Regia – Bernard Rose
“Your death will be a tale to frighten children, to make lovers cling closer in their rapture. Come with me, and be immortal”
Come sempre più spesso accade su questo blog, lascio che a introdurre l’articolo sia l’ipnotico tema scritto da quel geniaccio di Philip Glass per il film. Un tema che rimane impresso nei timpani e che non ti abbandona mai. Anzi, ti perseguita come un’ombra, o come una maledizione.
E di leggende parla appunto Candyman. Le famose leggende metropolitane, che sono troppo legate alla contemporaneità per assurgere allo stato di mito, ma che proprio per questo, a volte, hanno ancora il potere di spaventare. Il racconto a cui il film di ispira, The Forbidden, di Clive Barker, è una storia molto breve, di pochissime pagine, del tutto incentrata sulla protagonista Helen, in cui il personaggio di Candyman appare solo (e per pochissimo) alla fine. Non viene inoltre menzionata l’evocazione dell’uomo nero, quel pronunciare per cinque volte il suo nome davanti allo specchio, che è invece un elemento chiave del film di Rose. E tuttavia, l’opera letteraria e il film tratto da essa hanno in comune un’atmosfera profondamente malsana, di decadenza e putrefazione, in cui una mente scientifica e razionale, quella di Helen, giovane studiosa che sta scrivendo una tesi sulle leggende metropolitane, si abbandona all’inesplicabile, quasi fosse un abbraccio mortale in cui annullarsi e sparire. Quasi fosse una forma di consolazione a una solitudine in cui la ragazza sprofonda minuto dopo minuto. Incompresa, perseguitata, accusata ingiustamente. O forse pazza, ché la follia è la reazione più normale e naturale di fronte a un mondo che credevi ti appartenesse e invece ti esclude e ti emargina.
Candyman non è un film di facile definizione. Già nel 1992 era un prodotto fuori dal tempo, un horror venato di macabro romanticismo e dal ritmo lento e sognante. Una fiaba gotica di ambientazione urbana, ma carica di sottotesti sociali e politici, per gli amanti delle interpretazioni occhialute dei film di serie B. Perché comunque di serie B si tratta: Bernard Rose veniva dal mondo dei videoclip e aveva alle spalle un solo lungometraggio; Virginia Madsen era già una scream queen di un certo peso, mentre Tony Todd era stato da poco protagonista del remake de La Notte dei Morti Viventi. A nobilitare il tutto, almeno sulla carta, proprio Philip Glass che infatti rinnegò il film poco dopo la sua uscita e si rifiutò di rilasciare la colonna sonora originale fino al 2001. Secondo il compositore, Candyman non era altro che uno banale slasher low budget hollywoodiano.
Non che avesse del tutto torto: le due anime, quella commerciale e quella più “artistica”, se mi si passa il brutto termine, convivono in maniera piuttosto armoniosa in Candyman, che coniuga commozione, effettacci, facili spaventi e attimi di struggente poesia, con sprazzi visionari e quasi sperimentali, che danno l’impressione di assistere a un film d’autore obbligato a venir inserito all’interno di un genere. Eppure, lo ripetiamo, i vari elementi si fondono senza creare contrasti e contribuiscono alla creazione di un oggetto anomalo e quasi unico. Non è un caso se i seguiti, nonostante le potenzialità del personaggio di diventare un boogeyman iconico quanto altri suoi più famosi colleghi, sono facilmente dimenticabili: Candyman, il primo Candyman, è diverso e fa storia a sé.
La poetica dello squallore, così forte nei racconti di Barker, trova in Candyman una delle espressioni cinematografiche più potenti. Ancora più che in Hellraiser, è Candyman a restituirci in immagini la puzza di marcio e spazzatura, di strade dissestate e casermoni dimenticati da dio ma non dal demonio che rendono l’universo dello scrittore inglese così vivido e violento. Il Cabrini Green, un sogno per il futuro tramutato in un incubo di abbandono, un labirinto in cui perdersi, un luogo alieno che partorisce leggende a cui nessuno crede. Forse proprio perché sono reali, sono la voce dei reietti che in quel mare di cemento hanno trovato un rifugio. E Candyman è il loro spauracchio e protettore, mentre Helen è una vittima già segnata, senza nessuna possibilità di salvezza dal momento in cui sceglie di mettere piede nel complesso di costruzioni su cui l’uomo con l’uncino estende il suo potere.
E non ha molta importanza, a quel punto, che la leggenda metropolitana sia reale o frutto dell’immaginazione della stessa Helen. Ciò che conta è che la gente creda e che abbia paura. Così si creano due realtà inconciliabili tra loro in cui Helen è costretta a vivere e tra le quali, alla fine, dovrà scegliere. Il film ruota intorno a questa scelta, a questa dicotomia impossibile da risolvere tra un universo razionale e uno fiabesco, tra una società ricca e ormai priva di qualsiasi contatto con il fantastico e una società di poveri e delinquenti che invece tiene ben saldo questo legame. Helen, fuori posto da entrambe le parti, non potrà fare altro che lasciarsi travolgere dalla fiaba, dalla leggenda. Diventare parte di essa e raggiungere un’immortalità che alle persone di cui si circonda nella sua vita normale, sarà per sempre negata.
La lavorazione di Candyman fu difficoltosa e travagliata. Gli esterni vennero girati proprio al Cabrini Green e la produzione dovette accordarsi con la criminalità locale, per garantire la sicurezza di cast e troupe. Nonostante questo, l’ultimo giorno di riprese, qualcuno sparò a uno dei furgoni presenti sul set.
Virginia Madsen è allergica alle api. Per le sequenze con gli insetti, un’ambulanza stazionava nelle vicinanze, nel caso in cui l’attrice venisse punta. Anche perché le api erano tutte vere. Persino nella scena in cui Candyman apre la bocca e ne esce fuori uno sciame. Tony Todd aveva una protezione che gli impediva di ingoiare gli insetti. E niente altro.
La Madsen, qualche tempo dopo la fine delle riprese, dichiarò di essere stata ipnotizzata per girare certe scene.
Ed ecco che la leggenda, la realtà, la magia che è propria di un certo tipo di cinema, si fondono in un’unica storia, che è davvero unica. Dopotutto, un film non è altro che un sogno a occhi aperti. E guardare Candyman è ancora oggi un’esperienza onirica, in cui lo stile di ripresa di Rose, le suggestioni derivate dalla poetica di Barker e un realismo spietato nella scelta delle location, creano uno sfasamento nella percezione della realtà. Sembra davvero di essere sotto ipnosi.
O sotto un incantesimo. O una maledizione.
Recensione dedicata a mio Figlio.
Bellissima recensione di un film che dovrebbe diventare un cult. E’ un film di serie B nella logica Hollywoodiana, ma un capolavoro non solo per la tematica, ma soprattutto per la capacità del regista di non diluire o stemperare i toni tipici di Barker. Il classico esempio che non è necessario avere miliardi in effetti speciali per un horror degno di questo nome (tipo Cabin in the wood, che adoro ma credo possa rientrare nella categoria di Blockbuster), ma talento e creatività. Sfido chiunque a non apprezzare The Ward di J. Carpenter che è stato girato praticamente sempre nello stesso luogo e con pochissimi attori.
Grazie!
In effetti The Cabin in the Woods, per quanto sia un film adorabile, è comunque lontanissimo dall’essere un prodotto indipendente. Ma va bene anche così, magari il cinema horror hollywoodiano se ne uscisse più spesso con prodotti di quel tipo, saremmo un milione di passi avanti 😀
Uno dei film più belli ispirati a Barker e senza dubbio uno degli horror più eleganti visivamente di quella decade (e con uno dei miei finali preferiti).Ignoravo l’opinione di Glass sul film e se posso esssere sincero sa tanto di gne gne gne…
Sì, è vero…forse è uno degli horror con più stile del periodo. E il finale ancora oggi mi fa venire i brividi.
ma carica di sottotesti sociali e politici, per gli amanti delle interpretazioni occhialute dei film di serie B
Ecchime,e infatti questo film ce l’ho in lista proprio perchè me l’han spacciato come film sulla vendetta di un ex schiavo .E sai io per vedere Batman ho dovuto aspettare che ci mettessero tutti quegli elementi che piacciono a noi eh!
Io ho visto solo il 3 e dio mi perdoni per quello che ho fatto,anche perchè l’avevo confuso per un film erotico, visto come cominciava.
Di Rose ho perso le tracce che ha fatto poi?Mah! Comunque sono felicissimo che sia tornata la mia rubrica preferita!
ciao
Candyman potrebbe piacerti molto, sai?
Lo si potrebbe addirittura interpretare come uno scontro tra il razionalismo borghese e la potenza del popolo. Però io questa roba sul mio blog mi rifiuto di scriverla 😀
e allora milady,la scrivo io sul mio blog,acciderboli!^_^
ps:chissà come era in orginale la colonna sonora de la cosa,fatta da Morricone.Certo che un minimalista elettronico come Carpenter e un virtuoso epico come Morricone,ma come e a chi è venuta l’idea!
Ciao Lu’!!! Non l’ho ancora visto, ma sto recuperando tutte le gemme perdute a causa della mia “impressionabilità” adolescenziale…di BArker mi son recuperato già Cabal per dire… 🙂
Oh che bello Cabal *__*
Questo film forse è meno datato, meno nostalgico. Potrebbe essere una bella sorpresa
Uno degli horror più belli degli anni ’90.
Sinceramente, che Glass abbia rinnegato la sua colonna sonora mi suona nuovo e mi vien da dire che non abbia capito un cazzo. Candyman è tutto fuorchè uno slasher da quattro soldi; riprende benissimo le tematiche del folklore del racconto di Barker, ma lo porta a un livello ulteriore ambientando la storia al Cabrini Green e quindi veicolando un forte (e diretto) messaggio sociale/razziale, non ultima la scelta del boogeyman afroamericano (il Candyman di Barker era albino invece).
Vabbè, gliela perdono, a Philip. La sua colonna sonora è davvero indimenticabile…
Bè, Glass evidentemente non si aspettava un risultato del genere. Magari pensava a una impostazione più d’autore o che so io. L’importante è che abbia composto e realizzato quella colonna sonora così bella!
Hai beccato un altro filmone ! Sono curioso di vedere che pescherai per il 2002 !
Per il 2002 tocca al nostro caro amico Neil…e non dico altro 😉
adoravo questo film!!! Ripetere Candyman per cinque volte davanti allo specchio, rimarrà per sempre un fottutissimo spauracchio perfetto! E poi il suo maledetto uncino!!!!! un incubo!
Il “macabro romanticismo” lo rende effettivamente un film abbastanza gotico… sono anni che non lo rivedo ma il ricordo delle scene e del tema è ancora vivido…
Sì, anche io da ragazzina ripetevo spesso il suo nome cinque volte davanti allo specchio…solo che non è mai uscito fuori 😦
Recensione bellissima come al solito!
Il film, purtroppo, lo ricordo poco, l’ho visto quando ero troppo giovane e le atmosfere così “marce” e decadenti, unite al romanticismo, avevano davvero poco presa su di me, che cercavo ancora l’effettaccio splatter a basso prezzo.
Mi hai fatto venire voglia di recuperarlo!!
Grazie!!! e recuperalo perché rivisto a distanza di anni è molto meno datato di altri “classici” del periodo!
Bel recupero Lucia! Un film che avevo visto fresco fresco al cinema, in una sala semi vuota (la mia condizione ideale). Mi era piaciuto nonostante i difetti, buona parte dei quali, hai rimarcato acutamente nel post. Uno dei pochi a cogliere in pieno l’essenza barkeriana del degrado metropolitano, dello sbando umano, della marcescenza palpitante sotto la scorza lucida e patinata della società occidentale. Il problema è l’autorialità. Alcuni registi sembrano intuire le potenzialità dell’horror ma quando è ora di usare lo strumento, sembrano improvvisamente spersi. Questo è uno dei quei casi eppure, registi tendenzialmente non-horror e di alto profilo, quando vogliono, danno enormi soddisfazioni, vedi L’Esorcista di Friedkin, vedi l’Avati de La casa dalle finestre che ridono e Zeder.
Ma molto spesso accade che gli horror più importanti vengano diretti da registi non propriamente di genere. Quando prendono sul serio il fatto di girare un film dell’orrore, realizzano delle grandi cose, come hai anche sottolineato.
Penso anche a De Palma, per esempio.
Però oggi qualche autore che invece si dedica all’horror con passione e rispetto c’è e mi viene in mente il mio amato Ti West, che me lo sono praticamente adottato 😀
Assolutamente. Il De Palma di The Fury è straordinario!
Ti West l’ho scoperto da poco e grazie a te, un autore che sa prendersi i suoi tempi, una lentezza studiata che sembra l’elegante sberleffo a certi pseudo horror con montaggio esasperato da video clip della MTV di qualche anno addietro. Forse questi risultati dovrebbero indurre certi registi di genere a farsi un bell’esame di coscienza.
Bella e puntuale recensione come da prassi, con aneddoti e curiosità al riguardo su Todd e la Madsen che ignoravo (in particolare ho sempre sperato per il bene del buon Tony che le api fossero state aggiunte in post-produzione 😀 )…inutile dire che non concordo con la tardiva “presa di coscienza” di Glass riguardo a una pellicola che con slasher meccanicistici e stereotipati non ha proprio un cazzo a che fare già a partire dall’ispirazione Barkeriana, e che semmai avrebbe dovuto apprezzare proprio per la sua natura ibrida e sperimentale (magia, “putrefazione” -sociale, fisica, urbana- e emarginazione, sentimento, splatter…tutto questo e altro ancora viene miscelato arrivando a livelli di autentica oscura poesia, assai ben rappresentata nel rapporto tra il tragico Candyman/Todd e la predestinata Helen/Madsen). Strano ripensamento davvero, visto quanto le sue musiche dimostravano l’aver colto in pieno l’essenza del film…
Ciao Giuseppe!
Nel ’92 era difficile aggiungere api in post produzione e ci si arrangiava in altri modi…
Argento faceva le mosche con i chicchi di caffè e anni dopo, Rose metteva vere api in bocca al povero Tony Todd 😀
Il problema, riguardo alle musiche, è che spesso i temi composti vengono smontati e rimontati a seconda delle immagini e a volte succede che il compositore stesso non sia soddisfatto dei risultati.
A tal proposito, è epico il litigio tra Carpenter e Morricone a proposito dello score de la Cosa. Il buon vecchio John ridusse all’osso tutta la musica, facendo incazzare a morte il musicista 😀
Sì, mi ricordo che John e Ennio avevano proprio fatto faville insieme…anzi, diciamo pure che Morricone si sarebbe fatto prestare volentieri un lanciafiamme dai ragazzi dell’Avamposto 31 😀
Quei momenti che “Ecco cosa dovevo fare!”
– Dire a mia sorella delle Pringles in offerta al Sigma.
– Commentare:
Non ce la faccio proprio a dire che sia di serie B. Forse per alcune cose è invecchiato male – e tu l’hai detto, già fuori dal tempo nel 92.
Resta tra quei pochi film che fanno sentire gli odori, soprattutto il tanfo del Cabrini Green e del cesso.
Virginia Madsen.
Correggimi se sbaglio , ma in Candyman abbiamo il precursore del “se fai questo , dopo x tempo, morirai” poi sono arrivate decine di pellicole asiatiche con cose simili, tra l’altro Candyman mi riporta in mente come atmosfere altri due film : Il serpente e l’arcobaleno ( filmetto ) e Ascensore per l’inferno. Se non l’hai visto ti consiglio un film che amo particolarmente e spero di avere il tempo per una recensione: Killer Klowns from other space , è talmente folle da avere un senso.
Bello, bello. Me lo devo rivedere questo gioiellino!