“L’ho visto. So che l’ho visto”
Io lo so che vi state chiedendo cosa ci fa un film come I Diabolici in una rassegna dedicata all’horror. O forse non vi siete posti proprio il problema, dato che ha vinto il sondaggio di due settimane fa con una maggioranza schiacciante polverizzando la concorrenza. Il che mi rende sempre più fiera di voi lettori. Però forse qualcuno se lo sta domandando lo stesso. Da queste parti, lo sapete, la definizione di horror è estremamente elastica, che se ci mettiamo a fare distinzioni rigide su un genere per sua stessa natura destinato a infilarsi dappertutto come una scheggia impazzita, non ne usciamo vivi. E I Diabolici, seppur mascherato da noir e considerato da più parti, e a ragione, uno dei padri fondatori del thriller moderno, è nel suo intimo una storia del terrore, di quelle nate apposta per far venire gli incubi la notte.
Parlando di definizioni elastiche, io ho una convinzione, legata al cinema dell’orrore, che molto spesso non sia un genere vero e proprio, ma (come il noir, con cui ha tante cose in comune) un’atmosfera, un marchio impresso a un film che potrebbe benissimo appartenere a un’altra categoria, come per esempio il western o la fantascienza. Sono discussioni annose e questioni noiose, ma mi tornano utili per parlare de I Diabolici, un’opera che è davvero pregna di orrore, in ogni fotogramma. E se l’horror ci porta le cattive notizie, I Diabolici ce ne porta così tante che non saprei neanche da dove cominciare a elencarle.
Il preside di un collegio parigino, sua moglie Christina (Vera Clouzot), nonché proprietaria della scuola e detentrice di un considerevole patrimonio, e l’amante di lui, Nicole (Simone Signoret): sono i personaggi principali di quello che potrebbe sembrare un triangolo piuttosto classico. Ma, attenzione, perché sin dall’inizio, si percepisce qualcosa di molto diverso.
Prima di tutto, il preside è un uomo detestabile e repellente: abusa fisicamente e psicologicamente della moglie e dell’amante, tratta male i bambini dell’istituto, è dispotico con i docenti e, per risparmiare soldi neanche suoi, lascia che venga servito a mensa del pesce avariato, costringendo la povera Christina, malata di cuore, a mangiarlo.
Inoltre, tra le due donne c’è un legame molto particolare che non si limita solo a una convivenza più o meno pacifica all’interno dell’istituto. Christina e Nicole sono infatti alleate e hanno un piano per uccidere l’uomo che ha rovinato la vita a entrambe.
Il piano è molto articolato e lascio che lo scopriate da soli. Si conclude con il cadavere del preside gettato nella piscina del cortile della scuola, e con le due donne che devono solo aspettare il suo ritrovamento.
Sappiate però che questo è appena l’antefatto de I Diabolici. Il film, infatti, comincia sul serio nel momento in cui il corpo sembra sparire nel nulla e, contemporaneamente, accadono cose non del tutto spiegabili all’interno dell’istituto.
La fase del film che conduce all’omicidio è preparatoria: serve a stabilire le gerarchie tra personaggi, a definire il rapporto tra Christina e Nicole, a fornire un quadro d’insieme dell’ambiente in cui si muovono le due donne e il loro aguzzino e vittima. Soprattutto, stabilisce l’atmosfera generale da incubo.
I Diabolici è stato spesso definito un thriller “hitchcockiano”, mentre a Clouzot hanno appioppato la definizione di “Hitchcock francese”. C’è anche un aneddoto molto divertente sul fatto che, tra I Diabolici e Psycho, la gente avesse paura di lavarsi. E il buon Hitchcock consigliava a tutti di andare nelle lavanderie a secco.
Tuttavia, si tratta di definizioni decisamente riduttive. Di sicuro, sia Hitchcock che Clouzot, ognuno a suo modo, sono stati responsabili di aver gettato le basi per il thriller così come noi lo conosciamo. Ma sono anche due autori con delle identità spiccatissime e delle differenze macroscopiche a distinguerli l’uno dall’altro. E ci mancherebbe pure. Non è questa la sede per affrontare un discorso approfondito su Clouzot e Hitchcock, ma una cosa possiamo dirla, se non altro perché ci serve proprio per rendere giustizia a I Diabolici: Hitchcock inseriva (quasi) sempre un fattore di alleggerimento nei suoi film. Clouzot non lo fa mai.
Atmosfera da incubo, dicevamo prima. I Diabolici è un film pesantissimo, quasi faticoso da portare addosso. È un macigno di cupezza e misantropia. Un saggio sugli aspetti più turpi e gretti della natura umana, sulla paranoia, sul senso di colpa, sull’avidità e la cattiveria.
È certamente un meccanismo a orologeria, in cui tutti i dettagli sono utili allo scopo della costruzione del climax che conduce al finale a effetto. Un finale che, forse, visto oggi, non sorprenderà più di tanto uno spettatore smaliziato, ma che contestualizzato al 1955, deve aver fatto saltare parecchia gente sulle poltrone della sala. C’era anche un messaggio rivolto al pubblico, prima dei titoli di coda, in cui si chiedeva a chi aveva visto il film di non essere “diabolico” e di non rivelarne la conclusione a nessuno.
Eppure, al di là del meccanismo da thriller e della modernità del messaggio agli spettatori, I Diabolici possiede anche un valore esistenziale che lo avvicina al noir, nonché un continuo giocare a rimpiattino con il soprannaturale che lo ha fatto, nel corso degli anni, assimilare all’horror. Contiene anche un paio di sequenze decisamente esplicite, molto forti per il periodo cui appartiene il film, ed è di una crudeltà fuori del comune. Per questo, parlare di semplice derivazione hitchockiana è un insulto. Anche la leggenda che narra di come Hitchcock fosse arrivato in ritardo per acquisire i diritti del romanzo del duo Boileau-Narcejac è, con ogni probabilità, falsa.
Si può anzi affermare che I Diabolici anticipi alcuni elementi in seguito fatti propri da gran parte del thriller americano. L’uso dell’acqua come fattore ricorrente che scatena inquietudine è uno di essi: la piscina torbida dove dovrebbe trovarsi il cadavere, la vasca da bagno, la Senna. L’acqua è onnipresente nel film, ed è un vero e proprio motore della storia. Tramite l’acqua si uccide, sott’acqua ci si nasconde, nell’acqua si trovano indizi, dall’acqua si riemerge come orribile spettro vendicativo che porta la morte.
C’è poi la morbosità, che si nota soprattutto nei rapporti tra i personaggi, tipica della scrittura di Boilau-Narcejac, e assente nel cinema americano bloccato da Codice almeno fino agli anni ’60. Christine che sembra accettare con passiva rassegnazione tutte le angherie del marito, quasi se le meritasse, e tanto da legarsi con l’amante Nicole in una relazione difficilmente definibile, che non è del tutto basata sulla reciproca convenienza, ma è anche lontana dal poter essere chiamata amicizia e, in alcuni momenti, è persino connotata da una forte tensione erotica tra le due. Nicole, dal canto suo, domina la fragile e malaticcia Christine, la soggioga e la tratta in modo non dissimile dal marito. Non è un caso se Clouzot, in ogni inquadratura dove le due donne sono presenti insieme, sta molto attento e rendere la Signoret un gigante rispetto a Vera Clouzot. Per tutto il corso del film, Christine non è mai alla pari con nessuno e questa condizione di perenne inferiorità è resa ancora più insopportabile dal modo in cui Christine vi si sottopone, come una vittima designata, come una martire.
Non si respira mai, ne I Diabolici. Anche i momenti che, magari in mano ad altri registi, potrebbero portare un minimo di sollievo allo spettatore, sono caricati da Clouzot di angoscia e turbamento. Nel collegio è tutto sbagliato, tutto fuori posto. Persino i bambini hanno un qualcosa di stonato, di vagamente mostruoso. Basti pensare al ragazzino che rompe il vetro con la fionda e che viene messo sempre in castigo. Un personaggio che sembra una semplice nota di colore, con il compito di portare un sorriso al pubblico, si rivela essere, anche lui, veicolo di un orrore sconfinante nella ghost story, con l’istituto che diventa quasi un castello infestato. E infatti, Clouzot mette la sua macchina da presa all’esterno e riprende i personaggi imprigionati dietro le finestre dell’edificio. Lo fa sin dall’inizio, come se volesse sottolineare che, da quel luogo, non si esce vivi.
Se ci avete fatto caso, queste inquadrature insistite sui finestroni gemelli del collegio sono state quasi plagiate nientemeno che da James Wan, nel secondo capitolo della saga dei Warren. E un amico su Facebook mi ha fatto notare, qualche giorno fa, che Zemeckis ha ripreso a piene mani l’uso che dell’acqua ha fatto Clouzot nella sua non proprio riuscitissima storia di fantasmi, Le Verità Nascoste. Ma i debiti che il cinema ha contratto con I Diabolici non si fermano qui, sono innumerevoli, spesso anche insospettabili. Persino un personaggio televisivo popolarissimo come il tenente Colombo deriva da qui.
Chiamatelo come volete: thriller a orologeria, noir anomalo, horror esistenziale. I Diabolici resta un gioiello del cinema che prescinde dalle definizioni e da qualunque categoria. E, diversamente da tantissime storie di suspense raccontate in immagini, riesce a fare a meno della colonna sonora, presente solo nei titoli di testa e di coda. Già, tutta la vicenda viene narrata senza l’ausilio delle musiche. Se non è maestria pura questa, ditemi voi cos’è.
Il sondaggione del 1965 vi chiede di scegliere tra tre film: partiamo con Gli Occhi degli Altri, di quel volpone di William Castle, proseguiamo con Una Notte per Morire, di Silvio Narizzano (per i diversamente alfabetizzati, non si tratta di un film italiano) e chiudiamo con Le Cinque Chiavi del Terrore, di Freddie Francis, perché in casa Amicus ancora non ci siamo passati.
Il film è un gioiello, e tu sei bravissima. Io invece sono diversamente alfabetizzato, e voto Una notte per morire 🙂
Ma no, ma no. L’ho votato anche io, Una notte per morire 😀
Solo che mi è capitato con Dead of Night che qualcuno lo scambiasse per un film italiano e allora ho messo le mani avanti 😉
recensione monumentale per un film altrettanto monumentale 🙂 *applausi a scroscio*
mentre leggevo sono tornata con la mentre proprio a quella sensazione di pesantezza e atmosfera morbosa che ho respirato per tutta la durata del film, e che tu hai descritto benissimo. solo un altro film ha saputo lasciarmi una sensazione simile: “il collezionista” di wyler. alla fine di entrambe le visioni ero prosciugata, neanche avessi scalato l’everest. credo che a questo contribuisca in parte (almeno per quanto riguarda “i diabolici”) la difficoltà nell’affezionarsi ai personaggi; ovviamente si tende a parteggiare per christine, eppure anche lei ha qualcosa che non riesce a rendermela proprio simpatica…
a questo punto, da vera masochista, sarei curiosa di leggere il romanzo 🙂
Grazie 🙂
Il romanzo è stato da poco ripubblicato dalla Adelphi, insieme a La Donna che Visse due Volte e, mi pare, anche Occhi senza Volto, anche se di questo ultimo non sono proprio sicura.
Ne vale la pena, di leggere qualcosa del diabolico duo!
No, Adelphi ha pubblicato di Boileau-Narcejac, oltre ai due che dici tu, Le incantatrici, un inedito che vede il giovane protagonista coinvolto in un gioco pericoloso tra due gemelle che lavoravano in un circo con il defunto padre di lui….
Grazie per la precisazione. Rispondevo da smartphone e non ho avuto tempo di controllare.
Dunque, ho scelto una notte per morire perché l’unico non visto, riguardo ai diabolici poco da aggiungere. Una dinamo che carica fino alla fine. Un film raro
Ti ricordi che provarono a farne un remale americano con risultati ridicoli?
Sinceramente no ma non mi stupisce!
Sono l’unico voto a “Gli occhi degli altri”. Giuro non ho guardato la classifica prima 😀
De “I diabolici” hai detto tutto tu, mi accontento di sorridere.
La situazione, per il momento, è di perfetta parità, il che mi mette nei guai!
Però puoi chiamare a raccolta a votare per Gli Occhi degli altri tutti quelli che conosci 😀
Ricordo il remake, lasciamolo stare infatti.
Il mio voto va a Una Notte per Morire
Era un film ignobile, nonostante il cast importante.
Eh, la concorrenza… la verità è che Quatermass, da buon britannico rude ma gentleman, si è fatto da parte per lasciar vincere Clouzot, ecco 😀
De “I Diabolici” ho visto entrambe le versioni: se l’originale (a cui hai reso sacrosanta giustizia nel post) è un inarrivabile e “soffocante” capolavoro con ogni elemento al posto esatto, il triste remake soffoca nelle proprie insostenibili ambizioni disponendo SOLO di grandi nomi. Ma è ovvio che se tutto il resto è fatto da uno sbaglio dietro l’altro, con i grandi nomi e basta non arrivi da nessuna parte…
Di certo Clouzot sa come far rabbrividire, e quindi nel blog ha piena cittadinanza: a proposito di paura, io quando sono in giro ho sempre una paura fottuta di perdere le chiavi. Anzi, è proprio terrore il mio. Che adesso, però, mi aiuta a votare 😉
Anche io condivido la tua stessa paura 😉
Infatti controllo ogni cinque minuti nelle tasche o nello zaino 😀