Monster Hunter

Regia – Paul W.S. Anderson (2020)

Sapete come funziona da queste parti: non c’è scampo da Paul W. e se non vi sta bene quella è la porta; poi quando il mio eroe sarà rivalutato come uno dei più interessanti registi action della sua generazione, non fate finta di averlo sempre saputo: io vi ho visti, tutti lì pronti a dileggiarlo.
Ciò premesso, Monster Hunter è bellissimo, ma così bello che ho bestemmiato per circa un’ora e tre quarti causa chiusura delle sale; ma non è solo bellissimo, segna anche il punto in cui Anderson se ne frega in maniera definitiva e irrevocabile, quello in cui la sua estetica raggiunge il culmine della strafottenza. Io ce lo vedo, Paul W., in compagnia del suo montatore Doobie White, a divertirsi come un matto facendo cose non sgrammaticate, ma che proprio la grammatica la fanno saltare per aria a mezzo di attentati dinamitardi, perché la grammatica cinematografica è per i deboli.
E vi dirò di più: Monster Hunter è un film di pura astrazione,  quasi del tutto privo di dialoghi e con una trama che non si può nemmeno più definire lineare; la trama, come la grammatica, è per i deboli.

Monster Hunter è la personale versione di Paul W. di un buddy movie, per quelli la cui conoscenza cinematografica è inchiodata agli anni ’80; secondo ammissione dello stesso regista, e per quelli consapevoli del fatto che il cinema è nato prima del 1980, trattasi di rivisitazione in salsa Anderson di Duello nel Pacifico di John Boorman. E non c’è proprio niente da ridere: è tutto vero, tutto dimostrabile, persino dichiarato.
La ranger Artemis (Milla Jovovich), insieme alla sua unità, si ritrova trasportata in un altro mondo, interamente popolato da mostri, mostri grossi, mostri velenosi, mostri che ricordano i vermoni di Tremors ma dopo una dieta a base di steroidi. La pratica dei soldati sotto il comando di Artemis viene sbrigata quasi subito e la nostra protagonista rimane da sola in un territorio ostile e, è proprio il caso di dirlo, alieno; ma non è proprio completamente sola. Nascosto nel deserto si aggira Tony Jaa; i due si incontrano, si picchiano, cercano di farsi la pelle l’un l’altro e poi stabiliscono un’alleanza dettata dalla necessità, che si trasforma col tempo in rispetto reciproco e poi in amicizia. Piccolo dettaglio: non si capiscono  e quindi devono trovare un modo di comunicare al di là della barriera linguistica.

Spesso questo modo di comunicare è rappresentato dai ceffoni, altre volte dalle armi scelte per combattere le bestiacce che affollano il deserto in cui la nostra Milla è precipitata. Insomma, è sempre e comunque l’azione a dettare i tempi alla narrazione, posto sia lecito, in un caso come Monster Hunter, parlare di narrazione e non di movimento incessante di corpi in uno spazio geografico di fantasia ma perfettamente concretizzato da quel volpone di Anderson.
Infatti, se c’è una cosa che Paul W. ha sempre dimostrato di saper fare molto meglio di tanti suoi colleghi è, appunto, gestire lo spazio: anche nelle sequenze più frenetiche, anche di fronte al totale sprezzo delle regole di montaggio classiche, moderne, presenti, passate e future, non si ha mai la pessima sensazione di non sapere dove si sta svolgendo il tutto. È una caratteristica che persino i più accesi detrattori di Anderson gli riconoscono e in Monster Hunter, ancora più che negli altri suoi film, questa sua capacità viene fuori con una potenza inusitata, forse proprio perché il regista ha talmente ridotto tutto all’osso da non essergli rimasto niente altro.

Io lo so che voi pensate al mio post di oggi come a un gigantesco scherzo, ma mi tocca deludervi: penso ogni singola parola scritta fino a questo momento. Poi, se ci va, possiamo anche buttarla sul puro cazzeggio e dire che con Monster Hunter ci si diverte un mondo, o almeno, io mi diverto infinitamente di più rispetto a qualunque blockbuster targato Disney. E qui ci sarebbe da chiedersi perché, e la riposta è tutta nelle righe precedenti: Anderson ha un’idea di cinema di intrattenimento molto precisa, molto “sua”; è l’unico regista “commerciale” rimasto a non confezionare i suoi film secondo i desiderata del pubblico o del fandom e fa di testa sua, il più delle volte fallendo anche in maniera clamorosa, almeno ai botteghini dell’Occidente. Ma Monster Hunter, vedete, non è soltanto tratto da un videogioco, di cui in tutta sincerità pochissimo mi interessa: il film è prodotto dalla Toho, e se questo nome non vi dovesse dire niente, urge un bel ripasso dei fondamenti della storia del cinema, tipo Godzilla.
Sì, certo che la Toho produce ancora e non si limita a vendere la licenza di Godzilla alla Legendary Pictures per il suo monsterverse. Essenzialmente, la Toho produce film e serie d’animazione, ma ogni tanto mette ancora lo zampino nel cinema dei mostri giganti, ed eccola qui, bella come il sole, a collaborare con Anderson per una tipologia di film che non ha più in mente come unico punto di riferimento il pubblico statunitense. Ha proprio uno stile che fa a cazzotti con la concezione del blockbuster Disney o Warner.
Anche qui c’è un animaletto puccioso, un gatto, per la precisione: solo che si tratta del cuoco di un vascello pirata che dà a Ron Perlman una tazza di tè (credo sia tè) comprensiva di palla di pelo rigurgitata di fresco. E io credevo di stare sognando.

Non voglio assolutamente convincervi che Monster Hunter sia un grande film, perché non lo è, ma quello che vorrei teneste presente è: nessun blockbuster o aspirante tale può fregiarsi dell’appellativo di gran film. Se non altro, Anderson fa cinema, e sarà cinema squinternato, ingombrante e cafone quanto volete, ma prova ancora a fare cinema. E infatti la dimostrazione pratica è che spesso i fan dei videogiochi lo detestano. E se non è garanzia di qualità questa, ditemi voi qual è.

17 commenti

  1. Luca Bardovagni · ·

    In realtà da quello che scrivi credo che il fandom del videogioco dovrebbe pur essere soddisfatto.
    Ci giocai anni e anni fa a una delle sue prime versioni…
    La trama è “menare grosse bestie” . Normalmente preferivo gli RPG nipponici con lunga trama melò, ma mi divertì.
    Ecco, da quel che scrivi mi pare sia stato fedele alla trama.

    1. Non so se in particolare il fadom di Monster Hunter ce l’abbia con lui. Spero di no, perché provo istintiva simpatia per i fan di un videogioco di mostri giganti. So che, invece, i fan di Resident Evil lo odiano a morte 😀

  2. Il blockbuster Disney/Warner mi ha spaccato il cazzo da quando è nato.

    Sia sempre benvenuto il blockbuster alternativo, intelligente ed onesto!

    1. Che poi non è un blockbuster perché non è riuscito a esserlo, anche al netto della chiusura dei cinema.
      Però la mentalità è quella del blockbuster fatto con criterio, cosa in cui Anderson è bravissimo.

      1. È un modo di essere, sempre.

  3. Letizia · ·

    Da recuperare 😉
    P.s off topic, vorrei girarti una domanda per il podcast di Paura & Delirio…sono imbranatissima e non capisco come fare.

    1. Ciao! Puoi farla anche qui e io me la segno e la metto in elenco!

      1. Letizia · ·

        Perfetto! Vorrei sapere i tuoi, e anche quelli del tuo compagno di avventure, libri horror preferiti di sempre.
        Grazie mille 🙏🏻

  4. 😀
    adrelanina a 1000, e adesso voglio gli altri 5-6 seguiti 😉
    Milla sempre tosta come in Resident Evil

  5. Giuseppe · ·

    Ecco, mi stavo proprio chiedendo perché aspettassi tanto a recensirlo (ovviamente, ce l’ho già pronto per la visione) 😀
    E, ovviamente, il nome Toho a me dice moltissimo… 😉

    1. Ma perché, le orride stroncature ricevute dal film, ero convinta fosse un passo falso di Anderson. E invece non devo mai dubitare di lui. Mai.

  6. Ovviamente i fan del videogioco già hanno rotto, visto che la trama è stata trasformata in un “Isekai”, inserendo dunque il mondo reale intrecciato con il fantastico.
    Tanto tempo da perdere!

    MH è davvero un bel film. Anche se io lo definirei più un pilot (scherzosamente), e non so quanto possa convenire di questi tempi un’operazione simile. Incrocio le dita.

    1. Ma infatti è un pilot per una serie di film, soltanto che non credo la cosa si realizzerà mai, perché non è andato benissimo nemmeno sul mercato asiatico cui era indirizzato.

  7. Al netto dell’aver inserito i marine in Monster Hunter (che non ci sono), il film mi sembrava dai trailer quello che la gente si aspettava (fan del gioco e non) da Monster Hunter: legnare mostri con armi enormi e ricavate dalle ossa e parti dei mostri stessi.

    Purtroppo quella battuta/gioco di parole sugli asiatici gli ha segato il mercato asiatico (dove avrebbe fatto il culo al live action di Mulan), tarpandogli incassi e consensi.

    P.S: I Gattoni/Assistenti in Monster Hunter sono L’AMMORE, ameresti il gioco solo per questo

    1. Ah ovvio che recupero appena possibile questo film

    2. Ma infatti devo dire che il film mi ha fatto venire voglia di giocare, cosa rarissima per la sottoscritta!

  8. […] il secondo conflitto mondiale utilizzando la metafora fantastico-fantascientifica. Come nota Lucia è un rifacimento di Duello nel pacifico – magari sarà più semplice ricollegarlo a Enemy […]