Regia – Lewis Jackson (1980)
Il primato nell’aver messo in scena un assassino vestito da Babbo Natale spetta di sicuro all’episodio con Joan Collins nell’horror antologico della Amicus del 1972 Racconti della Tomba, ma subito dietro arriva questa sconosciuta gemma dei primi anni ’80, che tra i suoi estimatori può vantare addirittura John Waters. Christmas Evil, originariamente uscito con il titolo di You Better Watch Out, ha anche qualche anno di anticipo su quello che è da sempre stato considerato lo slasher natalizio per antonomasia, Silent Night Deadly Night, di cui qui abbiamo già discusso tanto tempo fa, credo addirittura nel primo natale di questo blog, roba da reperto archeologico, quasi.
Se Silent Night Deadly Night raggiunse subito la fama, a causa di una controversia basata sulla moralità di mostrare Babbo Natale che ammazza la gente ad accettate in faccia, anche Christmas Evil ebbe qualche problema di censura, finendo per essere bandito in Inghilterra. Una reazione di certo eccessiva, data la quantità davvero misera di sangue presente nel film, ma dobbiamo anche considerare che l’abitudine a vedere killer psicopatici con barba bianca e costume rosso è relativamente recente e, quasi quarant’anni fa, doveva essere un bello shock culturale.
Lewis Jackson ci ha messo una decina di anni per trovare una produzione per questo suo progetto. Tutte le decorazioni natalizie visibili nel film sono state raccolte e collezionate nell’arco di quel periodo di tempo, con il film in testa e nessuno che volesse finanziarlo. A sbloccare la situazione è stato il successo di Halloween, con la conseguenza della nascita del primo ciclo produttivo di slasher, categoria cui si fa rientrare anche Christmas Evil, ma non del tutto a ragione. Più che agli assassini mascherati a caccia di adolescenti, il protagonista del film è un diretto discendente del Travis di Taxi Driver. So che è un accostamento molto azzardato e anche irriverente, eppure la parabola dell’impiegato in una fabbrica di giocattoli Harry (Brandon Maggart) ha più di un punto in comune con quella del tassista più famoso della storia del cinema.
Harry è un uomo di mezza età ossessionato dal Natale e dallo spirito natalizio; vive in un appartamento invaso dalle decorazioni a tema e spia i figli dei vicini per giudicarne il comportamento: ha persino due libri su cui annota i nomi dei bambini buoni e di quelli cattivi. Ha un fratello più giovane, sposato con prole che lo giudica un povero inetto, più o meno la stessa maniera in cui lo giudicano tutti gli adulti con cui ha a che fare, soprattutto sul lavoro. Fondamentalmente è una brava persona con qualche squilibrio dettato da un trauma infantile legato alla figura di Babbo Natale e narrato come antefatto al film.
Tutti considerano Harry inoffensivo, qualcuno di cui prendersi gioco o da sfruttare: un collega gli chiede di fare il turno di notte al posto suo, perché non si sente bene, ma poi Harry lo vede sbronzarsi a un pub, per esempio. E Harry sopporta, sopporta, fino a quando l’unica cosa che lo rende felice, ovvero lo spirito natalizio, non gli viene distrutto in ogni modo possibile, durante un party aziendale all’insegna del cinismo più bieco. E allora Harry decide che deve essere lui a ripristinarlo, quello spirito, capisce di essere l’incarnazione di Babbo Natale, pronto a dispensare premi ai bambini buoni, e a uccidere senza pietà gli adulti cattivi.
Gran parte della riuscita del film risiede nell’interpretazione di Maggart, un caratterista che avrete visto in decine di film che qui, per la prima e credo ultima volta in carriera, è il mattatore assoluto della scena: tutto ciò che accade in Christmas Evil è filtrato attraverso la sua prospettiva ed è bravo il regista a modificare il tono e l’atmosfera del film a seconda dello stato d’animo di quest’uomo-bambino. Nonostante sia evidente sin dall’inizio che il povero Harry abbia dei seri disturbi mentali, è impossibile non provare simpatia nei suoi confronti. Maggart evita di essere troppo caricaturale, preferisce al contrario dare il ritratto di un individuo invisibile agli occhi della società, una di quelle persone che non noti neanche se la incroci per strada, sprofondata nell’anonimato e nella solitudine. Ma che, non appena interagisce con gli altri, porta alla luce tutta la sua diversità, il suo non essere adatto alla vita adulta. È anche molto ben studiato il cambiamento che avviene in lui una volta indossato il costume da Babbo Natale che porterà come una seconda pelle per tutta la seconda metà del film; lì infatti Harry diventa più sicuro di sé, quasi affascinante, ed è esemplare la sequenza in cui si introduce a una festa della vigilia e intrattiene sia adulti che bambini. I secondi, in particolare, lo adorano, e arriveranno a difenderlo facendogli da scudo quando un gruppo di genitori lo attaccherà.
Lewis Jackson, regista da un unico film, costruisce questa sua opera d’esordio come un thriller psicologico di stampo realista, quasi alla maniera della New Hollywood, che poi deraglia nel cinema fantastico quando la mente di Harry comincia a cedere. A quel punto, il registro del film si fa allucinatorio, con le decorazioni e i ninnoli natalizi che ingombrano l’appartamento del protagonista che assumono un aspetto minaccioso, stregato, e la percezione di Harry (che è, ribadiamolo, la nostra) sempre più distorta, sempre più incapace di distinguere l’orribile realtà degli omicidi dalla dolce fantasia di essere davvero Babbo Natale, ma perseguitato dai bifolchi che non capiscono il suo messaggio e il suo desiderio, molto semplice ed elementare, di portare un po’ di gentilezza nel mondo. A colpi di accetta, questo è chiaro.
Realtà e fantasia finiscono per confondersi completamente negli ultimi venti minuti, in cui Harry viene inseguito da un gruppo di adulti armati di torce e forconi, come in un film di James Whale con il mostro di Frankenstein (altro personaggio con cui Harry ha parecchie cose in comune), e non gli resta che rifugiarsi a casa del fratello, responsabile indiretto del suo trauma infantile e quindi di ciò che è diventato. Solo che lui, a differenza di Harry, è cresciuto, è diventato un uomo e non può vedere il mondo con gli stessi occhi di quel tragico Babbo Natale che gli si è presentato alla porta.
Più che un horror vero e proprio, Christmas Evil è un dramma di serie B di una tristezza infinita, che sembra suggerire che la magia, una volta spazzata via dalla nostra vita, può essere reintrodotta nella realtà soltanto a prezzo di diventare folli, perché Harry vorrebbe vedere del magico dove non esiste: nella fabbrica di giocattoli, luogo quasi sacro per lui, quando è in realtà soltanto una catena di montaggio priva di anima; nel Natale, in cui non crede più nessuno tranne lui e un pugno di bambini, che però diventeranno come i loro genitori. E allora non gli resta che volare via sul suo furgone-slitta e sparire nella notte, con un’ultima risata.
ma sai che non ne avevo mai sentito parlare? sia lode a questo blog per tutte le perle che mi ha fatto scoprire! mi sembra un titolo adattissimo alle (da me tanto odiate) festività natalizie 😀 seguito a ruota da black christmas, ovviamente 😀
È proprio un film sconosciuto ai più. E credo sia addirittura inedito qui da noi, senza neppure un’uscita in home video.
Insieme a Black Christmas, guarda anche il primo Silent Night Deadly Night che è una delizia 😀
In effetti, sono sicuro di non averlo mai visto da nessuna parte nemmeno io. In caso contrario, con la sua triste e tragica poetica da Natale tradito e perduto (come l’intera vita del protagonista) mi avrebbe senz’altro conquistato all’istante…
P.S. A proposito di feste (e onomastici): questa è ancora la notte di Santa Lucia… la miglior operatrice al montaggio che ci sia! 😉 ❤
Grazie per gli auguri ❤
E hai anche un nuovo film da vedere per natale!
Ecco, per Natale potrei vedermi questo film oppure Trasporto Eccezionale. Oppure entrambi.