Fenómenas

Regia – Carlos Therón (2023)

Io lo so che con la locandina orrida che Netflix ha realizzato, è difficile che qualcuno voglia dare credito a questo film, ma vi assicuro che commettereste un errore, perché è una horror comedy deliziosa, fatta di dialoghi brillanti, ottima recitazione (e ti credo, con i nomi coinvolti) e persino un cuore smisurato. Non guasta che sia pure girata benissimo, montata con un ritmo micidiale e costruita in maniera tale che la posta in gioco sia sempre più alta, così da creare un costante aumento della tensione. E sì, ci si fanno anche delle belle risate.

Fenómenas è ispirato a dei fatti realmente accaduti a Madrid nel 1998, e ora fatemi un po’ dilungare, perché è interessante: nel 1987, il gesuita José María Pilón fonda il Grupo Hepta, un’associazione che si occupa di indagare fenomeni paranormali, infestazioni, presenze dall’aldilà, cose così. I Ghostbusters, in pratica, ma i membri principali del gruppo sono tre signore, Sol Blanco-Soler, Paloma Navarrete (morta nel 2022, proprio durante le riprese, alla quale il film è dedicato) e Piedad Cavero. Un po’ come i Warren, il Grupo Hepta ha messo mano a parecchi casi, nel corso degli anni. Sì, questo film è la risposta iberica a The Conjuring, e io credo anche ci siano le potenzialità per farne una saga, dato che le tre attrici principali sono straordinarie, sembrano divertirsi un mondo e, sempre come nel caso degli esorcisti più famosi d’America, esiste un’ampia letteratura da cui attingere.

Il film cambia i nomi del protagonisti (tranne quello del sacerdote) e, ovviamente, romanza parecchio tutta la vicenda, ma si basa su uno dei casi più famosi del Grupo Hepta, quello di un negozio d’antiquariato infestato, El Baúl del Monje, talmente noto in Spagna da avere una pagina delle Wiki spagnola a esso dedicata. La nostra storia comincia in una notte di pioggia torrenziale, e il gruppo di parapsicologi si appresta a recarsi nel negozio in risposta alla chiamata dei proprietari, che hanno assistito a tutta una serie di eventi inspiegabili; solo che delle tre signore, se ne presenta soltanto una, Sagrario (Belén Rueda), e l’indagine va a monte. Il prete, tuttavia, decide di fare un salto da solo al negozio, e lì viene aggredito da un’entità e finisce all’ospedale con un ictus. A quel punto, alle tre investigatrici non resta che recarsi sul posto e proseguire le indagini per conto loro. 

Il punto di forza di Fenómenas è di certo la caratterizzazione delle tre protagoniste e il modo in cui viene sviluppato, a livello narrativo, il rapporto tra di loro. Per prima cosa, è interessante che siano tre signore di mezza età, con tre vite molto diverse: Sagrario è vedova e si è interessata alla parapsicologia dopo la morte del marito, Paz (Gracia Olayo) è una nonna con una nidiata di nipotini da tenere a bada e si occupa di tutta la parte tecnica, telecamere da piazzare in giro, sensori, registrazioni audio e via così; infine, Gloria (Toni Acosta), oltre a essere l’unica vera sensitiva del gruppo, è quella che fa vita mondana, ha un sacco di appuntamenti, non si è mai sposata e non ci pensa neanche per sbaglio a sistemarsi. Tutte e tre fumano come ciminiere e insieme sono davvero esplosive. La loro è una relazione di amicizia conflittuale, fatta di battibecchi e frecciatine continue, ma anche di tanta solidarietà e tanto amore, e raccontata con un calore e una delicatezza rari, ma senza dimenticare il giusto ammontare di ironia e verve comica. 

Non capita spesso di vedere donne di una certa età alle prese con fantasmi e demoni, non come mattatrici assolute della scena e non impegnate in complesse, e molto impegnative, sequenze d’azione. Quando ciò accade, di solito nel cinema americano, è quasi sempre in funzione di metterle in ridicolo o di mostrarle al pubblico come dei fenomeni da baraccone. Le nostre tre investigatrici, invece, sono, ognuna con le sue caratteristiche, delle classiche “signore per bene” e il contrasto tra questo e le scene in cui vengono scaraventate contro i muri o possedute da una qualche entità malevola, è semplicemente delizioso, perché entrambi gli aspetti sono presi sul serio. 

Rispetto ai vari The Conjuring (di cui, lo sapete, io sono una fan) Fenómenas è sicuramente più povero, ed è evidente che Therón non sia James Wan, anche perché pesa molto la differenza tra un film pensato per il grande schermo e uno destinato al mercato dello streaming, sia in termini di mezzi impiegati che di sforzo creativo. Eppure, Therón compensa i limiti dell’operazione con un dinamismo nella messa in scena che mi ha impressionata. Guardate la prima sequenza in cui le nostre si ritrovano a sperimentare in prima persona la potenza dell’infestazione nel negozio e notate come si cambia di registro tre o quattro volte in pochi minuti, o ancora meglio, come diversi registri convivono nello spazio dell’inquadratura grazie alla precisione di regia, montaggio e recitazione.
Di The Conjuring, questo film non ha nemmeno l’impianto reazionario: nonostante il fondatore del Grupo Hepta sia un prete, di Dio si parla pochissimo, la famiglia tradizionale viene spesso e volentieri messa in discussione e, in generale, non c’è la puzza di bigottismo che pervade la saga dei Warren.
Insomma, io, se fossi in Therón e nei produttori di Fenómenas, un pensierino a un “Heptaverse” ce lo farei. Con o senza Netflix.

3 commenti

  1. Giuseppe · ·

    Sarà anche povero rispetto alla controparte americana, ma di certo quanto a stereotipi se ne allontana abbastanza da incuriosirmi a dovere… Venduto! 😉

    1. Giuseppe · ·

      E devo stare attento a seguire i tuoi consigli… Sì, perché dopo aver visto Huesera avevo l’impressione che le ossa mi scrocchiassero di continuo 😉

  2. alessio · ·

    Tre donne di (più o meno) mezza età diversamente emancipate (già, perché fumano come ciminiere… ma davvero?) colmano, chi il dolore della perdita, chi l’irrequietezza della menopausa, chi gli obblighi di nonna (anche la Spagna latita in welfare) andando a caccia di presenze ed ectoplasmi. Due grandini sopra Ghostbusters 2016 (non ci voleva molto), una via di mezzo tra il facile e paraculo Il piacere è tutto mio (2022) con l’incantevole Emma Thompson e il coraggioso e sincero Due (2019) di Filippo Meneghetti Fenomenas è paraculo ma con suo perché grazie una felice regia e sincero ma, certo non audace: ma non bastano certo tre ultracinquantenni che danno del noioso allo sfigato Pablo, studente di fisica teorica, per farci spellare le mani in applausi di originalità (se lo fossero portati a letto almeno) al massimo una risata a denti stretti. Belen Rueda – sempre bellissima – conferma che non è solo l’ultimo (e penultimo) De Niro a toppare i film mentre Netflix, viceversa, ancora una volta come la grande cesta degli abiti usati che ravani ravani a Porta Portese: il poco meglio si trova sempre in fondo e mai a bella vista (in piena pandemia scovai nel catalogo una serie, anch’essa tratta da una storia vera, misconosciuta ma bellissima: Unbelievable). Come visto questo Fenomenas è già dimenticato come dimenticato da Carlos Theron è il giovane Pablo dopo metà girato e senza dirci perché.