
Regia – Christopher Smith (2004)
Oggi, nella nostra challenge, è il giorno dedicato agli horror europei. Mi è sembrata una buona occasione per tornare a quel periodo in cui, per cercare horror originali, dovevi per forza rivolgerti al vecchio continente, perché gli Stati Uniti erano tutti presi a elaborare i propri traumi collettivi ripiegandosi sul passato o cercando all’esterno i colpevoli della crisi di nervi che stavano attraversando.
Me ne vado quindi a ripescare questa vituperatissima produzione anglo-tedesca, l’esordio alla regia di Christopher Smith, con protagonista una delle cotte più devastanti della mia giovinezza, Franka Potente. E no, se non avete visto Lola Corre a diciannove anni, non potete capire.
Creep è stato accolto a sputi e pernacchie, ed è in effetti un film molto complicato da amare, perché è costruito male, ha delle premesse che, per essere gentile, definirò sciocchine, e pure una prima mezz’ora faticosa.
Solo che poi decolla, e quando decolla, se avete avuto la forza di arrivare sin lì, diventa un incubo claustrofobico tra i più interessanti degli anni 2000.
Franka Potente interpreta Kate, una giovane donna che rimane intrappolata in una stazione della metro dopo l’orario di chiusura e lì viene presa di mira da una strana bestia di assassino, umanoide sì, ma con un tocco mutante che lo rende parecchio repellente. A dargli il volto (sfigurato) c’è quel gran figo di Sean Harris.
Il motivo per cui Kate si trova in metropolitana è così risibile da dare l’impressione che Smith abbia usato un generatore casuale di espedienti di conclamata scemenza, e gli fosse uscito quello più scemo di tutti. Come se non bastasse, la povera Kate è davvero un personaggio ostico, che compie in continuazione scelte moralmente discutibili, tipo tornare indietro a salvare chi ha tentato di stuprarla, per esempio, e non fa nulla, ma proprio nulla, per risultare un minimo simpatica.
Mettiamo subito le cose in chiaro: la poca credibilità della scusa di cui Smith si avvale per portare la sua protagonista dove vuole lui è un difetto del film, pure macroscopico e ingiustificabile; il carattere di Kate no, è una scelta, che io trovo anche molto azzeccata e coerente con il tono del film. Comprendo, tuttavia, che richieda uno sforzo maggiore a uno spettatore casuale che voleva solo guardare un horror trucido, e invece si trova di fronte a un’altra cosa. Ma per spiegare cosa, piccola pausa con spiegone, che potete agevolmente saltare.
La differenza tra l’horror europeo e statunitense dei primi anni del secolo non sta solo nel fatto che negli USA si producevano remake a nastro e in Europa no. Innanzitutto non è vero, e ci sono decine di articoli qui presenti a dimostrarlo, ma anche se lo fosse, è molto più complicato di così. Per non dilungarmi troppo, provo a sintetizzare al massimo: l’horror europeo, e quello britannico in particolare, si guarda dentro, quello americano guarda fuori: il nemico, l’abietto, la minaccia è un fattore esterno, sia esso rappresentato dallo straniero con la carnagione scura e l’accento marcato, o da un pezzo di società che devia dalla norma e si piazza come una pustola infetta sulla pelle altrimenti perfetta dell’America.
Quando guardiamo un film come Rec, come The Descent, come A’L’Interieur (e lo dice il titolo stesso), il male è un qualcosa di profondamente integrato nel tessuto sociale, è parte di noi, non è altro da noi, e se commettiamo l’errore di illuderci, per classe o altre forme di privilegio, che lo sia, veniamo subito puniti.
È una semplificazione, ovviamente, però secondo me rende abbastanza bene l’idea. Fine spiegone.
Cosa ha a che fare tutto questo con Creep?
Più o meno tutto, a partire proprio dalla caratterizzazione così bizzarra di Kate e dalle scelte che compie nel corso del film.
Kate è una donna di alta estrazione sociale. Non c’è bisogno di dichiararlo apertamente: lo si nota dai vestiti che porta, dalla festa dove la vediamo all’inizio del film, dalle persone che frequenta, dal rapporto che ha col denaro. Smith la fa precipitare in un mondo popolato da tossici e senzatetto, le principali vittime dell’assassino nascosto tra i tunnel, e il motivo per cui nessuno ha ancora capito che lì sotto c’è un macellaio mutante che gracchia come un corvo e opera le sue vittime senza anestesia.
Smith azzecca l’ambientazione del suo film da un punto di vista estetico, perché le gallerie della metro sono un reticolo labirintico che non conosce davvero bene nessuno, e lì sotto può nascondersi qualsiasi cosa, senza che il mondo di superficie lo sappia. Però non è solo questo, la location ha anche un valore simbolico, a parte quello ovvio di discesa agli inferi: Kate conosce (e diventa parte di) un pezzo di città che non ha mai preso in considerazione, un’intero sottobosco che lei a stento percepisce.
Kate non cerca in tutti i modi di soccorrere il collega che ha cercato di aggredirla perché lo ha perdonato: quell’uomo è il solo elemento familiare in un contesto alieno, la tiene ancorata a una supposta civiltà che si trova oltre le grate delle stazioni chiuse, è il ricordo di ciò che lei era prima di addormentarsi alla fermata.
Il film offre poche informazioni sull’assassino: sappiamo soltanto che si chiama Craig, che è affetto da un qualche tipo di deformità, da una mutazione, e che qualcuno (vediamo un paio di foto) lo ha nascosto nei tunnel. Tutti gli indizi convergono su una sperimentazione medica andata malissimo, un orribile segreto insabbiato nel sottosuolo di Londra, molto probabilmente una macchia collettiva di cui ora pagano il prezzo gli ultimi e i reietti, più qualche disgraziato operaio della manutenzione, come si evince dalla sequenza d’apertura.
Non è importante avere i dettagli, perché il nostro punto di vista è quello di Kate, e Kate non ha il tempo materiale di mettersi a investigare sulla genealogia del suo aguzzino: è lì, vuole ucciderla, lei deve difendersi e fuggire, tornare in superficie, tornare a quella vita che ignora l’esistenza dei mostri, anche se per lei, d’ora in poi, non sarà più possibile ignorarla.
Craig può sembrare un mutante gemello di quelli de Le Colline Hanno gli Occhi (remake) o Wrong Turn, ma ha una natura radicalmente diversa, molto più vicino ai villain mostruosi degli anni ’70, o alle creature di un film come C.H.U.D.: è il rimosso che impone la propria presenza.
Girato quasi tutto on location, Creep è, già agli esordi, un bel saggio della bravura di Smith nella messa in scena, e della sua conoscenza del linguaggio specifico dell’horror. Non siamo ancora ai livelli di un Triangle, capolavoro indiscusso del regista, ma si nota quella qualità selvaggia e nervosa del suo cinema, quel saper andare a rimestare nel torbido dei sensi di colpa, esporre la struttura fragile del nostro tessuto sociale.
Qualche anno dopo, con Severance, avrebbe fatto un’operazione simile, anche se virata in chiave di commedia. Severance è stato accolto meglio di Creep, perché funziona meglio e cammina spedito senza zoppicare, come fa il suo predecessore. Però questo debutto dietro la macchina da presa non va sottovalutato: ha i suoi difetti, lo abbiamo detto, ma, oltre a tutte le cose belle elencate sopra, riserva una discreta dose di spaventi e schifezze assortite, e fa un uso molto intelligente di un luogo, la metro di Londra, che dai tempi di Landis non metteva così tanta angoscia.












Giorno Lucia,per la challenge di oggi,ho scelto l’esordio alla regia di M.J.Basset,il particolarissimo “Deathwatch”,non adatto a tutti,ma molto affascinante.
Deathwatch davvero bello, particolare
Ciao Lucia. Incredibilmente visto al cinema all’ epoca e rivisto di recente in DVD (uno dei 2000 film che possiedo). Sordido e repellente ma effettivamente non banale e con diversi punti di contatto con il vecchio “Non prendete quel metro'”. Franka Potente è fantastica e il villain ripugnante quanto basta come trucco. Buona giornata.
perché sei uno di noi, dalla parte giusta della storia.
L’ho visto Lola corre, quindi puoi mettermi nel gruppo di chi capisce 😉 Per la challenge di oggi sono indeciso fra quel piccolo gioiello di Deathwatch e Cockney’s vs Zombies (con The Sickhouse di Curtis Radclyffe come scelta di riserva)…
Wow! Avevo trovato Creep (lo vidi all’uscita) un film… Potente! Come del resto Lola Corre.😁
Giuseppe citando Cockney’s… mi ha fatto ricordare quanto mi sono divertito!
Il mio titolo per oggi è “Alena” (2015), film che mi piace molto.
Besos europei!😘