Regia – Chris Peckover (2016)
Più il Natale si avvicina minaccioso a grandi passi, più io ho voglia di cinema horror. Questo film lo tenevo in caldo per il momento giusto, proprio a ridosso delle feste perché, lo sapevo, mi sarebbe servito da antidoto e, se è vero che forse non è del tutto ascrivibile al genere horror e mantiene toni da commedia per gran parte della sua durata, si tratta di un film con un’anima perfida, seppure ben nascosta sotto lo strato di leggerezza e luccichii natalizi.
Better Watch Out è passato in Italia l’anno scorso al Festival di Torino con un altro titolo, Safe Neighborhood, che forse era più azzeccato, ma lasciava un po’ in ombra l’ambientazione che non è pretestuosa ma fondamentale. Il film non è solo una storia che si svolge nel periodo dedicato alle festività, è un colpo mortale al concetto stesso di festività, una sventagliata di mitragliatrice dritta in faccia alla retorica che si respira, volenti o nolenti, in prossimità del Natale.
Arriva, ma tu guarda un po’, dall’Australia, dove è stato interamente girato, anche se scenario e personaggio sono americani, ed è difficilissimo analizzarlo perché rivelare anche un solo dettaglio sulla storia e, soprattutto, sul suo svolgimento, vi rovinerebbe la visione. Io cercherò di essere brava e di non fare alcuno spoiler, ma voi non proseguite comunque nella lettura, se non avete ancora visto il film. Oppure fatelo a vostro rischio e pericolo: Better Watch Out andrebbe visto senza avere la minima nozione di ciò a cui si va incontro.
Ci troviamo in prossimità delle feste e Ashley (Olivia DeJonge)sta per partire e trasferirsi in un’altra città; vorrebbe restare a casa a preparare i bagagli, ma la chiamano per fare da babysitter a Luke (Levi Miller), un ragazzino di tredici anni che conosce da tutta la vita e che è, neanche troppo segretamente, innamorato di lei. Tra telefonate di ex fidanzati e tentativi goffi (e un po’ prepotenti) di Luke di conquistarla, Ashley spera solo che la serata passi in fretta. Almeno fino a quando qualcuno non si introduce in casa con pessime intenzioni e Ashley deve difendere Luke e il suo amico Garret (Ed Oxenbould) dagli intrusi.
Letta così, sembra la trama di un home invasion come tutti gli altri, nonché un decalcomania di The Babysitter, che a sua volta aveva debiti pesantissimi con Home Alone.
E invece, neanche a metà del minutaggio, Peckover ci piazza un capovolgimento di fronte che non si vede arrivare e il film cambia all’improvviso di tono, diventando tutt’altra cosa. Il passaggio è così fulmineo e ben orchestrato da avere l’effetto di un ceffone; mette in discussione tutto quello che abbiamo visto fino a quel momento, le aspettative che ci eravamo fatti sui personaggi e le nostre previsioni, che credevamo corrette, sullo svolgimento classico di un home invasion.
Eppure, Better Watch Out, proprio a partire dal titolo, gioca con le sicurezze dello spettatore esperto e assuefatto a un certo tipo di visioni: meglio stare attenti, ci dice, cogliete i dettagli e vi accorgerete che c’è qualcosa che non torna sin dall’inizio. E infatti andrebbe visto un paio di volte; la prima per farsi cogliere di sorpresa e la seconda per gustare gli indizi disseminati in giro da Peckover e capire come fosse programmato tutto nei minimi particolari, perché siamo così abituati a certi personaggi codificati da anni e anni di cinema di genere da non realizzare che lo stereotipo è stato sovvertito se non quando è troppo tardi.
In un certo senso, Better Watch Out fa il verso a tutti quei film con ragazzini ingegnosi che riescono a tenere testa ad adulti malintenzionati solo grazie alla loro intelligenza e alla loro presenza di spirito. Non è Home Alone e non è neanche (per i più raffinati) Un Minuto a Mezzanotte, è il loro esatto contrario, la loro perversione.
In questo modo, Better Watch Out sbaraglia la nostalgia di solito legata a questo tipo di film e ce ne mostra un lato malvagio, che forse non abbiamo mai voluto vedere. È un approccio innovativo e interessante alla materia, condotto anche con gusto sadico, andando a toccare qualcosa che, per molti ex ragazzini cresciuti negli anni ’80, ha assunto quasi delle caratteristiche sacrali. Si pone, insomma, in completa controtendenza rispetto a operazioni alla Stranger Things e affini. Se The Babysitter giocava molto sul dualismo tra ragazzino impacciato e un po’ sfigato e giovane donna bellissima e irraggiungibile, troppo simpatica per essere vera e, di conseguenza, con non tutte le rotelle a posto, Better Watch Out si spinge ancora oltre, anche se all’inizio sembra seguire lo stesso, identico schema.
Nel fare questo, si avvale dell’interpretazione di tre attori, la più anziana dei quali è nata nel 1998, e gli affida il film nella sua interezza. Certo, c’è Virginia Madsen che apre e chiude il film con grande classe, ma la si vede in campo per una manciata di minuti. Per tutto il resto del tempo, ci sono solo tre ragazzini in un appartamento e sono gli scambi tra loro a costituire il valore aggiunto del film, sono i loro personaggi, che riescono a compiere sempre qualche gesto inaspettato e sorprendente, sono i dialoghi scritti su misura che spesso spiazzano davvero e, in una circostanza in particolare, raggelano e ti strappano via il sorrisetto compiaciuto dalla faccia. Piccola curiosità: Ed Oxenbould e Olivia DeJonge hanno una splendida alchimia, dovuta anche al fatto che sono i due fratellini protagonisti di The Visit, tornati a recitare insieme in ruoli completamente diversi.
La regia di Peckover, al suo secondo lungometraggio, è molto dinamica e ricca di scelte non convenzionali nella gestione del fuori campo: c’è una certa sequenza che coinvolge un barattolo di vernice da incorniciare, per ritmo, tensione e macabra ironia, ma soprattutto per quello che non viene mostrato e si lascia alla nostra immaginazione, senza che la violenza perda un grammo della sua efficacia.
Better Watch Out è un film che ti nasconde le cose, ti toglie il terreno da sotto i piedi e ti costringe ad andarti a cercare le motivazioni dei protagonisti in luoghi dove non vorresti andare. Ha un senso morale che va molto al di là della patina da commedia al sangue. Parla di una solitudine e di una incomprensione assolute che degenerano nella crudeltà, e lo fa con leggerezza. In poco meno di un’ora e mezza dice molto di più sulle nuove generazioni di tanti film con ambizioni elevate e cipiglio serioso. Forse il rischio è che passi per un’overdose di cinismo e cattiveria, se guardato superficialmente, ma se si va ad approfondire, viene fuori un ritratto desolante di genitori e figli e l’impossibilità di porre rimedio allo sfacelo, perché ormai è troppo tardi.