La Cosa

In seguito a queste brutte brutte brutte notizie mi è venuto in  mente di ricordare quello che si sta per massacrare con un inutile e sicuramente pessimo prequel di cui non s sentiva il bisogno.

Sarà un articolo lungo e molto noioso.  Vi sembrerà di sentir parlare vostra nonna quando vi raccontava della sua infanzia. E si stava meglio quando si stava peggio, signora mia.

Ma per me Carpenter è quasi sinonimo di Dio.  E La Cosa è il suo Verbo. E non vedo l’ ora di andare a tirare i pomodori contro lo schermo quaso uscirà il dannato prequel

Prima di cominciare una qualsiasi valutazione critica di questo film, è meglio chiarire subito un concetto fondamentale: “La Cosa” non  un film come tutti gli altri. Anzi, “La Cosa”  è  l’ archetipo del moderno film dell’ orrore, il punto d’arrivo di tutta la filmografia fanta-horror fino all’ inizio degli anni ’80, e il punto di partenza delle nuove frontiere del terrore estremo. Inaugura un nuovo modo di “vedere” la paura, basato sulla metamorfosi totale del corpo umano, plasmato, fatto a pezzi e ricostruito come una scultura. E c’era solo un regista al mondo in grado di fare questo: John Carpenter.

Per capire bene di cosa stiamo parlando, è necessario ricordare brevemente la genesi di questo film. Tutto comincia nel 1938, quando il padre della sci-ficion John W. Campbell, scrive un romanzo breve intitolato “Who Goes There?” (Chi va là?). La storia è quella di un gruppo di scienziati in una base dell’ Antartico, che ritrova, sepolto tra i ghiacci, il relitto di un’ antichissima astronave aliena. Congelato all’ interno dell’ astronave, il corpo mostruoso di una “cosa” senza nome, che Campbell ci descrive così: “La Cosa era stesa supina sulle assi della tavola. Tre occhi pieni di d’ odio e furore, brillavano come fuoco acceso, simili a sangue di fresco sgorgato, in una faccia circondata da schifosi vermi che si agitavano lentamente, vermi turchini che erano al posto dei capelli”. Gli scienziati credono che la Cosa sia morta. In realtà non è così: contagia i cani da slitta che vivono nella base e rivela delle stupefacenti capacità imitative. È  infatti in grado di riprodurre ogni singola cellula degli organismi di cui si nutre, assumendo le sembianze di una copia perfetta delle proprie vittime. Il racconto di Campbell è un piccolo gioiello di angoscia e tensione, che non si stemperano neanche con il lieto fine e con l’ inno alla scienza e alle capacità umane contenuto nelle righe conclusive. Ciò che colpisce maggiormente, rileggendo questo breve romanzo a distanza di quasi settant’ anni dalla sua pubblicazione, è la descrizione perfetta della disgregazione dei rapporti sociali, la paura del proprio simile, diventato improvvisamente altro, la costruzione di un’ atmosfera fatta di sospetto e diffidenza. Tutti elementi che Carpenter utilizza molto spesso nei suoi film. Ciò che non rende “Who goes There” compiutamente “carpenteriano” è la mancanza di quel nichilismo pessimista che pervade gran parte delle opere del regista.

Hollywood porterà per la prima volta sullo schermo il racconto di Campbell nel 1951, con un film intitolato “The Thing From Another World” (“La cosa da un altro mondo”), diretto ufficialmente da Christian Nyby, e prodotto da Howard Hawks. In realtà, sembra che il vero regista fosse stato proprio Hawks. La trama ricalca parzialmente quella del romanzo breve di Campbell, almeno nei minuti iniziali: la spedizione scientifica, il ritrovamento della Cosa intrappolata in un blocco di ghiaccio e il suo risveglio. Tuttavia, il film prende un’altra piega rispetto alla storia a cui si ispira e si trasforma nella narrazione del conflitto tra scienziati e militari. I primi vorrebbero mantenere in vita l’ alieno per studiarlo. I secondi, al contrario, vorrebbero distruggerlo immediatamente. La natura biologica dell’ alieno non è più quella metamorfica e imitativa del modello originale. Siamo di fronte a una creatura semi-umanoide dalla forza brutale, in cui sono visibili alcuni barlumi di una rudimentale intelligenza e che ha un solo scopo: sopravvivere a qualsiasi costo. Hawks mette in scena una mostruosa lotta per la sopravvivenza tra il genere umano e una minaccia completamente esterna, che viene appunto, da un altro mondo e che non ha nulla a che spartire con i suoi avversari. Alla fine, sarà l’ ingegno degli esseri umani a vincere, e la Cosa verrà distrutta, con buona pace degli scienziati e gloria eterna per i militari.

Film intenso e, per l’ epoca, estremamente avanzato, “La cosa da un altro mondo” è tra i preferiti di Carpenter, che lo cita addirittura in una sequenza di Halloween (quando il bambino a cui Laurie fa da baby sitter guarda la televisione, vediamo sullo schermo un gigantesco James Arness travestito da alieno). Tuttavia, lo stadio degli effetti speciali anni ’50 non permetteva ancora di portare sullo schermo la reale natura della Cosa. Le metamorfosi descritte nel racconto di Campbell non erano cinematograficamente riproducibili.

Trent’ anni dopo, i produttori della Universal, a corto di idee (persino allora!!) pensano sia arrivato il momento di realizzare un remake del film del 1951 e decidono di contattare Tobe Hooper. La sceneggiatura proposta del regista di “Non aprite quella porta”, tuttavia, non piace, e si decide di contattare John Carpenter per la regia e Bill Lancaster per scrivere un nuovo copione, la cui stesura durerà talmente a lungo di dare il tempo a Carpenter di girare un altro film, “1997 – Fuga da New York”. Per gli effetti speciali, Carpenter si avvale della collaborazione del ventitreenne Rob Bottin, che aveva già lavorato con lui in “Fog”. La scelta del protagonista cade su Kurt Russel, vecchio amico di Carpenter e attore di cui il regista si fidava ciecamente.

diccelo tu Kurt che son cattivi

La lavorazione del film fu lunga e travagliata, il budget messo a disposizione della Universal venne di gran lunga superato, le condizioni climatiche e ambientali con cui Carpenter e la troupe dovettero confrontarsi erano pessime, la difficoltà e l’ assoluta novità degli effetti speciali a cui si stava dando vita, costarono a Rob Bottin un ricovero di due settimane per esaurimento nervoso, al termine delle riprese. Era evidente a tutti che “La Cosa” era un’ opera radicalmente nuova e, nel suo genere, rivoluzionaria. L’ intenzione di Carpenter non era quella di realizzare un semplice remake: “Sarei stato un idiota a fare un remake. “La Cosa” che ho realizzato io non è “La Cosa” che ha realizzato Hawks. Non significa che sia migliore o peggiore, solo diversa” . Quello che Carpenter voleva, era attenersi in misura maggiore al racconto di Campbell, rispettando soprattutto la natura camaleontica della Cosa e quindi l’ atmosfera paranoica che si respira tra l’ equipaggio dell’ avamposto 31. Cambiando il finale del racconto, da ottimistico e fiducioso, a pessimistico e nichilista, e mutuando dal film di Hawks la furiosa lotta per la sopravvivenza che si scatena tra le due specie, quella umana e quella aliena, Carpenter realizza un’ opera del tutto originale e autonoma, sia rispetto al racconto, che al film di Hawks.

“La Cosa” uscì nel 1982, contemporaneamente a “E. T. “ di Spielberg e a “Poltergeist” di Hooper, prodotto dallo stesso Spielberg, due film “sfracella incassi”, e fu un fiasco clamoroso. La critica lo massacrò, accusando Carpenter di aver diretto un film vuoto, insulso, privo di significato, in cui la storia e i personaggi erano solo dei pretesti per mostrare quanta più violenza possibile e traumatizzare il pubblico con scene shoccanti. Si arrivò a definire il regista un pornografo della violenza. Il pubblico, ammaliato dal tenerissimo alieno di Spielberg, non aveva nessuna voglia di veder crollare le proprie illusioni di fratellanza universale, assistendo alla cupa e agghiacciante versione di Carpenter di un incontro ravvicinato. Proprio l’ assoluta perfezione degli effetti speciali fu la causa del disastro economico de “La Cosa”. In realtà, faceva troppa paura e gli spettatori, ancora non svezzati dall’ orgia di orrori organici a cui avrebbero assistito nel corso degli anni ’80, snobbarono il film, ripiegando su visioni più consigliate alla famiglia. “La Cosa” costò a Carpenter anni di emarginazione. Nessuno, dopo il flop catastrofico di quel film, voleva più contattarlo e il regista finì sulla lista nera di Hollywood, pagando il pegno per essere stato troppo in anticipo sui tempi, troppo moderno, intelligente e introspettivo. “Difetti” che a Hollywood costano cari. E così si concluse la collaborazione di Carpenter con le grandi case di produzione.

Nel frattempo, su “La Cosa” cominciava a circolare il passaparola degli appassionati e il film, lentamente, diventava uno dei cult più importanti della storia del cinema. Oggi, è un’ opera imprescindibile per chiunque voglia conoscere l’ universo del fanta-horror e non solo. È uno dei rari film di genere che travalica il genere stesso, per essere considerato un capolavoro, a prescindere dal fatto che appartenga al filone del fantastico. Sono solo una manciata i film horror che possono essere ritenuti “rispettabili” anche dalla critica cosiddetta “seria”. “La Cosa” è tra questi. Ben più importante rispetto alla stima benevolmente concessa da critici con la puzza sotto al naso, è il fatto che il pubblico stesso sia arrivato a comprendere l’ importanza fondamentale di questa pellicola, in grado di fungere da punto di non ritorno per tutta la filmografia di fantascienza e dell’ orrore.

L’ Apocalisse

 

Entire world population infected 27,000 hours from first contact”. L’ avamposto 31 è il solo baluardo rimasto di fronte alla fine del mondo. La minaccia rappresentata dall’ alieno sepolto tra i ghiacci è assoluta, totalizzante, estrema. Carpenter mette in scena, per la prima volta nella sua filmografia, le prove generali dell’ Apocalisse, tanto che “La Cosa” fa parte di un trittico di film, battezzati in seguito “trilogia dell’ Apocalisse”, che comprende anche “Il signore del male” (“Prince of darkness” 1987) e “Il seme della follia” (“In the mouth of madness 1993). La creatura che da millenni dorme nelle profondità dell’ Antartico e che un gruppo di incauti scienziati svedesi riporta alla vita, non è altro che una delle mille incarnazioni di quel male assoluto che Carpenter ama ritrarre in molti suoi film. Un incubo di derivazione lovecraftiana, antico, ancestrale, forse invincibile. La domanda che sembra porsi Carpenter, ogni volta che affronta il tema del Male è se e in che modo l’ uomo saprà opporvisi. La risposta che ci fornisce “La Cosa” è tutt’ altro che positiva. Gli scienziati dell’ avamposto 31 non sanno fare altro che inscenare una guerra di tutti contro tutti, fatta di sospetti e odi reciproci. E, effetti speciali terrorizzanti a parte, è forse questo l’ aspetto più pauroso del film: non c’è spazio, nel finale, per una nuova umanità rigenerata dalla vittoria. Non sappiamo neanche se questa vittoria è realmente avvenuta. Quella a cui assistiamo è la drammatica attesa di due condannati a morte, forse umani, forse no.  Nessuna consolazione, quindi, non ci viene concesso neanche il classico “sospiro di sollievo” dopo tanta tensione. Solo l’ urlo feroce del vento, il campo degli scienziati devastato ed esposto alle intemperie, quelle due figure minuscole, che si guardano con sospetto.

Carpenter è tra i registi dell’ orrore, il più introspettivo e intimista. Diversamente da molti suoi colleghi, mostra sempre una profonda “pietas” quasi umanistica per i suoi personaggi e non indulge nel sensazionalismo fine a se stesso, preferendo dare spazio alla sua personalissima visione del mondo, piuttosto che bombardare lo spettatore con immagini di facile presa. Per questo motivo è un Autore “difficile” e molti suoi film possono risultare ostici, duri, troppo rigorosi per del “semplice” cinema di genere. Soprattutto, durante tutta la sua carriera, Carpenter non ha mai mostrato nulla che non fosse strettamente necessario all’ economia della storia che stava raccontando e ha sempre suggerito l’ orrore, invece di farlo vedere in tutta la sua crudezza fisica.

“La Cosa”, all’ apparenza, sembra smentire questa filosofia, perseguita con una coerenza unica, nei film precedenti e successivi. Grazie alla collaborazione di Rob Bottin, Carpenter mostra ciò che nessuno aveva mai mostrato prima: corpi straziati da deflagrazioni interne, arti smembrati, trasformazioni al limite del possibile, una galleria di orrori da fare invidia a Bosch. Si può parlare di incoerenza? Si può dire forse che “La Cosa” è solo una parentesi, un episodio anomalo all’ interno di una filmografia in cui invece è possibile trovare dei fili conduttori?

In realtà, anche un film così “fisico” come “La Cosa” è perfettamente in linea con la poetica di Carpenter. Gli elementi ci sono tutti: un ristretto gruppo di personaggi rinchiuso in uno spazio angusto, il sovvertimento dei rapporti sociali, il senso di minaccia invisibile e incombente, la solitudine schiacciante, il tramonto delle convenzioni, delle regole più elementari del vivere civile, la regressione dell’ umanità che mostra il suo vero volto, fatto di egoismi, paure, fragilità esistenziale. Anche se in questo film Carpenter spinge sull’ acceleratore del “gore” più estremo e non risparmia nulla allo spettatore, che esce inevitabilmente tramortito dalla visione di tanto orrore, i momenti veramente “splatter”, per quanto memorabili, si contano sulla punta delle dita e anche quelli, sono ben poveri di sangue, ma si limitano a descrivere le varie metamorfosi della creatura, per rendere piena giustizia alla sua natura, così come era descritta nel racconto originario di Campbell.

Il vero terrore, ne “La Cosa” deriva dal clima di sospetto e sfiducia che si diffonde tra i membri dell’ equipaggio della base americana, dalla tensione presente dalla prima all’ ultima inquadratura, dall’ attesa, insostenibile, per il prossimo attacco dell’ alieno, che è ovunque e potrebbe essere chiunque. “La Cosa” non è un film del terrore, è il terrore incarnato, rappresenta tutte le paure più forti dell’ uomo e le sintetizza mirabilmente in poco meno di due ore. Raramente un regista era riuscito (forse solo Romero) a costruire un meccanismo così perfetto di angoscia, in cui gli orrori  ancestrali si mischiano con le inquietudini più moderne. Quasi tutto il cinema fantastico contemporaneo si basa infatti sul panico creato dal guardarsi allo specchio e scoprire che il “mostro” siamo noi. Carpenter anticipa con “La Cosa”, decenni di futura filmografia horror e allo stesso tempo, rimane fedele alla sua idea di cinema “classico”, rigoroso, formale, essenziale e asciutto.

Un capolavoro indimenticabile, da vedere e da studiare, nei dettagli, almeno un milione di volte.

12 commenti

  1. Un post monumentale.

    “La critica lo massacrò, accusando Carpenter di aver diretto un film vuoto, insulso, privo di significato, in cui la storia e i personaggi erano solo dei pretesti per mostrare quanta più violenza possibile e traumatizzare il pubblico con scene shoccanti. Si arrivò a definire il regista un pornografo della violenza.”

    Ecco, posso solo aggiungere che la critica non ha mai capito un cxxxo?

  2. Ma grazie 😀
    Il mio film preferito sicuramente nel genere, forse anche oltre. E’ amore assoluto e incondizionato. Roba che andrò imbottita di tritolo a vedere il prequel 😛
    E quando mai certa critica è riuscita a capirci un ciufolo. Fortuna che ci siamo noi a smentirla!

  3. Luis Carlo Aguayo · ·

    Beh elogi te stessa massacrando aprioristicamente il prequel, senza averlo visto, poi ti autoproclami come unico baluardo alla critica di quelle persone che non concordavano con l’esperienza narrata da Carpenter, ti ricordo che coevo quasi a “la cosa” c’era anche un’altro film “Videodrome” di David Cronenberg il quale ha sempre giocato, a volte abusato, con la degenerazione della carne, le psicosi e le paranoie (Videodrome parla di realtà virtuale ancor prima che fosse teorizzata, prosegue fino ad eXistenZ). Beh non c’è che dire solo l’opinione tua conta, ovviamente quella degl’altri che non si adeguano al tuo pensiero, non ha alcun diritto di esistere. Sai gli effettacci fatti con animatronics e improbabili liquidi biologici li ritroviamo nei films di Sam Raimi, uso con premeditazione la parola “effettacci” proprio per farti saltare la mosca al naso, magari così agitata ti si innescherà il tritolo che hai preparato come tu affermi nel post sovrastante (cito testualmente) -Roba che andrò imbottita di tritolo a vedere il prequel “. La tua opinione non conta nulla in ragione del fatto che sei “snobbamente prevenuta e fatta della medesima materia di cui sono fatti i critici dei quali tu e il caro amico di merende che ti ha dato manforte (ma ritengo si tratti sempre di te, come la una cosa critica che ingloba un’altro soggetto assumendone le sembianze fiscali, che scrivi paranoicamente e cacofonicamente a te stessa)” In poche parole per esserti più chiaro, ben sapendo che non sfuggirò alla tua mannaia censoria (e non me ne frega un fico secco), le persone non han bisogno di sentirsi descrivere il gusto delle patatine fritte: le devono assaggiare, se gli piacciono bene se non gli piacciono cambiano alimento. Se una moralista finto perbenista un vero vuoto totale e pneumatico infilato dentro una scatola cranica, una nullità che vuole imporsi a tutti costi: ti rassicuro che puoi tornare nel nulla dal quale tu provieni, così come io e tutti quanti gli altri.

    1. Allora, io non mi sono accanita contro nulla di nulla. Ho semplicemente detto che il prequel è una brutta notizia. Non capisco perché te la prendi tanto e non so nemmeno per quale motivo sei tu ad accanirti così con me.
      Mi rinfacci Cronenberg come se ignorassi la sua esistenza. Peccato che le mutazioni de La Cosa siano arrivate prima (di un solo anno, è vero, ma comunque prima) e anche se così non fosse, non vedo proprio cosa abbia a che vedere con il livore personale che esprimi nei miei confronti.
      Se non ti piace quello che c’è qui sopra, gira semplicemente a largo, oppure spiegalo in maniera meno arrogante e un minimo comprensibile, dato che ti ammanti e ti nascondi dietro un linguaggio criptico, da finto intellettuale del cazzo, per attaccarmi personalmente.

  4. Giuseppe · ·

    Articolo lungo, completo, appassionato e per niente noioso…e credo proprio che certa critica (de’ sticazzi) dovrebbe vederlo -leggerlo- e studiarlo, nei dettagli, almeno un milione di volte 😉

    1. Cos per poi io mi monto la testa 😀 la critica de ‘sti cazzi dovrebbe farsi un giretto in rete e leggere i blog degli appassionati. E poi correre a nascondersi

      1. Giuseppe · ·

        Come minimo, ammesso che sappia leggere, e senza più farsi vedere in giro! Nientemeno che “pornografo della violenza”, razza di coglioni, quando la sua cosiddetta violenza qui era dosata senza sbavature in funzione di quello che voleva raccontarci… anzi, oserei dire che Carpenter ne La Cosa riesce a contravvenire con grande abilità alla regola che gli orrori -in primis quelli cosmici/lovecraftiani- vadano suggeriti più che mostrati chiaramente per essere davvero efficaci, mostrandoceli eccome senza che questo vada a detrimento del mistero e del terrore, tutt’altro…anzi, il tutto serve a sottolineare quanto il bastardo polimorfo arrivato in tempi remoti da chissà quale sistema solare rimanga al di là della nostra comprensione, perchè in sostanza noi vediamo sì delle trasmutazioni in abominevoli forme senzienti ma non LA FORMA aliena inconoscibile che le domina, che ci costringe a guardare l’orrore senza riuscire a vederlo davvero (e malgrado le apparenze – noo, metti via pomodori e tritolo per un attimo Lucia 🙂 – potrei supporre che non si veda mai nemmeno nel prequel, perchè nessuno può dire con certezza che quella forma nel ghiaccio sia LA FORMA di cui parlavo e non una semplice imitazione non umana).
        Adesso mi fermo che sennò rischio di iniziare a parlare come Ghezzi…

        1. Ma infatti una delle poche cose decenti del remake è stata quella di non avere la presunzione di mostrare la forma vera della Cosa. Lovecraftianamente parlando, è impossibile per noi percepire la natura dell’ essere cosmico che arriva dallo spazio profondo. Sarebbe troppo.
          Manco tutta la CGI del mondo può restituirci quel senso di mistero.

          1. Giuseppe · ·

            Assolutamente vero. Comunque -probabilmente lo sai già- qualcuno ha provato lo stesso a calarsi nella parte dell’Antico Visitatore…girando per la rete ho trovato un racconto breve (esclusivamente in inglese, a quanto ne so) di Peter Watts narrato dal punto di vista della Cosa…curioso perlomeno, anche se certamente non indispensabile. Trovo invece che le miniserie fumettistiche dell’editrice Dark Horse dedicate alla creatura siano degne di nota…

  5. Trovato! 😀
    E a chi crede che non si possano avanzare giudizi su un film avendone visto solo il trailer risponderei: anche la popò non l’ho mai assaggiata ma l’odore che emana basta a togliermi ogni curiosità d’assaggio (i coprofili mi perdoneranno la metafora, chiaramente non indirizzata ai loro gusti così… di nicchia 😉 )

    1. Diciamo che dopo aver assistito a queste due ore di botti in CGI e strilli senza un perché, mi sono sentita moooolto vicina a un coprofilo, ecco 😀

  6. Parto col dire che AMO Carpenter e AMO La Cosa. Ho visto il prequel al cinema da pochi giorni e devo dire che non mi è affatto dispiaciuto. Hai ragione quendo dici che non era essenziale e certamente nemmeno io ne sentivo il bisogno, però sono riusciti a ricreare bene gli ambienti e, soprattutto, ad incastrare perfettamente gli avvenimenti col film di Carpenter. La stanza del campo norvegese col blocco di ghiaccio spaccato dall’interno, il corpo bruciato della creatura a due teste…insomma l’attenzione e l’amore per i dettagli sono stati notevoli, non è stato fatto a casaccio come tanti altri prequel o sequel di film celebri. Non passerà certo alla storia, però aggiunge un tassello. Chissà se faranno un sequel del film di Carpenter, col mondo invaso dalla creatura! Ripeto, non è un capolavoro nemmeno paragonabile al film dell’82, però la sceneggiatura è buona, le regia molto buona e l’effettistica discreta. Va visto senza fare un paragone col predecessore, in quanto tale paragone sarebbe inutile quanto scontato

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