Halloween Slasher Blog: The Final Girls

final_girlsRegia – Todd Strauss-Schulson (2015)

Quest’anno iniziamo a celebrare Halloween con notevole anticipo. Proprio perché con il film di Carpenter dedicato alla mia festività preferita si inaugura ufficalmente la stagione dello slasher, ho pensato che da qui al 31 ottobre su Ilgiornodeglizombi non si parlerà d’altro. Rassegna monotematica dedicata al cinema slasher in tutte le sue forme. Ci sarà (spero) un’unica, vistosa eccezione, dato che il 22 ottobre arriverà in sala un certo film che dovrei precipitarmi a vedere al primo giorno di programmazione. Per il resto, il blog si mette la maschera, impugna il machete e si trasferisce negli anni ’80, tra giovinastri festaioli, allegri campeggiatori e uomini neri sessuofobi.

Partiamo prendendo la storia del genere dalla coda, ovvero dal suo ultimo esponente in ordine di tempo: The Final Girls mi ha conquistato il cuore in un modo che non credevo possibile, sbaragliando qualsiasi forma di concorrenza, annichilendo ogni altro horror visto nel 2015 e dando del filo da torcere persino a Scream. Sto esagerando? Questo starà a voi giudicarlo, ma una cosa è sicura e oggettiva: ci troviamo di fronte al meta-slasher definitivo, dopo il quale sarà seriamente difficile inventarsi qualcosa di nuovo. The Final Girls rende qualsiasi riflessione sui meccanismi del genere fatta fino a questo momento del tutto obsoleta e anche un po’ inutile. E va persino oltre il discorso sui cliché fatto da quell’altra genialata di The Cabin in the Woods.
Ma, se si trattasse solo di questo, ci troveremmo di fronte a un intelligente e gradevole giochino cerebrale per iniziati. Il bello di The Final Girls è che racconta la storia, di una tenerezza struggente, di un rapporto tra madre e figlia troncato troppo presto e rivissuto all’ombra del grande schermo. Anzi, dentro il grande schermo. Come dice anche la frase di lancio del poster, è una lettera d’amore. E io, quando leggo lettere d’amore così appassionate e ben scritte, di solito mi sciolgo in lacrime.

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Amanda (Malin Akerman) è un’attrice nota soprattutto per essere stata ammazzata a colpi di machete in Camp Bloodbath, il capostipite del filone campeggiatori vs serial killer bamboccione. Anni dopo la sua apparizione nel film, non trova più ruoli decenti e non sa neanche come sbarcare il lunario. All’uscita dall’ennesimo provino andato a puttane, muore in un incidente d’auto. Sua figlia Max (Taissa Farmiga), che era in macchina con lei, sopravvive.
Tre anni dopo, Max partecipa a una doppia proiezione di Camp Bloodbath e del suo seguito. Durante il film il cinema va a fuoco e Max, insieme a un gruppo di amici, cerca di fuggire dal retro, passando attraverso lo schermo.
Si ritrovano tutti all’intero del film. L’unico modo per andarsene è aspettare i titoli di coda e, nel frattempo, cercare di restare vivi e di non essere fatti a pezzi dal temibile e deforme Billy.

Adesso la faccenda si fa un po’ più ingarbugliata del solito, perché su The Final Girl bisognerebbe scrivere un libro per analizzarlo nel dettaglio, ma io preferisco risparmiarvelo e cercherò di essere sintetica il più possibile. Ma devo per forza dividere il post in capitoli. Siate comprensivi.

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1. Distanza e Percezione
Quando si tratta di rendere omaggio (o prendersi gioco di) agli horror degli anni ’80, il primo accorgimento visivo che si usa è quello di sporcare e rovinare l’immagine simulando vecchia pellicola. Anche The Final Girls lo fa, nei minuti iniziali, quando deve mostrare il trailer del falso film Camp Bloodbath o durante la sua proiezione in una sala gremita di fan. Nel momento in cui i nostri protagonisti entrano nel film, cambia però tutto: i colori si fanno sorprendentemente accesi e brillanti, l’immagine è nitidissima, senza traccia di sgranature, graffi, giunte visibili. Questo perché noi percepiamo quei film come dei vecchi cimeli, ma partecipando a essi, e quindi vivendoli, essi riacquistano l’originario splendore. È un metodo essenzialmente visuale, e quindi cinematografico, di annullare il distacco ironico e di renderci partecipi degli eventi. Ma, allo stesso tempo, creando quell’esplosione di colore, Strauss-Schulson e il direttore della fotografia Elie Smolkin, non fanno altro che dichiarare in maniera esplicita la finzione scenica del luogo in cui sono finiti i nostri protagonisti.
È uno slittamento di percezione molto sottile e che agisce a un livello quasi subliminale, ma che costituisce l’ossatura di tutto il film, quel porsi a metà tra affettuosa rievocazione e intelligente riflessione, sempre tenuta in sottotraccia, lasciata lì per chi è interessato a questo tipo di cose, mentre il resto del pubblico può godersi lo spettacolo in santa pace.

2. Bagagli Culturali
L’essenza di The Final Girl è quella di una commedia generazionale. Insomma, siamo più dalle parti de La Rosa Purpurea del Cairo (con procedimento contrario) che di Halloween. Eppure si nota come sia il regista che gli sceneggiatori abbiano studiato tutto lo scibile umano riguardante lo slasher fino a impararlo a memoria.
Camp Bloodbath è sostanzialmente Venerdì XIII con una spruzzata di The Burning e un pizzico di Sleepaway Camp. Il background del killer è simile a quello di Jason con il bonus delle ustioni dovute al solito scherzo finito malissimo ai danni dell’emarginato di turno. Guardando con attenzione il trailer che apre The Final Girls, troviamo inquadrature plagiate da tantissimi slasher degli anni ’80. Memorabile quella della testa nel frigorifero, ripresa pari pari da Venerdì XIII Parte II. Ma ci sarebbe da mettersi indentificarle una a una, per trovarne il corrispettivo in qualche infima pellicola slasher sconosciuta ai più.
Eppure, la natura metacinematografica di The Final Girls non si limita alla citazione pura e semplice, ma va a coinvolgere anche la crudeltà stessa del cinema come macchina spietata e cannibale.
Uno dei due autori dello script è infatti una vecchia conoscenza di noi appassionati: Joshua John Miller, altrimenti noto come il ragazzino de Il Buio si Avvicina.
E insomma, lui ne sa qualcosa di che significa avere la carriera segnata e in seguito rovinata da un ingombrante ruolo chiave: Amanda ripete più volte, nel corso del film, “Io sono solo la ragazza timida con la chitarra e il blocco per gli appunti”. Dopotutto, Miller è per tutti solo il ragazzino di Near Dark.
Il cinismo insito nel proiettare, all’anniversario della morte di una delle protagoniste, i due Camp Bloodbath, tra le battute e gli sberleffi del pubblico di adoratori, ci dice qualcosa di molto interessante e non del tutto piacevole sul nostro modo di intendere la cultura pop. Non penso sia un elemento messo nel copione per caso. Anche perché è ricorrente, sentito e rappresenta l’anima nera di un film che vuole intrattenere e far sorridere, ma anche suscitare qualche riflessione niente affatto scontata.

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3. Incontri e Scontri Generazionali
Uno dei perni su cui poggia la narrazione di The Final Girls è il rapporto che si instaura tra un gruppo di ragazzi precipitati dal 2015 al 1986 e la loro controparte (fittizia) di trent’anni prima. Al di là della facile comicità scaturente dalla scoperta dei cellulari o dell’ironia sui vestiti e i tagli di capelli, anche qui, si può cercare di estrarre dal film un livello di lettura meno superficiale di quanto sembri a una prima visione. Sottolineavo prima la natura fittizia dei ragazzi degli anni ’80 facenti funzione di carne da macello in Camp Bloodbath. Ognuno di loro interpreta uno stereotipo preciso e ben codificato, che corrisponde alla successione delle loro morti. C’è quella che adesca l’autostoppista che viene fatta fuori per prima; segue il maschio malato di sesso del gruppo, subito accompagnato all’altro mondo dalla ragazza che perde la verginità con lui. È uno schema che conosciamo tutti, che conoscono anche i protagonisti del 2015. Eppure, avvicinandosi e parlando con quei cliché ambulanti targati 1986, ecco che qualcosa cambia da entrambe le parti.
Se il personaggio di Kurt (Adam DeVine) è niente più di una macchietta che parla per doppi sensi e pensa solo a una cosa, è comunque una macchietta utile quando lo si mette in contrasto con Chris (Alexander Ludwig). Sono tutti e due tipici personaggi delle loro rispettive epoche: tanto sensibile, riflessivo, politicamente corretto è Chris, così Kurt è scorretto, volgare, offensivo e maschilista. La storia del cinema (e non solo) è andata avanti e non tutto ciò che ha prodotto è da buttare. Rimanere aggrappati alla nostalgia per qualcosa che neanche si è vissuto non è forse la scelta più sana e, per quanto possiamo tutti amare lo slasher di quell’epoca, dobbiamo anche ammettere di essere cresciuti, di essere diventati migliori.

4. Madri, Figlie, Final Girls
Lo sappiamo tutti: lo slasher è considerato all’unanimità il genere misogino per eccellenza. Le vittime degli assassini sono quasi sempre donne disinibite e le varie sopravvissute non possiedono altra prerogativa se non la verginità, quasi uno scudo nei confronti dell’arma da taglio di turno.
Eppure, questa è una interpretazione semplicistica e solo parzialmente vera. Certo, la componente punitiva è essenziale, ma colpisce uomini e donne allo stesso modo. E di sicuro si tratta di film in cui esiste un forte elemento conservatore. Ma, per sostenere la tesi misogina e reazionaria, di solito si prendono a esempio gli slasher più dozzinali che, in un’ondata di film nata apposta per portare tanto pubblico in sala, alla svelta e a costi contenuti, costituiscono di sicuro una grossissima fetta del totale.
Camp Bloodbath fa parte di questa fetta. È uno slasher dozzinale, dove se si fa sesso si muore, se ci si spoglia si muore, se ci si diverte si muore.
L’intervento del nostro gruppetto di ragazzi del 2015 trasforma uno slasher dozzinale in qualcosa di molto diverso, e lo fa attraverso il rapporto tra Max e sua madre, o meglio (lo so, vi esplode la testa adesso) il personaggio che sua madre intepreta, ovvero Nancy.
La relazione tra le due donne è fondamentale: Max fa capire a Nancy che non è solo la “ragazza timida con chitarra”, la vittima designata, e che può aspirare a essere un personaggio diverso, ad avere un peso diverso, mentre Nancy aiuta Max a lasciarla andare, a elaborare un lutto che le sta distruggendo la vita e, nel bellissimo finale sulle note di Bette Davis Eyes,  fa quello che ogni madre al posto suo farebbe. In quel momento, Camp Bloodbath diventa un grande film, anche a livello di messa in scena. Cresce insieme a Max, raggiunge il suo culmine e, dopo aver strisciato sotto la pelle dello spettatore, rivela tutta la sua forza emotiva e gli assesta un bel cazzotto dritto sul muso. Tra tante risate, ammiccamenti, citazioni, arrivano le lacrime e non si fermano più.
Mi è capitato di rado, in un film dell’orrore soprattutto, in uno slasher credo mai, di vedere un rapporto madre-figlia scritto con tante delicatezza e profondità.
In fondo, The Final Girls racconta questo: un processo di crescita segnato dal dolore, una seconda occasione per rivedere quella persona tanto amata che ci ha abbandonato, e la possibilità, attraverso il cinema, di non perderla mai del tutto.
Horror dell’anno, senza rivali.

24 commenti

  1. Mi hai fatto incantare, s’impone visione!

    1. È una bomba, fratellone!

      1. E se lo dice la mia sorellina…!

  2. Visto l’altra sera… Non ci potevo credere, l’utilizzo del linguaggio cinematografico e i giochetti meta-cineamtografici sono brillanti, quando ho visto la scena del flashback ho messo in pausa il film, solo per alzarmi ad applaudire (Storia vera), hai ragione, rischia di essere l’Horror dell’anno 😉 Cheers!

    1. Vediamo che succede con The Witch e, soprattutto, con Crimson Peak. Ma fino a ora non c’è proprio gara

      1. In Guillermo We trust, ma per ora è una corsa solitaria.
        Per altro, i logo del film che omaggia quello di “The Thing”? Bomba! 😉

  3. Sembra davvero un buon film, possibililtà che sbarchi in Italia?

    1. Dobbiamo sperare che lo porti da noi la stessa distribuzione che ci ha portato The Babadook e The Green Inferno. Io un pochino ci spero.

      1. Beh la Midnight sembra essere seria e punta sull’horror di qualità, sperare non costa nulla quindi

  4. Devo ammetterlo, non guardo un horror vero e proprio dai tempi di “The blair witch project” , mi ha messo una paura…..poi a volte reagisco male a certe storie.
    Quindi perché seguo questo blog? perché mi piace tantissimo come scrivi le recensioni, e questa era così bella che vorrei quasi vederlo questo film (e anche quello di cui hai parlato prima, The Last Shift, ma gnaa posso fa’). Magari dopo il 22-10 scoprirò che l’horror non è poi così male. Il Guillermone potrebbe operare un miracolo!

    1. Mi fa piacere che mi segui anche se non ami il genere, però ti posso assicurare che questo film non fa paura. Può vederlo chiunque. Ed è molto divertente e intelligente.
      Secondo me Crimson Peak sì, farà una paura boia 😀

  5. grazie per l’incoraggiamento, andrò a vederlo con una fiaschetta di grappa+lexotan!

  6. blissard · ·

    Horror dell’ anno probabile, ma che sia la sorpresa del decennio è quasi certo. Avrebbe le qualità x avere anche un buon riscontro di pubblico, visto che é un horror fatto x i patiti ma apprezzabilissimo anche da chi non frequenta il genere.
    Quando l’ho visto una settimana fa sono rimasto senza parole, e infatti la mia rece su rym è più stringata del solito.
    Molto bella come sempre la tua analisi.

    1. Ma infatti è stato difficilissimo scrivere un articolo sul film, perché ha lasciato senza parole anche me, sul momento. Non ci volevo credere. Siamo di fronte a un’opera davvero enorme. Speriamo se ne accorgano anche qui da noi perché mi piacerebbe rivederlo al cinema

      1. non voglio pensare a come potrebbero tradurre “final girl” in italiano

        1. Adesso ho molta paura…

      2. Blissard · ·

        La cosa su cui ti sei giustamente soffermata è che si tratta di una horror comedy che non solo non è superficiale, ma ha anche momenti veramente lancinanti o commoventi. A mia memoria non è che siano poi tantissimi i film che possono vantarsi di una cosa del genere (il primo che mi viene in mente è Schegge di follia, un mio cult personale).
        Se qualche anima pia mette i subs in ita Final girl sarebbe il film perfetto per la prossima notte di Halloween

        1. La bella notizia è che arriverà in dvd da noi a novembre!

        2. Li hanno messi!

  7. “ma colpisce uomini e donne allo stesso modo”

    perciò non ho mai capito le accuse di misoginia dato che uomini e donne muoiono entrambi in maniera truculenta..lo slasher può avere un’anima puritana (già decostruita e presa in giro in miriadi di film a partire da Scream) ma non misogina

  8. Giuseppe · ·

    Non sarebbe male davvero, no, se qualcuno si degnasse di distribuire nelle sale italiane un meta-slasher di questo calibro… Nel frattempo, c’è questo tuo appassionato post che – per come è ben scritto – ti fa già stare praticamente davanti allo schermo. E ti spinge pure ad attraversarlo 😉

    1. Confidiamo nella Midnight Factory e speriamo!
      Questo film meriterebbe davvero di arrivare ovunque.
      Ed essendo più una commedia che un horror vero e proprio, forse potrebbe anche godere di una distribuzione più massiccia… chi lo sa…

  9. Alberto · ·

    Le lacrime non le ho versate, ma il film è delizioso.

    1. Uomo insensibile 😀

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