Sì, lo so, sono in ritardo di qualche giorno. Questo mese faccio slittare un po’ tutto, perché non ho avuto molto tempo per organizzare il riepilogone dei film che dovete evitare a ogni costo. Però ormai è esattamente un anno (tanti auguri, Porcherie) che ho adottato il metodo di non scrivere più recensioni negative e di relegare a un unico post i prodotti meritevoli del marchio d’infamia creato da Giordano. E quindi non potevo lasciare questo spazio scoperto. Insomma, c’è da festeggiare, se non altro per aver attraversato indenni e ancora sani di mente dodici, lunghi mesi di pessimi film.
Andiamo a incominciare, che oggi ce n’è per tutti i gusti, dal monster movie, al rape & revenge, passando per il found footage e il film demoniaco.
Portate via i bambini: è materiale diseducativo.
A me dispiace per Alec Gillis, perché è un professionista eccellente e ha realizzato effetti speciali quasi per tutti i miei film preferiti. Uno che ha iniziato alla corte di Corman, è stato allievo di Stan Winston, ha fondato la Amalgamated Dynamics nel 1988 e ha vinto un Oscar con Starhip Troopers, va rispettato a prescindere. Mi dispiace ancora di più per Lance Henriksen, che non è un semplice attore, ma una leggenda. E mi dispiace anche un pochino per la sottoscritta: ho partecipato con entusiasmo al Kickstarter di Harbinger Down che, nelle intenzioni, doveva essere tutto ciò che il prequel de La Cosa non era stato. Ovvero un’orgia di effetti ottenuti con protesi e schiuma di lattice, senza l’ausilio ingombrante della CGI.
E sì, da un certo punto di vista lo è anche.
Ma è davvero solo quello.
Gillis non è un regista e si vede. Più che un film, Harbinger Down, è uno show reel troppo lungo. Certo, è evidente la passione enorme per il proprio lavoro, come è evidente il tentativo di mettere in scena un film vecchia scuola. Ma la storia è assente, i personaggi latitano, la recitazione, se si esclude santo Lance, mette in imbarazzo e la regia non è proprio pervenuta. Gillis non ha idea di come si imposti un’inquadratura per dare allo spettatore un’idea precisa dell’azione. Tutto è confuso e subordinato all’esposizione dei mostri. E, a essere sinceri, dato il bassissimo costo dell’operazione, persino i suddetti mostri, se sono messi sempre e con insistenza in primo piano, rendono palese la povertà del film. Perché un regista vero sa benissimo quando lasciarli fuori campo, proprio per non rivelare a tutti la finzione scenica. In Harbinger Down, film nato con l’intento preciso di riportare al cinema gli effetti artigianali, in nome di un maggiore “realismo”, ogni cosa suona finta.
E un monster movie che compie questo tragico errore è sempre un fallimento.
Posso spiegare tutto: la produzione ha silurato quel mentecatto di Steven R. Monroe e ha messo in cabina di regia un tizio nuovo, tale R.D. Braunstein, mai sentito nominare prima. Inoltre, non era neanche malaccio l’idea di partenza: raccontare cosa succede a Jennifer dopo aver massacrato tutti i suoi assalitori.
La ritroviamo in un’altra città, con un nome diverso, ma ancora tormentata dal ricordo della violenza subita. Comincia a frequentare un gruppo di sostegno di donne con esperienze simili alla sua (senza la vendetta successiva) e lì fa amicizia con il miglior personaggio del film, Marla, interpretata da Jennifer Landon.
Ovviamente, ce la fanno fuori dopo un quarto d’ora di film, lasciando campo libero a Jennifer (sempre Sarah Butler, come nel primo capitolo) che si trasforma in una specie di versione ultra violenta di Jason, mentre I Spit on your Grave 3 diventa uno slasher con diversi momenti a cui piacerebbe tanto essere estremi e scorretti, ma che fanno solo (perdonatemi) crepare dalle risate.
Tanto per cambiare, i personaggi femminili ne escono tutti a pezzi, non in senso fisico, che con questo tipo di film tocca fare dei distinguo, ma in senso morale. O sono delle vittime frignanti o delle virago castranti. E da lì non si esce. Esclusa la povera Marla che però, dopo aver cianciato una manciata di minuti di indipendenza e coraggio, si fa ammazzare dal suo ex solo per esigenze di copione.
No, davvero, bravi tutti.
Raramente mi capita di parlar male di cinema inglese, soprattutto se indipendente. Eppure c’è una prima volta per ogni cosa.
Non fatevi ingannare dalla locandina in stile torture porn: The Cutting Room (giochino di parole piuttosto divertente: la cutting room è la moviola) è un found footage, anche della peggior razza, quella dove il livello amatoriale delle riprese rende davvero complicata la fruizione senza l’aiuto prezioso del travelgum.
Che poi, non si capisce bene perché i protagonisti girino così da cani, dato che sono studenti di cinema all’ultimo anno, impegnati nel loro saggio finale. Anni e anni di istruzione accademica buttati nello scarico del cesso.
Il loro professore vuole non solo un documentario su un tema a scelta, ma anche un backstage, tanto per farci del male. I nostri scelgono di dirigere un film sul cyber bullismo. Ma The Cutting Room non parla di cyber bullismo. I nostri tre impavidi protagonisti, infatti, si concentrano sulla scomparsa misteriosa di una loro coetanea che, forse, è stata vittima di bullismo online.
Inutile dire che scopriranno cose turpissime, con tanto di colpo di scena finale che ci ho messo quei venti minuti a capire se mi stavano prendendo per il culo o no, per concludere che sì, mi stavano proprio prendendo per il culo.
Se si esclude un incipit interessante e anche abbastanza disturbante, tutto il resto è rumenta. Tra il maschietto del trio che inquadra il sedere della mamma della sua fidanzata, gente che cammina nei boschi senza una meta, lunghe e inutili chiacchierate del più e del meno in un pub, corse sotto a dei tunnel incomprensibili all’occhio umano, The Cutting Room è il peggio che il found footage possa offrire. Forse gli amanti duri e puri del genere lo apprezzeranno pure.
Qui invece, non fatevi ingannare dal titolo: non è un found footage, ma un paludatissimo ed estremamente noioso film sulle possessioni demoniache.
Dovete sapere che io con i film di possessioni ed esorcismi me la faccio addosso. Dico sul serio, non esiste sotto-categoria dell’horror che mi terrorizzi di più. Non so neanche perché, ho paura e basta. Solo che i film davvero riusciti in tal senso si contano sulla punta delle dita. È un po’ la stessa cosa delle pellicole sugli squali: lo standard qualitativo impostato alle origini è troppo elevato e non è fisicamente possibile fare qualcosa di meglio.
Però, dico io, fare almeno qualcosa di decente è possibile. Non è che ve lo ha ordinato il medico di scrivere certe stronzate. Anche perché vi andate a scontrare con quella perla di The Atticus Institute (giuro, prima o poi ne parlo, è che ancora lo devo metabolizzare, non ci ho dormito tre notti) e allora ve le cercate le figure di palta.
Solita storia di giovane fanciulla che, di punto in bianco, si ritrova al centro di un caso di possessione che coinvolge le alte sfere del Vaticano. The Vatican Tapes è un film su cui è davvero difficile dire qualcosa. È il nulla sotto vuoto spinto. Non è neanche così brutto da meritare grasse risate. Si tratta solo di un prodotto innocuo, che fa quasi tenerezza nel suo classicismo che lo priva persino di identità e vita autonome. Vive sulle spalle dei film che lo hanno preceduto, ne diventa quasi un bignamino per chi non vuole applicarsi e anderseli a rivedere. L’unica cosa vagamente memorabile è il tripudio di kitsch dell’esorcismo finale, dove il pessimo gusto la fa da padrone. Ah, dovrebbe uscire addirittura in sala da noi per Halloween, se non sbaglio. Forse perché i distributori hanno visto che ci sono due inquadrature del Vaticano dall’alto (suppongo di repertorio) e hanno pensato fosse ambientato dalle nostre parti.
“Harbinger Down” voelvo vederlo perchè mi ricordava il capolavoro di Dio Carpenter e per la presenza di Lance Henriksen. Mi farò bastare il tuo commento.
“I Spit on your grave 3” passo, ho odiato il remake e il sequel del remake… Qui si esagera.
Ma fanno ancora film con esorcismi e Vaticano? Ne esistono milioni, e sono quasi tutti pallosissimi 😉 Cheers!
Temo che i film con esorcismi e inquadrature dall’alto del Vaticano ce li porteremo dietro fino alla fine dei nostri giorni.
E che due palle 😀
“oh un NUOVO film SULLE POSSESSIONI DEMONIACHE”.
di NUOVO.
Quanta originalità, vero? 😀
a PACCHI proprio XDDD
Ecco, se il trovarci gli altri titoli non mi sorprende, Harbinger Down speravo proprio di non vedercelo, nelle porcherie: sapevo trattavasi di un film “povero”, intendiamoci, ma di quella stessa povertà credevo ne avrebbe fatto il proprio punto di forza. Anche se, forse, il rischio di vedere Gillis farsi prendere la mano, con la conseguente prevalenza degli effetti sul resto (compreso il dirigere sul serio, non essendo lui regista ma “solo” un superlativo tecnico prestato alla regia), non era del tutto da escludere… 😦
Ci speravo anche io, in Harbinger Down… Ho anche partecipato al Kickstarter ed è stata una brutta delusione 😦
Sì, in questo caso la delusione raddoppia, davvero 😦
The Vatican Tapes dal trailer mi ricordava molto quell’incredibile poottanata di L’altra faccia del Diavolo. Anche io di solito muoio di paura davanti ai film che sviscerano queste tematiche sataniste ma ultimamente non ne trovo neppure uno che riesca a darmi i brividi. Cercherò The Atticus Institute!
The Atticus Institute è un found footage, ma è una vera sorpresa. Impressionante e molto originale. Non ne ho scritto solo perché qualche mese fa ero troppo incasinata. Ora devo rivederlo e, dopo Halloween, farci una signora recensione. Se la merita.
Harbinger Down è stata una cosa che nonsipuò, attesa a mille e poi resisto 19 minuti perché è un film allucinante, imperdonabile e inguardabile 😦
[…] poliziotto cicciotto e svogliato – e tutto perde di credibilità. Ne ha già parlato Lucia de Il Giorno degli Zombi, che lo ha classificato come lammerda© e direi che tanto basta per affibbiargli un bel polliciotto […]