Regia – Ana Lily Amirpour (2014)
Quando mi avvicino a un esordio horror, indipendente e americano (e in questo caso, nonostante la lingua, di film americano si tratta) lo faccio sempre con un ambivalente miscuglio di timore e aspettativa. Aspettativa perché è sempre tanto il bisogno di scoprire nuovi autori, timore perché il rischio di imbarazzanti scene di povertà è elevatissimo. E non intendo povertà di mezzi. Quella, data per scontata in certi frangenti produttivi, è facilmente superabile con un paio di accortezze tecniche. Non viviamo più nei tempi gloriosi di guerriglia cinematografica in 16mm e dobbiamo partire dal presupposto che oggi, per girare un film che non sia esteticamente misero, basta davvero poco. La povertà a cui mi riferisco è stilistica, prima di tutto: l’esordiente che ti ammazza con riprese traballanti in un eccesso di macchina a mano, non come scelta precisa, dettata da ragioni narrative, ma perché o non sa fare altro, o gli hanno detto che il cinema indie è così e si adegua. E quindi, non conosce altro.
E poi c’è la povertà di contenuti: personaggi tutti uguali, di solito cinici trentenni o giù di lì che servono al regista/sceneggiatore di turno per sottolineare che mondo di merda sia quello in cui viviamo. Però, nel frattempo, è evidente che di questo mondo di merda sia partecipe e fautore anche il suddetto regista, altrimenti non avrebbe a disposizione nessuna finta cattiveria da bar sport su cui costruire i suoi film futuri.
Insomma, esordire in campo horror è anche una cosa semplice, dato che un esordio ormai non si nega a nessuno. Ma il difficile è distinguersi e uscirne a testa alta.
A Girl Walks Home Alone at Night è un esordio che ha dell’incredibile, per come va orgoglioso e fiero della propria diversità e per uno stile del tutto in controtendenza col cinema indie attuale e (apparentemente) poco funambolico e dinamico. Lo stile di chi non vuole dimostrare niente a nessuno e ha le idee così chiare su cosa vuole raccontare, da avvalersi dello stretto necessario dei piani, non abusando del montaggio e limitando al minimo indispensabile anche i movimenti di macchina. Ana Lily Amirpour gira con precisione chirurgica, sa in anticipo cosa le serve e cosa no e oltretutto, se ne sbatte alla grande di confezionare un film “lento”.
A Girl Walks Home Alone at Night parla di vampirismo. Ed è anche una storia d’amore. A dimostrazione del fatto che entrambi gli argomenti siano ancora validissimi, se trattati con rispetto per la materia.
Ambientato nella città iraniana fittizia di Bad City, recitato in persiano e da attori iraniani, diretto da una regista iraniana, il film è stato girato negli Stati Uniti e prodotto con finanziamenti americani. La Amirpour ha all’attivo parecchi cortometraggi, e questo suo primo film è tratto da un suo omonimo corto del 2011.
La trama è estremamente esile: una vampira velata (Sheila Vand) si aggira per una città fantasma che pare uscita dalle più cupe e malinconiche fantasie post apocalittiche tramandate da decenni di cinema, e si nutre della variegata galleria di disgraziati e rifiuti umani che le capitano a tiro. Una notte, incontra Arash (Arash Marandi), un ragazzo reduce da una festa in maschera travestito da Dracula. Lo porta a casa sua e, quando arriva il momento di azzannarlo, non ci riesce.
A parte un piccolo gruppo di personaggi secondari che interagiscono con i due protagonisti, contribuendo al loro avvicinamento, non c’è molto altro da raccontare. A meno di non volervi a tutti i costi rovinare la visione.
A Girl Walks Home Alone at Night è prima di tutto un film d’atmosfera e suggestione, in cui seguiamo a fasi alterne i due caratteri principali e ne osserviamo la vita, immersa in un ambiente squallido e ostile. Bad City è un luogo astratto quasi quanto le varie città immaginarie dei fumetti, a partire dal nome che la caratterizza subito come un brutto posto dominato dal Male. E fumettistica è, da un certo punto di vista, anche l’impostazione stilistica del film, con quelle inquadrature quasi sempre statiche, che assomigliano ad altrettante tavole disegnate e composte con un adorabile rigore geometrico. Alla Amirpour piacciono i grandangoli, i campi lunghissimi, i cambi di fuoco, i piani fissi e insistiti, quelli che chiedono tanto alla recitazione degli attori, insomma. E io non so come la pensate voi, ma vedere un film messo in scena così, in tempi di over editing a manetta, mi scalda il cuore e mi fa ben sperare per il futuro.
Anche perché, quando hai la forza di risolvere tutto l’inizio di una storia d’amore che sarà la colonna portante del tuo film, in un unico campo a due senza stacchi, io potrei davvero esaltarmi e iniziare a volerti un gran bene, a prescindere da ciò che combinerai in futuro.
E no, non si tratta di essere pretenziosi, ma di avere personalità e di avere uno sguardo lucido che non si fa condizionare da ciò che va di moda, ma punta dritto all’essenza della propria storia. Ogni racconto ha il suo modo, i suoi tempi e le sue dinamiche. Ha il suo stile. Un racconto del genere, rarefatto e gonfio di tristezza, aveva bisogno di questo tipo di stile. Non riesco a immaginarlo narrato in maniera diversa.
A Girl Walks Home Alone at Night è un film dove si parla pochissimo, ma si ascolta molto. Il sound design è grandioso e non solo per l’uso della musica, ma proprio per come i suoni si intersecano nella narrazione. Bad City è un impasto di rumori e silenzi: lo scivolare delle ruote dello skate della vampira (sì, lei va in giro così) sull’asfalto, il passaggio improvviso di un treno che rompe la quiete di un addio, il rumore delle zanne che fuoriescono dalla bocca della ragazza, o anche quello sommesso di una puntina che struscia su un vinile, prima che esploda questa canzone e il destino dei protagonisti ne venga per sempre segnato.
Sono piccoli tocchi di eleganza per un’opera studiata al millimetro, artificiale e costruita, che esibisce la propria natura di finzione scenica senza tuttavia scadere mai nel metacinema fine a se stesso.
E i riferimenti e le citazioni sono davvero tanti: da Jim Jarmusch che mi sembra quasi il padre putativo di tutta l’operazione, passando per Sergio Leone, arrivando a sfiorare Abel Ferrara e persino Fellini.
Ma quanto detto fin’ora non deve far pensare si tratti di un film valido solo dal punto di vista formale. Mi sono concentrata sull’estetica perché ritengo doveroso elogiare le capacità della regista e perché avere le idee così chiare all’esordio è cosa rara e da sottolineare.
Come spesso accade nei film riusciti, va sempre a finire nello stesso modo: stile e sostanza formano un tutto unico e il rigore con cui vi sto ammorbando da inizio post, è presente anche nella narrazione, insieme alla coerenza.
Forse questo film potrà non piacere agli alfieri del dinamismo a tutti i costi. Però non ci troviamo di fronte a nulla di ostico o elitario: A Girl Walks Home Alone at Night è un horror sicuramente atipico, ma rimane sempre e comunque horror, a patto che la vostra concezione di cinema dell’orrore non sia monolitica e univoca. E non si fermi a smembramenti e torture. L’orrore messo in scena dalla Amirpour è decisamente più sottile, ma ha il potere di restarti dentro e non abbandonarti a fine visione. Insieme ai sentimenti che male non fanno mai.
Vi segnalo anche la recensione del Bradipo
Concordo sulla concezione di Horror non monolitica, ho finito di vederlo ieri appena riesco lo commenterò. Ottima recensione come sempre. Cheers!
Curiosa di sapere che ne pensi. Per me è una bomba. E sta lì a sottolineare come l’horror stia attraversando un bel periodo in piena salute e allegria 😉
grazie per la segnalazione e vedo che siamo completamente d’accordo su questo film bellissimo!!!
Segnalazione doverosa 😉
Grande film, davvero.
Ammazza che chicca! Grazie della rece: ora DEVO vederlo! (Peraltro adoro lo stile cinematografico iraniano, anche senza soldi americani 😉
In realtà qui lo stile è molto occidentale. Sì, le influenze orientali si sentono, ma la regista è cresciuta, anche culturalmente, negli USA e conosce bene un certo tipo di cinema, americano e soprattutto europeo. Un bell’impasto di roba.
Meglio ancora! 😛
Conto di vederlo al più presto, inizialmente mi avevano incuriosito titolo e locandina, poi ho letto il bradipo, adesso te…
È molto particolare. Originalissimo.
Un elegante, per niente frenetico e maturo esordio vampirico/sentimentale, che stilisticamente mutua non poco dal linguaggio fumettistico (narrando quasi per vignette, in un certo senso)… sembra davvero ottimo!
P.S. Bello quel gattone in mezzo ai due protagonisti 😉
Ah il gattone è una delle cose più belle del film. Poi somiglia tantissimo al gatto di mia madre. È grasso quasi quanto lui 😀
Già mi piace… Senza tanti giri di parole.
Bello, lento, meditato, studiatissimo. Una gioia
Sembra un film d’altri tempi… s’impone visione!
sembra mooolto interessante 🙂
Lo è, te lo consiglio con tutto il cuore
Non ti sto dietro, ma vedrò anche questo (Spring invece non si trova con sottotitoli, peccato).
Spring purtroppo solo in lingua originale con i sottotitoli in inglese. Questo invece ha dei buoni subbi in italiano.
Appena visto. La prima ispirazione mi è sembrata il Ferrara di Addictions, e un po’ anche l’ultimo Jarmusch, ma a parte questi ha un passo malinconico molto personale, e le poche scene horror sono di grande impatto. Una bellissima sorpresa.
[…] sonora perfetta, ma non è questo il punto. Il punto è, come ha già sottolineato una nostra amica, la potenza che deriva dalla musica per merito dell’uso che ne fa la regista. Siamo, […]
[…] Qui la recensione de Il Giorno degli Zombi. […]
Visto ieri sera e mi è piaciuto un sacco. Io sono rimasta impressionata dal modo di riprendere la protagonista, dal gioco di ombre sul suo volto, dal trucco, che la fanno, di vokta in volta, quasi sembrare una persona diversa, proprio a livello fisiognomico. Il suo personaggio diviene così impalpabile, quasi immaginato, sognato, più che reale.