1988: Bad Dreams

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Regia – Andrew Fleming
The police are here, I’m here. We’re going to have a nice, boring evening tonight. I even brought provisions: pure, unadulterated junk food. At this point who cares about chemicals?

Uno strano ibrido tra lo slasher, l’horror soprannaturale e quello a tematiche religiose, con debiti contratti con una cinquantina di film a lui precedenti, come Dream Warriors, con cui condivide anche la protagonista (una splendida Jennifer Rubin), e La Zona Morta, ma in grado di esprimere una sua identità precisissima, un’originalità nel mischiare i generi e nel delineare personaggi e situazioni che ne fanno uno di quei film davvero imperdibili per chiunque abbia il desiderio di sedersi di fronte a un prodotto che spiazzi e sorprenda.
Bad Dreams (che esce in Italia col titolo Vivere nel Terrore) è purtroppo quasi del tutto sconosciuto qui da noi. Altrove si è ritagliato lo status di cult. E con tutte le ragioni possibili.
Cynthia è l’unica superstite di un incendio che ha distrutto la casa dove viveva con gli altri adepti della setta millenaristica Unity Field. All’epoca dell’incendio era appena una bambina. Resta in coma per tredici anni e, al suo risveglio, non ricorda nulla di quello che è successo.
Lentamente, i ricordi cominciano ad affiorare e quella che sembrava una comunità pacifica e dedita all’amore universale, si rivela essere un gruppo di pazzi, morti tutti insieme in un rito di suicidio collettivo. Cynthia inizia a essere perseguitata da visioni in cui il capo della Unity Field la invita a unirsi agli altri. Nel frattempo, i pazienti della clinica dove Cynthia è ricoverata, muoiono uno dopo l’altro, non si sa per qualche tragico incidente o perché, anche loro, suicidi.
Di solito non faccio riassunti della trama, ma in questo caso, trattandosi di un film davvero poco noto, mi è sembrato indispensabile.
Ancora più importante è determinare chi c’era dietro la genesi di Bad Dreams. E andiamo a conoscere uno sceneggiatore che ha dato davvero tantissimo al cinema d’azione  degli anni ’80. Si tratta di Steven E. de Souza. Qualche titolo? L’implacabile, Commando, 48 Ore, Die Hard. Vi bastano?
Bad Dreams è la sua unica incursione cinematografica nell’horror. Ha realizzato qualcosa in campo televisivo, ma per il grande schermo, Bad Dreams resta un’anomalia in una carriera all’insegna dell’action.
Nel 1988, de Souza era già uno sceneggiatore esperto, non un esordiente costretto a scrivere un horrorino in fretta e furia per sbarcare il lunario.
Fleming invece era al suo primo lungometraggio e aveva 24 anni.

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È un peccato che, in seguito non sia più riuscito a ripetersi agli stessi livelli. Anche se devo ammettere di guardare sempre con affetto il suo Giovani Streghe. Che volete farci, son debolezze.
L’idea iniziale per la storia del film è di Fleming. Poi de Souza, insieme al giovane regista, scrive la sceneggiatura.
In produzione c’è una nostra vecchia conoscenza, Gale Ann Hurd, che da assistente di sua maestà Roger Corman è arrivata a diventare una delle donne più potenti di Hollywood, nonché la produttrice di robetta come The Abyss e Terminator.
Questo per dire che Bad Dreams ha alle spalle una serie di professionisti un certo peso, tutti a collaborare per far esordire un ragazzino con un horror.
Meravigliosi anni ’80.
La cosa divertente è che Bad Dreams costa quattro milioni di dollari. E li recupera nel solo primo fine settimana di programmazione.

Per quanto sia – e lo abbiamo detto – derivativo come spesso lo sono tante opere prime, il film è davvero pieno di roba miscelata con un equilibrio invidiabile. Merito dello script di de Souza, che infila suggestioni oniriche alla Nightmare in un meccanismo quasi da film giallo, con un intelligente sguardo su una cultura (quella degli anni ’70) che è stata spazzata via dal decennio successivo. In questo senso, Cynthia non è solo una sopravvissuta, è anche l’ultimo esemplare di un mondo che ha cessato di esistere. E il suo spaesamento e la sua solitudine derivano proprio dal vivere in una prospettiva sfasata rispetto all’ambiente che la circonda, quasi che il crollo delle sue certezze, quando si ricorda di come sono morte tutte le persone che conosceva, fosse la fine delle illusioni di un’intera generazione.

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Con questa sceneggiatura molto ben scritta e attenta alle sfumature (e no, la soluzione del mistero non è affatto scontata e non ci è dato mai di sapere, fino alla fine, se si tratta di un horror soprannaturale o no), Fleming può divertirsi a imbastire le sue visioni da incubo: se oggi gli effetti digitali dell’incendio appaiono superati, la potenza della scena in cui il capo della setta versa benzina in testa a tutti i suoi adepti e poi li guarda bruciare, felici e contenti perché saranno insieme per sempre, è di una crudeltà difficile da eguagliare. Anche perché non risparmia nessuno, bambini compresi.
Stessa cosa per le varie sequenze di omicidi che scandiscono il film a intervalli regolari: feroci e creative. Con qualche trovata davvero da brividi, come la cascata di sangue e frammenti di corpi maciullati che investe Jennifer Rubin da un condotto d’areazione.

Per una specie di miracolo cinematografico, tutto ciò che poteva essere ridondante, o di troppo, o superfluo, si incastra invece alla perfezione in una narrazione che scorre via alla velocità di un treno. Bad Dreams non dura neanche un’ora e trenta, è zeppo di avvenimenti, ha il tempo di caratterizzare a dovere tutti i personaggi, si permette addirittura qualche raffinatezza,  eppure non sembra mai ingolfato o affrettato. È un horror che andrebbe preso come esempio di solidità e ritmo, perché non perde mai un colpo e spaventa senza trucchetti dozzinali, ma solo tramite il puro gusto del racconto.

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Insomma, è una bella storia ben raccontata, priva di spiegoni non richiesti (risolve il finale in un rapidissimo flashback di poche inquadrature. E quando lo vedrete vi accorgerete che non era facile), violenta e con un tocco di malinconia che non guasta mai.
Nel suo porsi come frullato di cinque o sei sottogeneri dell’horror, di quelli che poi andavano per la maggiore a cavallo tra gli anni ’70 e i primi ’80, Bad Dreams è quasi una sintesi del cinema dell’orrore dei bei tempi che furono. Si vede che Fleming aveva studiato.
Da lì a pochi anni, sarebbe arrivato il deserto. Non a caso Fleming si ritroverà a dirigere commedie adolescenziali e il suo ritorno a tematiche fantastiche avverrà in un contesto molto più innocuo e meno inquietante. La stessa Jennifer Rubin avrà una carriera al di sotto delle aspettative e, a parte l’ottimo Screamers del 1995, anche lei sarà sempre più spesso relegata in particine.
Sono gli ultimi fuochi di un periodo glorioso che stava volgendo al termine.

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12 commenti

  1. Visto da ragazzino, durante una di quelle notte horror estive di italia uno. Potere di un certo cinema, penso anche a “i carnivori venuti dalla savana”, è che bastava vederli una volta per ricordarli a vita. Non c’entra nemmeno il fatto che mi sia piaciuto o no: si rammentano.
    Io rammento che il santone faceva il cattivo in Invasion U.s.a. ,come si chiamava?Richard Lynch..boh,comunque di questo film mi rammento benissimo lui ..brrrr…quanta paura. 🙂

    1. Sì, perché comunque avevano un impatto visivo che ti impediva di dimenticarli.
      Erano film pieni di idee, a volte anche brutte idee, per carità, ma sempre molto densi.

      1. esatto! Non solo legato agli anni 70-80,ma in genere. Prima del 2000, per me gli anni 90 non sono stati così male,ma per altro.
        Oh oggi è il compleanno del nostro dio : John Carpenter! Vedi di sacrificargli chi ha scritto Tutta colpa di Freud,va!

  2. moretta1987 · ·

    Questa volta hai pescato un titolo che non conoscevo e mi hai messo addosso la voglia di recuperarlo,da come ne parli sembra un filmaccio di quelli buoni.

  3. Giuseppe · ·

    Buon film da riscoprire, originale, terrificante quanto deve esserlo e mai scontato (del resto come fai a fidarti di un bel tipo come Richard Lynch? 🙂 )…pur essendomi piaciuto così com’è, devo ammettere che sarebbe stato degno di nota anche con il finale originale (pure se un tantino più esplicito -con una Jennifer Rubin comunque all’altezza della situazione- rispetto alla versione definitiva). Ah, e ricordati che le debolezze si possono anche condividere, perché quando ne ha l’occasione Giovani Streghe lo riguarda pure il sottoscritto. 😉
    P.S. E’ vero, oggi zio John compie gli anni…e io non ho ancora deciso che cosa regalargli, cazzo! 😀

  4. per il momento ti ringrazio per questa ennesima chicca che farò di tutto per recuperare.
    Sogno un futuro dove potrò passare le mie giornate a guardare film senza dovermi preoccupare di quella piccola cosa fastidiosa chiamata lavoro…
    Giovani Streghe è uno dei pochi film che considero degni sul tema della stregoneria, anche se è una visione del tutto americana, quindi sappi che non sei l’unica che lo riguarda ogni volta che viene trasmesso. A certi film ci si affeziona.
    Buona serata e ancora grazie!

    1. a chi lo dici…
      tutto il giorno a guardare film e poi a scriverne.
      sarebbe paradisiaco.

      1. Giuseppe · ·

        Potessi scegliere ci farei il paio con i fumetti…doppio paradiso (non che da disoccupato il tempo mi manchi, però non è esattamente la stessa cosa 😦 )

        1. cavolo, Giuseppe, come ti capisco.
          i lunghi periodi di disoccupazione tra un film e l’altro mi sfiancano più del film stesso.
          😦

  5. Non c’entra niente con il post in questione, ma sento il dovere di dirtelo anche in pubblico. Ti faccio la versione breve: grazie. Per la versione lunga ti ho spedito una mail qualche giorno fa…

    1. sì ho letto…
      😉 appena ho un attimo di respiro ti rispondo con calma. che ho bisogno di tempo per formulare!
      grazie a te

  6. […] una lunga storia d’amore cominciata nel 1988, quando aveva esordito con quel piccolo cult di Bad Dreams. È un regista che mi sta molto a cuore, anche se di film ne ha diretti pochi e ha avuto una […]

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