Questo mese, devo ammetterlo, sono un po’ sguarnita quanto a porcherie. È che sto cominciando a provare un certo disagio nel vedere brutti film fino in fondo per puro senso del dovere. Ho resistito soltanto con tre film. Il primo perché era troppo brutto per essere vero, gli altri due per il rispetto che nutro nei confronti dei rispettivi registi. Ma state tranquilli: la mancanza di materiale cinematografico verrà supplita da un’eccezione televisiva, di cui parlerò in chiusura. Certe delusioni sono infatti così cocenti e dolorose che vanno condivise.
Ma iniziamo con l’esordio dello sconosciuto Steve Wolsh che scrive, produce e dirige Muck, un film ambientato della località fittizia di “West Craven”.
…
Passiamo al prossimo film.
Non dovrei addurre altre motivazioni per prendere questo Muck e farlo scivolare in qualche fogna dove lo schiferebbero anche i ratti. Ma voglio farmi del male fino in fondo e spiegare perché roba del genere danneggia in maniera profonda e, spesso, irreversibile il cinema dell’orrore.
Muck parla del solito gruppo di ragazzotti in vacanza, attaccato da non meglio specificati bifolchi albini e da qualcos’altro che risiede in una palude. E fin qui (anche se fino a un certo punto) tutto bene.
Qualcuno di voi ha un cuginetto di circa 16 anni, che non ha mai visto una donna in carne e ossa in tutta la sua vita e afferma di essere un appassionato di horror solo perché ha letto su internet che gli slasher sono una figata e sono pieni di donnine nude?
Bene, date a questo cuginetto una camera digitale, venti euro, e una decina di sedicenti attrici, tutte uscite dalle pagine di una rivista porno degli anni ’80. Aspettate qualche settimana e vi ritroverete Muck pronto e servito per essere distribuito in qualche festival, anche quello grondante di sedicenni che non hanno mai visto una donna in carne e ossa in tutta la loro vita.
Muck è un film in cui non c’è una sola inquadratura che non vada a indugiare sulle nudità esposte da qualche giovane fanciulla. E dove ogni battuta è un ammiccamento meta che puzza come un vasetto di yogurt rimasto in frigorifero dal ’96. Sembra il filmino amatoriale girato da un branco di imbecilli ubriachi e destinato a essere utilizzato in futuro per ricattarli. Un prodotto dove le donne girano nude (tranne che per un paio di stivaloni) dentro una palude e, quando invece sono vestite, si chiudono in bagno a spogliarsi e a cambiare sei o sette reggiseni diversi a favore di macchina da presa per poi essere squartate quattro secondi dopo. Ed è tutto così. Novanta minuti così. Da imdb scopro che il regista di questa roba imbarazzante sta lavorando su altri due progetti, di cui uno è il sequel di Muck. E io voglio morire. O dedicarmi al giardinaggio.
Ve lo ricordate quel gioiellino di Excision? Io sì. E aspettavo con trepidazione il secondo film di Richard Bates Jr. Lo aspettavo nella speranza che riconfermasse un talento evidente, ma ancora confuso. E soprattutto speravo con tutto il cuore che non si normalizzasse.
Suburban Gothic riprende da Excision l’ambientazione e la figura dell’outsider. Se in Excision c’era l’adolescente Pauline, emarginata e folle, qui abbiamo il molto più facile da inquadrare Raymond, ragazzo un po’ strambo costretto a tornare a vivere con i suoi genitori dopo aver perso il lavoro. Il rientro nella casa della sua infanzia risveglia anche i suoi poteri da sensitivo. E i lavori in giardino disseppelliscono il cadavere di una bambina morta nel XIX secolo proprio su quel terreno, il cui fantasma inizia a perseguitare Raymond e famiglia.
Suburban Gothic ha tutti i difetti che aveva Excision e, purtroppo, ne perde anche i pregi: quel saper ritrarre in maniera così attenta e profonda la solitudine e l’inferno costituiti dall’ambiente familiare borghese, in questo film si riduce a fare la macchietta del papà (Ray Wise) conservatore e un po’ razzista, che allena la squadra di football del liceo locale, disprezza il figlio per le sue scarse qualità atletiche, fa il tiranno con l’impresa di giardinieri messicani e, nel mentre, ignora che sua moglie si sta innamorando di uno di loro.
La ghost story è un pretesto senza né capo né coda, lo spettro è realizzato con una sciatteria da serie tv di qualche decade fa, manca del tutto la sferzante ironia di Excision, sostituita da un bonario volemose bene con tanto lieto fine posticcio e consolatorio.
Una vera e propria ecatombe. Non me l’aspettavo. Ci sono rimasta di merda. E non perché dal dramma al vetriolo di Excision Bates Jr. sia passato a un’accademica horror comedy, ma perché lo ha fatto senza alcun mordente, come se non avesse più nulla da dire e si fosse accontentato di riproporre lo schema di Excision, ma edulcorato e privato da disagio e sgradevolezza.
Qui la questione si fa molto controversa. Lost River è il primo film da regista di Ryan Goslin e ha, come storia e come ambientazione un potenziale enorme. Inoltre è un progetto chiaramente realizzato credendoci moltissimo e mettendoci un pezzo di cuore e tutto il fegato a disposizione. Insomma, a Goslin non è mancato il coraggio. Ma gli sono mancate due cose che, quando giri un film, dovrebbero essere la base del tutto: una sceneggiatura e la personalità.
Sulla carta, infatti, Lost River ha un certo fascino. Parla di una città devastata dalla crisi economica e quasi ridotta a un deserto. Chi poteva permetterselo è andato via e gli altri rimangono aggrappati alle loro case a rischio esproprio e demolizione da parte delle banche. Ci si arrabatta come si può, andando a rubare il rame dalle abitazioni vuote, ma rischiando la pelle perché quella località fantasma è diventata il territorio di caccia di un bullo dalla forbice facile (Matt Smith). Si dice che sulla città gravi una maledizione e che la si possa interrompere soltanto recuperando un oggetto sepolto sott’acqua, nel vecchio paese sommerso dopo la costruzione di una diga. C’è anche un singolare varietà postribolo, ma al gusto splatter, dove vengono messi in scena spettacoli di sangue per un pubblico di disgraziati.
Tanta, troppa roba e per di più messa in scena con uno stile derivativo ai massimi livelli. Si prende un pizzico di Refn, una spruzzata di Dario Argento e Mario Bava, qualcosina da Mad Max per speziare il tutto. Si attinge poi a piene mani da Harmony Korine e si arriva anche a scomodare Carpenter, per la colonna sonora e per il veicolo del cattivo del film. Si mescola tutto, buttando tonnellate di responsabilità su un ottimo direttore della fotografia, incaricato di sparare i colori più acidi possibili e di andarci giù pesante coi neon e il risultato è un orribile spreco che pare un lungo videoclip, o peggio, lo show reel di un videomaker indipendente che deve trovare lavoro a Mtv.
E veniamo alla vera tragedia della stagione televisiva, la dissoluzione di Vikings in una terza stagione che sfiora l’incredibile Ci voleva del genio per sputtanare una serie come Vikings, proprio perché nella sua semplicità, funzionava alla grande. Non era un prodotto con grandi pretese. Ma portava con fierezza la sua barbarie in giro per il mondo e parlava, intrattenendo, di curiosità, ambizione e persino di proficui scambi culturali e religiosi tra popolazioni molto diverse tra loro.
Non so a chi sia venuto in mente di far sparire tutto questo e di sostituirlo con tredici episodi di scaramucce amorose, recitazione mediocre e metodica distruzione di tutti (dicasi tutti) i personaggi coinvolti. Con Lagertha che, da fanciulla dello scudo, diventa un’adolescente in fregola e Ragnar che stermina metà della popolazione vichinga per fare un dispettuccio al suo ex amichetto Floki. Forse qualcuno avrà detto agli sceneggiatori che non c’erano abbastanza tette, o che non c’era abbastanza romance, o che era una serie troppo adulta e che se i vichinghi non si fossero comportati come adolescenti cerebrolesi, poi i giovani avrebbero voltato in massa le spalle al programma e avrebbero continuato a guardare solo Game of Thrones.
Non lo so, ripeto. E non lo voglio sapere. Ma io con i bisticci dei vichinghi alle porte di Parigi (come dice il mio amico Hell) ho chiuso per sempre.
Amen.
Amica, su Lost River non proferisco verbo perché tanto già sai. Che dici se speriamo insieme in una seconda possibilità, in fondo stiamo parlando di Ryan. *___*
Non sapevo nemmeno fosse uscito un altro film di Richard Bates Jr. Ricordo Excision con molta gioia e sapere da te che Suburban Gothic sia così immondo mi rattrista parecchio. Non me l’aspettavo. Ma forse il signorino era una sòla, già con Excision aveva dato qualche cenno di tracotanza. Però mi spiace molto, contavo in una maturazione.
Muck non so cosa sia e non voglio saperlo mai, ti ringrazio davvero per esserti torturata al posto mio.
E vabbeh, Vikings… che dobbiamo dire? La mia più grande delusione. Uno scempio di cattiva scrittura, pessima regia e mediocre recitazione, tutto esploso dopo due stagione strepitose. E lo sai che ritenevo Vikings superiore a GOT, per certi aspetti una sorta di Beautiful, carico di prolissità di dialoghi talvolta un po’ pallosi (ma che amo sempre, sia chiaro). Ecco, Vikings ne era privo. Poi non so cosa sia successo, considerando che lo sceneggiatore è lo stesso. Forse ha iniziato con le droghe pesanti. O forse ha smesso di botto. Non so, so solo che, come ti dissi, per me finisce qui. Addio al Valhalla, a mai più arrivederci.
Vikings è stato una specie di calvario. Non volevo crederci. Fino al sesto o settimo episodio, ho continuato a sperare. E poi l’evidenza dello sfacelo mi ha colpito come il martello di Thor 😀
Io credo, ma non ne sono sicura, che abbiano voluto andare incontro ai gusti dello stesso pubblico di GOT, a cui interessano molto gli intrighi (e la gente che si accoppia a casaccio) e non più di tanto l’epica e le mazzate. Mi sembra la sola spiegazione plausibile…
Sì, lo penso anch’io. Peccato che la struttura narrativa di GOT sia un tantino più complessa di Vikings. In Got si accavallano un fottio di personaggi e vicende, pertanto ci può stare tutta la variante erotica-intricata-blableggiante. Ma in Vikings non ci azzecca nulla, e così l’hanno distrutta. Bisogna essere proprio dei geni per sabotarsi in questa maniera.
Urca, ho appena messo le mani su Lost River e lo aspettavo curioso 😦
Niente da dire invece su Vikings, mi mancano ancora 3 episodi e non trovo la forza di guardarli, è agghiacciante…
Agghiacciante è dir poco. E io ti giuro che rischiava, fino alla seconda stagione, di diventare una delle mie serie preferite…
Comprendo le ragioni di Lucia su Lost River, però secondo me va visto.
Non ho avuto il “piacere” di guardare nessuno dei tre film, ma purtroppo ho avuto quello di vedere la terza stagione di Vikings. Secondo me non è stata così terribile, qualche cosa decente c’è stata (come per esempio la conclusione, che a me è piaciuta), anche se è vero che hanno sputtanato e reso odiosi quasi tutti i personaggi più amati (Athelstan, lo stesso Ragnar, e soprattutto Floki 😦 ), a eccezione di Rollo, Bjorn e in parte di Lagertha. Il lato peggiore sono state però tutte le scene con allusioni sessuali inutili e le morti ancor più inutili: per dirla con le parole della mia ragazza, “qui non ce n’è uno che abbia le rotelle a posto” 😀 . Non terribile insomma, come stagione, ma fortemente deludente, a mio avviso. Io comunque continuerò a seguire anche la prossima stagione, ma con molto scetticismo in più.
Direi che la tendenza a dare agli adolescenti solo quel che sono abituati a vedere (e consumare) sta dando frutti devastanti. Non il minimo sforzo di farli evolvere proponendo qualcosa che devii un attimino da schemi così fissi (e fessi). Complimenti.
Credo sia il prezzo della serializzazione selvaggia dei prodotti, sai? Si fa una buona stagione di una serie, poi un paio e a un certo punto sei obbligato a continuare a oltranza, anche se scarseggiano le idee. E quindi ti adegui e giochi sul sicuro.
Ma se pure tu stronchi Lost River cosa mi rimane? Non l’ho ancora visto ma la cosa mi intristisce. Tutti ne parlano malissimo. E io a Ryan voglio bene. Come si fa?
C’è chi lo ha apprezzato.
Non voglio raffreddare gli entusiasmi di nessuno, ma io con questo tipo di cinema non ho un gran bel rapporto e quindi il film di Goslin mi ha irritato parecchio.
Voglio bene anche io a Ryan, e credo che comunque un talento di base ci sia. Ecco, se la prossima volta prova a raccontare una storia… 😀
Richard Bates jr mi aveva già fatto girare i coliandri con excision che mi è sembrato una vetrina senza senso mischiata a videoclippate poco incisive. Quindi questo lo salto, e ci avrei scommesso un dito che era una montatura alla adam green (come al solito mi espongo e ti attirerò qualche troll. Tanto il blog è tuo 😛 😛 😛 🙂 ).
Lost river mi incuriosisce troppo, credo che non rinuncerò a farmi male…
Ah, ma io Green l’ho preso a pizzoni virtuali tante di quelle volte che non mi preoccupo di eventuali troll 😀
Eh, che devo dire, su Bates Jr. avevi ragione tu. Sono ancora in imbarazzo 😀
Mamma mia che porcheria è Muck! Non ci potevo credere, inguardabile, pensare che inizia anche con uno spunto interessante e poi… il disastro. Lost River ho il commento in canna, non posso dire che mi sia piaciuto, anzi, ho apprezzato praticamente solo il lavoro del cast 😉 Cheers!
Muck è esattamente il male del genere. Tutto quello che in un horror mai si dovrebbe fare, è presente in quella porcheria inguardabile. E pensare che quel mentecatto del regista stia lì a darsi di gomito con gli amici mi fa venire la nausea.
Lost River è il classico film che quando finisce dici: però che bella fotografia 😀
Peccato per Suburban Gothic – aveva del potenziale, e pareva una cosa divertente.
Sui vichinghi vestiti da biker non mi pronuncio – l’ho sempre considerato uno show sopravvalutato.
Non ha aiutato che, come di solito capita, tutti quelli che fino alla settimana prima bevevano martini e fumavano Chesterfield per imitare Mad Men di colpo si siano messi “Smorri” o “Bjornsdotter” fra nome e cognome su facebook, e abbiano cominciato a sproloquiare di shield maidens e ragnarok.
Sono diventati tutti vichinghi per simpatia.
Io li detesto, i fan 😉
Io non so se i fan sono rovinati dalla scarsa qualità degli show o se sono i fan che spingono verso il basso il livello dei suddetti show.
Inseguire il pubblico è sempre una pessima idea.
Così, sulla carta, Muck non mi ispirava molta fiducia. Ma vedo che è pure peggio di quanto immaginassi 😦 Quanto a Bates Jr., vista questa rovinosa caduta senza paracadute, sembra debba già rientrare nella categoria “apparenti giovani promesse che in realtà quella volta hanno avuto solo un brillante colpo di culo”, allora.
A Lost River penso che darò comunque un’occhiata, dato che Gosling è un tipo parecchio interessante (e in futuro può riservarci altre sorprese, mi sa): tra le altre cose, nella sua derivatività sembra prendere qualcosina anche da Beneath Still Waters di Brian Yuzna.
Su Vikings, che dire? Beh, molto probabilmente devono aver cominciato a temere sul serio la concorrenza di GOT. Alla quale però spianeranno ben bene la strada, se continuano di questo passo…
Io infatti credo che Lost River vada comunque visto. Dipende molto dalla percezione emotiva che uno ha di certo modo di fare cinema. Se la messa in scena ti emoziona, allora magari riesci a passare sopra alla mancanza di tutto il resto degli elementi e a fartelo piacere. Perché il film è fatto con sincerità e passione e quindi ha delle cose positive. A me ha irritato moltissimo, ma soprattuto per il potenziale enorme che poteva avere una storia simile
Hai visto che Lenny Nero ha recensito “It Follows”? Non ho letto appositamente la recensione per non farmi influenzare le papille cinefile 🙂
Ouch, avevo un tot di speranze per Lost River… 😦 Vabbeh, nel caso mi capiti in mano lo guarderò, consapevole di andare incontro a una cosa “eurgh!”