Abraham’s Boys

Regia – Natasha Kermani (2025)

Kermani torna dietro la macchina da presa cinque anni dopo Lucky, e stavolta ha qualche soldino in più e una storia di Joe HIll da portare sullo schermo. Si tratta di un racconto di una manciata di pagine, presente nell’antologia 20th Century Ghosts, uscita negli Stati Uniti nel 2005, la stessa che contiene The Black Phone, tanto per capirci. In Italia, il libro è stato ripubblicato dopo l’uscita del film di Derrickson e intitolato Black Phone, perché noi siamo scaltri. Scelte editoriali discutibili a parte, ve la consiglio, perché è un’ottima antologia.
Abraham’s Boys (in italiano “I Ragazzi Van Helsing”) immagina la vita del celebre cacciatore di vampiri dopo il suo incontro con Dracula e compie un’interessante operazione sul personaggio; usa infatti il punto di vista dei due figli avuti con Mina (eh già), Rudy e Max, per seminare dei dubbi sulla sua natura: è davvero un pio eroe, Van Helsing, o soltanto un omicida che usa il vampirismo come scusa per accanirsi su giovani donne e farle a pezzi?

Kermani mette in scena una trasposizione molto fedele, che tuttavia, data l’estrema brevità del racconto, deve andare a cercare tra le righe il respiro necessario a dare corpo a un lungometraggio.
Ambientato nel 1915, il film presenta quindi un Van Helsing (Titus Welliver) sposato con Mina (Jocelin Donahue) dopo la morte di Jonathan, ed emigrato negli Stati Uniti, dove si è sistemato in una fattoria e fa il dottore di campagna.
Mina è fortemente debilitata dall’incontro col Principe delle Tenebre e i due ragazzi sono lasciati in balia del padre, ossessionato dalla loro sicurezza e dalla paura che i vampiri possano averlo seguito sin lì per distruggere lui e la sua famiglia. Quando alcuni operari cominciano a costruire la ferrovia poco distante da casa Van Helsing e Mina si ammala di un morbo misterioso, il caro Abraham deduce che sia arrivata l’ora di scendere di nuovo in guerra, questa volta coinvolgendo anche i suoi figli. 
Abraham’s Boys è un western di frontiera basato sull’attesa che si manifesti una minaccia nella quale i due adulti, Mina e Van Helsing, credono ciecamente, mentre ai ragazzi viene richiesto di compiere un atto di fede basato solo sui racconti dei loro genitori. Ricorda molto, come atmosfera e gestione dello spazio e dei paesaggi, The Wind, ma Kermani gioca con un pezzo così importante della cultura popolare che si espone in automatico a parecchie critiche, incomprensioni, accuse di lesa maestà. 

Soprattutto, è un film di vampiri senza vampiri, il che ha causato un discreto trambusto su Letterboxd, perché, signora mia, dove andremo a finire se nel tuo film con Van Helsing non mi fai vedere zanne e mantelli?
Se però si va oltre queste quisquilie, ci si trova di fronte a un’opera molto interessante, che ribalta completamente la prospettiva con cui siamo avvezzi a guardare i mostri classici, e gli eroi classici. 
Van Helsing, che a me sta simpatico soltanto se lo interpreta Peter Cushing, è, a seconda della versione, un tizio magari un po’ squinternato, magari poco incline alla comprensione e caratterizzato da scarsa sensibilità, ma è dalla parte giusta. È colui che sa riconoscere il male, in qualsiasi forma esso si manifesti. Se ne mettiamo in dubbio la giustezza, crolla l’intero mito. E non si tratta di rendere i vampiri “buoni”, si tratta di andare ancora più in là, si tratta di non credere alla loro esistenza, di mettere da parte le superstizioni del secolo passato e di entrare nell’era moderna. Arriva la ferrovia nella sperduta località campestre dove i Van Helsing hanno trovato rifugio, ed ecco che il professore comincia a dare di matto. 

A farne le spese sono Mina e i due ragazzi: Max che è più grandicello, non è nato in America ma in Olanda, ed è soggiogato dall’autorità paterna, e Rudy, un bambino di circa dieci anni con un’attitudine ribelle, refrattario agli insegnamenti di Van Helsing, ma troppo piccolo per opporsi apertamente a lui. Mina, poveraccia, ha assorbito così a fondo la dottrina di Van Helsing da essere ormai al di là di ogni salvezza. Tutti e tre sono vittime di un uomo violento che sta perdendo il controllo, tutti e tre vivono immersi in una nebbia fatta di oppressione, di costante terrore, non tanto per l’arrivo di una qualche entità soprannaturale, ma per quello che potrebbe far loro Van Helsing se non si piegassero alle sue scelte.
A questo punto, diventa anche di scarsa rilevanza stabilire se i vampiri esistano, se siano soltanto il parto di una mente compromessa, delle ombre che si affacciano negli incubi di Max o se costituiscano una minaccia concreta. La vera minaccia non è fuori dalle mura domestiche, ma al loro interno.

Dopo Dracula, uno dei romanzi di vampiri più famosi della storia della narrativa gotica è sicuramente Salem’s Lot; non so se vi ricordate di Casa Marsten, di come era collocata in cima a una collina per farla incombere sulla piccola città come una maledizione. Kermani mette casa Van Helsing nella stessa identica posizione, in cima a una collina, del tutto isolata, e china sulle vallate sottostanti alla stregua di un’infezione. È una scelta visiva così forte, così netta, che è impossibile pensare che non sia voluta. D’altronde, il cinema e la letteratura dell’orrore sono pieni di sinistre dimore che si stagliano su alture varie e dominano il paesaggio seminando il male. È abbastanza chiaro, sin dalle prime inquadrature del film, quale sia il luogo ove risiede una creatura malvagia, e che quella creatura non è Dracula, posto che Dracula abbia mai calcato il suolo terrestre. 
A dare un’ulteriore spallata alla tradizionale lore di Van Helsing, arriva persino Arthur Holmwood, in una scena assente nel romanzo, e pura farina del sacco di Kermani.

Abraham’s Boys è sicuramente un horror atipico, anzi, è un western gotico in piena regola; non un film di paura, ma un film sulla paura e sugli effetti che la paura ha sulle persone.
Kermani gira in maniera molto diversa rispetto al dinamismo di Lucky: è statica, compassata, usa molto la macchina da presa fissa, aiutata anche dal formato scelto, facendo svolgere l’azione all’interno di lunghe inquadrature in campo lungo che catturano la bellezza dei luoghi e la solitudine estrema dei personaggi. Tanta luce naturale, tanti crepuscoli che, per ovvi motivi, hanno qui un ruolo fondamentale, ma anche tanti polverosi interni congelati nel tempo.
Il ritmo è tutt’altro che indiavolato, così resta per tutta la breve durata del film. Sì, un sacco di gente si è annoiata, io no, ma capisco la frustrazione davanti a un film che è privo di grossi avvenimenti e di scene madri.
Esteticamente è raffinatissimo, i due giovani attori reggono alla grande due ruoli non facili, Welliver, in un contesto del genere, è stato una vera sorpresa, e Donahue è sempre una garanzia, qui particolarmente splendida e più fragile che mai.
Se non vi spaventa la lenta e metodica distruzione di parecchie certezze acquisite in anni di letture e visioni gotiche, io questo film ve lo consiglio con tutto il cuore. 

3 commenti

  1. Avatar di Giuseppe
    Giuseppe · ·

    Approccio interessante quello di Kermani anche se, lo ammetto, io rimango fra quelli a cui non dispiace continuare a considerare “reale” l’esistenza del vampiro (si trattasse anche solo di far aleggiare la sua presenza, senza palesarlo ogni volta) nell’universo narrativo a cui appartiene Van Helsing, la cui figura potrebbe comunque venir messa in discussione pur senza andare a intaccare il mito fin dalle fondamenta (un Helsing mosso da fanatismo/paranoia, del tutto incapace di distinguere fra vittime vere o immaginarie, rimarrebbe una figura assai inquietante e nemmeno renderebbe di per sé migliori i suoi avversari, a confronto)… Però un’occhiata gliela voglio dare lo stesso, eh 😉

  2. Avatar di Daniele Artioli

    20th Century Ghosts è davvero un’ottima raccolta di racconti, mi sono piaciute quasi tutte le storie che contiene. Mi fa piacere vedere che Joe Hill stia diventando una miniera di racconti per il cinema come suo padre, visto che ha scritto cose straordinarie (che a volte sono state adattate in modo mediocre: Locke & Key ridotto così da Netflix non ce lo meritavamo).
    E che anno pazzesco per i vampiri e il gotico! Questo non l’ho ancora visto ma appena uscirà lo andrò a vedere sicuramente. Ed è anche ora che si rivisiti la figura di Van Helsing, finora mi sembra sia mancato qualcosa di davvero critico sul suo personaggio, ma magari capace che lo abbia mancato io.

  3. Avatar di Luc@

    Peter Cushing si starà rigirando nella tomba (forse anche Chris Lee e Terence Fisher) !

    😁