1979: Phantasm

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Regia – Don Coscarelli
“You think when you die, you go to heaven. You come to us!”

Icone. Oggi una bella patente di icona non la si nega a nessuno. Basta pensare che Victor Crowley e Jigsaw passano per icone horror.
Adesso, io magari non ci capisco niente e sono una rompicoglioni inacidita e con la puzza sotto al naso, ma ipotizzo che un’icona debba un minimo resistere alla prova del tempo. E allora è icona Freddy Krueger (non lo sto mettendo a caso, ci torniamo), che nasce nel 1984 e ancora oggi turba i sogni di grandi e piccini, è icona Michael Myers, partorito nel ’78 e che ancora non ha smesso di affettare a destra e a manca. Aggiungete voi altri personaggi a piacimento, a seconda delle vostre preferenze. Ma che nessuno si azzardi a negare che il Tall Man di Phantasm non è un’icona. Una delle prime, cronologicamente parlando. Arriva infatti un anno dopo Halloween, in un biennio, quello ’78-’79 che ha segnato in maniera indelebile il futuro del genere.
Nel periodo a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 si sono infatti gettati tutti i semi di quello che sarebbe diventato l’horror a venire. Phantasm, per quanto sia poco citato e non sempre ricordato a fianco di altri colossi del periodo, è un film, appunto, seminale, la cui importanza nello stabilire codici e stili poi diventati consuetudini non sarà mai abbastanza riconosciuta. 

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Coscarelli, all’epoca venticinquenne e con già due lungometraggi alle spalle, avrebbe voluto dirigere un adattamento de Il Popolo dell’Autunno di Bradbury. Purtroppo, i diritti del libro erano in mano alla Disney e non se ne fece nulla. Ma nella testa del regista era rimasta l’idea di raccontare una storia in cui un ragazzino fosse obbligato a scontrarsi con una violenta irruzione del soprannaturale nella sua vita quotidiana, privo del supporto del mondo adulto, ovviamente incredulo. Oltre a queste suggestioni letterarie, c’è anche un incubo tra le fonti di ispirazione di Phantasm: pare che Coscarelli abbia sognato di essere inseguito da una strana sfera metallica…

Phantasm è un singolare impasto di elementi sia concettuali che visivi. La fantasia anarchica di un ragazzo poco più che ventenne che ha la possibilità di sbizzarrirsi in totale libertà creativa.
Trecentomila dollari di budget, cast e troupe quasi interamente formati da non professionisti, e Coscarelli che oltre a scrivere e dirigere, monta pure, e riversa su pellicola il suo immaginario, i suoi punti di riferimento cinematografici e culturali, realizzando un’anomalia sicuramente derivativa (Frank Herbert, Dario Argento, ancora Bradbury), ma anche inedita, originale e così personale che definirla è, ancora oggi, difficilissimo.

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Phantasm è un horror dall’estetica sfrenata e dalla narrazione niente affatto lineare, un horror che va a pescare nelle paure più profonde dello spettatore, un esempio perfetto di quell’orrore che rimanda alle fiabe macabre e ci spalanca la visione di altri mondi. Ma non solo. Phantasm è anche un horror sulla morte, per come può essere vista e interpretata dagli occhi di un bambino che ha perso entrambi i genitori, e quindi su un lutto elaborato in chiave fantastica.
Un horror che possiede quindi una fortissima valenza metaforica. Ma che non ha alcuna necessità di sbattere la metafora in faccia allo spettatore. Coscarelli si limita a raccontarci una favola, cupa e malinconica, una storia che fa paura e tenerezza allo stesso tempo, dove sogno e realtà hanno confini molto imprecisi e l’orrore è rappresentato da chi prende in custodia i nostri cadaveri per renderli presentabili: “I had a compunction to try to do something in the horror genre and I started thinking about how our culture handles death; it’s different than in other societies. We have this central figure of a mortician. He dresses in dark clothing, he lurks behind doors, they do procedures on the bodies we don’t know about. The whole embalming thing, if you ever do any research on it, is pretty freaky. It all culminates in this grand funerary service production. It’s strange stuff. It just seemed like it would be a great area in which to make a film.”
Due fratelli e un sinistro e misterioso becchino. Angus Scrimm, che appare in sogno alle spalle del giovane protagonista Mike, in una delle sequenze più efficaci, per quanto riguarda il senso di smarrimento seguito all’istante dal terrore puro, mai girate.
L’emblema stesso della morte materializzato dietro di noi, mentre siamo a letto e non riusciamo a capire se siamo svegli o stiamo ancora dormendo.
Un’inquadratura che ha segnato, da sola, la storia del genere. Un’inquadratura sola che è diventata (ecco, usiamo di nuovo quella parola) un’icona indimenticabile.

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Se l’anno precedente il Maestro John Carpenter impostava la struttura di quello che sarebbe diventato lo slasher degli anni ’80, e qualche annetto prima Cronenberg, in Canada, inaugurava il body horror (sì, lo so, procediamo per semplificazioni), è stato Coscarelli a stabilire il canone dell’orrore soprannaturale del cosiddetto decennio d’oro.
Pensiamo a film come Nightmare, a quanto devono a Phantasm e alle sue atmosfere. Persino la Trilogia della Morte fulciana ha qualche piccolo debito nei confronti di questo film.
L’assenza di logica o spiegazioni, una narrazione che si muove con disinvoltura tra inserti onirici e momenti realistici, un protagonista ai confini tra infanzia e adolescenza, il mostruoso che è insieme veicolo di paura e divertimento, il cinema come enorme parco giochi del terrore.
Sono gli anni ’80 che arrivano di gran carriera, gli anni di Evil Dead e dei romanzi migliori di King, gli anni di Poltergeist e di Phenomena. Il periodo in cui il cinema fantastico puro ha vissuto il suo momento migliore.
Gli anni inaugurati, di fatto, da Coscarelli e dal suo Phantasm, ancora più che da Raimi nel 1981.
In seguito Coscarelli sarebbe rimasto imprigionato nel mondo da lui stesso costruito: tre seguiti, girati tra il 1988 e il 1998, pochissima fortuna come regista, un altro gioiello anomalo e, anche quello, di scarso successo, come Bubba Ho-tep nel 2002, e una lontananza dalle scene durata quasi dieci anni, se si esclude l’episodio per Masters of Horror diretto nel 2005.
E poi, quel John Dies at the End che potrebbe anche essere interpretato come un ritorno, più maturo e con più soldi, al suo esordio nel campo dell’horror.
Nessun nuovo progetto all’orizzonte, purtroppo. Coscarelli è e resterà sempre un outsider del cinema. Proprio per questo motivo, nel nostro piccolo excursus fatto principalmente di emarginati, sfigati di ogni risma e splendidi perdenti, un posto d’onore gli spetta di diritto.
Musica

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21 commenti

  1. Ha anche una colonna sonora da brividi.
    Non ho visto gli altri episodi della saga ,come sono?
    Ciao ,ottima recensione

    1. E infatti la colonna sonora è linkata in fondo al post 😉
      Ho anche citato per ben due volte Argento. Sto decisamente invecchiando

  2. bradipo · ·

    io l’ho recuperato in tempi relativamente recenti e devo dire che non ha nulla da invidiare alle icone che hai citato…anzi ha molte frecce in più al suo arco…

    1. Infatti stavo pensando di rispolverare tutti i seguiti

  3. Invece le Major dovrebbero tenerseli stretti visti che poi i registi Mainstream prendono da li le loro idee,anche se ultimamente anche in tutti campi esempio nei videogiochi:Dead Space partito come gioco horror veramente pauroso trasformato in action dimunuendo l’horror dalla casa madre per aumentare le vendite per essere più di massa snaturando di fatto il prodotto(pensa il tuo amato John Carpenter valeva farci un film) questo discorso penso che tocchi anche parecchi sequel cinematografici.
    Un saluto Lucy.

    1. Sì, sapevo che Carpenter era un grande estimatore di Dead Space, ma poi il progetto è naufragato. Peccato, perché sarebbe stato grandioso.

  4. Helldorado · ·

    Gran bel film…ci sono delle scene che mi terrorizzano moltissimo e un’atmosfera davvero incredibile. Complimenti per il bellissimo post Lu!

    1. Grazie Max!

  5. claudio · ·

    Lo ricordo molto bene. Ero un moccioso all’epoca ma captai molto bene l’atmosfera allucinata e difforme che si respirava, e il modo in cui Coscarelli (cosa difficilissima) riusciva a far toccare allo spettatore in modo serio e crudo paure ancestrali.
    Ricordo anche – a parte il tall man – certe immagini e atmosfere del cimitero che porto ancora con me.
    Un outsider di genio, rimasto fuori dalle tante scipite baracconate dei nostri tempi

    1. Rimasto completamente fuori dal cinema che conta. E dispiace davvero tanto. Io speravo che John Dies at the End lo rilanciasse in qualche modo. E invece niente.

  6. Ho rivisto i primi due episodi della saga e devo dire che l’uomo alto fa ancora il suo bell’effetto, così come la sfera. Coscarelli lo adoro, mi spiace solo che abbia fatto cosi’ pochi film.
    Quanto alle icone horror io ci metterei anche Leatherface che, non so perche’, mi impressiona molto piu’ di Freddy e di Jason

    1. Sì, io Leatherface non l’ho inserito perché appartiene più al decennio precedente, e credo sia un tipo di icona molto diversa da quelle anni ’80, più “scanzonate”, se mi passi il termine

  7. Sììì, Phantasm ha segnato la mia prima adolescenza! Stranamente un film poco citato per il quale nutro un amore sfrenato.

    1. Poco citato perché il regista si è perso.
      Però rimane davvero uno dei fondamentali per capire un po’ lo sviluppo del cinema fantastico.

  8. Giuseppe · ·

    Horror soprannaturale e fantascienza (sfere, creature, il portale, altri tempi -la sequenza dell’antica foto- altri mondi e dimensioni, lo stesso Tall Man qui e ancor più nei seguiti tranquillamente ascrivibili senza contraddizioni ad entrambi i generi) in un mix semi-onirico in grado di reggere egregiamente il peso degli anni…con un malinconico e inquietante quarto e per il momento ultimo capitolo nel ’98 capace di lasciare il mistero originario pressoché intatto, nonostante si chiariscano parzialmente le origini del Tall Man. E non ho perso la speranza che Coscarelli decida di girare Phantasm V…credo che il nostro terrificante becchino avrebbe ancora qualcosa di interessante da raccontare.

    1. Ecco, il quarto capitolo è il mio preferito. Lo adoro.
      Infatti adesso mi rivedo tutta la saga da cima a fondo 🙂

      1. Giuseppe · ·

        Buona idea! E poi si va tutti insieme dal dottor Morningside a berci una limonata fresca! 😉

  9. Sfondi una porta aperta! Uno dei miei film del cuore, bellissimo, onirico, pauroso nel senso bello del termine e dotato, secondo me di una eleganza che oggi come oggi, non so in quanti saprebbero evocare con quattro soldi quattro.

    1. Uno stile molto maturo per un ragazzino di 25 anni. Cavolo, se penso che all’epoca Coscarelli aveva dieci anni meno di me, mi sento addirittura una mezza fallita

      1. Succede a tutti noi quando ci si ritrova di fronte degli autentici talenti.

  10. Monsieur Verdoux · ·

    Però devo essere sincero, a me Phantasm appare un pò datato come film. Un piccolo cult sicuramente, un’icona il Tall Man creato da Coscarelli, però non lo reputo un grande film ad essere onesto, di Coscarelli ho preferito Bubba Ho Tepp e John Dies at the End (entrambi tra l’altro scoperti qui sul tuo blog, tanto per cambiare!)

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