Pillole di visioni estive

The_Bathers_by_DamianFulton

Bentornati a tutti. Passate belle vacanze? Siete ancora in vacanza? Non ci siete proprio stati? Poco importa, ormai: siamo agli sgoccioli della stagione estiva e il blog riprende a pieno regime a partire da oggi. Non saranno ripristinate le rubriche classiche fino a settembre, ché mi sembrava brutto ammorbarvi con un film muto alla riapertura e dovrete aspettarvi almeno un altro film del Ciclo Zia Tibia prima della fine di agosto. Ma, a parte questo, ricominciamo con i nostri canonici tre post a settimana.
Ho guardato parecchi horror durante le ferie. Quasi tutti non degni neppure di una menzione. Alcuni erano passabili, un paio, forse, si meriteranno un recensione. E poi ce n’è un mucchietto a cui non mi sento di dedicare un post intero, ma che valgono comunque l’oretta e mezza spesa a dargli un’occhiata. E così ho pensato, per ripartire in maniera rilassata e poco impegnativa, di fare un piccolo consuntivo. Se l’idea non vi fa proprio schifo, possiamo replicare ogni volta che accumulo film su cui non sento un gran bisogno di scrivere qualcosa di approfondito.

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Cominciamo col meno interessante del gruppo: uno dei tanti horror a episodi che, in questi ultimi anni, sembrano essere tornati, se non altro per l’aspetto quantitativo, ai fasti degli anni ’80. In questo caso, oggetto dei vari segmenti che compongono il film sono le festività, su cui ogni regista coinvolto costruisce un raccontino macabro, che dovrebbe, in teoria, estrarne il lato oscuro.
Non sempre la cosa va in porto e ci sono episodi francamente dimenticabili, come quello diretto da un Kevin Smith ormai in caduta libera e dedicato ad Halloween o l’insignificante cortometraggio natalizio, a firma di Scott Stewart. Ci sono però anche delle cose molto buone, per esempio Nicholas McCarthy che si dà al body horror blasfemo con il suo episodio pasquale, Adam Egypt Mortimer che, coadiuvato da una sempre ottima Lorenza Izzo, ci illustra quanto può essere pericoloso il capodanno e, in cima a tutti quanti, lo splendido episodio dedicato alla festa del papà e diretto dall’esordiente assoluto Anthony Scott Burns, con una delle migliori attrici di genere in circolazione, Jocelin Donahue, di cui parleremo di nuovo tra pochissimo.
Niente di eccezionale o troppo entusiasmante, ma per un pomeriggio in cui non si ha nulla di meglio da fare, Holidays va più che bene.

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Molto meglio va con un film prodotto dalla Filmax di Jaume Balaguerò, con troupe quasi interamente spagnola, cast internazionale (e qui ritorna la Donahue) e regista italiano, il torinese Alberto Marini.
Summer Camp, il cui titolo potrebbe trarre in inganno e farci pensare subito a uno slasher, è in realtà un curioso film epidemico, con un virus che pare provenire dagli animali e colpisce quattro animatori americani che lavorano in un campeggio estivo in Spagna, un paio di giorni prima dell’apertura ufficiale e dell’arrivo dei bambini. Nonostante lo scheletro della trama non sia il massimo dell’originalità (e comunque chi se ne frega dell’originalità), i suoi sviluppi rendono il film fresco e divertente. La natura del virus, che non sto qui a specificare per non incorrere nel rischio di spoiler, si chiarisce gradualmente e i suoi effetti hanno addirittura il potere di sorprendere, non tanto per come si manifestano in chi li subisce (la solita aggressività condita da appetito per la carne umana), quanto per un piccolo dettaglio che dona all’intera vicenda la possibilità di svolgersi in modo diverso dal solito.
Molto bello, nonché spietato, il finale, con un uso tutt’altro che scontato del classico fucile di Checov. È strano che di questo piccolo film se ne stia parlando così poco, perché è una variante simpatica dello zombie movie e, al netto di un budget evidentemente molto basso, è anche ben diretto e interpretato.

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Ho da farvi una confessione: io ho paura dei cani. Generalmente non ci vado d’accordo e, quando sono grossi, mi terrorizzano. The Pack, di un altro esordiente, Nick Robertson, sembra essere la concretizzazione dei miei peggiori incubi: un branco di cani randagi terrorizza una famiglia in una fattoria isolata. Classico film d’assedio, con i randagi che svolgono in maniera egregia il ruolo dei mostri, tanta tensione, un paio di sequenze con copiosi spargimenti di sangue e quattro personaggi per cui stare in pena e fare il tifo. Tutto si svolge nell’arco di una notte e gli attori presenti in scena saranno al massimo sei. Gran lavoro con gli animali, anche se il regista compie la saggia decisione di mostrarli il minimo sindacale.
The Pack è un film che scorre via liscio e rapido, si prende pochi minuti, all’inizio, per fornire quel tanto di background sufficiente a dotare i personaggi di spessore e poi decolla a razzo e non si ferma neanche un secondo fino alla fine. Niente pause, niente riflessioni. Si sta concentrati sull’azione e sulla sopravvivenza, si fanno fuori un sacco di bestiacce incattivite e si cerca di portare a casa la pelle. Tipico prodotto australiano che fa dell’economia narrativa il suo punto di forza maggiore.

E con i cani randagi chiudiamo la nostra piccola rassegna estiva di film meritevoli. In settimana, vorrei parlare di due cose che mi stanno particolarmente a cuore: devo scrivere una stroncatura, ma con ragioni ben precise, e devo fare pubblica ammenda per una cantonata che ho preso l’anno scorso parlando di una serie tv.
Buon ritorno alla misera esistenza quotidiana a tutti.

14 commenti

  1. Quanto mi piace la tua onestà intellettuale che ti porta a dire: ho preso una cantonata. Non è da tutti.
    The pack è quello che sicuramente mi interessa di più rispetto agli altri due. Anche io avevo paura dei cani, fino a quando poi in casa è arrivato Achille. Comunque l’assedio di bestie selvagge mi piace come tema.
    Ok, in realtà sono curioso di saper cosa stroncherai ^_^

    1. Purtroppo (o per fortuna) si sbaglia e, quando succede, lo si ammette 😉
      È anche bello e divertente ricredersi

      1. Giuseppe · ·

        Vuoi dire che quella serie da… Urlare 😉 è stata passibile di rivalutazione? Sono curioso (io, al tempo, l’ho lasciata perdere del tutto)…
        P.S. Son partito tardi, quindi in vacanza ci sono ancora. Ma, visto quello che è successo 😦 , non potevo comunque non passare da queste parti per sapere come te la fossi passata, li in città…

  2. valeria · ·

    bentornata! lieta di rileggerti! 🙂
    ho visto “the pack” qualche mese fa, ma purtroppo in una qualità ignobile, il che (essendo un film che si svolge per un buon 80% al buio) non gli aveva fatto accumulare punti XD ne ho recuperato una versione migliore quindi lo rivedrò a breve 😉 gli altri due invece li avevo già adocchiati da un po’: lieta di vedere che meritano una visione (specie “summer camp”, che avrei visto anche se fosse stato una ciofeca dato che adoro jocelin XD).

    (durante la tua assenza ho recuperato “in the deep”. ansia a palla come non mi succedeva da secoli e un senso di claustrofobia da manuale. insomma, l’ho adorato! grazie per la dritta *.*)

    1. The Pack in effetti se lo vedi a bassa qualità è una specie di tortura, come tutti i film in notturna. Summer Camp è stata una vera sorpresa.
      E fa piacere che ci sia qualcuno che ama Jocelin quanto me.
      In the deep l’ho già rivisto una seconda volta e forse è stata anche più ansiogena della prima 😀

  3. Alberto · ·

    In effetti c’è una serie di cui hai scritto male, che quest’estate come passacaldo mi sono voluto vedere e non mi è dispiaciuta, chissà se è quella (ma no, non può essere) (per quanto, sono curioso). Comunque bentornata.

    1. Credo sia proprio quella… se la fanno su Netflix ed è tratta da un film che a me piace particolarmente, ci hai preso 😀

      1. Alberto · ·

        🙂

  4. Andrea · ·

    Non so se consigliarti “The ABCs of Death 2.5”, il solito calderone di corti (sulla lettera M, stavolta) scartati nei progetti precedenti. La qualità media è parecchio bassa, il livello di follia è quasi imbarazzante.

    1. Sì, lo avevo adocchiato, ma non so se ho la forza di reggere gli scarti di The ABCs of Death.
      È un’operazione che mi fa simpatia, ma che riesco a sopportare solo a piccolissime dosi 😀

  5. Bentornata! Interessanti anche le anticipazioni su ciò che verrà. Sono molto curiosa riguardo alla serie televisiva cui accenni.

    1. Grazie! Della serie ne parlerò venerdì. Devo ancora rivedere un paio di episodi, i migliori 🙂

  6. Blissard · ·

    Bentornata.
    Davvero ti è piaciuto Summer Camp? A me è sembrata una sostanziale scopiazzatura di Cabin Fever recitata da cani e con una sceneggiatura da querela. Quell’ideauzza cui fa riferimento è effettivamente interessante, e regala quella che è l’unica scena a mio parere riuscita del film (quella nella quale i tre sono asserragliati dentro la roulotte, non dico altro per non ricorrere a spoiler).
    Holidays invece non mi è dispiaciuto, gli episodi migliori compensano quelli così così a mio parere.
    Volevo ringraziarti per avere segnalato il Frankenstein di Rose, di cui tutti in giro hanno parlato malissimo e invece è una riduzione emotiva e a tratti durissima del classico della Shelley, distantissimo dalla paccottiglia frankensteiniana che è uscita di recente. Se tu non ne avessi parlato bene, non sono sicuro l’avrei visto, pensavo Rose fosse un po’ bollito.

    1. Ma Cabin Fever non mi è parso proprio. Più che altro è l’ennesima variazione sul tema di una pandemia zombesca.
      A me è davvero piaciuto. Poi sì, si vede che lo hanno girato con tre lire, ma è pieno di belle idee e momenti spiazzanti.
      Sì, di Frankenstein ne hanno parlato tutti, ma proprio tutti, male. Ci si sono accaniti. E io non me ne spiego il motivo.

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