Regia – Steven Spielberg (2012)
I detrattori di Spielberg dovrebbero mettersi d’accordo con loro stessi. Farebbero il bene dell’umanità tutta. Basta prendere una decisione, non è difficile: Spielberg vi sta sulle palle perché è sentimentale e retorico, o vi sta sulle palle perché è freddo e misurato? No, perché le due cose sono piuttosto antitetiche. O forse vi sta sulle palle qualunque cosa faccia perché tanto sparare ad alzo zero su Spielberg è facile, comodo, riscuote successo in società e ci si sente tanto bene e in pace col mondo? Oltretutto, a Spielberg, scusate, ma suppongo rimbalzino alla grande le critiche che gli vengono mosse in maniera del tutto pretestuosa. E gli rimbalzano anche quelle che gli vengono mosse in maniera giustificata e seria. Il motivo è sempre lo stesso: lui è Spilby e voi non siete un cazzo.
E sì, potete spalare anche tonnellate di cacca su Lincoln, potete urlare, strepitare, rompere le palle all’universo intero e schiumare rabbia fino a quando non vi escono gli occhi fuori dalle orbite. Ma il dato oggettivo e inconfutabile è che Lincoln è un film immenso. E il fatto che sia un film immenso è testimoniato da quello a cui ci si è dovuti aggrappare per criticarlo a ogni costo, a una presunta “mancanza di anima” che gli viene imputata quando tutti erano pronti a scagliarsi coi cannoni contro la solita spielbergata retorica e carica di sentimentalismo. E invece Spielberg che fa? Spiazza tutti e gira un’opera trattenuta, quasi tutta basata sui dialoghi, con pochissime scene che ricercano la commozione, un film che fa della sottrazione e del contenimento delle emozioni il suo punto di forza. Un film d’autore, nell’accezione più nobile del termine. Ma non va bene neanche questo, perché non rientra nei vostri schemini in cui inzeppare uno dei giganti del cinema contemporaneo, il più grande regista vivente. E allora giù a dire che è un film freddo.
Freddo dove? Lincoln è una delle opere più sentite e partecipate di Spielberg. Sicuramente il suo film migliore dai tempi di Munich. Un film in cui Spielberg piega il suo stile a un rigore da cinema classico che sfiora la perfezione. Un film dove alla staticità delle situazioni e degli ambienti (quasi tutti interni, azione scarsa o addirittura nulla, tantissime scene parlate e venti minuti finali in cui ti mostra, quasi in tempo reale, l’intera votazione per il XIII Emendamento), si contrappone un’eleganza estrema nella scelta delle inquadrature e nei movimenti di macchina. Spielberg utilizza pochi tagli, preferisce piani di ampio respiro, fa un uso abbondante dei campi lunghi, anche nei momenti più drammatici, per isolare il suo personaggio nello spazio e rimarcare questa figura enorme, sottolineare la sua solitudine, esaltarne la grandezza. La sua regia non è mai invadente, ma ci accompagna per tutto il corso del film come una voce sommessa che ci dice dove indirizzare il nostro sguardo. E il nostro cuore.
Dodici anni di ricerche, una ricostruzione storica maniacale, dalla scenografia ai costumi, un attore, Daniel Day Lewis che si immola per questo ruolo, che diventa Lincoln in tutto e per tutto, dalle movenze alla voce e che forse regala al pubblico la migliore interpretazione di tutta la sua carriera: “I never, ever felt that depth of love for another human being that I never met. And that’s, I think, probably the effect that Lincoln has on most people that take the time to discover him… I wish he had stayed [with me] forever“.
Lo stesso Spielberg, per entrare nell’atmosfera del film, si recava sul set in giacca e cravatta: “I think I wanted to get into the role, more than anything else, of being part of that experience – because we were recreating a piece of history. And so I didn’t want to look like the schlubby, baseball cap wearing 21st century guy; I wanted to be like the cast“.
Eccovi la freddezza e la furbizia dell’operazione accalappiapubblico. Se qualcuno avesse la decenza di leggere le notizie in giro, forse la smetterebbe di sparare fesserie come se non ci fosse un domani.
Ho letto in giro paragoni tra Lincoln e Zero Dark Thirty. Con tutto il rispetto, mi sembrano piuttosto improponibili. I due periodi storici che le due opere (entrambe grandiose) affrontano, sono molto diversi tra loro. Lo stile dei due registi è inconciliabile. Non potrebbero esserci due modi di intendere il cinema più distanti di quelli di Spielberg e della Bigelow. Il lavoro che compie la Bigelow su un periodo di storia (cronaca, direi) recentissimo è quasi un fatto di dissezione chirurgica. Spielberg narra invece un’epopea. Si potrebbe quasi dire che mentre Spielberg ci racconta uno dei momenti fondanti di una nazione, la Bigelow ci scrive sopra un requiem sincopato.
Lincoln non è un film sulla guerra civile, non è neanche una biografia in senso stretto. Non è neppure un film sullo schiavismo. Lincoln si svolge nell’arco di pochissime settimane e ci illustra nei dettagli le manovre politiche che portarono all’approvazione alla Camera del XIII Emendamento nel gennaio del 1865. Si tratta di un film che fa dell’epica utilizzando unicamente personaggi che discutono di politica chiusi in una stanza, che non indulge in nessuna scappatoia facile, che obbliga lo spettatore a seguire ogni istante e a concentrarsi. Lincoln è un film difficile, perché non te lo aspetti da Spielberg. Non ti aspetti questa asciuttezza e questi ritmi lentissimi. Non ti aspetti un montaggio che è quasi anacronistico nella sua invisibilità. Non ti aspetti una colonna sonora (la migliore di John Williams da molti anni a questa parte) che quasi si vergogna di sottolineare le scene, che non è mai enfatica ma, anche quella, severa e controllatissima.
Soprattutto non ti aspetti che sia un film totalmente privo di qualsiasi retorica. Perché, lo sappiamo tutti, Spielberg ogni tanto nel trappolone retorico ci è caduto. E invece niente, nessun ricatto, nessuna lacrima forzata. Quando si piange, in Lincoln (e io ho singhiozzato spesso), è per i piccoli dettagli, per il modo in cui Lincoln si alza dalla sedia dopo aver dettato ai telegrafisti un qualcosa che rischiava di prolungare la guerra per chissà quanto tempo e sembra che porti addosso il peso di una responsabilità schiacciante; quando cammina, di spalle e in campo lungo, verso il luogo della sua morte; quando se ne sta stanco e invecchiato prematuramente a contemplare un campo di battaglia ricoperto di cadaveri. Sono scene brevissime, attimi concessi dal regista allo spettatore. E poi si torna a discutere, si torna a ragionare, si torna a toccare temi universali e fondamentali con una potenza che ti incatena alla tua stessa essenza di uomo e al dovere di dimostrarti degno di essere tale. Perché alla fine, Spielberg continua, sempre, a parlarci di quello.
Sui trenta minuti finali di Lincoln un giorno ci scriveranno i trattati di storia e critica del cinema. È una delle poche certezze della mia vita. Quei trenta minuti sono un momento talmente alto, una vetta artistica così sublime che ti tramortisce. E non è più neanche un discorso di gusti personali e idiosincrasie più o meno giustificabili. È maestria pura e semplice. Oggettiva. Adamantina.
E sono anche trenta minuti tra i più anti spettacolari io abbia mai visto. Senza fanfare, senza trionfalismi. Solo con la consapevolezza di avere avuto la possibilità di cambiare il corso della storia. E di aver colto questa possibilità, sfruttando ogni mezzo, lecito o non lecito, a tua disposizione, forzando anche i meccanismi della democrazia stessa, perché “things which are equal to the same things are equal to each other“.
E io penso, sinceramente, che non ci sia niente di male a crederci. E a farci un film sopra, in cui Lincoln diventa simbolo e speranza. Che si possa cambiare ancora. E progredire ancora, che nel marciume, nel sangue, nel tanfo di morte e putrefazione, un barlume continui a esistere.
A qualcuno forse dà fastidio che Spielberg questo concetto lo porti avanti con coerenza e rispetto per i suoi spettatori da quasi 40 anni. Se non vi piace (assolutamente lecito e ci mancherebbe), passate oltre con tranquillità, ma non rompetemi i coglioni.
forse è la prima volta che non sono d’accordo con te, Lucia. Io non sono un detrattore di Spielberg per definizione, ti posso dire che è legato a uno dei ricordi cinefili da bambino più belli che abbia mai avuto( Incontri ravvicinati del terzo tipo) e ha fatto molti film che amo tuttora incondizionatamente. Penso che ultimamente non ci sia più quello Spielberg ma lo vado sempre a vedere senza pregiudizi….e con questo Lincoln ho fatto veramente fatica, mi sono annoiato da morire soprattutto nella parte centrale e anche la mancanza di retorica non risolleva più di tanto il mio giudizio, opinabilissimo naturalmente! Sarà per la prossima volta…
Ma ci mancherebbe il non essere d’accordo. Io non mi riferisco a chi si è annoiato, capita.Il film è lento, dura tantissimo, ha pochi tagli, molti dialoghi e pure lunghi. Ci si può annoiare.
Poi io non mi annoio perché a me i film lenti e poco tagliati piacciono e l’idea di riportare in sala il cinema classico che più classico non si può mi affascina.
Però son gusti…
Solo una piccolissima cosa a corollario di ciò che hai detto su cui, come sai, non potrei essere più d’accordo. Spielberg ha il coraggio, la maestria e la capacità di piazzare in questo film una delle scene che meglio rappresenta la distanza tra universo femminile e universo maschile e, in cinque minuti, fa capir tutto. È la scena stupenda in cui Sally Field e Daniel Day si affrontano e scontrano sulla questione del figlio e sulla scelta di mandarlo a combattere. Due modi. Due punti di vista inconciliabili eppure entrambi necessari ed estremamente comprensibili. Semplicemente un uomo ed una donna che parlano da uomo e da donna. Immenso.
Sì, anche quella una scena immensa, soprattutto quando si confrontano sui modi diversi che hanno di affrontare il dolore.
Mi è rimasta impressa anche la scena sulla carrozza, verso la fine: “siamo stati infelici per così tanto tempo…”
Io credo che siamo di fronte a un film monumentale.
Andrebbe rivisto almeno altre sei volte per cogliere tutte le sfumature.
A me sai che non piace Spilbergo ma lo rispetto perchè ha una stoffa che i minchietti che lo criticano (sicuramente per partito preso) manco dovrebbero fiatare. Almeno non prima di aver girato almeno tre capolavori, cosa improbabile per molti, figuriamoci per questi fenomeni. A parte tutto, lo vedrò perchè comunque stavolta il tema mi interessa e dalle tue parole mi sembra un gran bel film.
Sì, sì, lo so che a te non piace. E io non me la prendo con quelli a cui non piace Spilby, figuriamoci. Me la prendo con chi lo critica in maniera pretestuosa qualunque cosa faccia.
Su LIncoln posso dirti solo: non sembra un film di Spielberg. Cioè, lo è profondamente, perché i concetti alla base della sua poetica son sempre quelli, ma ha un rigore che altri suoi film non hanno. Forse per questo ha spiazzato il pubblico.
Il pubblico oggi è più irritante della critica di ieri. Almeno una larga fetta… 😀
rispondo alla tua pacatissima diatriba dicendoti cosa non mi piace di spielberg:lo stuporismo e il suo sentimentalismo
Nondimeno quando fa opere meritevoli,a mio avviso te le metto qui: il colore viola,duel,lo squalo,impero del sole, a.i, munich. Non lesino i complimenti,che sono meno ottuso di quanto si possa immaginare
Ma non amo il suo modo di intendere da furbo il cinema .Credo sia permesso questo..
Ma hai le vampate oggi? 🙂 scherzo,non arrabbiarti eh
Ad esempio,ecco questo Lincoln da come lo stai descrivendo mi piace moltissimo,si avvicina al mio modo di concepire il cinema e se spielberg facesse più opere di questo genere mi piacerebbe tantissimo.
e rinnovo i miei complimenti a te che mi piaci quando sei incazzosa, dopotutto io sul mio blog più che recensioni faccio polemiche su polemiche anche con me stesso.
Auguriamo dunque a Kathryn e Steven di vincere una caterva di oscar,ma tanti
Io però, in tutto questo, ancora non ho capito cosa è lo stuporismo, sai? Perché coi neologismi non vado molto d’accordo.
E no, niente vampate, sono ancora giovane.
un certo modo di usare la commozione molto accentuato,carellate su visi di
bimbette fotogeniche ,una dose massiccia di sentimento ,tipo l’episodio per me indigesto di ai confini della realtà.
Un modo massificante di usare il sentimento,rendendolo come un prodotto da supermercato .Mi son spiegato,a me non piace questo.
Mentre per esempio ripeto quando fa un film come munich devo dire che l’ho trovato assai ben fatto con pure la critica alla politica israeliana che non mi dispiace affatto.Ecco cosa intendo
Poi ognuno di noi ha quelli che reputa i suoi maestri,ognuno di noi ha i registi che non sopporta e che vogliamo fare?Lovviamoci lo stesso
ps:ma si era una battuta,se te la sei presa chiedo venia eh ? 🙂
No, non me la sono presa.
Ma vedi, quello che tu descrivi in Spielberg non c’è. Può essere retorico, qualche volta, sentimentale sicuramente. Ma i suoi sentimenti sono sempre sinceri. Lui non è un furbo, lui crede veramente in quello che mette in scena.
Poi può non piacere, ma queste sono prese di posizione ideologiche. Che poi è ovvio che lo siano, dato che per te il cinema è sempre un fatto politico.
Figurati se me la prendo.
si,tutto è politica per me….:-),pure la sconfitta del milan che daje e daje ^_^
ripeto a me non piace,una mia idea personale.Non una legge divina.Penso che questo sia permesso.
D’altronde c’è gente che non capisce lars e ne parla sempre,gente che pure scrive da professionista eh
L’ho detto 27 volte che è lecitissimo che non piaccia Spielberg. Lo ripeterò fino alla nausea. Non vi piace, va benissimo, come a me non piacciono tante cose.
Facevo un altro discorso.
E non parliamo di Von Trier, per cortesia. Sette ore e mezza di porno, il grande autore.
si,sette magnifiche ore ! tiè 🙂
ps:vabbè è un’operazione che sinceramente non mi soddisfa molto,cioè il mio lars è quello di dogville ,le onde del destino,melancholia E che mi ricorda un Boise Moi qualsiasi,ma aspetto…
Però non è affatto quel pretestuoso imbonitore che molti superficialmente dicono.Questo è quello che penso.Ho capito pure quello che intendevi te,anche senza arrivare a 27,ma mi sa che la devo smettere di esser puntiglioso,parlavo di me.Te ti sei spiegata benissimo.
vabbè vado a leggere American Gods di Neal Gaiman quello di Sandman
L’hai letto?Mi suggerisci qualcosa di questo autore e fumettista ,conosco davvero poco.Grazie eh! ^_^
Essendo Von Trier un produttore di lunghissima data di pornografia, non mi stupisce che abbia deciso di buttare giù la maschera e mostrarsi per quello che realmente è.
E io credo che i suoi atteggiamenti da autore siano lievemente inconciliabili con la sua attività di produttore. Soprattutto quando produce il genere mercificatorio per eccellenza.
Di Gaiman ti consiglio Nessun Dove, è bellissimo.
ho scritto il nome del romanzo,grazie.Questo mi piace tantissimo e sono solo alle primissime pagine ma vi è un grande “impasto” tra un certo realismo e una grandissima fantasia,di American Gods mi vedrei il film,magari con il tuo Jason Stratham nella parte di Shadow o Vin Diesel.
Grandissimo
ps: la vedo in modo del tutto diverso invece per quanto riguarda Von Trier,ma comprendo anche il tuo pensiero sulla pornografia o un certo modo di riprendere il sesso,che in parte condivido,visto ad esempio che non ho amato nemmeno Shame.
Però per me rimane un grande autore e una persona complessa,molto complessa
Poi morta lì,ognuno la pensa come vuole e a me piace discutere con la gente che non la pensa come me
Ultimo messaggio di oggi,te lo giuro.Ti dico solo che se ti va domani ,lo dico a te e ai tuoi commentatori,sul mio blog ci sarà uno speciale dedicato ad Antonio Margheriti attraverso le parole del figlio,visto che lo avevo intervistato tramite mail anni e anni fa,se a te e ai tuoi amici va di leggerlo..e sullo Spettatore indisciplinato
ciao! 🙂
Il punto è che trovo difficile conciliare, ideologicamente, la produzione di pornografia con un’immagine autoriale. Ma, ti ripeto, il problema è tutto mio. 😉
Ti conosco mascherina,da un po’ e posso dire che ho capito quali sono le tue idee e le rispetto.
Ti chiedo solo di non ammazzarmi quando scriverò un articolo su Silvio Bandinelli il Ken Loach a luci rosse. Ok?
Gran bel pezzo, Lucia.
Davvero.
Ma continuo a pensare che, al di là della perfezione tecnica, questo Lincoln sia una palla immensa, praticamente Il discorso del re di quest’anno.
No, aspetta, il discorso del re no. L’ho detto che è un film che può annoiare, sicuramente. Ma Il discorso del re è una commediola rassicurante su un nobile che soffre di balbuzie e di cui ce ne frega quanto del sistema riproduttivo degli scarabei stercorari. Anzi forse degli scarabei stercorari ce ne frega di più.
E non ha neanche la maestosità tecnica di Lincoln.
E non si capisce perché sia stato girato.
Un film come “Lincoln” non è da tutti. Lasciando perdere Spielberg mi vengono in mente pochissime persone a cui poter affidare un progetto come questo e non so davvero quanti di loro avrebbero comunque potuto portarlo a termine senza confezionare un fumettone. Rimane ovviamente un film criticabile per le scelte che hai descritto, sia tecniche che tematiche, ma andrebbe perlomeno contestualizzato nel suo periodo storico.
Lincoln è una delle rare fgure storiche dell’era moderna che pur ottimamente documentato nei suoi atti pubblici è rimasto in qualche modo misterioso nel suo essere uomo, nel doversi dividere tra un ruolo “larger than life” e i suoi normalissimi difetti. Personalmente non apprezzo i monumenti dedicati ai personaggi politici ma quando ripenso al Lincoln Memorial a Washington D.C. ne avverto sempre ilpeso simbolico. Immagino che per un americano debba essere molto più forte.
Quanto ai critici di casa nostra, devo dire che sembra di assistere a una sindrome degenerativa di quelle gravi, molto al di là delle possiiblità della medicina. C’è un guscio di astio difficile da rompere, un’ansia da prestazione che traspare da tante recensioni al punto da far dubitare che esistano altri motivi a parte il sostegno al proprio ego per scrivere i loro pezzi.
Sì, è un film che compie delle scelte, estetiche e contenutistiche ben precise, e che si ha tutto il diritto di criticare. Ma proprio per questo, per il suo compiere delle scelte, per non voler accontentare tutti, per obbligare il pubblico ad assistere a due ore e mezza di dialoghi, c’è da tributargli un gran rispetto.
E poi, strano a dirsi per chi non conosce bene Spielberg, c’è un pudore nella rappresentazione dei sentimenti che oggi è molto raro, proprio nel ritrarre l’uomo Lincoln.
Credo che gli americani sentano molto intensamente il valore storico di questo personaggio. Neanche possiamo dargli torto.
E la critica italiana sta attraversando davvero un bruttissimo momento, da tutti i punti di vista.
Ottima recensione, Lucia…e circa la famigerata critica italiana mi sembra che vada sempre più fastidiosamente -e già prima, si sa, non scherzava manco per il cazzo- di pari passo con la malriposta pretenziosità della maggior parte dell’attuale cinema di casa nostra…poi, non sia mai che si dimentichi di tirare qualche classica stoccata a Spielberg, da adattarsi alla bisogna come anche in questo caso: ecco che non potendo trovarci l’odiato lato commerciale, allora come d’incanto Lincoln diventa freddo e privo di anima. Bene, diventa un motivo in più per vederlo, non foss’altro per fare un dispetto a questi detrattori professionisti… 😉
Ma sai, tanto come ho scritto anche nel post, a Spielberg queste cavolate rimbalzano.
Magari mi incazzo io, ma sicuramente lui neanche sa che esistono, certi crtici.
Riascoltando la colonna sonora e leggendo quello che scrivi mi viene una voglia immensa di rivederlo e di esaltarmi un’altra volta, e uso proprio questa parola, esaltarmi. E’ semplice, sta parlando di (una) Storia che ha cambiato l’intera società occidentale, e riguarda anche noi, non possiamo girarci dall’altra parte e pensare che questa sia solo una storia americana. Spielberg secondo me ha sentito questa responsabilità e per questo ha regalato un film asciuttissimo che è quasi un trattato, però lo fa con i mezzi del cinema, non sta scrivendo un libro di storia, leggo la critica più comune, ovvero il fatto che sia noioso, e invece è proprio l’invisibilità del trucco con cui le parole e la politica diventano spettacolo che lo rende un’opera matura, completa, ciò che un artista di questo calibro doveva dire per completare una visione che dura da quasi 30 anni e anzi, nello specifico, da Il colore viola. Lincoln è un film necessario, ed è anche bello che esca insieme a Django, perchè questo è il cinema americano, può non piacere e va benissimo, ma che nessuno dall’alto di un cazzo vada a dirgli di non essere fieri degli uomini e delle donne straordinari che hanno avuto.
Sì, la critica più comune è sulla freddezza del tutto e sul fatto che annoi. Forse da Spielberg ci si aspettava qualcosa di diverso. E devo dire che questo rigore ha spiazzato persino me. Solo che mi ha fatto apprezzare ancora di più il film, perché indica la maturità artistica di un regista che è in grado di modificare se stesso e di adeguarsi al peso delle storie che porta sullo schermo.
Ma che recensione arrabbiata , finirai come Bertarelli a lavorare al “Giornale” e fare il cattivo con Marzullo 😉 , seriamente (ma nemmeno tanto) condivido parte della recensione, come avevo già detto nei miei two cents qualche settimana fa , ma sei troppo di parte tanto da citare il marchese del grillo!
Comunque lo vorrei meno storico e più fanciullo, cosi forse alzerebbe di nuovo gli occhi alle stelle ricominciando a sognare e a farci sognare. , ti lovvo in modo assoluto.
P.s.
spero che ti sei evitata la versione doppiata in italiano,fa soffrire molto.
Ahahahahah!
Io quando leggo certe critiche che non stanno né in cielo né terra, messe lì solo per accanirsi su un grande regista, reagisco così 😀
Purtroppo gli artisti si evolvono e maturano. Spielberg è adesso un regista che ha raggiunto la piena maturità e quindi sarà difficile vederlo tornare fanciullo.
Ho visto il film doppiato, poi l’ho rivisto anche in inglese. Non c’è paragone, ma devo ammettere, contro la mia stessa volontà, che il doppiaggio era molto meno peggio di quanto mi aspettassi. Con tutti i limiti, è stato fatto un buon lavoro, molto accurato.
Lovvo anche io 😉
i migliori doppiatori del mondo
Amo ogni cosa di Spielberg, naturalmente non tutte le opere sono sullo stesso livello, questo Lincoln devo ancora vederlo. Condivido l’insofferenza contro chi attacca il regista (per me il migliore vivente, paroloni, ma quando guardo la filmografia quasi ci credo…). Bel articolo.
Grazie 😉
noi spielberghiani dobbiamo fare quadrato contro i detrattori
Cavolo, per ora l’ho perso, però lo recupero presto. Concordo con te nella crociata anti-detrattori di Spielberg, che si mettano d’accordo su che cosa non gli piace del maestro. Io, intanto, continuerò ad amarlo alla follia 🙂
Sì, è il caso che decidano se gli fa schifo perché esagera col sentimentalismo o gli fa schifo perché è freddo e senz’anima.
😀
Vedilo Lincoln, potrebbe piacerti molto. Soprattutto se apprezzi il cinema classico 😉