasse fuori di lei con tutta la potenza che era in grado di darle.
Fu un’esplosione.
La maschera si riempì di sangue uscito dal suo naso. Un calore quasi insopportabile le attraversò il corpo e credette di essersi dissolta nel mare, di essere fatta d’acqua e sale e di allungarsi come le onde in ogni angolo del mondo, di penetrare nelle branchie di ogni pesce e di sollevare sedimenti di sabbia e conchiglie. Era gli spruzzi che si infrangevano contro la costa, era la schiuma che rimaneva a brillare sulla spiaggia, era il krill inghiottito dalle megattere ed era una fossa oceanica sprofondata a migliaia di metri.
L’erogatore le sfuggì di bocca e, per un istante, le sembrò di non aver bisogno di respirare. Poi i polmoni le si contrassero chiedendo aria e tutto tornò normale.
Cercò con la mano il tubo dell’erogatore e riuscì a infilarselo di nuovo tra le labbra.
Aprì gli occhi. La murena gialla era ferma a pochi centimetri da lei e la guardava, curiosa.
Adesso le voci nella sua testa erano un coro assordante. A stento riusciva a distinguere quella di Lui dalle altre. Abbassò la testa e lo vide acciambellato sul fondo, ma non era solo.
Non era possibile contarli. Erano troppi.
Strisciavano gli uni sugli altri, lasciavano lunghe impronte sulla sabbia, si sollevavano e volteggiavano aprendo e chiudendo le bocche. Il mare era diventato un nido di serpi.
Più lontano, sporgenti da dietro gli scogli, gli occhi scuri e le teste allungate ai lati come quelle dei pesci martello, delle forme vagamente umane la fissavano immobili.
Sara allungò una mano verso la murena gialla. L’animale si ritrasse di scatto e andò a unirsi agli altri, sul fondo.
Non avvertiva nessun senso di minaccia. Non più. L’avevano riconosciuta, l’avrebbero lasciata andare.
Guardò il manometro. Aveva consumato troppa aria. Ne aveva a stento per tornare indietro. Forse neanche per effettuare la sosta.
Lui si staccò dal gruppo dei suoi fratelli e le si avvicinò.
Sara gli fece una carezza e poi prese a nuotare verso la superficie, voltandosi di tanto in tanto per guardare le murene che si disperdevano e quelli degli abissi che tornavano a nascondersi tra le rocce.
Un quarto d’ora dopo, con la bombola esaurita e un mal di testa che le stava spaccando il cranio, si aggrappò alla scaletta del gommone e passò a Ilio le pinne e i pesi.
Salì a bordo e, seduta su uno dei tubolari, si sganciò di dosso l’attrezzatura.
“Com’è andata?” le chiese Ilio.
“Metti in moto e andiamo via di qui”
“Che è successo?”
“Siamo nella merda, ecco che è successo”.

Altri capitoli qui.

 

19 commenti

  1. bella lì,zia!
    cosa altro posso aggiungere.Questo capitolo per me è un concentrato di tensione ben gestita. Bravissima yo yo

    ps:non ricordo più chi canta moonchild,dannata memoria …

    ps2: sai che mi hai ispirato un piccolissimo speciale su spielberg?I film che mi piacciono del tuo regista preferito. D’altronde la tua top five mi suscita incubi notturni tpo esser circondato da murene gialle incazzate ^_^ scherzo buona domenica eh ^_^

    1. I King Crimson!! 😀
      E poi basta cliccare sul titolo e si va alla canzone 😀

      1. tu bella mia c’hai un nonno dalla brianza che devi sopportare…non rammentare nemmeno i King Crimson maddo…come sto!

  2. oh,hai visto che in edicola è uscita un enciclopedia in dvd dedicata alle immersioni,al mondo degli abissi che si chiama Sub magia mondo sommerso? Barriere coralline e cose simili. Aspettano anche lo speciale su Porto ercole,diretto da te ^_^

  3. Kamerà pure dall’ospedale! Come siamo hi tec! Bello bello! Sai già quanti capitoli saranno?

  4. Anche dall ospedale kamerà, perchè noi siamo hitec!!! 🙂
    Bello bello ce piace! Già hai un’idea di quante puntate saranno? Me curiosa!

    1. Credo che arriveremo tranquillamente alla trentina di capitoli…
      forse anche di più se non riesco a comprimere tutto, perché 1000 parole a settimana sono davvero poche.
      Grazie Kamerà!!!

      1. e famo 1500…no? Non se può eh? Uhmm mettiamo che da 30 diventino 40 (molto probabile), ci tieni un anno sulle spine ? :O

        1. Eh, no, kamerà…
          poi nessuno legge. Già lo leggete in tre e siete tre davvero adorabili. se allungo anche i capitoli, mi sputano in un occhio 😀

          1. Dici che siamo solo in 3??? Naaaa

  5. Wow! *O*
    Cioè, ehm. Wow. 😀

    1. Grazie Gianluca *O*O*O*

  6. Giuseppe · ·

    Primo faccia a faccia con il popolo degli abissi e relativo esercito, un altro passo avanti per Sara -con il suo talento sovrumano che si estende sempre più- e per il destino della gente di terraferma (parlando di gatti e topi, direi che forse sta per toccarci il ruolo dei secondi 😉 )…ah, sia chiaro che il capitolo è scritto magnificamente!

    1. Ma grazie! 😀
      magnificamente è eccessivo, però…
      grazie davvero, Giuseppe…

      1. Giuseppe · ·

        Non ho ecceduto, ho solo detto le cose come stanno 😉

  7. Tensione, vite a rischio, e la poesia tragica del rapporto telepatico tra creature apparentemente appartenenti a mondi opposti: una specie non può vivere nel mondo dell’altra…
    La descrizione dei fondali è sempre un quadro suggestivo, che pennelli con arte e amore.
    Alla prossima puntata, Lucia, e buona settimana 🙂

    1. Grazie, io arrossisco…
      Però il problema della storia d’amore (perché d’amore si tratta), tra Sara e la sua murena è proprio che sono condannati a una separazione irriducibile, che i loro contatti non possono andare oltre una manciata di minuti.

  8. Non mi capita mai di fare commenti sui blog che leggo, ma in questo caso faccio un’eccezione, perché il blog merita davvero e voglio scriverlo a chiare lettere.

    1. Grazie! Sei gentilissimo… 🙂

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