Halloween Slasher Blog: Happy Birthday to me

Happy Birthday To Me - DVD
Regia – J. Lee Thompson (1981)

Il passato è una bestiaccia con zanne e artigli. Prima o poi, torna sempre a presentarti il conto. Negli slasher, il conto è salatissimo ed è la tua vita. Nessuna cattiva azione, nessuna debolezza, nessun attimo di distrazione rimangono impuniti, se si tratta di un film slasher. E non è neanche necessario che sia stato tu, il responsabile diretto dell’evento scatenante la follia omicida: possono essere stati i tuoi genitori, addirittura i tuoi antenati, o semplicemente dei ragazzi come te che facevano il tuo stesso lavoro estivo. L’unica certezza è che al passato non si può sfuggire.
Lo sa molto bene Ginny (Melissa Sue Anderson), protagonista di uno slasher molto anomalo e maturo, con una struttura narrativa complessa, che si distacca dal solito schema “gruppo di giovani contro maniaco”. O meglio, forza lo schema senza abbandonarlo, lo sfrutta per raccontare una storia con una serie di sfaccettature e piccoli tocchi di classe che rendono il film una gemma dimenticata.

Lee Thompson era un veterano del cinema e aveva una grande esperienza in fatto di gestione della suspense. Cape Fear, quello originale, è opera sua. Si può dire che di psicopatici ne sapesse qualcosina.
Indovinate un po’? La produzione è canadese, tanto per cambiare quando si tratta del ciclo produttivo degli slasher dei primi anni ’80.
Un ciclo produttivo che inizia con un film statunitense, ma che si sposta molto presto in Canada. E proprio in Canada, Happy Birthday to me divenne il più grosso incasso della storia, per essere battuto appena l’anno successivo da Porkys, diretto da Bob Clark. E lo sapete tutti cosa aveva diretto Clark, vero? Non devo ripetervelo.

Parte fortissimo, Happy Birthday to me, con una sequenza di pedinamento, fuga e omicidio che strappa gli applausi per com’è messa in scena. Non si ha l’impressione di star assistendo a un dozzinale filmetto per adolescenti, ma a un qualcosa di più raffinato. E più morboso. Perdonate il termine, ma il territorio in cui si muove Thompson è hitchockiano. Questo perché i primi film del ciclo slasher, quelli nati sulla scia di Halloween, erano ancora legati a una impostazione classica di cinema. Un anno prima, era stato Venerdì XIII ad azzerare il fattore suspense per puntare tutto sulla meccanica degli omicidi. Ma nel 1981 il film di Cunningham non era ancora il principale modello e lo slasher, nonostante avesse il suo sistema di regole già predisposto a partire dal Halloween, si stava pian piano definendo, dando spazio anche a film pronti a metterne in discussione la struttura portante.
Quindi, parlare di slasher e farlo con cognizione di causa, è molto più complicato di quando sembri e, per sintetizzare al massimo, una storia dello slasher dovrebbe essere la storia non delle sue regole, ma di come queste regole sono state forzate a partire dalle origini stesse del genere.

Ed Happy Birthday to me è un ottimo esempio di questo sistema: si prende il contesto tipico di uno slasher, si adatta la formula Halloween a un’altra situazione e poi, quasi con un colpo di mano, la si stravolge. I metodi possono essere differenti. In questo caso specifico Thompson opta per un aumento esponenziale della violenza esplicita (molte scene furono tagliate per non far finire il film nella temutissima categoria X) e per una serie di scelte a livello narrativo decisamente spiazzanti.

AVVISO DI SPOILER SPARSI PER CHI NON HA MAI VISTO IL FILM

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Quei pochi che hanno visto il film (è passato anche da noi, col titolo Compleanno di Sangue) se lo ricordano per due cose in particolare: il twist finale, su cui torneremo, e una lunga e insistita scena di operazione chirurgica a cranio aperto da far impallidire una buona percentuale di film splatter contemporanei. No, davvero, si tratta di una sequenza insostenibile, non solo perché la macchina da presa non risparmia allo spettatore neanche un dettaglio, ma perché la nostra protagonista appare perfettamente cosciente di quanto le sta accadendo.
Ora, cosa ci azzeccherà mai un’operazione al cranio con uno slasher?
Come abbiamo detto prima, la sceneggiatura di Happy Birthday to me è un filino più sfaccettata rispetto a ciò che siamo abituati a vedere in un film di questo tipo e ha, alla base un’idea piuttosto forte, purtroppo non realizzata in maniera compiuta per volere della produzione: l’identità tra assassino e final girl.
Ambientato in una scuola esclusiva per ragazzi benestanti, Happy Birthday to me ci presenta un gruppetto di giovani che si chiamano tra loro i “top ten”, ovvero i più ricchi dell’istituto. Ginny è entrata da poco a far parte dell’elite della sua scuola, perché un misterioso incidente, che lei non riesce a ricordare del tutto, e che ha causato la morte di sua madre, l’ha tenuta segregata in un ospedale per molti anni. Ed ecco spiegate le operazioni al cervello, un elemento che potrebbe addirittura accostare Happy Birthday to me alla fantascienza e non solo allo slasher (capirete perché vedendo il film, non posso dirvi tutto).
Ora la ragazza sembra essere pronta a iniziare una nuova vita insieme ai suoi nuovi amici. È costantemente seguita da uno psichiatra (Glenn Ford, non uno qualunque) con cui ha un rapporto che più pieno di tensione erotica non si può (o non si poteva all’epoca). La sua memoria si sta ricostruendo per gradi e una bravata su un ponte riporta a galla una serie di ricordi molto sgradevoli.
Seguiamo il recupero del proprio passato da parte di Ginny in contemporanea con le morti dei suoi amici, tutte molto creative, ognuna diversa dall’altra: c’è il poveraccio che viene spiaccicato dai pesi con cui si sta allenando e quello a cui viene grattugiata la faccia contro la ruota di una motocicletta.
Con l’avvicinarsi del suo compleanno, Ginny inizia a dare di matto e, mentre veniamo a conoscenza di come sia morta sua madre e di cosa sia successo veramente la notte dell’incidente (altra sequenza da ricordare), non abbiamo più alcun dubbio: il killer è lei. O meglio, quella parte di lei che vuole vendicarsi di un affronto subito il giorno del suo compleanno di tanti anni prima, quando i “top ten” avevano ritenuto la sua estrazione sociale troppo bassa per potersi presentare alla festa a cui lei li aveva invitati. Nel più classico dei casi di sdoppiamento della personalità, Ginny è del tutto inconsapevole di essere un’assassina.
Fino all’ultima scena.

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Il finale sollevò tutta una serie di problemi durante le primissime proiezioni del film e venne modificato in corsa, perché i produttori volevano un colpo di scena, di fatto, inesistente.
E allora il povero Thompson dovette inventarsi il famigerato twist, che sembra appiccicato con lo sputo, privo di qualsiasi coerenza narrativa e incapace di reggersi in piedi neanche se lo puntelli coi piloni di cemento armato. Ma non è che si limiti a sembrarlo, è effettivamente così. Scopriamo che Ginny non ha commesso alcun omicidio e che la vera colpevole è la sua migliore amica (in realtà sorellastra, twist numero due) che andava in giro mascherata come lei.
Ma il punto è che, nonostante questo colpo di coda, la conclusione di Happy Birthday to me è di quelle in grado di ritagliarsi uno spazio nella storia del genere. Thompson mette in scena una festa di compleanno come non l’abbiamo mai vista in vita nostra, con i cadaveri dei top ten disposti intorno al tavolo e Ginny che può finalmente avere il party che le era stato negato.
Dieci minuti in cui c’è tutto ciò che un horror dovrebbe avere: il ribaltamento osceno e straniante del quotidiano, il senso del grottesco, la follia, l’incubo. Sono attimi di grande cinema nascosti all’interno di un genere che di rado è stato avvicinato al cinema “serio”. E invece l’impatto di quella singola scena è, ancora oggi, innegabile e oggettivo.
Come se non bastasse, Thompson non soddisfa del tutto le richieste della produzione. Certo, la svolta inaspettata (inaspettata perché campata in aria) è stata inserita per far tutti contenti, ma Happy Birthday to me si chiude con una nota tragica, un’ultimo taglio che ci riporta all’idea originaria: final girl e assassino sono due facce della stessa medaglia, sono l’una lo specchio dell’altro.

4 commenti

  1. Uno dei miei slasher preferiti in assoluto

    1. Anche dei miei. Non riesco a decidere tra questo, Sleepaway Camp, The Burning e il nostro Deliria. Diciamo che è una bella lotta.

  2. Quanto è bello questo film, gli voglio veramente bene, ottima scelta per il periodo pre-Halloween 😉 Cheers!

  3. Giuseppe · ·

    Altro slasher d’annata davvero degno di nota! Peccato abbia dovuto alla fine (per cause di forza maggiore) discostarsi dal tema dello sdoppiamento della personalità che, oltre a essere ben più intrigante e coerente con il resto del film, gli avrebbe conferito un ulteriore tocco di classe. Non che già così gliene manchi, eh…

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