
Regia – Pierre Tsigaridis (2024)
Day 20, si cominciano a intravedere i primi segni di cedimento mentale, devo controllare il calendario di continuo per capire a che punto della challenge mi trovo, e a stento so come mi chiamo. Ma è il bello della challenge.
La giornata di oggi è dedicata a Satana e colleghi, ed è stata un’impresa disperata trovare il film giusto, perché, dopo tante incursioni nel passato, volevo un horror contemporaneo, possibilmente dell’anno in corso. Ho fatto un paio di tentativi, andati molto male (no, non vi dirò i titoli), e poi mi sono imbattuta in questa bizzarra e crudelissima opera seconda del giovane e misterioso Tsigaridis, un tuttofare dell’horror indipendente americano che dei suoi film è autore, regista, produttore, montatore e direttore della fotografia.
Avevo visto il suo esordio del 2021, Two Witches, che non mi aveva entusiasmato, ma del quale avevo apprezzato una qualità: la ferocia, totalmente gratuita, tra l’altro. È un film così malvagio che pare concepito da un’entità non umana.
Traumatika eredita dal film precedente una struttura vagamente episodica, disgiunta, poco coerente e parecchio incasinata, ma per qualche gioco di equilibri e contrappesi narrativi, funziona meglio di Two Witches; ha una storia che si riesce a seguire, per quanto proceda a strappi e frammenti.
Si apre con un prologo ambientato in Egitto all’inizio del secolo scorso, nel quale vediamo un uomo seppellire un idolo e poi togliersi la vita. Saltiamo in avanti al 2003 e scopriamo che questa stauetta è arrivata nelle mani di un ricettatore di oggetti di antiquariato. L’uomo commette il tragico errore di liberare il demone che risiede all’interno della statua: Volpazuu.
Ora, dal nome e dal prologo magari pensate di avere già capito a cosa si vorrebbe ispirare Traumatika, e non sarò di certo io a negarlo, non di fronte a una tale sfacciataggine. Ma Tsigaridis non si limita a prendere diversi spunti da L’Esorcista, perché lui è matto in culo e si spinge oltre. La sua intenzione non è di raccontarci una classica possessione con allegato rituale per liberare il corpo dello sventurato di turno dalla presenza demoniaca. Lui Volpazuu lo lascia libero di agire, di diffondere il male, di mietere una quantità di vittime innocenti che neanche Michael Myers in stato di grazia (su Michael poi ci torniamo), e non ci sarà alcun prete eroico a fermarlo.
Avevo avuto questa impressione già guardando altri film usciti nel corso dell’anno, ma Traumatika me l’ha confermata: l’horror è tornato a essere molto arrabbiato e molto cattivo. Non siamo ancora al torture porn dei primi 2000, ma ci stiamo avvicinando a passo di carica a quelle atmosfere, con tuttavia un bagaglio importantissimo alle spalle. Non sono ancora in grado di identificare questa nuova tendenza, che è viva soprattutto nell’horror più a basso costo, ma mi pare, e lo dico senza dare alcun giudizio di merito, che si tratti di un moto di reazione all’horror, per così dire, “ingentilito” degli anni ’10, quello che toccava argomenti sensibili con una qualche forma di riguardo e delicatezza. Ripeto: non so se sia una cosa buona, potrebbe avere una deriva molto conservatrice o potrebbe essere un ulteriore passo in avanti nel percorso di distruzione anarchica delle convenzioni che è spesso la ragion stessa d’essere del genere. Vedremo, è ancora tutto molto in divenire, ma intanto la violenza irriguardosa e insensata è di nuovo al centro della scena, e Traumatika va dritto come un treno senza avere paura di niente.
Che è poi il motivo per cui, a parte qualche anima illuminata, su Letterboxd lo stanno distruggendo, invocando addirittura, per il futuro, approcci più leggeri alla messa in scena del terrore.
E pensare che di motivi per criticare il film ce ne sarebbero: a volergli fare le pulci, la vicenda narrata sta davvero in piedi con gli stuzzicadenti, mentre l’andamento è tutto sballato: ci sono delle sequenze di dialogo dalla lunghezza esasperante, alternate a degli scoppi di brutalità rapidissimi. Oltre a esserci qualcosa nel montaggio, a livello strutturale e all’interno delle singole scene, che proprio non funziona, è la scrittura del film a soffrire di una confusione di fondo, quindi Traumatika va analizzato e giudicato, anche male, per queste ragioni, non per quello che osa mostrare, altrimenti cambiamo tutti genere.
Che non vuol dire essere obbligati a sottoporsi a delle immagini che potrebbero turbare la vostra sensibilità: ognuno conosce i propri limiti e le prove di coraggio abbiamo smesso di farle a dodici anni, spero. Io per prima mi sono rifiutata di guardare film che sapevo mi avrebbero fatto stare male. Un esempio a caso: il norvegese The Innocents, che non ho mai visto e mai vedrò finché campo. Sono scelte, e sono una faccenda personale.
Se tematiche come infanticidio, abusi vari sui minori, violenza sessuale e aborti casalinghi vi causano dei problemi, state lontani qualche centinaio di chilometri da Traumatika: è spregevole, ignobile e abietto.
E allora per quale motivo sei qui a parlarne?
Perché Tsigaridis ha la rara capacità di dare corpo agli incubi più atroci e la sfrontatezza di non tirarsi indietro davanti a ciò che consideriamo moralmente riprovevole. Non lo fa per sconvolgere, per provocare, o per essere controverso e tagliente. O magari sì, non è che le conosco o ci ho parlato. Non è tuttavia questa la sensazione che ti lascia addosso Traumatika, e qui sta tutto il bagaglio di cui sopra, l’allontanamento cronologico e anche concettuale dal torture porn.
Al di là di una scrittura da affinare e della necessità di avvalersi di qualche collaboratore che gli sistemi i problemi tecnici e di ritmo, Traumatika possiede un nucleo tematico molto forte, molto pesante, che soltanto se lo si avvicina carichi di pregiudizi è impossibile notare: è il racconto, e ve lo dice anche il titolo, di un male viscido e insidioso, che si attacca soprattutto alle persone innocenti, le corrompe, le piega alla sua volontà, perché manca l’attenzione nei confronti delle ferite che la vita ci infligge, perché tutto avviene nel silenzio e nell’indifferenza, dietro le porte di tranquille case borghesi, perché le storie dei nostri traumi vengono date in pasto al pubblico da gente senza scrupoli, che le sfrutta e le divora, lucrandoci sopra.
Certo, Tsigaridis ha la grazia di un ippopotamo nel maneggiare i traumi infantili, l’isolamento dei bambini che hanno subito degli abusi, l’omertà che circonda le violenze all’interno della famiglia (almeno fino a quando non diventano servizi sensazionalisti per uno special di Halloween), ma forse è proprio questo approccio così sgraziato a dare al film una potenza che, con un’attenzione e una sensibilità maggiori, non avrebbe. D’altronde, ci siamo abituati a vedere l’orrore soprannaturale usato come metafora del trauma, specialmente nel cinema contemporaneo.
Traumatika esce dalla metafora e la fa incarnare da un novello Micheal Myers che, lenzuolo in testa e arma bianca in mano, fa una strage durante la notte di Halloween, quando il film, da horror di possessione demoniaca, diventa uno slasher con tanto di final girl.
Come dicevo prima, è tutto molto confuso e un po’ tirato via, ma la rabbia è spesso confusa.
E io un film così arrabbiato erano anni che non lo vedevo. A vostro rischio e pericolo.












Wow, e come si fa ora a non dargli una possibilità, al buon Traumatika? 😄
Grazie per la segnalazione , Lucia
Magari poi torni qui e mi insulti perché ti fa cagare 😀
però secondo me ha davvero una potenza in alcune immagini che si trova di rado in giro.
Alla fine, per quanto sia un film mediocre, il successo di Terrifier ha cambiato un po’ la faccia al genere.
😀 😀 😀
Al netto dei problemi che hai evidenziato, devo ammettere che mi è piaciuto, penso che il regista (come l’attrice che interpreta Abigail) abbiano un enorme potenziale.
Ti scrivo my 2 cents (che inevitabilmente sono influenzati dalla tua rece)
Praticamente due film in uno, Traumatika sembra imboccare la strada del possession-movie brutto, sporco e cattivo alla maniera de L’Esorcista e La Casa, salvo poi trasformarsi in un agile slasher alla Halloween; il filo conduttore, i traumi infantili e il loro sfruttamento da parte di persone senza scrupoli, convive a fatica con la (visivamente splendida e spaventosissima) entità venuta a sfregiare l’innocenza. L’effetto complessivo è più spiazzante che soddisfacente, ma dietro una trama frammentaria che procede “a strappi” è impossibile non intravedere il talento di Pierre Tsigaridis nel creare sequenze perturbanti, nel dirigere con vibrante intensità e nello sfruttare sangue, pustole e degrado.
Bravissima Rebekah Kennedy, attrice da tenere d’occhio.
Lei è eccezionale. Ma era bravissima e tanto tanto inquietante anche in Two Witches. Non so quanti anni abbia Tsigaridis, ma se migliora a ogni film, potrebbe darci delle grandissime soddisfazioni in futuro
Giorno Lucia,per la challenge di oggi dedicata ai film satanici,la mia scelta non ti fara’ impazzire😔,potrebbe farti riaffiorare i ricordi del vietnam temo🤕,ma non posso farci niente,a me piace……ho scelto “Le Streghe Di Salem” di Rob Zombie.
Grazie della segnalazione Lucia, come sempre.
Grazie Lucia, come sempre, ineccepibile.
Non credo di aver visto Two Witches, ai tempi, quindi sono neofita totale nei confronti di uno stile “brutale” come quello di Tsigaridis. Quindi penso di poter perlomeno provare a correre il rischio di rimanere “traumatizzato” da questo suo Traumatika…
Per la challenge di oggi io scelgo il -da noi-semisconosciuto Satan’s Triangle, film TV del 1975 con Kim Novak e Doug McClure.
Day 20: “La Setta”
😘
“matto in culo” non l’avevo mai sentita buahhah