
Regia – Parker Finn (2024)
Il Day 19 era dedicato ai sequel, però io Smile 2 sono riuscita ad andare a vederlo soltanto oggi pomeriggio (ieri, per voi che avete la pazienza di leggermi); la cosa mi ha fatto perdere un colpo con la challenge, che mi appresto seduta stante a recuperare.
Non so se ricordate un paio di anni fa quanto ha incassato Smile. Vi rinfresco la memoria: 214 milioni a fronte di un budget di 17. Non è proprio da buttare, per un piccolo horror destinato, in origine, a finire dritto in streaming. Un sequel era inevitabile e, questa volta, il budget aumenta di 10 milioni, mentre al timone resta saldo il giovane Finn che, con quei due spicci in più, rivela di avere un talento straordinario e di essere, forse (per decretarlo con certezza, aspettiamo almeno il terzo film) il più esteta tra i suoi colleghi contemporanei.
Smile era un ottimo horror a orologeria, basato su uno spunto abbastanza risaputo, ovvero la maledizione stile The Ring o It Follows che prende a perseguitarti e ti dà qualche giorno di vita; si distingueva soprattutto per una messa in scena molto precisa, per una cattiveria superiore alla media e per essere una sorta di compromesso tra il cosiddetto horror elevated e quello più commerciale. Peccava forse nel voler a tutti costi dare spessore a una vicenda che procedeva serena senza averne la reale necessità, ma, a rivederlo a distanza di tempo (cosa che ho fatto prima di andare in sala), ne ho apprezzato molto di più la struttura rispetto alla prima volta.
Che ha combinato Finn con il sequel?
Un’esplosione atomica, ha combinato, ecco cosa.
Smile 2 è un film audace ed estremamente ambizioso, sia da un punto di vista estetico sia concettuale, espande su una scala molto più ampia l’idea sulla quale poggiava il primo, ne replica in parte la struttura ma lo fa in maniera tale da non essere una mera ripetizione di cose che abbiamo già visto, e come se non bastasse, riesce dove Smile aveva in parte fallito: dà veramente uno spessore alla storia e ai personaggi, consegnandoci una protagonista, Skye (interpretata da Naomi Scott) indimenticabile, nonostante non sia un’eroina positiva e abbia più difetti che pregi.
Aggiungete che la perfida crudeltà del primo film non resta solo inalterata, ma va ancora più a fondo e che il film fa una paura che ti leva l’anima dal corpo.
Insomma, Finn ha fatto tutto benissimo e ha realizzato l’idea platonica di sequel. Il ragazzo ha 37 anni e, se non ce lo rovinano gli studios, che penso a questo punto se lo stiano litigando arma bianca alla mano, ha davanti una carriera che potrebbe gettarci tutti nel panico.
In Smile 2, a beccarsi la tremenda maledizione della gente che ti sorride, è una pop star uscita da poco da un anno difficile: un gravissimo incidente d’auto l’ha lasciata con addosso cicatrici e con un perenne dolore alla schiena; la persona che guidava la macchina è morta e lei si è salvata per miracolo; ha un passato di droga e alcol e, anche se è sobria dal giorno dell’incidente, deve comunque procurarsi in maniera illegale le pillole per il mal di schiena cronico che la affligge; è sotto pressione per il nuovo tour e chiunque la circondi, a partire da sua madre e manager, sembra volerla spingere costantemente oltre i limiti consentiti dalla sua fragile sanità mentale.
Però Skye non è soltanto una vittima delle circostanze e dei parassiti che si nutrono del suo successo: è viziata, è arrogante, è egoista, tratta di merda i suoi sottoposti, fa delle sfuriate micidiali, ha allontanato chi le voleva bene, più un altro paio di cose sgradevoli che rientrano nel novero degli spoiler e non posso qui rivelare.
Skye terribilmente imperfetta ed è consapevole di esserlo, si odia per questo, ma non ne può fare a meno. Il demone si va ad attaccare proprio alla sua imperfezione, ai suoi difetti caratteriali, a tutti i rimorsi che la contraddistinguono, a quelle zone grigie della sua vita che la giovane donna vorrebbe dimenticare o ignorare, eppure non la abbandonano mai, proprio come il demone. La frase di lancio sul poster del film è indicativa in tal senso: “It will never let go”. Giustamente in Italia l’abbiamo depotenziata, però questa è un’altra storia e perdo il filo.
A non andarsene mai non è soltanto l’entità malevola e persecutoria: sono le dipendenze di Skye (magnificamente raccontate dal suo scolarsi duecento bottiglie di costosissima acqua al giorno), i suoi tic nervosi (quello di strapparsi ciocche di capelli, per esempio), la sua incapacità di intessere relazioni paritarie con gli altri, il suo terrore di non essere mai stata e di non poter diventare una brava persona.
La mostruosa creatura che si diffonde da un ospite all’altro come un virus sa tutto questo, abita nella testa di Skye e si diverte a torturarla facendo leva sulla contraddizione tra l’immagine che Skye vorrebbe dare di sé al pubblico e la Skye che, invece, convive nella sua testa con svariati demoni, tra i quali forse il nostro amico non è neanche il peggiore.
Tutto questo Finn ce lo racconta senza fare un grande uso di dialoghi esplicativi, come per esempio aveva fatto nel primo film, ma tramite le immagini: Skye interagisce poco col prossimo, è molto spesso, anzi, quasi sempre da sola con la sua peggior nemica, ovvero se stessa, e non è un caso se l’entità assume volentieri le sue sembianze per tormentarla a dovere. Inoltre, ciò di cui siamo a conoscenza del passato di Skye ci arriva tramite brevi inserti non troppo chiari, ma tutti molto dolorosi.
La progressiva perdita di controllo della nostra protagonista è molto differente da quella di Rose nel primo film. Qui si parte da una situazione già di suo fuori controllo, tenuta a bada per un soffio. La maledizione fa solo deflagrare le cose con una violenza allucinante e brutale.
Lo sappiamo che uno dei mestieri più ingrati dell’horror, oltre quello, celeberrimo, di ficcarci in testa che dobbiamo crepare, è di dirci che noi non abbiamo controllo su niente, che tutte le menate sul prendere in mano la nostra vita, plasmarla come vogliamo, essere i padroni del nostro destino sono, appunto, menate.
Difficilmente ho visto un horror svolgere questo ingrato compito con la costanza, la precisione, l’implacabile determinazione di Smile 2.
È perfido, è spietato e fa male. Fa, lo abbiamo già detto, ma vale la pena ribadirlo, una paura totale.
Finn usa i jump scare quasi meglio di James Wan. Non ti fa vedere il loro arrivo, non li annuncia, te li piazza semplicemente lì e tu puoi soltanto subirli e metterti a strillare. Ho sentito più di un urlo tra il pubblico in sala, oggi pomeriggio, e con una certa soddisfazione da parte mia. A mia volta, qualche gridolino l’ho lanciato.
Come ogni sequel che si rispetti, Smile 2 segue la regola del “tutto più grosso”: più soldi, più violenza, più sangue, più comparse, più location, più personaggi di contorno da macellare a piacimento. Ma Finn non li limita a buttare lì questo pacchetto di roba gentilmente elargitogli dalla Paramount: lo usa con parsimonia e saggezza, fa respirare il film, si permette sequenze di puro spettacolo (come le esibizioni di Skye) e, quando arriva il momento di andarci giù pesante, ci va giù con la delicatezza di uno schiacciasassi. Avrete quindi spaventi e raccapriccio, ma anche tanta bellezza.
Naomi Scott offre un’interpretazione da Oscar al suo primo horror. Fategliene fare altri venti subito, per cortesia.
Andate a vedere Smile 2 in sala, sullo schermo più grande possibile, magari non con 50 ragazzini urlanti e ridacchianti come è successo a me e alla mia amica oggi, ma andateci.
Masterpiece.
Per il Day 20 (tratto da una storia vera) ho visto su Netflix Woman of the Hour, l’esordio alla regia di Anna Kendrick, basato sul caso del serial killer Rodney Alcala. Mi è molto piaciuto, però non ho il tempo materiale di scrivere niente. Posso sol consigliarvelo.












Buongiorno lucia,per la challenge di ieri dedicata ai “Sequel”,ho puntato sui seguiti realizzati direttamente per l’home video,del film di Rodriguez “Dal Tramonto All’Alba”,sono un estimatore anche dei suoi 2 sequel da lui prodotti,nello specifico ho scelto il secondo film diretto da Scott Spiegel “Texas Blood Money”!.Per la challenge di oggi invece “Tratto Da Una Storia Vera”,ho preso una curva un po’ larga,allontanandomi un pochino dall’horror,ma rimanendo sempre nell’ambito di una vicenda molto sinistra,puntando sulle misteriose vicende avvenute nel West Virginia tra il 1966 e il 1967,legate alla storia dei misteriosi avvistamenti,della presenza che divenne poi nota come “L’Uomo Falena”,per qui ho scelto il film “The Mothman Prophecies”!.👋
A me il secondo film piace, mentre il terzo non l’ho mai visto. A Spiegel poi voglio un gran bene!
The Mothman Prophecies va benissimo, è un horror, è un bel film ed è ispirato a una storia vera come i rettiliani, ma gran parte degli horror ispirati alle storie vere sono cos’!
Se ti riesce recuperalo il terzo film,se ti piacciono gli horror in costume di ambientazione western,ne vale la pena!.
Quest’anno non credevo di fare la challenge, anche perché il mio rapporto con l’horror (soprattutto con la sua parte più drammaticamente “cattiva” e “definitiva”, quella che scava dentro senza mediazioni, che annichilisce) è altalenante e dipende dai momenti. E’ capitata in un momento adatto ed è stimolante, anche per gli spunti che mi arrivano dagli altri. Ad esempio, io NON ho mai voluto vedere i seguiti di “Al tramonto all’alba” e invece adesso li metto in lista. Anche “The Mothman Prophecies” vorrei rivederlo: ricordo che mi era piaciuto e non sapevo fosse tratto da una storia vera.
Per il Day 19 il mio sequel è “Ginger Snaps Unleashed”.La trilogia di Ginger Snaps (soprattutto i primi due film: il terzo l’ho visto una volta sola e lo ricordo poco, mi aveva colpito meno e dovrei ritornarci) mi ha sempre affascinato. Non so se ci siano dei collegamenti, ma nel mettere l’adolescenza in campo ricordo pochi film che lo facciano in questo modo. Erano anni in cui uscivano racconti molto forti, ma anche realistici (al di là del genere), disincantati, molto umani ma non in modo “confortevole” o “educativo”, come Donnie Darko, The dangerous lives of altar boys, Brick… (tutti straconsigliati). Quando vidi la prima volta Unleashed con in mente il capitolo precedente (fantastico) fu una botta pazzesca e rimasi rapito da… tutto in questo film. Oltre che quasi “abbattuto”. Mi sembra che sia ancora una figata e una mazzata pazzesche.
Per il Day 20 condivido un film che mi si è attaccato addosso come non credevo e che è diventato il mio Sherlock Holmes (adulto) preferito (“Senza indizio” non vale: è una capolavoro da mille visioni a parte): “Murder by decree” di Bob Clark. Non saprei dire se di questo stranissimo regista mi piaccia di più Black Christmas (uno dei miei horror preferiti) o questo. E mi sembra che anche Murder by decree sia decisamente un horror. E’ un film che ho scoperto per caso, di cui non avevo mai sentito parlare e che quindi forse ha “qualcosa” che piace a me senza essere un capolavoro, eppure mi sembra eccezionale da tutti i punti di vista. E’ un film che affonda nel “male”, nel margine, nella violenza… con decisione (sociale, economica, istituzionale…), che mette in scena dei personaggi fantastici (mai visto un Holmes e un Watson così, con una amicizia così: sembrano quelli di Miyazaki, a proposito di “Holmes” fantastici) che commuove realmente, che spaventa (umanamente e non solo), che fa riflettere, che ha dei momenti fortissimi (il manicomio, il confronto finale di Holmes di fronte all’autorità…). Lo straconsiglio perché magari può essere una scoperta anche per altri.
Bellissimo post, come sempre!
Besos!🙂
Guarda, io su Ginger Snaps non riesco mai a decidere se mi piace di più il primo o il secondo, quindi Unleashed qui è sempre il benvenuto!
Poi non credo che nella challenge possa mancare il vecchio Jack lo squartatore.
Sequel? “Nightmare 3 – I Guerrieri del Sogno” (ero indeciso fra questo e il successivo, che a sua volta si difende comunque assai bene) Tratto da una storia vera? “Wolf Creek”, direi, essendo Mick Taylor ispirato al purtroppo realmente esistito serial killer australiano Ivan Milat…
Dalla tua recensione mi par di capire che questo Smile 2 riesca a pestare ancora più duro di un capostipite già tosto a sufficienza… Insomma, un vero sequel da URLO 😉
Non sapevo neanche ci fosse uno Smile 2 in uscita… il primo nel genere mi era piaciuto, sono molto curioso del secondo. (la recensione la leggerò a visione completata, mi sono limitato all’ultimo paragrafo). Rguardo Woman Of The Hour, assolutamente d’accordo, davvero bello.
Sì, molto ben riuscito, e io sono una a cui il true crime piace pochissimo.
Appena tornato dalla sala. che dire? qui l’orrore si fa cosmico. Che 2024! 😀
Smile 2 è bellissimo nonostante i primi 30 minuti sembrino buttati lì e con poco singificato, finché la vicenda non si inensca fino in fondo. Anche Smile 1 era bellissimo e aveva un finale stupendo, più bello di quello “ineluttabile” di Smile 2.
Vorrei quindi rivolgere una preghiera a quei poveri individui che si sono fermati davanti a Smile definendolo un altro It Follows o un altro The Ring perché “ti passano la maledizione!!1!1!” e “hai cinque giorni di vita1!!1!1!1!”, come se questi fossero i due aspetti cardine attorno a cui ruotano i film di Finn (sono in realtà i due aspetti di cui ti dimentichi una scena dopo l’altra perché c’è molto di più da vedere).
La protagonista sono andato a controllare chi cazzo era perché una performance così dettagliata, completa e convincente da parte di una “mezza sconosciuta” era inconcepibile. Fin’ora.
Ma infatti la maledizione è un espediente narrativo come un altro. Non è quello il centro del film, anzi, di entrambi i film. Anche perché è così generica che la puoi declinare in ogni modo.
Visto oggi. Per quanto odi i jumpscare, Smile 2 vanta alcune delle sequenze migliori che mi sia capitato di vedere in un horror mainstream (la sequenza con i fan che la inseguono nella stanza, per dirne una, è incredibile). Di solito non è il mio genere, ok, ma quando è fatto così bene sono il primo ad applaudire. Funziona tutto, dalla protagonista, fino agli effetti speciali per una volta di prima qualità.
Se devo trovare un difetto, per quanto minimo, penso subito all’apparente onnipotenza del demone/maledizione/quello che è. Un nemico imbattibile, impossibile da scalfire, rende tutto inevitabilmente meno interessante. Ma ce ne fossero di film così.