
Regia – Juan Piquer Simón (1990)
La giornata di ieri era dedicata all’horror acquatico che, come sanno anche i coralli, è una delle mia fissazioni più longeve e persistenti. Di conseguenza, mi sono trovata in difficoltà nella selezione del film: credo di aver parlato quasi di ogni horror ambientato nell’acqua da queste parti, almeno di quelli al di sopra della soglia della decenza; horror d’acqua salata e dolce, ambientati sopra e sotto le superfici marine, lacustri o fluviali; ma anche horror in cui l’elemento acquatico è rappresentato dalla pioggia, da una pozzanghera, da una vasca da bagno. Basta fare una rapida ricerca e ne trovate a bizzeffe. Una delle rubriche di questo blog che ancora resistono e rispuntano ogni tanto dai tempi della sua nascita è quella del Cinema degli Abissi.
Ero vicina alla resa quando mi sono ricordata di The Rift, produzione De Laurentiis di poco successiva a Leviathan (dal quale prende in prestito parecchi elementi) e ultimo rappresentante di un momento particolarmente bizzarro della storia di Hollywood: tra la fine degli anni ’80 e i primissimi anni ’90, gli studios stavano tutti a mollo.
Deep Star Six, il già citato Leviathan, The Abyss, The Evil Below, Caccia a Ottobre Rosso e il cormaniano Lords of the Deep (per tacere de La Sirenetta) sono usciti tutti nell’arco di pochi mesi. Se si esclude il capolavoro di Cameron, nessuno tra i fanta-horror sopra menzionati ha avuto successo, e quindi il cinema abissale è tornato a essere una roba sporadica e di nicchia. Sigla!
Tutto comincia perché a De Laurentiis avanzano dei soldi e decide di investirli, anche se non è accreditato (al suo posto c’è Francesca De Laurentiis) in un altro horror su creature mostruose in fondo all’oceano. Fa quindi riscrivere allo sceneggiatore David Coleman un soggetto firmato da Colin Wilson, che tuttavia era ambientato nello spazio, e assume il regista spagnolo Piquer Simón, già dietro la macchina da presa per due pietre miliari del calibro di Pieces e Slugs.
Le riprese si svolgono principalmente a Madrid e durano 8 settimane, ma ce ne vogliono altre 14 per filmare gli effetti speciali, che in effetti sono la punta di diamante del film e sono curati da Colin Arthur.
Come dicevamo prima, neanche The Rift è un grande successo al botteghino e rappresenta il canto del cigno dell’horror e della fantascienza acquatici degli anni ’80. Una prece per tutti i bin dei sonar e i pannelli con lucine colorate che ci siamo sorbiti all’epoca.
Il film racconta di una spedizione di soccorso (che poi spedizione di soccorso non è) e recupero di un sottomarino disperso in una fossa oceanica.
Il nostro eroe tutto d’un pezzo che ha sempre ragione anche quando sembra aver torto si chiama Wick Hayes ed è interpretato da Jack Scalia; lui il sottomarino, dall’evocativo nome Siren, lo ha progettato, ma e la compagnia che gli ha sottratto il design per venderlo ai militari lo accusa di essere il responsabile del guasto che ha portato all’incidente. Wick viene quindi obbligato a prendere parte alla spedizione NATO a bordo di un modello identico a quello disperso, il Siren II.
Seguendo il segnale della scatola nera del sottomarino, si arriva in una specie di grotta pressurizzata a centinaia di profondità, dove i solito gruppetto male assortito di militari e scienziati troverà delle brutte sorprese.
A parte Scalia che fa il protagonista ma ci interessa relativamente, nel film camminano due colossi del calibro di R. Lee Ermey e Ray Wise, entrambi impegnati a tenere in piedi una baracca abbastanza pericolante ma comunque non priva di attrattive.
Innanzitutto le scenografie, meno avveniristiche rispetto a Leviathan e senza quel tocco di realismo estremo di The Abyss (ma pure con un quinto dei soldi a disposizione di Cameron, bisogna aggiungere), ma molto efficaci e funzionali nel loro essere così spartane, e questo vale sia per gli interni del sottomarino, essenziali e dall’aspetto “operaio”, sia per la caverna in cui i poveri sventurati finiscono per essere fatti a brandelli dalle creature ivi nascoste. C’è una bella sensazione di artigianato, di cartapesta e rocce finte disposte ad arte, di una piscina all’interno di un teatro di posa e di modellini in scala utilizzati per simulare le immersioni e le emersioni del Siren II. È tutto abbastanza povero, ma non miserabile; persino le poche riprese effettivamente subacquee (la discesa del sommozzatore a prendere un campione di una misteriosa alga, per esempio) sono realizzate al meglio delle possibilità di ognuno. The Rift sarà anche un B movie, ma non è fatto a tirar via, anzi.
Bisogna poi tenere in considerazione il lavoro di Piquer Simón: anche lui era un affezionato della serie B e non si può dire senza rischiare di venire arrestati che fosse un grande regista. Ma ha sempre saputo fare il proprio mestiere e ha sempre saputo lavorare molto bene con creature varie, effetti speciali dal vero, mostroni di gomma. Se il suo film migliore, e quello più rappresentativo della sua carriera, rimane Slugs, forse più per la follia delle lumache assassine che per la reale qualità dell’opera in sé, in The Rift dimostra di essere un ottimo esponente della bassa manovalanza cinematografica: sa dosare il ritmo del racconto, riesce a non annoiare mai, regge bene la tensione e, quando si tratta di mettere in scena gli effettacci brutti, non ci pensa due volte. Tra teste che esplodono, gambe tranciate via, mutazioni varie e gli effetti dell’alga velenosa e infestante che, con enorme sfoggio di intelligenza, l’equipaggio si porta a bordo, il film viaggia tranquillo come un treno sui binari.
Infarcito dei tipici dialoghi scoppiettanti degli anni ’80, con i personaggi che non possono fare a meno di sparare battute di pessimo gusto a raffica, anche quando si trovano tra le fauci di un tentacolide mutato gigante, The Rift non è di sicuro un passatempo raffinato, ma si porta con dignità e coraggio i suoi 34 anni; è meno roccioso e spettacolare di Leviathan e non c’è nemmeno da azzardare un paragone con The Abyss; in compenso, stacca di un paio di lunghezze Deepstar Six, se non altro per il design delle varie creature che infestano la grotta e perché può contare su delle ottime interpretazioni da parte di ogni caratterista di contorno. Se il povero Scalia è un cagnaccio e sta lì a fare la bella statuina per 80 minuti, Ermey e Wise giocano sul rispettivo typecasting riservando entrambi parecchie sorprese, mentre gli altri incassano l’assegno di De Laurentiis facendo il loro con grande senso del dovere.
Per il resto, è tutto molto prevedibile: la compagnia è spietata e crudele come il suo emissario infiltrato nell’equipaggio, muore chi deve morire e si salva chi si deve salvare, i punti di riferimento sono sempre La Cosa da un lato e Alien dall’altro, e l’oceano è il solito vecchio stronzo atto a nascondere segreti e orrori che sarebbe meglio rimanessero sommersi, ma che noi esseri umani siamo molto bravi ad andare a stuzzicare.
Il Day 28 è riservato invece al finale preferito. Ci ho pensato tanto e io non ho un finale preferito, perché varia a seconda della mia disposizione d’animo. Posso però dire qual è stato il finale che più di altri mi ha lasciato in uno stato di shock: quello di The Vanishing, anzi, Spoorloos.












Buongiorno Lucia,…..finalmente torna,anche se per un breve momento,la rubrica “cinema degli abissi”,la mia preferita del tuo blog,amo la fantascienza sottomarina,posseggo in dvd di tutto,da il sopra citato “The Rift”,ai vari film tra gli anni 50,60,70,80,90,giungendo fino ad “Underwater”,e senza contare anche gli horror acquatici,per qui faccio decisamente parte della piccola nicchia di appassionati del genere!.Per le challenge di oggi passo al prossimo commento.
Allora,l’altro ieri la challenge era dedicata all’animazione horror,e’ ho scelto “La citta’ Delle Bestie Incantatrici” di Kawagiri,la challenge di ieri,appunto “Horror Acquatico”,sono stato io stesso tentato di scegliere The Rift,ma poi ho approfittato della situazione per infilarci uno shark movie,di quelli assenti sul tuo blog,per qui ho scelto “47 Metri:Uncaged”.Infine per la challenge di oggi “Finale Preferito”,anche io posso solo scegliere uno dei miei preferiti,non potendo ragionare in senso assoluto,ho scelto “Morti e Sepolti” di Gary Sherman,meraviglioso,e’ con un finale clamoroso,che ovviamente non raccontero’!.👋😁
[…] dell’alga velenosa e infestante che, con enorme sfoggio di intelligenza, l’equipaggio si porta a bordo
Qualcuno ha detto Prometeus? 😛 😛 😛
Grazie per la recensione, anche di questi film “quasi dimenticati”!!!
Nel post e nei commenti ci sono un sacco di film che non conosco, grande!
Sono stato un nuotatore agonista da adolescente, ma ho paura del mare aperto. Mi terrorizza quella massa d’acqua, immensa, scura… per cui i “film acquatici” spesso mi raddoppiano la strizza. Nonostante questo ce ne sono alcuni che nel mio immaginario (da TV e cassetta) che non mi perdevo mai: Lo Squalo, Leviathan, Creatura degli abissi, Amsterdamned (sì, era un “imperdibile” televisivo della mia giovinezza!)…
Per il Day 27 però mi sposto dagli abissi veri e propri e uso la scusa dell’acqua (il co-protagonista della storia fa il pompiere) per citare un film che mi è sempre piaciuto (al netto di una eccessiva retorica americana) e dove il “fantastico” permette di raccontare in maniera entusiasmante e commovente una collaborazione “impossibile” tra persone che si vogliono bene e che la vita aveva separato: “Frequency”.
Per il day 26 mi è tornato in mente una animazione che non è “horror” ma che in certi momenti quasi lo sembra, soprattutto se vista con gli occhi di un bambino. “La spada del Sole – Hols… (ha un sacco di titoli in italiano) di Isao Takahata io lo vedevo da piccolo e mi sembrava, tra le altre cose, anche molto spaventoso. Lupi assassini, maghi malvagi, manipolazioni, inganni, mostri acquatici giganti…
Per il Day 28 anche per me è difficilissimo scegliere “un” finale: dipende… Ce n’è uno però che ha un qualcosa di epico, amaro e definitivo (ma anche entusiasmante) che ho sempre considerato “IL” finale, dopo il quale, ho pensato la prima volta che lo vidi, si sarebbero dovuti eliminare i finali da tutti i film per manifesta inadeguatezza. Ovviamente sto scherzando. O no? Il finale è quello di “Fuga da Los Angeles”.
Besos! 🙂
Ottima scelta “acquatica”: un film povero ma mai sotto il livello della decenza, con le sue creature dal giusto grado di ripugnanza e con quei modellini a ricordarmi piacevolmente le serie di Gerry e Sylvia Anderson anni ’60/’70 con le quali sono cresciuto 😉 Riguardo al “finale preferito”, credo sia una scelta fattibile in senso relativo e non assoluto (sono molti i fattori ad entrare in gioco e a cambiare nel corso degli anni), comunque di certo quello de “La Cosa” di Zio John rimarrà SEMPRE fra i miei preferiti… 👍
Sorry, stavo rispondendo a Lucia ma il sempre efficiente (sarcasmo) WordPress ha piazzato di propria iniziativa il mio commento sotto il tuo…
Il mio errore più frequente qui è il non essere più abituato a non poter modificare i commenti dopo la pubblicazione e quindi spesso ci sono degli errori…😅
L’errore di “efficenza” di WordPress però mi ha fatto notare che entrambi abbiamo indicato il finale di un film di Carpenter. Grande!🙂
😉 👍