1960: Occhi senza volto

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Regia – Georges Franju

“Sorridi… No. Non troppo”

Ci sono alcune annate cinematografiche che fungono da spartiacque. Momenti precisi in cui si può individuare, in maniera molto concreta, un cambiamento irreversibile. Il 1960 è uno di quegli anni. Escono infatti tre film, in tre nazioni diverse, che lasciano il segno e di cui ancora portiamo le tracce addosso. Tre film da cui si sviluppa un nuovo modo di intendere e narrare l’orrore. Si tratta di Psycho, negli Stati Uniti, Peeping Tom in Gran Bretagna e, appunto, Occhi senza volto in Francia. Dei tre, quest’ultimo è forse il meno visto e il meno citato, quando si tratta di periodizzare la storia del cinema del terrore. Eppure, la pellicola di Franju ha lasciato strascichi profondissimi nell’immaginario del fantastico e la sua eco arriva fino a opere molto recenti e apprezzate, come Martyrs, o La Pelle che abito, di Almodovar.
Insieme ai suoi due colleghi anglofoni, Occhi senza volto compiva un’operazione difficile e piena di ostacoli: spogliava l’horror di tutto l’armamentario gotico e soprannaturale, lo trascinava fuori dai castelli infestati e dalle contrade europee dove abitano i vampiri, e lo gettava nel quoditidiano. Questo non significa che da quel giorno in poi l’horror gotico abbia cessato di esistere. Vuol dire che, accanto agli spettri e alle creature del demonio, anche gli esseri umani stessi mostravano di avere tutte le potenzialità per fare paura. E che le mostruosità e le perversioni peggiori si potevano nascondere in sentimenti insospettabili come l’amore paterno, strisciare fuori dalle rispettabili case della borghesia e fermentare tra solitudine ed esclusione sociale. georges-franju-les-yeux-sans-visage-1960E non è poi così strano, o singolare, che tra gli apripista di questo nuovo modo di fare film dell’orrore ci fosse il documentarista Franju, fondatore nel 1936 della Cinémathèque Francaise, al suo secondo lungometraggio di finzione dopo La Fossa dei Disperati, in cui affrontava il tema delicato degli ospedali psichiatrici.
Tratto dall’omonimo romanzo di Jean Redon, Occhi senza volto narra la vicenda di un chirurgo devastato dal senso di colpa per aver provocato, con la sua guida spericolata, l’incidente d’auto in cui sua figlia Christiane è rimasta sfigurata. Il medico, aiutato dalla sua assistente Luise (Alida Valli) rapisce giovani donne con tratti somatici simili a quelli della ragazza e cerca di impiantare la loro pelle sul volto di Christiane.

Occhi senza volto era una coproduzione italo-francese, voluta dal produttore Jules Borkon. Era l’epoca d’oro della Hammer e dei film horror inglesi. La Francia, sul mercato dei brividi, era rimasta molto indietro. L’idea di Borkon era quella di realizzare un prodotto dell’orrore nazionale, dato che i vari Dracula e Frankenstein incassavano tantissimo anche in Francia. Sì, come spesso accade, venne tutto fatto a scopo di lucro.
Però i produttori intelligenti si riconoscono anche da come scelgono i registi. E Bolkon, dopo aver acquistato i diritti del libro, scelse Franju, raccomandandosi di ammorbidire molto il materiale di partenza, eccessivamente pulp e violento.
E così Franju si mette a lavoro con il duo Boileau-Nacejac alla sceneggiatura. Gente che aveva scritto i romanzi da cui Clouzot e Hitchcock avevano tratto, rispettivamente, I Diabolici e Vertigo.
E se il libro era un po’ la solita storia dello scienziato pazzo che gioca a essere Dio sulla pelle della figlia, ecco che il film sposta tutta l’attenzione sul personaggio di Christiane e sul suo tormento, fisico e interiore.

Franju gira in un bianco e nero pieno di ombre e contrasti, mutuando gran parte delle sue scelte stilistiche dal noir e inserendo i protagonisti in una dimensione di realtà lievemente distorta, dove la vita quotidiana si svolge in non-luoghi che sembrano usciti da strani incubi, a metà tra il surrealismo più spinto e la fantascienza.
Il realismo freddo e analitico proprio del documentarista (l’operazione chirurgica è così dettagliata che fa venire ancora oggi i sudori freddi) viene squarciato da improvvisi lampi di poesia ogni volta che Christiane entra in campo. Si crea così un’atmosfera sbilenca, in cui pare che i personaggi si muovano in un tempo e in uno spazio dilatati. La villa del professore, dove Christiane vive da reclusa, è così enorme che risulta quasi impossibile stabilirne i confini. Ma è anche una prigione claustrofobica, dove il suono si propaga come se ogni cosa avvenisse simultaneamente nello stesso spazio ristretto. Per esempio, l’abbaiare dei cani su cui il medico conduce i suoi esperimenti, chiusi in un sotterraneo, ma udibili sempre, ovunque i personaggi si trovino.
Mischiare il quotidiano col magico è la caratteristica principale del film, la sua impronta più forte, una sensazione che resta impressa nello spettatore e lo mantiene sempre in uno stato di angoscia sospesa.

Les+yeux+sans+visage+-+Georges+Franju+(3)La giovanissima Edith Scob recita per quasi tutto il tempo col volto nascosto da una maschera che ne riproduce i lineamenti, ma le dona anche la fissità di un manichino. Un altro contrasto con i suoi occhi vivi e perennemente segnati dalla tristezza.
La maschera bianca e inespressiva è un altro degli elementi di Occhi senza volto a essere rimasti stampati nella memoria collettiva. Solo che, nel caso del film di Franju, non serve a togliere le emozioni al personaggio, ma ad amplificarle, a renderle ancora più profonde e strazianti.

Come tutti gli incubi che si rispettino, Occhi senza volto non ha un finale. L’ultima immagine è quella di Christiane, circondata di colombe, che si allontana nel bosco antistante la villa di suo padre. E si lascia alle spalle la sua prigione per sparire chissà dove. Quasi che Franju ci stesse dicendo che la parola fine non basta e che, quando ci addormenteremo, riprenderemo il nostro incubo dove lo avevamo lasciato.
Molto spesso si dice che i grandi film dell’orrore sono quelli che travalicano il genere. Io non sono mai stata molto d’accordo. Per quanto mi riguarda, i grandi film dell’orrore sono quelli che portano il genere all’apice della sua forza espressiva rimanendo però, di fatto, dei film di genere.
E Occhi senza volto fa esattamente questo: spaventa e disgusta come ogni horror che si rispetti dovrebbe fare. Ma non si accontenta e si spinge in alcuni meandri dei sentimenti e della psiche umana a cui non sempre si vuole accedere. E a cui non tutti vogliono accedere. Ed è quindi un immenso film dell’orrore.

LesYeuxsansvisage1960Ridendo e scherzando, siamo già arrivati al 1970. Per la prossima puntata della rubrica, vi propongo tre film europei: Vampiri amanti, di Roy Ward Baker, riduzione di Carmilla in salsa Hammer; Girly, commedia horror satirica di quel geniaccio di Freddie Francis e Il Segno rosso della Follia, allucinato film di Mario Bava.
Come sempre, a voi la scelta.

20 commenti

  1. Molto, molto bello questo..

  2. Per la prossima volta ho votato Vampiri amanti, l’ho sempre sentito nominare ma non ho mai avuto occasione di vederlo anche se avevo adorato il Carmilla di LeFanu.
    Quanto a Occhi senza volto mi manca, colpevolmente, anche questo… ma probabilmente Almodovar si dev’essere ispirato anche a questo film per La pelle che abito.

    1. Vampiri Amanti è una chicca! Sta perdendo terreno, ma non si sa mai…

      1. Giuseppe · ·

        Allora – anche se la mia scelta, stavolta, purtroppo penalizzerà Marione nostro – lo aiuto io a riguadagnare terreno! Perché gli horror di Roy Ward Baker – La leggenda dei 7 vampiri d’oro compreso – mi hanno sempre ispirato parecchia simpatia (e così pure le sue rarissime incursioni fantascientifiche)…
        Tornando a Occhi senza volto, è una vera perla di orrore materiale e onirico al tempo stesso, quella di Franju… capace di lasciare il segno oggi esattamente come più di mezzo secolo fa. E la recensione è assolutamente degna del titolo recensito, signora mia! 😉

        1. Se non sarà Vampiri amanti, saranno i sette vampiri d’oro! Abbiamo tanto tempo e una montagna di film di cui parlare 🙂
          Grazie del commento. Ci tenevo a rendere giustizia a Franju

  3. Ho visto l’hai trovato sul tubo, me lo vedo con calma 🙂
    Se non erro anche almodovar l’ha citato nel suo ultimo film

  4. bradipo · ·

    Quella maschera immota sopra quei due occhi mobilissimi è stato un incubo che mi ha accompagnato per lungo tempo…è vero, è un film che fa sudare freddo e che ancora oggi ha una forza espressiva senza pari…e per la settimana prossima avrei voluto vedere recensiti tutti e tre i film che hai proposto….grandissimo post, Lucia, sei sempre più la mia signora dell’horror….

    1. Grazie, Messer Bradipo 😉
      Questo film è davvero importante, fa parte dei fondamentali. Non se ne può prescindere.
      La cosa impressionante è che non è affatto datato o invecchiato. Resta maledettamente impresso nella memoria e ti lascia addosso un’angoscia indescrivibile.

  5. “Occhi Senza Volto ” ha influenzato parecchio la scena francese, è un film fondamentale.
    Anni dopo Jacques Champreux -forse uno degli ultimi amanti del gotico e del feulleton classico d’oltralpe- chiamò lo stesso Franju a girare “L ‘Homme Sans Visage” uno sceneggiato televisivo che praticamente conteneva molte citazioni a “Occhi Senza Volto”.
    C’era anche Edith Scob nel cast, un ulteriore modo per omaggiare questo capolavoro del Cinema.

    1. E non solo la scena francese, ha influenzato tutto l’horror a venire

  6. Bella recensione per un film davvero splendido, condivido le lodi alla produzione per aver deciso di scommettere su Franju, un occhio capace di scovare l’orrore nel quotidiano come pochissimi (dirò una banalità ma il suo lavoro più disturbante per me resta Le Sang des bêtes…).

    1. Quel documentario e terribile, in senso buono…
      E Franju ha compiuto un lavoro, per il cinema, di valore inestimabile

  7. Helldorado · ·

    Mi accodo ai complimenti per la recensione, gran bel film che visto per caso su Sky lo scorso anno. Inquietante, sottile davvero ottimo.

    Nella poll come si fa a non votare per Bava? 😀

    1. So già che vincerà a mani basse! Però attenti che se preferite altri film del Maestro, poi non ne posso più scegliere altri!

      1. Helldorado · ·

        Ahahahaha! Ormai ho già votato 😉

  8. Brava brava brava (odovrei scriverlo con un maccheronico accento franscese: bravà bravà bravà) credo che sia stato il primo film horror francese visto nella mia esistenza. Aveva qualcosa di spiazzante, alla Cocteau, come se sembrasse ambire all’onirismo salvo, terribilmente divertirsi a ricordare che no, non era un sogno e la realtà era proprio così. Un’altalena angosciosa e suggestiva. Se la memoria non m’inganna, negli anni ’80 ne avevano fatto una specie di remake piuttosto gore ma lontano anni luce dal valore filmico del precursore. Per la votazione, con titoli piuttosto pruriginosi, ho scelto Girly perchè l’unico che non conosco.

    1. Grazie, Fabrizio!
      So che Mattei aveva girato un film dallo stesso titolo, nel 1994, ma ha una trama molto diversa. Ed è un film inguardabile 😀

      1. Finalmente mi è venuto in mente il titolo del remake:Les prédateurs de la nuit in Italia I violentatori della notte (che brutto titolo) la regia è di Jesus Franco

        1. Lo avevo completamente rimosso! Grazie dell’informazione. Quasi quasi lo rispolvero!

          1. A me manca… dovrò recuperarlo. Franco mi è sempre piaciuto…

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