1986: Nomads

 Regia – John McTiernan

There are places with pasts, Pommier. Places with secrets. Things… collect. You just looked too closely. Most people are luckier: They never know that a certain percentage of what they see is… not there”

Abbiamo completamente sbarellato con questa rubrica e vi chiedo scusa: sono giornate un po’ complicate in cui le cose da fare si affastellano l’una sull’altra e devo dedicarmi al blog nei ritagli di tempo, con annessi sensi di colpa cosmici. Però siamo sempre qui e siamo arrivati al 1986, il che significa che abbiamo fatto un bel po’ di chilometri insieme e non ho alcuna intenzione di fermarmi ora, semmai rallentare fino a quando non sarò meno incasinata.
Detto ciò, avete scelto Nomads. E chi se lo aspettava che avrebbe vinto questo piccolo film dimenticato dai più e che, a differenza di molta serie B anni ’80, non ha mai goduto di una rivalutazione critica postuma. Ha infatti medie molto basse in quasi tutti quei siti che raggruppano le recensioni e non vanta neppure una base di fan piccola ma solida. È proprio un oggetto sepolto dal tempo, fatto piuttosto strano, dati i nomi coinvolti: non solo Brosnan, qui al suo primo ruolo da protagonista, ma di cui ci interessa il giusto; anche e soprattutto il regista, all’epoca esordiente e destinato poi a diventare uno dei punti di riferimento fondamentali per il cinema action degli anni ’80 e ’90, un vero e proprio colosso, così grande che neanche vale la pena di mettersi a snocciolare titoli. John McTiernan fa parte di quella ristretta cerchia di personaggi che il cinema d’azione moderno se lo sono inventato e, nonostante non lo si veda dietro la MdP dal 2003, noi si continua a venerarlo come merita.

Non è una novità e non è un fatto increscioso: molti registi importanti hanno cominciato in ambito horror e, vi prego, non fatemi attaccare il pippone su Coppola e De Palma perché potrei aver nausea di me stessa.
McTiernan è stato assunto direttamente da sua maestà Schwarzenegger per dirigere Predator, dopo che l’attore aveva visto Nomads ed era rimasto impressionato dalla tensione che McTiernan era riuscito a dare al suo film, disponendo di pochi soldi e di zero effetti speciali.
Dopotutto, la distanza concettuale tra Nomads e Predator non è poi così incolmabile: si tratta solo di due tipi differenti di giungla.
Inserito da Fangoria nella lista dei 101 migliori film horror che non avete mai visto, Nomads rappresenta uno di quei regali che, ogni tanto, il cinema concede a un appassionato, quei film che ci sentiamo di conoscere in pochi e amare in pochissimi. Non un cult, perché ormai il cult è inflazionato, ma proprio un tesoro da custodire con un po’ di gelosia, sentendosi quasi dei traditori a condividerlo. Credo che ognuno di noi abbia un film così nella sua videoteca personale.

Nomads comincia a razzo con la morte del suo protagonista: passeranno sì e no cinque minuti e Brosnan è già stecchito su un lettino di ospedale, a Los Angeles. È stato portato lì perché dei poliziotti lo hanno trovato in stato confusionale, mentre biascicava in francese e si comportava in maniera aggressiva. Viene interpellata una neurologa, la dottoressa Elieen Flax (Lesley-Anne Down) che, poverina, non fa in tempo a capirci nulla, perché l’uomo prima la aggredisce e poi le muore tra le braccia, dopo averle sussurrato qualcosa all’orecchio.
Il giorno dopo, quello che tutti ritenevano un senza tetto si scopre essere un antropologo francese di fama mondiale, da poco trasferitosi a Los Angeles con la moglie per insegnare all’UCLA: il dottor Pommier non faceva uso di droghe o alcol e il suo delirio è del tutto inspiegabile.
Com’è ovvio, il film procede a ritroso, raccontandoci delle due ultime settimane di vita del protagonista, ma lo fa adottando un espediente narrativo molto peculiare; infatti è come se morendo Pommier avesse trasmesso a Eileen la capacità di rivivere i suoi ricordi. Lo spettatore quindi percepisce la storia di Pommier dal punto di vista di Eileen. Questa scelta conferisce al film intero un andamento a strappi, poco lineare, con passaggi bruschi dal sonno alla veglia e dalla realtà del presente a quella rivissuta del passato. Nomads non è semplice da seguire perché McTiernan non annuncia mai il momento di cesura tra i flashback “in soggettiva” e la vita quotidiana della dottoressa. Per non parlare poi delle allucinazioni (ma si possono chiamare tali?) di Pommier, che diventano un sogno dentro a un sogno.

Nomads è un horror soprannaturale che chiama in causa degli spiriti malevoli, gli Einwetok, facenti parte del folclore degli Inuit, popolo studiato da Pommier in uno dei suoi tanti viaggi di lavoro. La trovata spiazzante di McTiernan (è l’unico film di cui sia anche autore della sceneggiatura) è di far entrare in contatto il suo protagonista con la leggenda, nella sua incarnazione più pericolosa, all’interno di un contesto “civilizzato”. Pommier non si è portato i propri demoni a Los Angeles, è la città stessa a esserne piena anche se si tratta di entità appartenenti alle tradizioni di popoli geograficamente distanti. Una Los Angeles che la stessa Eileen percepisce, da sempre, come una costruzione fittizia, un luogo artificioso che nasconde qualcosa, concetto poi ribadito in una delle sequenze più stranianti ed efficaci del film: l’incontro di Pommier con una suora.
E Los Angeles nasconde, effettivamente, delle cose. Hanno l’aspetto di vagabondi punk su un furgone, ma sono molto altro e, una volta che ti hanno individuato, non te li scrolli più di dosso. Prima di morire, Pommier non si limita a passare a Eileen i suoi ricordi, ma fa di lei un bersaglio, fa in modo che anche lei sia vista come è stato visto lui. Torna così l’idea di matrice lovecraftiana del vedere che porta in automatico all’essere visti, dell’atto del conoscere che diventa una sentenza definitiva di morte, sia esso consapevole e quasi ossessivo come nel caso di Pommier o inconsapevole come nel caso di Eileen.
Nonostante l’ambientazione metropolitana e moderna, Nomads è orrore soprannaturale nella sua forma più pura, poiché racconta lo svelamento di un livello di realtà differente dal nostro, che si muove appena sotto la superficie delle cose e, una volta portato alla luce, è destinato a stravolgere completamente la nostra percezione del mondo, sempre che siamo così fortunati da sopravvivere alla scoperta.

Per dare questo senso di sovrapposizione continua, con i due personaggi principali che devono essere perennemente disorientati e dubbiosi sul confine tra sogno e realtà, McTiernan, oltre che giocare con il montaggio (ma questo non dovremmo neppure dirlo, tanto è scontato) si diverte tantissimo con con i cambi di fuoco, tanto che diventano una cifra stilistica ricorrente decine e decine di volte. Non tanto per passare il fuoco da un personaggio all’altro, ma tra lo sfondo e quello che dovrebbe essere teoricamente il soggetto principale dell’inquadratura. Non è niente di speciale e lo vediamo in centinaia di film, solo che in Nomads diventa un sistema narrativo, un modo per raccontare la perdita di aderenza alla realtà di Pommier e di Eileen, due personaggi che si incontrano una sola volta in tutto il film e che però restano legati da una condivisione profonda di esperienze e sensazioni, condivisione resa appunto da questi accorgimenti stilistici. Questo per dire McTiernan era già all’esordio un regista con le idee chiarissime sul piano visivo e Nomads è un film che forse non vanta una scrittura eccezionale e ogni tanto va pure in confusione, ma compensa con una chiarezza adamantina del narrato in immagini.
Bisognerebbe sempre andarsi a cercare il primo film di ogni regista che amiamo, perché di solito si trova già tutto lì, allo stadio embrionale, non sviluppato in maniera coerente, magari nascosto sotto un cumulo di errori tipici dei primi passi. Però c’è davvero tutto. Guardate Nomads e subito dopo guardate Predators: troverete delle similitudini impressionanti. Fate l’esperimento e poi tornate qui a raccontarmelo.

Ed eccoci di nuovo nel tunnel degli anni ’90; però questa volta siamo stati molto fortunati: abbiamo ben quattro film tra cui scegliere, tra cose molto note e altre da riscoprire. Ovviamente, mi rifiuto a priori di prendere in considerazione Dal Tramonto all’Alba, non perché non mi piaccia ma perché lo sapete com’è questa rubrica. Meno sono famosi, più siamo contenti. Cominciamo con la scatenata ghost story di Peter Jackson, Sospesi nel Tempo, proseguiamo con il nostro amato Yuzna e il suo The Dentist, per poi arrivare a un altro esordio di un altro regista importante (un genio, anzi), ovvero Tesis, di Alejandro Amenàbar; concludiamo con un film sui licantropi un po’ diverso dal solito: Bad Moon di Eric Red.
Avete tanti film tra cui scegliere, tutti diversi, tutti interessanti. Fate con calma e prendete la decisione giusta.

17 commenti

  1. Intanto me lo segno e lo cerco, poi me lo guardo ^_^

  2. Lo vidi all’epoca, e me lo sono portato dietro per un bel po’.
    L’idea del paesaggio urbano come ambiente del quale percepiamo solo una patina superficiale mi ha sempre affascinato, così come l’idea che esista una storia segreta delle città.
    Un’idea, ora che ci penso, che in fondo aveva sviluppato Leiber in Nostra Signora delle Tenebre – e il romanzo di Leiber ha dei punti di contatto col film di Tiernan, a cominciare dall’idea dell’osservatore che attira su di sé l’attenzione dei soggetti che sta osservando, e l’esistenza di una fauna urbana che è inquietante a prescindere.

    1. Sì, hai perfettamente ragione, è una di quelle cose che, quando hai finito di scrivere la recensione, ti vengono in mente e ti maledici per non averci pensato 😀

      1. È un’opportunità per scrivere un altro post.

  3. Bel film Nomads c’era tra i punk anche Adam and the Ants(Stan and Deliver) un pò difficile da seguire,voto Tesis che un’ottimo film perchè di Dentist preferisco il seguito.
    Un saluto Lucia

    1. Tesis è sicuramente il film migliore del quartetto, senza alcun dubbio.
      Un saluto anche a te!

  4. Tesis tutta la vita! E’ un film che adoro alla follia *___*
    (Amo di più Dal tramonto all’alba, ci mancherebbe, ma sai che Quentin per me è Iddio <3)
    Nomads invece non l'avevo nemmeno mai sentito nominare -.- perdonoooo!!!

    1. Tesis sempre e per sempre!

  5. Andrea · ·

    non conoscevo affatto l’esordio di McTiernan, e io amo alla follia McTiernan 🙂

    Madò che roba Bad Moon, l’ho giá visto ma voglio sentirtene parlare. Se c’è un film che definisce bene il termine “guilty pleasure” è proprio lui, ma a mio avviso è uno dei più bei film sui licantropi mai girato (insieme a Wolfen ed esclusi i pesi massimi del genere)

    1. Escludendo la triade Jordan/Landis/Dante, Bad Moon è davvero uno dei film migliori sul tema. Particolarissimo e molto strano, un po’ da Zio Tibia, se capisci cosa intendo…

  6. Ne avevo sentito parlare, ma mai visto, recupero senza indugi.
    Il mio voto va a Bad Moon, non conosco e sono curioso di sapere cosa ne pensi

  7. Giuseppe · ·

    Molto ben congegnata e impegnativa per lo spettatore la fusione dei due “piani di esistenza” -così si potrebbe tentare di chiamare quell’alternanza fra il passato del dottor Pommier e il presente della dottoressa Flax- riguardo ai personaggi, oltre all’azzeccata scelta degli interpreti dei malefici Einwetok in forma umana (Adam Ant, la Woronow e Doubleday sono perfetti e inquietanti al punto giusto)…
    Voto Amenàbar, senza indugio.

    1. La scelta dei “cattivi” di questo film mi ha sempre fatto pensare che McTiernan avesse delle idee meravigliose in fatto di casting, soprattutto per i comprimari.
      Amenabar sta vincendo a mani basse. Non credevo…

  8. Un film che ho sempre difeso, Nomad, e come hai sottolineato sorellina parliamo di McTiernan e che diamine! Film squisitamente dark, riferimenti alti (anche io avevo pensato a Nostra Signora delle tenebre di Lieber) inquietudine…
    Per il voto ho scelto Tesis dopo una grande indecisione perché anche Dentist e Jackson meritavano un approfondimento però un po’ di Euro orgoglio mi ha fatto votare il grande spagnolo

  9. The Butcher · ·

    Ancora complimenti per l’articolo! Film che dovrei recuperare assolutamente.
    La scelta sta volta è difficile: sono indeciso tra Tesis e Sospesi ne tempo (ma probabilmente sceglierò il primo).

  10. Yuri de Boah · ·

    N’y sont pas; sont des Innuat!

    Dai che ho finalmente risoperto il quotone esatto… forse.

    1. Yuri de Boah · ·

      risCoperto, mannaggia gli esquimesi!

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: