Tanti Auguri: 60 Anni di Terrore nello Spazio

Regia – Mario Bava (1965)

Se l’horror italiano, al cinema, ha avuto un arco vitale piuttosto ampio e prolifico, riuscendo a fare scuola nel resto del mondo, la fantascienza non è praticamente mai nata. Film di fantascienza realizzati nel nostro paese si contano sulla punta delle dita e, spesso, sono contaminati con l’horror, perché dopotutto era quello che ci riusciva meglio.
Uno dei primissimi esempi di fantascienza italiana è La Morte Viene dallo Spazio di Paolo Heusch, uscito nel 1958 e con gli effetti speciali (e parte della regia) curati proprio da Mario Bava. C’è poi il Ciclo Gamma Uno di Margheriti, finanziato dalla MGM, composto da quattro film usciti tra il 1965 e il 1967, cui va aggiunta la pletora di rip-off post-apocalittici ispirati a Mad Max e affini che hanno infestato i nostri cinema per gran parte degli anni ’80. Non va dimenticata la fantascienza distopica e politica, rappresentata da quel capolavoro de La Decima Vittima di Elio Petri.
Non è mia intenzione mettermi qui a fare un elenco esaustivo, ma bisogna ammettere che, nel variopinto panorama del cinema di genere italiano del secolo scorso, la fantascienza è sempre stata quella meno battuta e più penalizzata.

Terrore nello Spazio (lo dice già il titolo) è un’opera di fantascienza solo perché è ambientata nello spazio, i protagonisti usano un sacco di parole difficili e ci sono le astronavi e le pistole che sparano raggi laser. Possiede tuttavia l’anima nera di un horror puro, e non credo sia una cosa di cui sbalordirsi più di tanto: era il linguaggio preferito da Bava, quello in cui si trovava più a suo agio; a parte la meccanica artigianale dell’effetto speciale, al regista non è mai interessata più di tanto l’essenza del cinema fantascientifico.
Quando si riapre, e accade con cadenza mensile, l’annoso dibattito su cosa sia fantascienza e cosa sia horror, a parte domandarmene l’utilità, cerco sempre di fare una distinzione di tipo concettuale: la fantascienza ci spinge a superare i nostri limiti, fa appello alla nostra parte curiosa, avventurosa, avida di conoscenza, forse quella migliore; l’horror, al contrario, è un monito sui rischi che si annidano appena al di là delle mura di casa nostra (e a volte, persino al loro interno). Non sono generi antitetici, sono complementari e a volte si confondono, come in questo caso. 
In Terrore nello Spazio, il contesto iper tecnologico, la descrizione di una società che ha superato le emozioni e si è spinta “dove nessun uomo è mai giunto prima”, non sono altro che una facciata dietro la quale Bava nasconde una vicenda di possessione e morti viventi. 

So di infliggere un duro colpo all’italico orgoglio, ma a me non è mai interessato più di tanto il motivo principale per cui tutti ricordano l’esistenza di questo film: pare abbia ispirato Alien, e va bene, ce ne faremo una ragione. Il punto è che mi sembra di sminuire il valore del film, se lo si riduce soltanto ad aver fatto da apripista a un altro film più famoso. A parte il complesso di inferiorità, è proprio sbagliato, perché Terrore nello Spazio è importante e magnifico a prescindere da Alien, e perché, in ogni caso, il cinema di genere si fonda sul copiarsi a vicenda, su influenze e citazioni incrociate, su padri insospettabili e figli bastardi. 
Terrore nello Spazio racconta di due astronavi, la Argos e la Galliot, che ricevono un segnale da un pianeta sconosciuto, Aura. 
Durante le manovre di avvicinamento, le comunicazioni tra le due navi gemelle si interrompono, la Argos rischia di precipitare e, quando il capitano riesce a farla atterrare senza danni, tutti gli altri membri dell’equipaggio cominciano ad aggredirsi l’uno con l’altro, cercando di accopparsi a vicenda. Le cause di questo comportamento restano ignote e, una volta riavutisi dallo stato ipnotico, nessuno degli uomini e delle donne a bordo è in grado di ricordare ciò che ha fatto. 

Aura è un pianeta arido e deserto, dove non c’è traccia di vita, almeno in apparenza. La sua superficie è segnata da una nebbia costante e insidiosa, il territorio è fatto di rocce e fiumi di lava. Oltre alla Argos e alla Galliot, ci sono anche i resti di un’altra astronave, con a bordo gli scheletri di umanoidi dalle dimensioni enormi; come siano finiti lì è un mistero, la natura stessa del pianeta è un mistero: un antro infernale in cui i morti si risvegliano e i vivi finiscono soggiogati da una forza che li spinge a manomettere le navi e ad attaccare i propri compagni.
Bloccati lì per un guasto al motore, i superstiti si aggirano smarriti nella desolazione ostile di Aura, tra carcasse aliene, trappole, astrusi meccanismi, oggetti di cui non comprendono il funzionamento, e la minaccia più grande, costituita dai loro stessi colleghi, o meglio, dai loro corpi rianimati.
Perché c’è una forma di vita su Aura, ma esiste su un livello differente rispetto al nostro, su un’altra frequenza, viene detto nel film. Questo dettaglio ci porta dritti all’orrore cosmico di matrice lovecraftiana, anche se Terrore nello Spazio non ha nulla a che spartire con Lovecraft, almeno in teoria.
È tratto dal racconto Una Notte di 21 Ore di Renato Pestriniero, molto liberamente tratto, sarebbe meglio dire. Dalla breve storia di Pestriniero, la sceneggiatura del film prende qualche dettaglio, come il deviatore di meteore, i nomi dei personaggi, il fatto che due di loro sono fratelli, e il più importante di tutti: la resurrezione dei corpi che ricorda moltissimo gli zombi al di là da venire. La Lunga Notte dell’Orrore è del 1966, mentre per Romero tocca attendere altri tre anni.

Il discorso relativo al vibrare a una frequenza diversa dalla nostra è tutto del film e rimanda al concetto di assoluta incompatibilità: non si può esistere insieme, non si può prescindere dal reciproco annientamento, o dalla totale assimilazione degli umani da parte di queste creature in via di estinzione, che usano i corpi morti come veicoli per portare la loro specie fuori dalla trappola morente di Aura. 
È, di fatto, una forma di possessione demoniaca, messa in atto da esseri alieni nel senso più letterale del termine, così alieni, così distanti da non avere neppure una forma percepibile. 
E se questo non è Lovecraft, ditemi voi cos’è. 
Considerando quanto sia presente la matrice lovecraftiana in Alien, il discorso sull’ispirazione si allarga, non tocca soltanto il lavoro di Ridley Scott, ma procede molto oltre, si allarga a tutto il fanta horror contemporaneo. Che se lo sia inventato, pure quello, Mario Bava? Considerando che Quatermass and the Pit è del 1967, possiamo dedurre che sì, se lo è inventato lui. 
Per questo dico che limitarsi ad Alien è molto riduttivo. Qui ci sono elementi che poi sarebbero ritornati pari pari in film come La Cosa, From Beyond e, in epoche più recenti, Event Horizon. 

L’estetica del film è, invece, unica, difficilmente replicabile, tipica di Mario Bava quando si divertiva a pasticciare coi colori, coi filtri e con quel linguaggio psichedelico che negli anni ’60 ha toccato vette mai più raggiunte. Se l’aspetto generale di astronavi e uniformi è classico dell’immaginario spaziale del periodo, il pianeta Aura è un angolo d’inferno del tutto inadatto e refrattario alla vita, umana e non. Bava raccontava di averlo creato con il nulla: un paio di rocce di cartapesta che spostava alla bisogna e delle macchine di fumogeni con cui simulava il nebbione padano presente in loco.
Sembra che sia costato chissà quanto, e invece è l’ennesimo film girato in estrema povertà e realizzato a botte di inventiva quasi disperata, come spesso accadeva con Bava. Vederlo, tuttavia, in un’ambientazione così ambiziosa come quella fantascientifica, ha del miracoloso, perché una sinistra magione gotica in qualche modo te la porti a casa; diverso è se si tratta di un intero pianeta da ricostruire in studio giocando quasi tutto su illuminazione e qualche elemento scenografico avanzato da altri set.
In ogni caso, è impressionante quello che Bava (e i suoi collaboratori) erano in grado di combinare. Le tracce che il lavoro di questo regista ha lasciato sul cinema fantastico a livello mondiale sono ancora presenti, il suo ricordo è vivo in ogni parte del mondo. Da noi, non c’è neanche un cofanetto che ne raccolga l’opera. 
Se potete, guardatevi Terrore nello Spazio nella versione restaurata nel 2015 dalla Cineteca Nazionale: è uno spettacolo, e lo trovate a noleggio su Prime a un paio di euro.

4 commenti

  1. Avatar di Christian Princeps
    Christian Princeps · · Rispondi

    Uno dei migliori film di fantascienza di tutti i tempi. Grande il colpo di scena finale,che ci rivela che i protagonisti del film non sono terrestri. Forse mi sbaglio,ma a me sembra che questa opera di Bava sia stata influenzata anche dall’americano “il pianeta proibito”,altro capolavoro indiscusso del genere fantascientifico.

  2. Avatar di The Butcher

    Uno dei film più belli di Bava e un capolavoro della fantascienza. Amo veramente tanto come Bava, con il poco che aveva, riusciva a creare qualcosa di unico e incredibile. Questo film ad esempio, con l’uso che fa dei colori, è psichedelico, usa in maniera intelligente la nebbia che qui crea atmosfera e soprattutto dal suo minimalismo riesce a creare uno stile. Bava era un genio e lo considero come uno dei miei registi preferiti e probabilmente quello che più di tutti mi ha influenzato sui miei gusti cinematografici.

  3. Avatar di Giuseppe

    Se solo si fosse battuto di più e con maggior convinzione il sentiero della fantascienza cinematografica italiana, allora forse questo splendido gioiellino di Bava non sarebbe rimasto un caso isolato (se vogliamo parlare di livello molto alto, con la possibile eccezione di Petri)… Purtroppo, le cose sono andate diversamente, e nemmeno il grande Mario ha più avuto modo di tornare al genere.

    P.S. Degli esseri che vibravano ad una diversa frequenza si trovavano anche nelle avventure anni ’60 del mai abbastanza ricordato Jeff Hawke: abitatori della nostra Luna (che, nel loro piano di esistenza, aveva terreni fertili e rigogliosi) fin da tempi antichissimi, e di certo molto più pacifici dei loro temibili cugini Aural 😉

  4. Avatar di loscalzo1979

    Un capolavoro ❤

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