Regia – Paul W.S. Anderson
“Rescue the crew, salvage what’s left of the ship. The crew is dead, doctor. Your ship killed them.”
La Director’s Guild of America garantisce ai registi un periodo di almeno dieci settimane tra il momento in cui si comincia a montare un film e quello della presentazione di una prima versione del film ai produttori e ai distributori. Se dieci settimane vi sembrano troppe è perché non avete idea di come funzioni quella fase delicatissima che è il montaggio di un film. Non è affatto colpa vostra: c’è un’ignoranza abissale riguardo alla post-produzione, sia da un punto di vista artistico sia (soprattutto) da quello tecnico.
In Italia le cose sono molto diverse e i tempi molto più stretti, ma qui parliamo di un film di fantascienza ad alto budget, pieno zeppo di effetti speciali e con una storia anche abbastanza complessa, dove perdersi qualche passaggio per un editing un po’ frettoloso potrebbe danneggiare seriamente il risultato finale. Parliamo anche di sistemi produttivi, quelli britannico e statunitense, molto diversi dal nostro.
Insomma, dove sanno fare il cinema bene, dieci settimane per un primo montato sono considerate il minimo sindacale.
Paul Anderson, che all’epoca era un regista giovane, promettente e con un esordio alle spalle dal grande successo commerciale (Mortal Kombat), deve aver sofferto di un eccesso di sicurezza, perché assicurò alla Paramount, che voleva distribuire Event Horizon prima di Titanic, previsto per il settembre del 1997, che avrebbe chiuso il primo montato del film in sei settimane, poi diventate quattro a causa di due settimane aggiunte alle riprese e, per forza di cose, sottratte al montaggio.
Quando qualcuno vi dice che il montaggio è “attaccare le figurine” o “mettere in fila il film”, voi raccontategli la storia di Event Horizon, di come dei tempi troppo serrati per terminare un film abbiano, di fatto, trasformato un enorme talento come Anderson nel cazzaro che tutti noi conosciamo. Io adoro quel cazzaro, intendiamoci, gli ho addirittura dedicato speciali e monografie, ma il rimpianto per il regista che poteva essere, se non fosse andato a sbattere contro Event Horizon, rimane sempre.
D’altronde, quando hai poco più di trent’anni, ti mettono in mano una sceneggiatura che è stata definita dal suo stesso autore una specie di “Shining nello spazio” e ti danno sessanta milioni di dollari con cui giocare, anche se sai quanto sia un’impresa difficile montarlo in sole quattro settimane, accetti per forza e ci provi, anche se il fallimento è dietro l’angolo.
Tuttavia, quando Anderson presenta un montato di centotrenta minuti alla Paramount, scoppia il finimondo: con grande lungimiranza, alla Paramount avevano smesso di visionare i giornalieri del film dopo poche settimane di riprese e prima che Anderson girasse le scene più violente. Forse anche loro erano stati presi da un eccesso di sicurezza o forse stavano impazzendo dietro a Titanic. Non è dato di saperlo. Fatto sta che, non appena si accorgono dell’ammontare di gore in Event Horizon, gli prende lo svenimento e pare ad alcuni neanche in senso figurato. Se il film fosse rimasto così, non avrebbe mai ottenuto il marchio R, ma quello, corrispondente a un suicidio commerciale, dell’NC- 17.
Dai centotrenta minuti iniziali, correndo come matti perché la data di distribuzione non slitta, si passa novantasei della versione uscita in sala. Risultato: il film viene stroncato dalla critica ed è anche un flop di un certo livello; Anderson se ne torna a casa con la coda tra le gambe e resta nel limbo fino a quando, nel 2002, non trova il cantuccio confortevole di Resident Evil in cui rifugiarsi per tutto il resto della sua carriera.
La storia ha però un lieto fine, perché Event Horizon si comporta benissimo nel mercato home video e non solo, ma si ritaglia anche un certo seguito di appassionati che lo amano nonostante le sue mancanze e i suoi evidenti difetti. Diventa un cult, insomma, molto spesso citato in altri film e persino dal grande autore Nolan, nel suo “capolavoro” Interstellar, che plagia letteralmente la spiegazione del viaggio interstellare al suo predecessore di serie B, senza per altro che nessuno glielo abbia fatto notare.
In realtà, Event Horizon ha molto poco di “Shining nello spazio”, anche se Anderson ci piazza una bella inquadratura di una cascata di sangue in un aperto e riverente omaggio a Kubrick. È, prima di tutto, un film che deve moltissimo a Lovecraft e alla saga di Hellraiser e, anche se l’ambientazione è sci-fi, si tratta di un horror puro, basato essenzialmente sulla paura dell’ignoto e su una forma di male cosmica e impossibile da definire con chiarezza, qualcosa che se ne sta acquattato nelle pieghe dell’universo e approfitta di un passaggio creato dagli esseri umani per infiltrarsi nel nostro livello di realtà e farci impazzire. In più, c’è una componente erotica tipica di Barker e dei suoi cenobiti, che forse era molto più accentuata nella versione lunga del film, ma che è ancora possibile intravedere nell’atroce filmato dell’orgia. Se pensate che il capitolo di Hellraiser ambientato nello spazio è del 1996, l’idea di trasferire i supplizi infernali dalla terra alle stelle non è poi così assurda.
È dunque un film derivativo, Event Horizon, e pesca tutti gli elementi da un paio di decenni di storia del fanta-horror in maniera anche svergognata, se vogliamo. Ma la sua bellezza sta nel come li mescola, nel modo in cui riesce a creare un incubo gotico in un contesto fantascientifico. Anche se il film porta ancora le cicatrici della sua post-produzione preda del caos, a risaltare sono la sua atmosfera sinistra e costantemente minacciosa e, soprattutto, il sorprendente talento visivo di Anderson.
Certo, le scenografie e il design della nave spaziale che dà il titolo al film sono impressionanti e, quelle sì, originalissime: un inquietante miscuglio di modernità, futurismo e linee antiche, ricchissimo di dettagli, quasi che la Event Horizon sia stata progettata avendo in mente non tanto un veicolo spaziale quanto una cattedrale. E non solo: la nave è viva e lo spettatore non ha alcun dubbio che lo sia dal momento in cui vi mette piede insieme all’equipaggio di soccorritori inviato nell’orbita di Nettuno a morire. È viva perché Anderson la inquadra più come un gigantesco animale che come un pezzo di metallo, una bestia nel cui ventre macchiato di sangue si viene risucchiati e che, una volta dentro, non ti lascia più andare.
Anderson, da molti considerato uno dei peggiori registi di sempre, in questo film sale in cattedra e impartisce lezioni di cinema a tutti. Lo stile per cui abbiamo imparato a conoscerlo nei film successivi, sovraccarico, esasperato, in un parola, cafonissimo, qui è molto più mitigato e tenuto sotto controllo, molto più al servizio della storia. È sempre lui, sia chiaro, ché la bravura di Anderson nella composizione dell’inquadratura non l’ho mai messa e mai la metterò in discussione, ma qui se non altro hai il tempo di godertele, le inquadrature, senza che vengano sommerse dal caos, dall’eccesso di ralenty, dalla perenne tendenza a strafare, che in un Residen Evil o in un Death Race ci sta benissimo, ma in un horror come Event Horizon è preferibile una certa pulizia. E infatti, Event Horizon è un film stilisticamente pulitissimo e geometrico. Dove regnano follia e caos nel racconto, arriva Anderson e mette ordine, così da mostrarci l’orrore in tutto il suo splendore.
Event Horizon è un singolare e affascinante ibrido tra delle premesse con elevate ambizioni e un risultato finale molto più vicino al B-movie che al cinema di serie A cui dovrebbe appartenere per budget e grandezza della produzione. Ha, in effetti, la sceneggiatura di un B-movie o, anche meglio, del racconto di una rivista pulp degli anni ’30. Ma il cast di grandissimi attori e caratteristi chiamati a interpretare il film sembra crederci tantissimo, così come Anderson, e forse uno dei suoi pregi maggiori è la sua serietà sepolcrale. L’inferno (ma si usa questa parola solo perché dobbiamo dare un nome alle cose) messo in scena da Anderson e arrivato a infestare la Event Horizon da una breccia aperta nello spazio-tempo, fa paura davvero, così come le entità innominabili che ci aspettano dall’altra parte.
Il 2007 è stato un anno pieno di cose belle per il cinema horror, per cui il sondaggio di questa settimana sarà più corposo del solito, con ben 5 film tra cui scegliere. Cominciamo con The Mist, di Frank Darabont, passiamo poi a El Orfanato di J. A. Bayona, aggiungiamoci À l’intérieur del dynamic duo Bustillo e Maury, proseguiamo con 30 Giorni di Buio di David Slade e chiudiamo con il coccodrillone di Rogue, del nostro amico Greg McLean.
Visto la prima volta un anno fa. Avevo notato qualche cosa che non quadrava, ma non ho pensato potesse essere il montaggio. Comunque ricordo che mi era piaciuto un sacco e mi sembrava incredibile fosse diretto da Paul! E poi, scusa, Sam Neill cattivo dove lo mettiamo? Ci sta da dio.
Ho votato The Mist, anche se ero molto indeciso stavolta.
Sì, è che il film è stato tagliato di più di mezz’ora, in fretta e furia e qualche passaggio è rimasto un po’ oscuro. Però, nonostante questo, funziona. Il vero peccato è che tutto il girato originale è andato perduto e quindi non potremo mai vedere una versione completa del film
Ricordo che lo vidi in casa, da solo, al buio più completo (i film “de paura” me li voglio gustare così)… ma dopo un po’ non ho retto : ho dovuto mettere in pausa e accendere le luci della casa. Mai cagato sotto così vedendo un film ! Mi trasmetteva una sensazione di angoscia che col passare dei minuti si era insinuata sottopelle.
E’ vero, c’è qualcosa che non sempre quadra a livello di sceneggiatura, ma ti dirò : forse questi buchi evidenti in qualche modo contribuiscono a renderlo inafferrabile e inquietante.
Uno degli horror (io lo classifico così) più memorabili della mia vita di cinefilo.
E giuro che ne ho visti tanti.
Fa paura, è verissimo. Ora che l’ho rivisto da adulta mi è rimasta addosso una certa inquietudine anche dopo la visione.
Impressionante.
Lucia, ribadisco che il gore non fa per me, ma questo film me lo sono voluto guardare.
E non è stata una felice idea, soprattutto per l’angoscia che ha suggerito Sergio e che permea tutto il film.
Aggiungo solo una cosa: Barker mi sa ha tenuto le opere complete di HPL per parecchio tempo sopra il comodino, per poi interpretarle con la sua sensibilità, certo, parecchio british.
Ma, gira e rigira, da li viene parecchia roba.
Questo giro niente sondaggio, sorry.
Pace profonda nell’oda che corre.
Film pazzesco. Me lo guardavo con gli amichetti a 13 anni quando avevamo voglia di strizza vera. Ricordo ancora la paura che ci trasmetteva, terrificante e disturbante come pochi.
Per “colpa” di Event Horizon ho ancora paura di Sam Neill 😉
Diciamo che tra questo e Il Seme della Follia, Sam Neil ha un posto d’onore nei nostri incubi 🙂
“Dove stiamo andando non servono occhi per vedere”, “Inferno è solo una parola: la realtà è molto, molto peggio!”… battute scelte a beneficio di chi, tra denigrazioni varie, come non bastasse riduceva pure quell’oscura dimensione di puro male a una più semplice e ancor più banale rappresentazione limitata ai classici inferi 😉
Fanta-horror derivativo di gran classe (Mr. Nolan, guardi che non è mai troppo tardi per ringraziare, eh) nonostante i drastici e frettolosi tagli a cui venne costretto l’incolpevole Paul, e che avrebbe comunque meritato già allora un trattamento migliore da entrambe le parti, pubblico e critica… quanto vorrei ancora vedere qualcuno, oggi, fidarsi di Anderson a tal punto da dargli la possibilità di girarne un sequel (anche a parziale risarcimento di tutto quel girato perduto).
Sostengo Juan Antonio Bayona pure io 😉
È che Anderson ha proprio tirato i remi in barca, come si suol dire…
Ormai gira solo cose su cui si sente sicuro. Vedremo cosa succederà alla sua carriera post Resident Evil, che è arrivato alla fine!
Concordo su tutto.
Il mio voto va a El Orfanato, sarei curioso un tuo parere
El Orfanato l’ho votato anche io 😉
Come sempre non posso che ringraziarti per aver messo in luce un film di cui sono contentissimo di aver saputo questi deliziosi retroscena. Non ricordo come andarono gli incassi in Italia ma la distribuzione fu pessima: lo spacciarono per un film di fantascienza (sembrava una versione di Solaris più action) quando invece per ritmo e tematica è ovviamente un horror. Per me fu una bella sorpresa,visto che piacono entrambi i generi,ma per molti è stato un po’ fuorviante anche perché alcune sequenze erano davvero pesanti (che io ho amato). E’ un po’ come per Resident Evil che continuano a spanciarlo per Horror, ma un film di azione con ambientazione zombie.
Comunque spero che vinca “The Orphange” che è un film meraviglioso che all’interno del genere punta altrove (come La spina del diavolo ed il Labririnto del fauno del periodo “spagnolo” di Guillelmo Del Toro)
Prego, siamo qui per questo e anzi grazie a te che leggi 🙂
Il film andò molto male un po’ dappertutto e soltanto dopo si è costruito un suo seguito.
Ci sono alcune immagini, è vero, che non si dimenticano.
Il film spagnolo è in difficoltà, ma mancano ancora due settimane, quindi non si sa mai! 🙂
[…] per una vecchia ciurma di appassionati di fantascienza. Ma non mancano le suggestioni in stile Event Horizon, per citare un film al quale la mia amica Lucia ha recentemente dedicato un post (sì, leggetelo, […]
Tempo fá uno degli accounts, che seguivo nel mio Tumblr, postò una gif assurda: il nucleo gravitazionale in movimento, che generava gravità artificiale (tanto da poter eguagliare addirittura quella di un buco nero!) della Event Horizon.
Mi sconvolse quella gif, anzi ci impazzii (!)
Non sapevo da quale film venissero quelle scene e lo volevo assolutamente scoprire il prima possibile: la fantascienza (insieme al chambara) è il mio genere cinematografico preferito in assoluto. Non potevo non sapere e perdere ulteriore tempo.
Una volta scoperto il film, lo scaricai e lo misi a vedere la sera stessa.
La prima parte mi piacque: mi presero abbastanza bene l’ansia e le scene lente, ma ‘profonde’, che solo l’ignoto cosmico riesce a procurarti.
Ma appena la componente horror iniziava a palesarsi anche fisicamente nella seconda parte, qualcosa iniziò a sgretolarsi… pure troppo velocemente. Sembrava che ciò, che legava e saldava il tutto perdesse di colpo la forza. Non ricordo bene cosa portò il tutto tristemente e così velocemente alla deriva.
Ricordo solo che dalla delusione rimossi l’entusiasmo iniziale frettolosamente e non approfondii quindi minimamente il perché e il per come di un tracollo così ‘no sense’, visto che c’era tutto per un bel film sui generis.
Mea culpa, ok, ma certe botte stordiscono e shockano davvero.
La vita riprese, come riprese, immagino, pure quella di Anderson dopo quell’evento…
Ora grazie alla tua ricca e approfondita recensione, Lucia, certe cose si sono rimanifestate e piano piano chiarificate… ed è un pò come, se io e il film ci stiamo ricongiungendo dopo un periodo di incomprensioni… 😂
Grazie
Ma infatti questo film ha proprio il problema di finire in maniera troppo frettolosa e “caciarona”.
Poi a me piace quando la componente horror si palesa fisicamente, mi piace il gore, anche bello tosto e questo film ne era letteralmente pieno, prima che glielo facessero tagliare quasi tutto 😦
Da mezzo franzoso che sono, ovviamente à l’intèrieur.
Bella recensione, mi è piaciuta molto, come il film peraltro.
Ah, Bayona tutta la vita 🙂
Grazie e benvenuto (o benvenuta?)
Anche per me Bayona per sempre!
L’ho visto da giovine giovine per un errore di interpretazione (spazio quindi fantascienza!) di mio zio.
Non l’ho finito e piangevo.
L’ho poi ripreso col tempo e me lo son goduto, però il ricordo resta. Peccato il non poter risalire alla versione integrale, che ora sarebbe ben vendibile.
Non l’avevo visto allora, l’ho recuperato adesso grazie a te, ma è un peccato, questo bel caos controllato andava goduto al cinema. E vabè, meglio che niente.
Ma neanche io ho visto Event Horizon al cinema 😦
Mi pare che uscì d’estate distribuito malissimo, quindi perderselo fu molto facile.
Nel mio diabolico progetto di aprire un cinema d’essai horror, EH sarebbe uno dei primi film a essere proiettati.