Pillole uggiose e deprimenti

Rieccoci con le nostre pillole di cinema dell’orrore prescritte a scadenza (più o meno) mensile. Dato il periodo dell’anno, triste, umido e plumbeo, ci toccano film dello stesso tenore, esclusa forse una, se non altro per la presenza dei nostri amici squali che ravvivano sempre l’ambiente.
D’altronde, con un Bertino sparato così nel mucchio, non ci si può aspettare una valanga di risate. Com’è tradizione per le nostre amate pillole, ne abbiamo di ogni genere e per ogni tipo di spettatore: c’è la quota slasher, la quota nichilista e soprannaturale, il sempre sia lodato animal attack e persino un ritorno agli antichi fasti del torture porn.
Mettetevi comodi, armatevi di taccuino per gli appunti e godetevi lo spettacolo.

Apriamo le danze con Night of the Reaper, slasher nostalgico approdato su Shudder durante la spooky season e recuperato solo adesso dalla vostra affezionatissima dopo le fatiche della challenge. Alla regia troviamo Brandon Christensen, che qualche anno fa ci aveva regalato l’interessante Superhost, sempre uscito sulla piattaforma dedicata soltanto al cinema dell’orrore e sempre più miniera di talenti e foriera di immense gioie per gli appassionati del genere.
Ambientato negli anni ’80, Night of the Reaper si apre con il brutale assassinio di una baby sitter da parte di un killer mascherato.  Un anno dopo, conosciamo la vera protagonista del film, Deena (Jessica Clemens), una studentessa universitaria che torna nella sua città natale, la stessa in cui è avvenuto l’omicidio, per qualche giorno di vacanza. Siamo nei dintorni di Halloween, con tutti gli annessi e connessi di decorazioni, scheletri appesi alle finestre, zucche e scherzi più o meno innocui. La ragazza viene incastrata da un’amica a fare da baby sitter al figlio dello sceriffo locale, impegnato a indagare su delle misteriose videocassette che sembrano contenere dei veri omicidi. Inutile dirvi che Deena passerà una nottataccia.
A partire dalla premessa, Night of the Reaper si muove su un territorio molto familiare, che va dal classicone Halloween, passa per Quando Chiama uno Sconosciuto e Black Christmas, e arriva fino a Ti West e al suo The House of the Devil. Questo per tre quarti circa di film, durante i quali crediamo di assistere alla fiera del già visto. Poi ci sono i venti minuti finali, dove Christensen ribalta e stravolge tutto. Night of the Reaper intrattiene una relazione, con lo slasher dei primi anni ’80, che riesce a essere filologica e distruttiva allo stesso tempo. È interessante e fresco, forse un po’ troppo cerebrale, ma comunque divertente. 
Per i nipotini di Randy. 

Andiamo a vedere cosa ha combinato il nostro amico Bryan Bertino, l’anima della festa, negli ultimi cinque anni. Rimango sempre stupita dal fatto che uno come lui lavori così poco e non faccia un film dal 2020, ma purtroppo il povero Bryan è sfortunato, e anche in questo caso, ha avuto parecchi problemi: Vicious, infatti, doveva uscire in sala ad agosto di quest’anno, poi è stato anticipato a febbraio, e infine rimosso dalla programmazione della Paramount alla fine del 2024. È quindi stato scaricato direttamente su Paramount + a ottobre, senza troppe cerimonie e senza uno straccio di promozione adeguata. E anche questa volta arriviamo al cinema la volta prossima, Bryan.
Quando succedono queste cose, di solito, è perché il film ha delle criticità da qualche parte, e in effetti Vicious ce le ha.
Racconta di una giovane donna, Polly (Dakota Fanning), che una notte riceve la visita di una signora in evidente stato confusionale (Kathryn Hunter). La signora ha con sé una scatola e la lascia a Polly, per poi scomparire nel nulla e senza addurre motivazioni plausibili.
La serata di Polly, una persona parecchio incasinata di suo, prende dunque una piega molto sinistra, quando una voce al telefono le dice che morirà se non seguirà alla lettera le istruzioni: deve inserire nella scatola tre oggetti, una cosa di cui ha bisogno, una cosa che odia e una cosa che ama. 
L’idea è interessante e sufficientemente ambigua da provocare più di un brivido; e infatti tutta la parte introduttiva del film fila alla grande, grazie anche a Dakota Fanning che si spende moltissimo per dare vita a un personaggio un filino stereotipato. Poi Vicious va un po’ in confusione, e rischia che la sua stessa struttura gli rovini addosso, perché non sembra avere un’idea precisa di dove andare a parare. Sospetto ci sia stato parecchio taglia e cuci in sede di montaggio e sospetto anche che Bertino sia stato costretto ad apportare delle modifiche indesiderate, ma appunto, le mie sono soltanto congetture. 
Resta comunque una visione consigliata, in particolare per tutte le sequenze in cui Dakota Fanning è da sola con se stessa (espressione da intendersi nel senso più letterale possibile). È, fino a ora, il film più debole di Bertino, ma è comunque roba sua e i temi che contraddistinguono il suo cinema ci sono tutti, dall’illusione di controllo sulla propria vita, al male che colpisce a caso e in maniera indiscriminata, ti si attacca addosso e non ti lascia più andare via.
Per chi fa finta di non essere in casa quando suona il citofono.

Facciamo ora un salto nel 2007, anche se Meat Kills (o Vleesdag, da titolo originale) è un film del 2025, Il primo film dei Paesi Bassi a ottenere il divieto ai minori dei diciotto anni, per essere precisi. Il regista, l’olandese Martijn Smits è un veterano delle commedie per famiglie, anche se ha esordito, ormai nel lontanissimo 2012, con l’horror. Adesso torna alle sue origini e realizza un film che pare uscito dritto dalla New French Extremity, tanto è feroce e privo di compromessi.
Un gruppo di attivisti per i diritti degli animali decide di fare irruzione in una fattoria che alleva e macella maiali, allo scopo di portare alla luce le pessime condizioni in cui sono tenuti gli animali e l’orrore che si cela dietro alle vostre costolette. Una volta lì, i ragazzi si scontrano con i proprietari della fattoria e la situazione precipita molto rapidamente, trasformandosi in una lotta per la sopravvivenza.
Di violenza sulle povere bestie, per fortuna, non se ne vede quasi per nulla: c’è solo una brevissima sequenza proprio all’inizio del film, che potete anche saltare in serenità. Quanto alla violenza sui personaggi umani, ce n’è a tonnellate. Per motivi di budget, molto risicato, a volte è fuori campo o suggerita con un ottimo lavoro sulla parte sonora, ma quando Smits può permetterselo, ti fa vedere tutto: gente divorata dai maiali, corpi schiacciati sotto il peso di macchine scavatrici, ustionati nelle vasche di bollitura, appesi a testa in giù e aperti in due, senza dimenticare i grandi classici dell’horror francese dei primi 2000: la sega circolare e la fanciulla pucciata nel sangue.
Da un punto di vista ideologico, Meat Kills è un po’ troppo ambiguo ed equidistante: gli attivisti non ci fanno la migliore delle figure e non c’è un solo personaggio che sia moralmente salvabile, anche alla lontana. Di conseguenza, non riesco a identificare bene il senso dell’operazione. Può essere pura exploitation, e a quel punto nulla in contrario. Le carneficine insensate mi hanno sempre fatto simpatia. 
Resta il sospetto che, sotto sotto, il film voglia mettere sullo stesso piano chi uccide gli animali e ne trae profitto e chi vuole salvarli, e allora ho un sacco di cose in contrario. 
Piccola curiosità: Meat Kills è stato girato, principalmente nelle ore notturne, in un vero allevamento, con gli attori che si sono rotolati in veri liquami. Molti di loro, dopo l’esperienza, hanno smesso di mangiare carne. 
Per i carnivori irriducibili, contro ogni evidenza.

Chiudiamo, com’è giusto, con il film di squali di merda del mese, che non è affatto di merda e ci consegna il vero miracolo del 2025: tre ottimi shark movie nello stesso anno. Non è un caso che tutti e tre vengano dall’Australia.
A dirigere Beast of War troviamo infatti Kiah Roache-Turner, il regista di Wyrmwood, relativo sequel e Sting. Qui è impegnato nella bizzarra commistione tra film di guerra e film con le bestiacce assassine. Siamo infatti nel 1942 e un piccolo gruppo di soldati australiani si ritrova a mollo nell’oceano Pacifico, dopo l’affondamento della nave che li trasportava da parte dei giapponesi.
I pochi superstiti all’impatto galleggiano su una zattera di rottami e arriva uno squalo bianco a dar loro il tormento.
Se non avessi vito la locandina del film, avrei pensato, data la prima mezz’ora, che Beast of War fosse un tradizionale dramma bellico. All’inizio sembra infatti una riedizione in salsa australiana di Full Metal Jackets, quindi, se possibile, pure più cattiva. Il protagonista del film è un soldato aborigeno (Marc Coles Smith), costretto a superare, oltre le normali difficoltà dell’addestramento militare, anche il razzismo dei suoi compagni.
Quando poi arriviamo in mezzo al mare e compare lo squalo, ci rendiamo conto che le dinamiche cui abbiamo assistito nella prima parte del film ci saranno molto utili per determinare chi sopravviverà, chi finirà per primo tra le fauci della bestia e chi sacrificherà gli altri per respirare anche un minuto in più di loro.
Beast of War è molto più intelligente di quanto potrebbe far supporre la sua premessa, è girato molto bene, appena può si avvale di effetti pratici, è estremamente gore e violento, gioca benissimo con la sua ambientazione, con le luci dell’alba e del tramonto, con la nebbia, e pare costato milioni di dollari, quando in realtà avrà un budget ridicolo.
Tra i film di squali che hanno scandito il 2025 è il meno interessante, ma solo perché è molto classico nel racconto della relazione tra l’uomo e lo squalo, dipingendo questo come il tipico leviatano assetato di sangue. Resta comunque un gran divertimento. 
Per gli amanti del cameratismo. 


7 commenti

  1. Avatar di Fabio

    Ciao,domanda da un milione di dollari,quandobuscira’ “Beast Of War” da noi?,e non lo chiedo a cuor leggero,d’altronde anche “Sting” non e ancora distribuito,bello no?😞

  2. Avatar di Fabio

    Nel mio caso Lucia,non ho avuto ahime molte soddisfazioni squalesche quest’anno,ma per la prossima annata spero tanto di rifarmi,inutile dire che i miei occhi sono puntati su Renny Harlin e Tommy Wirkola.👍

  3. Avatar di alessio

    Night of the Reaper fa con lo slasher anni Settanta Ottanta quello che ha fatto Marshmallow col summer slasher, però l’operazione per me è molto più riuscita.

    Meat Kills entra nel filone di chi si è rotto le scatole degli attivisti che si mostrano più settari, reazionari e pericolosi del sistema che vogliono abbattere (dopotutto neanche Una Battaglia Dopo l’Altra è poi così distante da questo).

  4. Avatar di Austin Dove

    Incredibile, sempre 0 visti. Però i primi due ispirano, per motivi diversi: slasher il primo e Dakota il secondo 💙

  5. Avatar di Giuseppe

    Meat Kills, a pelle, mi dà l’idea di essere un po’ la versione splatter di Okja… Me lo segno con le altre tre pillole (“squalata” compresa, ovvio) 👍

  6. Avatar di Blissard

    Visto solo Vicious, che mi è piaciuto nonostante dalla premessa possa sembrare un Bertino che ripropone se stesso.

    Grande curiosità per gli altri tre

    1. Avatar di Frank La Strega

      “Night of the reaper” mi è piaciuto molto. E anche a mio zio Randy.😉

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