Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 29: House of Spoils

Regia – Bridget Savage Cole, Danielle Krudy (2024)

Oggi è la mia giornata, perché è quella in cui vi obbligo a scegliere un film della Blumhouse e a celebrarlo, così i cospicui bonifici che ogni mese Jason Blum mi manda saranno ancora più cospicui del solito.
Sono consapevole del fatto che il 90% della horror community non ha un’elevata opinione della casa di produzione fondata da Blum all’inizio degli anni ’00, e la cosa mi interessa il giusto, perché credo si tratti quasi sempre di un atteggiamento da duropuristi e non una fondata opinione critica. È infatti talmente ampio lo spettro in cui si muove la Blumhouse che identificarla come “quella che fa gli horror PG13 coi jumpscare” sta diventando davvero sintomo di un’imbarazzante povertà di spirito.
Non è falso che la Blumhouse abbia prodotto tanta spazzatura PG13 coi jumpscare, ma se andate sulla pagina di IMDb del signor Blum, potete vedere per conto vostro che ha più di 200 crediti da produttore, che sono un’enormità. Quando produci così tanti film, fai anche cose molto brutte. La politica della Blumhouse può farvi storcere il nasino da raffinati amanti dell’horror sofisticato o da strenui difensori dell’horror adulto, cupo, tetro, meditabondo. Ma quello che ha fatto di buono la Blumhouse per il genere (non ultimo portare alla ribalta Jordan Peele) sta lì e voi non ci potete fare niente. 
Detto ciò, ho scelto per questa giornata agli sgoccioli della challenge uno degli ultimi film Blumhouse, sbarcato direttamente su Prime all’inizio del mese e diretto dalle due registe già responsabili di quel gioiello di Blow the Man Down.

House of Spoils è la storia di una giovane e ambiziosa chef (Ariana DeBose) che molla il suo lavoro di aiuto cuoca in un ristorante prestigioso per andare ad aprire il suo locale in mezzo al nulla. Non appena arriva nel luogo deputato a diventare la sede del locale, si accorge di due cose fondamentali: il posto cade a pezzi e il proprietario è un coglione. Ma non vi preoccupate che poi peggiora. 
La grande casa in campagna che sta per essere trasformata in ristorante di lusso per gente danarosa (di quelli dove ti fanno dei piatti minuscoli mentre lo chef ti spiega per quale motivo ti devono piacere) sembra mettersi di traverso ai sogni della nostra protagonista; è infatti infestata di insetti e muffa e, quando la povera disgraziata deve preparare una cena importante per l’investitore principale dell’impresa, si rovina tutto e lei deve ricominciare da capo, improvvisando. 
Addirittura, viene minacciata di licenziamento in tronco dopo pochi giorni, rischiando di restare col culo per terra, avendo abbandonato ogni cosa per trasferirsi lì. Insomma, tutto va a rotoli con moto accelerato, fino a quando la chef non comincia a usare le erbe e le piante che raccoglie nel giardino per preparare dei piatti. 

Al che voi direte che finalmente si sistema tutto, e invece no, perché si viene a sapere che il nuovo ristorante un tempo era sede di una congrega di streghe, e forse le streghe sono ancora in circolazione, se non loro, i loro spiriti giustamente incazzati; la chef, che è già sotto pressione di suo, vede la propria sanità mentale scricchiolare ogni giorno di più, mentre l’inaugurazione si avvicina, i rapporti con il proprietario si deteriorano e delle strane presenze all’interno della casa sembrano aver preso di mira proprio lei. 
Riuscirà la nostra eroina a uscire viva dalla serata di apertura? 

Dovete sapere che per me chi è in grado di cucinare è un po’ uno stregone, quindi accostare cucina e magia non mi sembra affatto la più balzana delle idee. Al contrario, lo trovo uno spunto narrativo interessante, e anche abbastanza fresca, anche perché il cinema e la tv negli ultimi due o tre anni con il cibo ci hanno davvero frantumato le palle e io non ne posso più. Non è, neanche questa, una roba nuova, per carità: di streghe e stregoni che si mettono ai fornelli, anche con intenzioni poco urbane, sono pieni gli schermi da quando esiste il racconto per immagini. House of Spoil, tuttavia, prende la cosa da un punto di vista un po’ diverso, e qui ci torna utile il film precedente di Cole e Krudy, che di fatto raccontava la gestione tutta matriarcale di un problema di complessa soluzione.
In House of Spoils abbiamo una protagonista impegnata in maniera pervicace a comportarsi nel modo più tossico ed esasperante possibile, perché è così che ha imparato dal suo capo precedente, e adesso che il capo è lei, ne replica gli atteggiamenti, l’attitudine dispotica e persino i modi di dire, come quando urla in faccia al proprietario della struttura che lei, in cucina ci “mette le palle”.

Normale che non comprenda, non subito almeno, cosa significhi trovarsi in un terreno infestato dagli spiriti di una congrega di streghe, normale che recepisca quella presenza come una minaccia, come un ostacolo. Ecco, House of Spoils in realtà parla di un percorso di accettazione di una parte di sé che si è sempre rifiutata, perché ci è sempre stato detto che era sbagliata, che andava schiacciata, nascosta, repressa. E fin qui tutto bene, tutto bellissimo e tutto giusto. 
Peccato che non sempre a delle ottime intenzioni corrispondano degli ottimi film. 
House of Spoils non mi è dispiaciuto, però mi ha dato la sensazione di non sapere bene che direzione prendere. Ho il forte sospetto che non volesse, almeno nelle fasi di concepimento, essere un horror soprannaturale e che il genere sia stato un po’ infilato a forza in un film con altre intenzioni. 
La conseguenza è che anche gli attori recitano spaesati, soprattutto DeBose, che è molto brava, ma sempre in un registro più alto del dovuto, come se non fosse in grado di dosarsi, nessuno le avesse spiegato cosa dovesse fare e fosse stata lasciata allo stato brado. 

Visivamente è molto bello, pieno di trovate stilose ed eleganti, pulito e caldo, piacevole da guardare, quindi non vi sconsiglio a prescindere di farvi un giretto su Prime per dargli un’occasione. Magari vi parla più di quanto abbia parlato a me.
Tornando a bomba all’inizio del post, non ha niente del prodotto Blumhouse così come viene identificato nella vulgata comune. Somiglia più a un dramma indipendente con qualche guizzo soprannaturale che a un horror commerciale, anche perché è pure piuttosto trattenuto con tutto l’armamentario di salti sulla sedia con cui siamo avvezzi a etichettare questa casa di produzione; il ritmo è un po’ claudicante: parte a razzo all’inizio e poi si siede e inizia a girare su se stesso e a ripetersi. Forse una decina di minuti in meno avrebbe reso il tutto più compatto ed efficace.
Così, rimane un lavoro riuscito a metà, con tanti bei concetti, un finale ad alto impatto emotivo e alcune sequenze davvero ben costruite.
Come ennesimo tassello del mosaico del nuovo mostruoso femminile, avrebbe potuto spingere con più veemenza sul lato horror della faccenda, ma ha scelto di non farlo perché pareva brutto. 
Sarà per la prossima volta. 

12 commenti

  1. Avatar di Fabio

    Buongiorno Lucia,io e’ la mia famiglia allora siamo degli stregoni,praticamente sappiamo tutti cucinare🥞😋.Ma tornando alla challenge di oggi dedicata alla BlumHouse,ho scelto quello che e’ forse il mio preferito in assoluto,”Sinister” di Scott Derrickson!.👋😁

    1. Avatar di Lucia

      Sinister bellissimo.
      Ma infatti chiunque sappia cucinare è uno stregone. Non vedo errrori

  2. Avatar di Andrea Lipparini
    Andrea Lipparini · ·

    Buongiorno Lucia , pur con tanti difetti, è un film che ho apprezzato molto vuoi perché ho fatto il cuoco per 42 anni e perché il finale mi ha colpito per la sua connessione con l’ anima più pura della cucina e anche una sorta di empatia tra due donne oltre diverse barriere. Sempre belle le tue recensioni 😍

    1. Avatar di Lucia

      ma guarda, è diretto benissimo. Se solo avesse scelto una direzione e l’avesse imboccata…

  3. Avatar di Frank La Strega

    Il post mi ha incuriosito e anche il bel commento di Andrea.
    “Sinister” me lo ricordo molto figo.

    Day 29.
    Come sempre non ho la più pallida idea di cosa giri in rete rispetto a vulgate e opinioni: seleziono moltissimo, anche per necessità.
    Non ho mai saputo bene nemmeno cosa pensare della Blumhouse se non che molti film che ha prodotto mi sono piaciuti.
    E non solo “horror” da “salti paura”. Non lo sapevo, ma andando nel loro sito ho visto che anche “The normal heart” è un “loro” film. Quindi, oggi, lo straconsiglio.

    Besos! 🙂

    1. Avatar di Lucia

      Sinister, Get Out, Us, gran parte della filmografia iniziale di Flanagan, il ritorno di Shyamalan all’horror dopo la crisi, l’intera saga di Insidious e quella di Paranormal Activity, Happy death day e Freaky.
      Ha fatto cose meravigliose, la Blumhouse

      1. Avatar di Frank La Strega

        Il VERO “Jason” dell’orrore è… Blum!
        Per davvero! 😉

        1. Avatar di Lucia

          Dell’horror post 2000 assolutamente lui!

    2. Avatar di Andrea Lipparini
      Andrea Lipparini · ·

      Grazie mille 😍

  4. Avatar di Giuseppe
    Giuseppe · ·

    Anche se riuscito solo a metà, a quanto scrivi questo nuovo connubio Blumhouse fra cucina e stregoneria mi sembra la valga comunque una visione…

    P.S. Ah, cosa non dev’essere la sensazione che si prova ad essere pagati regolarmente da Jason Blum alla fine del mese 😜😄

    1. Avatar di Lucia

      Ah, non puoi capire la tranquillità economica che ti garantisce!