“I’m going to do something now they used to do in Vietnam. It’s called making a head on a stick”
Variazioni sul tema. L’horror ne è pieno, dagli albori ai giorni nostri e continuerà a procedere lungo questa strada, ché la ripetizione della stessa formula, declinata in diverse maniere, più o meno riuscite e originali, ha fatto la sua fortuna. Eppure c’è modo e modo di riproporre un motivetto, o di riallacciarsi a una tradizione che comincia con il solito Deliverance e prosegue ancora adesso, pur dopo essere passata attraverso tutta una serie di modifiche, anche strutturali, e aggiornamenti a seconda dell’epoca in cui i film venivano girati. Parlo ovviamente della sezione horror delle vacanze intelligenti, con allegato incontro con bifolchi dalle abitudini omicide.
Wolf Creek è un film difficile, prima di tutto a causa della sua crudeltà intollerabile e del suo gioco continuo nel frustrare le aspettative dello spettatore, che si ritrova spiazzato e incapace di prevedere le mosse del regista. E, stiamo bene attenti, Wolf Creek non è un torture porn, non ci pensa proprio a esserlo. La crudeltà non risiede nel tenore delle torture, quasi tutte non viste, ma nel modo in cui le vittime vengono presentate al pubblico e poi eliminate in modo del tutto imprevedibile. Con una cattiveria e una mancanza di pietà che, almeno in un caso, annichilisce. Wolf Creek è l’unico film che il critico Roger Ebert non è riuscito a finire di vedere, giudicandolo insopportabile.
La sceneggiatura di Wolf Creek risale al 1997. McLean aveva scritto uno slasher di poche pretese, ma non ne era soddisfatto. Furono due fatti di cronaca a spingerlo a rimaneggiare lo script fino a dargli la forma che poi sarebbe stata messa in scena.
Basato su eventi realmente accaduti. Come spesso accade non è così. Però è vero che il regista si ispirò in parte ai casi di Ivan Milat e Bradley John Murdoch.
Girato in 25 giorni, con un budget ridottissimo, una camera hd, e quasi sempre con la macchina a mano, Wolf Creek è arrivato a incassare venti volte tanto il suo costo iniziale. Fu un grande successo in Australia e si difese bene anche all’estero, lanciando McLean nell’olimpo delle promesse del genere. Il regista ha confermato le sue doti in seguito, con l’ottimo monster movie Rogue. Adesso è a lavoro su un secondo capitolo del suo esordio, annunciato da anni e mai andato in porto. Ma sembra che le riprese siano iniziate sul serio.
Wolf Creek, lo dicevamo all’inizio, segue uno schema classico e consolidato: tre amici in vacanza che fanno un pessimo incontro. L’originalità non è nel tema, ma nel suo sviluppo. Basta paragonare Wolf Creek ai suoi omologhi americani dello stesso periodo per rendersi conto delle differenze macroscopiche nella gestione di personaggi e situazioni. E, anche se lo scheletro della trama non si discosta molto da un Wrong Turn (che pure, l’ho detto tante volte, è nel suo genere un prodotto dignitoso) a caso, ci si rende conto a una prima occhiata che mentre Wrong Turn è mero intrattenimento violento e cazzeggione, Wolf Creek riesce a metterti realmente a disagio, Wolf Creek riesce a farti male.
Come mai?
Ambientazione e personaggi, soprattutto. McLean ha un rapporto molto intenso col suo paese e con la sua rappresentazione su pellicola. Attraverso poche inquadrature ben scelte, non solo del cratere, ma anche delle spiagge, delle strade deserte, dei panorami desolati, è in grado di farti sentire smarrito in un enorme spazio alieno. In cui perdersi e sparire è facilissimo. E infatti, per la prima metà del film, McLean si diverte a immergerci in questi paesaggi e ci depista con l’illusione di rivolgersi verso i territori dell’horror soprannaturale, addirittura mistico (citazione diretta a Pic Nic ad Hanging Rock). Atmosfere rarefatte, rilassate, eppure inquietanti, proprio grazie al modo in cui il regista sa utilizzare gli esterni e la luce naturale.
E poi, l’arrivo del cacciatore (John Jarrat) cambia tutto.
McLean è un gran bastardo. Passa circa 40 minuti a costruire personaggi veri, umani, con cui riesce facile identificarsi e metodicamente li fa passare al tritacarne. E tu con loro. Per questo Wolf Creek non è facile. Non è facile entrare nell’ottica di McLean che gira una prima parte tutta incentrata sui rapporti tra i tre protagonisti con lo scopo di farli conoscere meglio a chi sta guardando. Ed è bravissimo nel ritrarre tre ragazzi normali in viaggio per divertirsi con partecipazione e senza renderli insopportabili imbecilli che vorresti solo veder morire nei modi più atroci. Non vorresti mai veder morire Liz, Kristy e Ben. E non perché abbiano chissà che cosa di speciale. Nessuna delle due ragazze è particolarmente bella (anche se io una cottarella per Cassandra Magrath l’ho presa), mentre il maschietto della compagnia è l’esatto opposto del maschiotuttodunpezzo a cui spesso viene attribuito il ruolo dell’eroe negli slasher e survival americani.
La naturalezza con cui i tre interagiscono tra loro, la spensieratezza, i sorrisi, le battute. Ogni cosa è talmente spontanea che i tre ragazzi potremmo essere noi. Anche l’accenno di romance tra Liz e Ben è trattato senza alcuna forzatura. È un momento di tenerezza che è sta lì apposta per farci stare ancora più di merda dopo. In questo modo McLean coinvolge lo spettatore e ci basta davvero poco per stare in pena per il terzetto. Non c’è bisogno di mostrare occhi cavati o intestini che escono fuori da ventri aperti. Ci è sufficiente un colpo di fucile. O un coltello. E l’uso che ne fa il killer che va a comporre forse una delle sequenze più spietate e disperate mai apparse in un horror.
C’è ancora un’ultima considerazione da fare, se si vuol comprendere a fondo un film come Wolf Creek. Sono solita lamentarmi di come vengono rappresentate le donne nel cinema dell’orrore. Però non è che gli uomini se la passino poi così bene in quanto a stereotipi. McLean ci consegna un personaggio maschile, quello di Ben, che è una vera e propria anomalia all’interno del genere. Ben, un po’ pavido, ma assolutamente realistico in ogni comportamento, che esce dal cliché che vuole i ragazzi suddivisi in tipi che si possano subito identificare (il belloccio, quello muscoloso, lo sfigato) e che quindi è una volta tanto tridimensionale.
E questo lo pone in contrasto diretto sia con la figura del cacciatore killer, sia con i vari elementi che i tre protagonisti incontrano nel corso del loro viaggio, quasi McLean volesse mettere a confronto due mondi, non secondo lo schema consolidato civiltà contro barbarie, ma secondo una maniera diversa di intendere i rapporti tra uomini e donne.
Non credo sia un caso se l’assassino non vede in Ben una minaccia e lo accantoni in fretta per accanirsi invece sui due elementi femminili del gruppetto. Una prospettiva inedita attraverso cui presentare la solita vecchia storia di una vacanza finita malissimo.
Forse il miglior survival del decennio scorso. Di sicuro il più affascinante e carico di suggestioni.
Non l’ho visto tutto,la prima parte .Che è bellissima,perchè appunto sono personaggi credibili. In Ben mi ci son un po’ rivisto perchè è un tipo normale,come noi.Io credo che gli americani abbiano un problema con la realtà, (a parte certo cinema indipendente,ma anche qui premono forte sulle distorsioni),e la debbano per forza rappresentare in stereotipi facili ,anzi per me nel campo horror questo uso degli stereotipi in origine aveva anche una valenza ironica di dissacrazione del tipo americano,poi è diventata consuetudine.
In ogni caso,devo rivederlo e tutto intero questo Wolf Creek
anzi sto facendo la lista poi in agosto vado da bloodbuster, un negozio di dvd e altre chicche di milano, e me li compro tutti. Tipo i regali di santa lucia’s on summer ^_^
ps: il 2 maggio è il compleanno del tuo blog,hai pensato a un post particolare o quanto meno,ci paghi da bere + abbacchio o coda alla vacinara?
Ma perché non lo hai mai finito di vedere? 😀
perchè lo facevano alle 23,30 su rai 4 e mi son addormentato come un vecchio in poltrona ,ecco la tragica verità!
ps:ho visto haunted world of supebeasto,maddo la sagra del becero fine a sè stesso ..sic!
Mi manca il film d’animazione di Rob Zombie.
Non è che abbia tutta questa voglia di vederlo…
eh..guarda….io in cambio oggi ho visto Halloween ,ti andrebbe di spendere un fuck yeah per la mia recensione?Dai! ricorda che da me i tuoi clienti sono come le frasi di stephen king in copertina degli scrittori più disparati eh ^_^
Bella recensione, anche se devo ammettere che a me Wolf Creek non aveva detto granché. Magari lo recupero e gli do una seconda chance. 🙂
Ciao,
Gianluca
Sai che io l’ho visto la prima volta e non mi è piaciuto. Poi gli ho voluto dare una seconda occasione e ne sono rimasta praticamente folgorata…
chissà, forse ti succede la stessa cosa 😀
Amo questo film. Io considero uno dei migliori slasher in assoluto, non solo del primo decennio del 2000. Poi molti mi contestano che in realtà è un film che non ha suscitato grandi emozioni, ma a me ha terrorizzato e con Rogue mr (M)clean ha domistrato una capacità fuori dall’ordinario. Lo rivedrò a breve perché mi hai fatto venire una voglia bestia. Ce l’ho persino in dvd… con gli speciali, che non ho mai guardato 😉
Grazie per questo revival e spero vivamente che il secondo capitolo vada in porto che sono proprio curioso!
Rogue è una figata col coccodrillone gigante e una tensione pazzesca. La scena in cui devono attraversare il fiume con la corda mi ha fatto stare fisicamente male.
E Wolf Creek è un film che, almeno su di me, ha un impatto emotivo sconvolgente.
Non lo trovo freddo, tutt’altro.
Al solito post impeccabile. Il film l’ho visto qualche tempo fa e si, mi ha spaventata proprio per quel suo essere cattivissimo senza mostrare eccessivamente. Bellissimo film di genere.
Sono film che ti fanno rivalutare l’essere appassionato di horror 😉
Grazie!
La cosa bella di questo film sono le sue atmosfere, il modo con cui McLean descrive l’ outback australiano. Bella anche la caratterizzazione di John Jarrat( attore molto famoso in patria e utilizzato spesso per ruoli nettamente differenti da quello di Wolf Creek) col suo ruolo da lucido psicopatico.
Che poi c’è tutta la storia di Jarrat che segue il metodo per entrare nel personaggio e non si lava per tipo un mese e le attrici terrorizzate da lui sul set 😀
Il Metodo Stanislavskij al profumo di Faccia di Cuoio ma senza la suddetta faccia, in poche parole 😀
Anch’io dovrei dare una seconda visione a Wolf Creek, più che altro per rinfrescarmi la memoria (e già la tua recensione mi sta dando una mano in questo senso). Comunque dal punto di vista fantastico/orrorifico in generale l’Australia è certo una terra interessante (tra l’altro, ho ancora dei vaghi ricordi di quella vecchia serie tv, The Evil Touch, arrivata da noi come “Il Tocco del Diavolo” con Anthony Quayle che ne presentava gli episodi)…
L’horror e il fantastico australiano sono un capitolo a parte nel panorama cinematografico.
Gli australiani realizzano opere estremamente evocative e piene di spunti.
Sarà per il paesaggio, sicuramente. Come ritraggono loro una solitudine misteriosa non lo fa nessuno
scrib…scrib…scrib. 😀
Dannata lista 😀
Aahhahahaha!! 😉
Mi sembra di averlo visto un’eternità fa. Fu uno dei primi film che vidi nel mio primo appartamento 😀 Ricordo che mi rimase un’angoscia… dovrei rivederlo.
Sì, mette un’angoscia bestiale…
è senza speranza…
Per quanto mi riguarda, uno dei film più crudeli che abbia mai visto. Secondo me a mettere angoscia è anche l’idea dello scenario australiano così sterminato e isolato. Gli Stati Uniti siamo abituati a vederli in tanti di quei film e li conosciamo i suoi paesaggi così a menadito che è come se la distanza si riducesse. L’australia invece dà proprio l’idea opposta. E poi, la parte della “testa su uno stecco”, ancora mi mette i brividi solo a pensarci…
Ecco, la testa su uno stecco ti tira una mazzata micidiale, anche perché noi non è che vediamo morire un certo personaggio. Sappiamo solo che non è mai stata ritrovata, e quindi stai lì tramortito e immagini cose atroci.
Bel film, siamo d’accordo. A me l’uccisione della seconda ragazza mi ha fatto letteralmente diventare rosso di rabbia. Ho odiato.
“Wolf Creek è l’unico film che il critico Roger Ebert non è riuscito a finire di vedere, giudicandolo insopportabile.”
Orpo, interessante.
Sì, non lo ha neanche voluto valutare. Gli ha dato un bello zero perché per lui era semplicemente troppo 😀
Bella Recensione..Mitico Wolf Creek,il suo dvd sfoggia senza paura in mezzo ai mie classici.Poi John Jarratt con il suo Mick mi fa accapponare la pelle.La prima parte ricorda veramente quelle atmosfere alla Picnic ad HR,dove tra l’altro c’era un giovane Jarrat,che però non finisce con l’ammazzare le povere studentesse,almeno credo…
Grazie!
Nella prima parte ci sono proprio citazioni dirette al film di Weir. McLean ci tiene particolarmente a farci sapere che sta giocando con quelle atmosfere. E il contrasto con la seconda è così repentino che è come se ti desse una badilata sui denti
Mclean è un ottimo regista e la prova è anche Rogue un monster movie che più classico non si può che acquista valore grazie alla sua regia. Wolf Creek per me è bellissimo e bastardo allo stesso tempo.La realtà supera sempre il peggiore degli orrori!
Ti prende per i fondelli, spingendoti ad aver paura di chissà quale orrore cosmico in agguato e poi un simpatico cacciatore è un mostro che ti fa avere gli incubi per settimane.
Lo adoro, McLean.
Speriamo torni presto che è dal 2008 che non fa un film
Penso non sia stato apprezzato quanto dovuto, o almeno quanto l’ho apprezzato…di sicuro uno dei più ok horror del genere di questi ultimi anni…Adorazione condivisa per McLean
Commento proprio ben fatto e centrato! 😉 Questo è uno dei motivi per cui “lovvo” te e il tuo blog, spesso abbiam gusti simili e diversi tuoi punti di vista mi fanno scoprire prospettive “nuove”. Mi era piaciuto subito, lo vidi al cinema e lo inserii immediatamente tra i più belli degli anni 2000.. Ancora oggi lo consiglio a chi non è molto avvezzo al genere e mi chiede qualcosa di “tosto” 😉
una boiata pazzesca IMHO…
nessun terrore nè per le atmosfere nè per la sorpresa delle scene di omicidio o di testa sullo stecco…
Ma avete mai visto The Woman o The girl next door…
E poi che speranza mai vorreste da un horror…
bah!
Di The Woman c’è qui la recensione
ovviamente il plurale non era maiestatis… mi chiedevo se tutti questi commentatori in brodo di giuggiole avessero mai visto film molto più perturbanti e ‘orrorifici’.
seguo il tuo blog da tempo e su molte tue recensioni concordo. su questa proprio no, mi spiace.